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Autore: Ormhaxan    25/01/2021    1 recensioni
"There's a thunder in our hears, baby. So much hate for the ones we love"
Jackie vuole scappare da mesi e anni difficili, da un passato scomodo e doloroso e per farlo si trasferisce a Londra, dalla sua migliore amica Lana. Qui inizia a convivere con lei e i suoi due coinquilini, Chris e Morgan, creandosi un'apparente serenità. Ma non sempre il passato rimane sepolto e le cicatrici che ci portiamo dietro sono difficili da nascondere. Presto, Jackie si renderà conto che non è l'unica a combattere contro i propri demoni e che, se si vuole sopravvivere, l'unico modo per farlo è restare uniti...
[STORIA PUBBLICATA PRECEDENTEMENTE E ORA RIPUBBLICATA IN UNA NUOVA VERSIONE]
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Thunder-2-0



Un peso alieno comprimeva il petto di Jack. La ragazza mugugnò nel sonno, infastidita, trovando difficile persino respirare. Rimanendo con gli occhi chiusi, la ragazza tentò di muoversi, ma qualcosa – o forse sarebbe meglio dire qualcuno? – la bloccava in quella dannata posizione. Il colmo arrivò quando sentì una mano, una mano non sua, chiudersi a coppa su uno dei suoi due seni e tastarlo appena. Jack spalancò gli occhi, adesso del tutto sveglia, abbassandoli verso la sua sinistra, dove beatamente addormentato vi era un ragazzo con i capelli corvini, un ragazzo con i capelli corvini sconosciuto, mezzo nudo e con una mano sul suo seno. Il terrore si impossessò di lei, repentino e paralizzante e tutto ciò che riuscì a fare fu cacciare un urlo che fece letteralmente sobbalzare in aria il ragazzo che, per tutta risposta, si portò a sedere con uno scatto e si guardò attorno con occhi spalancati. Con il fiatone causato dallo spavento, lo sconosciuto si mise una sul petto nudo, all’altezza del cuore che batteva a mille e sembrava dovesse uscire dalla cassa toracica da un momento all’altro; dopo un attimo di confusione si guardò attorno nella penombra della stanza e i suoi occhi chiari corsero per la prima volta verso la figura femminile adesso in piedi, incontrandone lo sguardo terrorizzato.

“Cosa succede?” Lana, che era già sveglia da qualche minuto e stava preparando la colazione per Jack e i ragazzi, si fiondò nella stanza da letto: tra le mani brandiva saldamente una mazza da scopa e con i capelli arruffati e appena paonazza per la corsa sembrò spuntata fuori da una commedia degli anni ‘80. “Oseman, per l’amor di Dio, che cazzo stai facendo nel letto di Jack?”
“Chi?” chiese lui, ancora con la mente ottenebrata, associando solo alcuni istanti dopo il nome pronunciato dall’amica alla ragazza che ancora se ne stava in piedi poco distante con le coperte aggrovigliate al suo corvo dai fianchi prosperosi “Oh! Tu sei la newyorkese, giusto?” l’apostrofò, definendola con quell’aggettivo usato con tono non molto cordiale.
“Sì, sono io. Tu, invece, devi essere l’ubriacone che divide la casa con Lana, giusto? Ti sarei molto grata se uscissi dal mio letto e dalla mia stanza!”
Il moro assottigliò gli occhi, non proprio felice di come la ragazza l’avesse appena definito e per gli ordini che gli aveva impartito come fosse un cane. Allo stesso tempo, lanciò un’occhiata assassina a Lana, la quale si era lasciata scappare una risatina di scherno. In tutta risposta si limitò ad annuire, e incurante di essere mezzo nudo si alzò da quello che era ormai il suo vecchio letto, raccattò impacciato i suoi vestiti e, senza neanche chiedere permesso, sorpassò di tutta fretta l’amica e uscì dalla mansarda borbottando qualcosa di incomprensibile.  

