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Autore: lapacechenonho    26/01/2021    4 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
Capitoli:
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44- 013: Things you said through teeth (Le cose che hai detto tra i denti).
 
I mesi della gravidanza erano andati meglio di come Harry avesse pensato. Aveva scoperto che Ginny non si alzava prima per fargli trovare la colazione pronta, ma per le nausee mattutine tipiche del primo trimestre. Dopo i primi tre mesi le cose avevano iniziato ad andare meglio, fino a che la situazione non si era stabilizzata del tutto. Dal quinto mese in poi avevano iniziato ad avvertire i primi calcetti del bambino. Sebbene ad Harry piacesse sentire suo figlio muoversi, gli faceva piuttosto impressione vedere la pancia di Ginny deformarsi ogni volta che il bambino si muoveva. Rispetto a quanto aveva visto dalla gravidanza di Fleur, Ginny non aveva le voglie e la parte più apprensiva di lui aveva pensato che fosse un segno negativo e che ci fosse qualcosa che non andava nella gestazione della moglie. Ci era voluto quasi un pomeriggio intero e una buona dose di pazienza da parte di Hermione per spiegargli che non tutte le donne vivono la gravidanza allo stesso modo o con gli stessi sintomi. Alla fine si era arreso sia perché non ci fosse cosa che Hermione non conoscesse, sia perché be’ era una donna e ne sapeva di gran lunga più di lui.
Era un pomeriggio di metà agosto, Ginny aveva una pancia enorme perché si stava avviando alla conclusione della gravidanza. Non riusciva a fare quasi più niente, viste le dimensioni del pancione, ma si vedeva che era contenta, anche se le mancava terribilmente il Quidditch. In quella domenica pomeriggio particolarmente calda, stava finendo di leggere un articolo della Gazzetta del Profeta quando Ginny lo interruppe. Aveva la faccia un po’ scossa e si teneva il pancione.
«Harry» lo chiamò. Si morse le labbra come se fosse trafitta da un dolore lancinante. «Mi si sono rotte le acque» continuò a denti stretti. Harry pensò che fosse uno strano modo per dire che si era rotto qualche tubo, ma sorrise tranquillamente. Si alzò e con tutta la calma del mondo si stiracchiò.
«Non ti preoccupare, ora vado a controllare di sopra» rispose.
«Harry» ripeté con una smorfia sofferente «si sono rotte le mie di acque, nostro figlio sta per nascere» sibilò.
D’improvviso Harry non sentì più niente. C’era Ginny appoggiata allo schienale della poltrona, sofferente, ma Harry sentiva solo un ronzio nelle orecchie realizzando solo in quel momento che lui non aveva idea di cosa fare.
Dovevano chiamare la Guaritrice a cui si erano affidati in quei nove mesi? Doveva chiamare Molly? Doveva chiamare Hermione?
«HARRY!» urlò Ginny in preda ad una contrazione. Respirava profondamente cercando di calmare il dolore e stava iniziando a sudare. Anche Harry sudava, ma per il caldo e l’agitazione. L’urlo della moglie, però, servì a svegliarlo dallo stato di trance in cui era caduto.
«Ehm…sì…devo chiamare la Guaritrice…asciugamani e acqua calda…chiamare Molly…» parlava in maniera sconnessa perché la sua testa non riusciva a formulare un pensiero coerente.
«Harry!» esclamò. Gli strinse la mano così forte che per poco non fu Harry ad urlare. «Prima di chiamare qualsiasi altra persona, che ne dici se mi aiuti a salire nella stanza che abbiamo deciso essere il posto in cui nascerà il bambino?» domandò con una strana calma. A dir la verità il fatto che parlasse a denti stretti non era molto rassicurante, ma Harry sapeva che aveva usato tutta la forza di volontà per cercare di calmarlo.
Mentre Ginny faceva respiri profondi, Harry la accompagnò per le scale e la condusse in una delle tre stanze libere. Nei mesi precedenti al parto avevano scelto che la prima porta sulla sinistra sarebbe stata adibita a “sala parto” come la chiamavano i Babbani, era stata un’idea di Ginny perché era la più vicina alle scale. Harry la ringraziò mentalmente per la sua lungimiranza. Dopo averla adagiata a letto mandò i Patroni a Molly, Hermione e alla Guaritrice e rimase con Ginny finché la Guaritrice non bussò con fare insistente alla porta di casa. Abbandonare Ginny in quello stato gli era costato molto, ma o apriva la porta o sarebbe toccato a lui far nascere il figlio e non aveva idea di come si facesse, perciò scese al piano inferiore.