“Jack, cavolo…” Lana si avvicinò velocemente all’amica che adesso se ne stava seduta sul bordo del letto con sguardo assente e piuttosto scioccato “Mi dispiace così tanto per come quel… quel…” si trattenne dall’insultare il suo amico, cercando un altro aggettivo per descriverlo e giustificare il modo assurdo in cui si era comportato “Coso si è comportato. Temo che sia tornato anche ieri sera sbronzo e si sia dimenticato del piccolo particolare della tua presenza e di non dormire più in mandarda” Lana accarezzò la spalla dell’amica “Ti prego, cerca di scusarlo”.
“N-non importa, davvero” rispose lei, cercando di darsi un contegno, di togliersi di dosso la sensazione della mano sul suo seno, di quel contatto indesiderato che l’aveva riportata indietro di mesi, quando altre mani l’avevano toccata senza il suo permesso “Ad essere sincera mi devo scusare anche io: non avrei dovuto urlare in quel modo o dargli dell’ubriacone, ma quando ho sentito una mano che mi tastava il seno io...”
Un brivido le corse lungo la schiena e anche deglutire fu faticoso. Sperava solo che Lana non si accorgesse del suo stato e di come quell’incontro l’avesse scossa.
“Cosa ha fatto?” Lana si infervorò ancora di più: Morgan non l’avrebbe passata liscia, non quella volta. Ubriaco o meno, aveva passato i limiti “Quando sarà del tutto lucido io e lui faremo una lunga chiacchierata”
“Davvero Lana, va tutto bene e non c’è bisogno…” Jack tentò di far ragionare l’amica, ma fu prontamente interrotta da l’ennesima sfuriata della biondina: quando Lana si metteva una cosa in testa, era difficile farla desistere.
“Posso lasciarti da sola? Sei sicura di stare bene?” le disse infine, quando il suo lato fumante si era raffreddato.
“Vai pure, stai tranquilla. Ti raggiungo tra poco in cucina.”

Solo quando la porta della mansarda si chiuse e Jack rimase sola si concesse di mostrare i suoi veri sentimenti: preso il capo tra le mani, la ragazza si lasciò andare a un lungo pianto isterico, il corpo spezzato da singhiozzi che cercava di ovattare in tutti i modi e un conato di vomito che risaliva lungo la gola. Per un attimo, per un lunghissimo, terribile attimo aveva pensato che fosse lui nel letto con lei, che l’avesse trovata in qualche modo e stesse per prendersi quello che per mesi aveva desiderato e che lei non gli aveva mai dato.
Prendendo dei respiri profondi, Jack cercò di ritrovare la calma e il contegno perduti, di non lasciarsi sconfiggere dai mostri che teneva chiusi nell’armadio del suo animo e, soprattutto, si ripromise che quell’incidente non avrebbe in alcun modo condizionato il suo rapporto con Morgan o l’opinione che avrebbe avuto di lui. Morgan non era lui e lei era al sicuro, a Londra, dove nessuno le avrebbe fatto del male.
 
Lasciò la stanza quasi mezz’ora dopo, non prima di essersi calmata ed essersi fatta una doccia veloce; entrata in soggiorno, la prima cosa che vide furono Lana e Chris impegnati a combattere per il possesso del telecomando. Come il giorno prima, Jack sorrise divertita, paragonandoli ad una coppia di sposini.

“Buongiorno, ragazzi” disse con tono canzonatorio, attirando il loro sguardo.
“Ciao, Jack!” le rispose cordiale Chris un istante prima che Lana, approfittando della momentanea distrazione del ragazzo, gli soffiò dalle mani il telecomando “Hey, così non vale!”
La bionda per tutta risposta gli fece una linguaccia, assumendo un’espressione da bambina, e accoccolatasi meglio accanto a lui, girò il canale, rimettendo sul programma di moda. “Coinquilina da strapazzo” l’apostrofò lui, scompigliandole i capelli.
“Ti abbiamo lasciato del caffè caldo e una ciambella fatta da Chris. Li trovi sul tavolo in cucina” le disse Lana e Jack la ringraziò, tornando poi nel soggiorno dove si mise e bere il suo caffè e ad addentare quella squisita ciambella alla crema. “Pensi di andare in cerca di un qualche lavoro, oggi?” le chiese successivamente Lana, guardandola con la coda del l’occhio da sopra il divano.
“Non so, pensavo di incominciare lunedì. Prima vorrei girare un po’ la città, fare la turista e vedere tutte le mete tipiche di Londra” Jack fece un mezzo sorriso, prendendo un altro sorso di caffè.
“Potresti venire alle prove di domani” propose Chris, inserendosi nella conversazione “Così conoscerai anche gli altri del gruppo” Jack ci pensò un attimo, indecisa “Dai, sono simpatici. Vero, Lana?” la bionda annuì, strizzando l’occhio all’amica.
“Perché no?” Jack sorrise timidamente “E poi sono curiosa di vedervi all’opera.” il suo sorriso si fece più sornione “Non ti sento cantare da quando hai lasciato New York e sono sicura che i demo che mi hai mandato e i video su YouTube non rendono giustizia”
“E tu suoni qualche strumento?” chiese curioso Chris, poggiando le braccia sullo schienale del divano e assumendo una posizione più rilassata
“Suonavo” lo corresse lei, abbassando lo sguardo “Suonavo il basso, ma adesso non più...” un velo di malinconia attraversò gli occhi della giovane quando ripensò ai pomeriggio passati dopo scuola a strimpellare lo strumento nel garage dei suoi.

Jack stava per condividere con loro un aneddoto legato a quei pomeriggi, ma una porta che si chiudeva e dei passi che scendevano dal primo piano la costrinsero a cambiare i suoi piani. Morgan fece il suo ingresso trionfale un attimo dopo e nuovamente l’imbarazzo e il disagio ritornarono: anche se il ragazzo era vestito dalla testa ai piedi, la mora non riuscì a incontrare il suo sguardo e mantenne il capo lievemente all’ingiù, nescosto parzialmente dietro la tazza di caffè che ancora stringeva tra le mani. Lui, dal suo canto, non la degnò di uno sguardo e si precipitò nel piccolo cucinino.

“Guarda, guarda chi si è svegliato!” anche quella volta fu Chris a prendere la parola “Buongiorno, raggio di sole” lo stuzzicò con tono beffardo, ottenendo in risposta una specie di grugnito. Chris sapeva bene che il moro odiava la gente che gli faceva domande o che, più semplicemente, gli rivolgeva la parola di prima mattina, ma innervosirlo lo divertiva troppo “Fatto le ore piccole, eh?” Morgan alzò una mano, mostrandogli il dito medio e il batterista scoppiò a ridere.
“Non capisco perché lo devi sempre fare incazzare” lo rimproverò Lana, dandogli una piccola spinta “Lo sai che di prima mattina è irascibile, e se non beve il suo caffè nero bollente non spiccica parola neanche a pagarlo”.
Chris scrollò le spalle, indifferente “Mi diverte, tutto qua” tagliò corto, e la ragazza portò gli occhi al cielo. Quando ci si metteva era davvero un bambino di cinque anni “Chi cazzo ha finito il caffè?” sbraitò qualche secondo dopo Morgan, fissando con sguardo accusatorio i presenti, trattenendo il fiato quando notò la tazza di caffè fumante che la nuova arrivata teneva tra le mani
“Tu!” esclamò, facendo sobbalzare Jack, il quale lo guardò con occhi spalancati. Fu solo successivamente che Morgan si ricordò di quello che era successo neanche due ore prima e decise di lascar correre e darsi un contegno “Fanculo tutti quanti!” borbottò con un filo di voce. Fatto dietrofront tornò in cucina, dove suo malgrado fu costretto a mettere sul fornello del caffè e pregare che almeno qualche ciambella fosse avanzata.

“Credo che alla fine di questa storia io e lui non andremo così tanto d’accordo” sussurrò Jack, grattandosi distrattamente la nuca “Quando inizi col piede sbagliato è sempre così, c’è poco da fare”
“Dai Jackie, non preoccuparti” Lana si alzò dal divano e le andò vicino “Morgan all’inizio può essere un po’ stronzetto, ma se lo conosci non è malaccio” arricciò il naso in una smorfia “Stai tranquilla e abbi fiducia nella vecchia Lana: non appena vi conoscerete meglio, sono certa che andrete d’amore e d’accordo e dimenticherete l’incidente di questa mattina. Anzi, sono sicura che tra qualche mese questa storia sarà argomento di discussione al pub e ci faremo tutti una gran risata”
“Spero tu abbia ragione, credimi.” Jack si morse un labbro come sempre faceva quando era nervoso e guardò in direzione della cucina, dove Morgan se ne stava seduto sul bordo della finestra con gambe penzoloni e sguardo assente rivolto fuori.
Per sicurezza, però, decise che da quella sera in avanti si sarebbe chiusa a chiave, così da evitare una replica di quella mattina. Nessun ragazzo, cosciente o meno, l’avrebbe nuovamente toccata senza il suo consenso; lo aveva giurato a se stessa quando era salita su quel maledetto aereo diretto a Londra e avrebbe mantenuto quella promessa a tutti i costi.

*

“Io e te dobbiamo parlare, Oseman!” esclamò Lana meno di un’ora dopo, chiamandolo con il suo cognome come sempre faceva quando era arrabbiata o doveva parlare di qualcosa di serio.
Morgan girò pigramente il viso, puntando gli occhi sulla sua esile figura che se ne stava sullo stipite della porta della sua stanza: cosa voleva adesso?, si chiese, perché tutti avevano la smania di parlare con lui e seccarlo quella dannata mattina? Si passò una mano tra i capelli arruffati, ripromettendosi di lavarli al più presto, e poi disse:
“Sono tutt’orecchie, dolcezza” l’apostrofò, usando quel nomignolo che, sapeva bene, la faceva andare su tutte le furie “Anche se penso di sapere di cosa vuoi parlare.”
“Come sempre sei sveglio come una volpe,” sorrise sghemba “Per questo penso che tu abbia già capito di cosa voglio parlare. O forse dovrei dire di chi?”
Morgan ripensò alla nuova arrivata, Jack e non riuscì a non sbuffare: quella ragazza avrebbe portato solo problemi in quella casa, a lui e i suoi amici e il suo sesto senso non sbagliava mai. Si chiese perché avesse accettato la proposta di Lana di farla vivere con loro, ma poi si ricordò di essere stato battuto ai voti e che Chris – il quale aveva approvato l’arrivo della mora – era il proprietario della casa, una casa di cui il moro aveva disperatamente bisogno.

“Allora avanti, genio, dimmi velocemente di cosa si tratta e facciamola finita” ordinò con voce canzonatoria Morgan, mettendosi seduto sulla poltrona verde scuro accanto alla finestra e, presa una sigaretta dal pacchetto che aveva in tasca, se la portò alle labbra e l’accese.
Lana corrugò la fronte e si mise seduta anche sul bordo del letto, accavallando le gambe snelle prima di riprendere la parola: “Prima di tutto mi piacerebbe sapere dove hai passato la notte”.
Morgan alzò un sopracciglio: doveva aspettarsela un’uscita del genere, era stato stupido a pensare che la nuova arrivata sarebbe stata il solo argomento di conversazione. Lana non avrebbe mai lasciato correre la sua assenza della sera prima, non dopo le mille raccomandazioni che gli aveva fatto per giorni e giorni
“Sei stata a casa di una tipa, vero?” lo accusò, come se quella domanda potesse avere solo una risposta “Che ti sei ubriacato mi sembra più che evidente: stamattina puzzavi come un barbone e non so come Jack non ti abbia dato un ceffone o un calcio nel sedere”.
“Da quando sei diventata mia madre, Lana?” chiese retorico lui, iniziando a seccarsi “Francamente, ho accettato che la tua amichetta si trasferisse qua solo perché tu e Chris vi siete alleati contro di me!” aspirò dalla sigaretta, sbuffando fumo verso il soffitto “Fosse dipeso da me, saremmo rimasti in tre… Ma quello che è fatto è fatto, no? E non credo che questo sia il punto. Il punto è che faccio quello che mi pare e sì, sono stato con una tipa stanotte, ma non so davvero cosa ci sia di male: era maggiorenne, aveva dell’erba e ce la siamo spassata!” concluse, tornando a sedersi.
“C’è di male che non esisti soltanto tu, cazzo! C’è che ti avevo pregato di essere presente per cena, almeno per una volta; c’è che Chris si è fatto il culo per uscire prima dal lavoro e far trovare una cena in tavola e tu te ne se fottuto alla grande”
Lana si alzò in piedi, avvicinandosi a lui con le mani chiuse a pugno: “Ma tu fai sempre quello che vuoi, vero? Tu te ne freghi degli altri, di ciò che potrebbero provare o se ci rimangono male! Tu te ne freghi e basta!”
Morgan la guardò: era sull’orlo delle lacrime e si sentì una merda. Aveva sbagliato, aveva commesso una enorme cazzata e ora il senso di colpa – sì, anche lui ne aveva uno – lo stava divorando in un sol boccone.
“Scusami, mi dispiace” si alzò dalla poltrona, abbracciandola: stronzo o meno, le voleva bene e la considerava una sorella, una sorella che aveva deluso ancora “Mi dispiace, okay?” la prese per le spalle e la costrinse a guardarlo “Prometto che stasera mi farò perdonare e che chiederò scusa a Jack per quello che è successo stamattina”
Lana si morse un labbro e arricciò il naso non troppo convinta. Morgan faceva sempre così e ogni volta lei ci credeva, ogni volta cedeva. Stava cedendo anche ora. “Ti fidi di me?” per tutta risposta lei fece una smorfia e Morgan sorrise trionfante “Vedrai che stasera ci divertiremo, organizzerò una bellissima cena e sarò il più affabile dei ragazzi. In men che non si dica Jack diventerà la mia migliore amica. Ora però devo andare o farò tardi in officina.”
Le diede un buffetto sulla guancia, mostrando il suo lato tenero e per tutta risposta ottenne un dito medio per risposta, un gesto tipico di Lana che lo fece ridere di gusto. Afferrato il cappotto e il pacchetto di sigarette dimenticato sul davanzale uscì dalla stanza e poi in strada, diretto verso la metro che l’avrebbe condotto a lavoro.


*

Era tarda sera e, dopo una cena in cui tutti avevano parlato poco e i silenzi imbarazzanti erano stati troppi, Morgan aveva deciso che era tempo di prendere in mano la situazione una volta per tutte.
Aveva appena finito di farsi una doccia e si stava dirigendo verso la sua stanza da letto quando il suo sguardo andò verso la mansarda, il suo vecchio nido sicuro dove adesso Jack se ne stava stesa sul suo vecchio letto e leggeva apparentemente tranquilla un libro. Quale occasione migliore di quella per un faccia a faccia con la nuova arrivata? Decisione presa, salì piano le scale che portavano in mansarda e di soppiatto si avvicinò allo stipite della posta, sbirciando e posando i suoi occhi su quel corpo snello e quei capelli color cioccolato alquanto arruffati. Senza che potesse impedirlo fece un mezzo sorriso e pensò che quell’americana era dannatamente carina. Se solo non fosse stata la sua coinquilina, si disse, ci avrebbe fatto un pensierino. Bussò contro il legno della porta con una nocca, deciso a risolvere la questione una volta per tutte parlando faccia a faccia con lei, sperando di riuscire a chiederle scusa come aveva promesso pochi minuti prima a Lana.

“Posso?” chiese con tono gentile, attirando l’attenzione della ragazza che, chiuso il libro, gli fece segno di entrare.
“Prego, entra pure” rispose con altrettanta gentilezza, mettendosi a sedere sul bordo del letto “Hai bisogno di qualcosa?”
Jack non nascose un lieve imbarazzo: nonostante le sue buone intenzioni, Morgan la metteva in soggezione e questo la rendeva nervosa. Certo, quella sua reazione era sciocca e probabilmente infantile, ma il ricordo della notte passata insieme era ancora troppo vivido, così come quello delle mani di lui sul suo corpo.
“Volevo porgerti le mie scuse” Jack strabuzzò gli occhi e assunse un’espressione sorpresa “Quando sono tornato a casa era notte fonda e io ero piuttosto ubriaco: quando bevo non sono la persona più veglia del mondo e il mio corpo si muove senza che io abbia voce in capitolo. Non mi sono ricordato del tuo arrivo, dello scambio di stanze e che tu ci creda o no non era mia intenzione sgusciare nel tuo letto come un maniaco” sorrise e come sempre quando era teso si grattò dietro l’orecchio destro.
“Dopo aver parlato con Lana l’ho capito anche io” sottolineò lei, sarcastica “Non preoccuparti, è tutto risolto” schioccò la lingua sul palato e Morgan associò quel gesto a Lana: anche lei era solita farlo spesso, specialmente quando stava rimuginando su qualcosa e non sapeva come spiegarsi.
 “Ricominciamo da zero, ti va?” chiese poi lei, alzandosi dal letto e allungò una mano verso di lui “Io sono Jackie Harrison, ma tutti mi chiamano Jack, e sono nata e cresciuta nello stato di New York.”
“Io sono Morgan Oseman, ho ventinove anni e sono originario della Scozia” le strinse la mano, trovandola calda e morbida, pensando a come sarebbe stata sentirla sul suo corpo “Sono un meccanico, ma nel tempo libero sono anche il chitarrista dei Thunder Hearts” aggiunse con un moto di orgoglio, ammiccando.
“Sì, me l’hanno detto” rivelo Jack, sciogliendo il contatto “Domani verrò a vedervi provare, così sentirò se siete davvero così bravi come dite tutti”
“Fidati, bambolina, siamo i migliori!” disse con orgoglio e le strizzò un occhio con fare sornione “Domani ti lasceremo a bocca aperta, vedrai!” senza aggiungere altro lasciò la stanza, non prima però di averle strappato un sorriso divertito. Forse, pensò il moro mentre tornava verso la sta stanza, c’era ancora speranza per loro due.  
 

*

Angolo Autrice: Buonsalve lettori! Terzo capitolo di questa storia, dove intravediamo qualcosa del passato di Jack, in particolare abbiamo delle idee su cosa l'ha spinta a lasciare gli USA per Londra. Morgan ha fatto un entrara in scena degna di lui, ma non giudicatelo troppo in fretta, anche lui ha dei motivi per comportarsi così...
Spero che la storia continui a piacervi e ringrazio anticipatamente tutti coloro che lasceranno una recensione.
Alla prossima,
V.
  
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