Poco dopo arrivò anche Molly – che si precipitò dalla figlia – seguita da Arthur e poi Ron ed Hermione. Il piano di sopra era off-limts, la Guaritrice e Molly facevano avanti e indietro con asciugamani e pentole con acqua bollente, mentre al piano di sotto Harry voleva morire. Quando suonarono di nuovo alla porta, si stupì di trovare Andromeda. Si era dimenticato che aveva inviato un Patronus anche a lei per avvisarla che Ginny era in travaglio.
«Non hai la faccia di uno che sta per diventare papà» osservò divertita la donna. Harry fece un sorriso tirato e la fece accomodare all’interno della casa che stava diventando decisamente troppo piena.
«Dov’è Teddy?» chiese schiarendosi la voce e passandosi le mani sudate sui jeans.
«Da Bill e Fleur, era lì già prima che mi mandassi il Patronus» rispose.
Salutò Ron, Hermione ed Arthur e poi si sedette nella poltrona di fronte a quella di Arthur. Nonostante stesse sorridendo, Harry riusciva a scorgere in Andromeda una profonda tristezza e solitudine. Probabilmente quei momenti la facevano pensare a Tonks, di quando c’era lei al posto di Arthur, di quando aveva sentito il primo pianto del bambino e probabilmente pensava a quando aveva perso prima il marito, poi la figlia e infine anche il genero. La guerra aveva lasciato ferite su tutti, ma forse su Andromeda erano un po’ più profonde.
Harry, dal canto suo, non riusciva a stare fermo. Andò in cucina cercando qualcosa di fresco da servire agli ospiti. Ogni tanto doveva trattenere l’impulso di salire al piano di sopra per tenere la mano di Ginny o vedere cosa stava succedendo.
«Il primo parto è sempre più lungo» disse la voce di Andromeda. «O così dicono. Io ho avuto una sola figlia e mia figlia…» le si incrinò la voce. «Be’ mia figlia non ha fatto in tempo a darmi altri nipotini oltre Teddy».
Harry annuì. Ginny glielo aveva ripetuto più volte in quei mesi. «Non aspettarti che nasca subito, possono passare anche ore intere prima che il travaglio finisca! Mamma dice che il travaglio di Bill è durato dodici ore».
Ogni volta che Ginny ripeteva quella cosa, Harry sentiva di non invidiare per niente il signor Weasley in quella situazione e si augurava di non dover attendere lui dodici ore. Anche se erano lì dentro da un’ora e mezza e ancora non davano notizie.
«Sì, Ginny mi aveva avvisato» rispose prendendo dei bicchieri di vetro e il succo di zucca dal frigo. Avrebbe potuto chiamarli con un incantesimo di Appello, ma aveva bisogno di muoversi.
«C’è altro, vero?» domandò gentilmente. Harry si chiese se fosse una Legilimens. Se fosse stato più piccolo probabilmente avrebbe detto di no. Ma era un adulto e stava per diventare padre.
«Sono terrorizzato» ammise. «Ho paura e non ho idea di cose si faccia ad essere un padre» continuò. «Non vorrei viziarlo, ma vorrei che non gli mancasse niente. Sono cresciuto avendo praticamente niente, né una famiglia, né l’amore dei mei genitori, non ho avuto manco dei giocattoli. Io vorrei che avesse tutto quello che non ho avuto io…» disse. Andromeda lo guardò con gli occhi leggermente lucidi.
«Non c’è un manuale di istruzioni. Tu e Ginny sbaglierete così tante volte senza rendervene conto e non potrete evitare di farlo. Forse non lo capirete manco subito ma è proprio sbagliando che capirete come si fa» rispose Andromeda. Era una risposta un po’ ovvia e soprattutto non era quella che si aspettava, ma non poteva farci niente. «Hai fatto ragionare Remus e l’hai fatto tornare a casa. Sarai un buon padre, Harry» aggiunse.
Harry alzò lo sguardo e la guardò negli occhi ringraziandola tacitamente. Sentiva una strana serenità che stava spazzando via il terrore di quello che sarebbe potuto succedere. Sorrise grato e poi portò il succo di zucca agli ospiti.
Ci vollero un altro paio di ore prima che la Guaritrice scendesse, era sudata e lo stretto chignon che teneva stetti i suoi capelli era leggermente allentato. Harry la guardò in un misto di apprensione e gioia e lei sorrise. «Può salire» disse semplicemente rivolto ad Harry. Ron gli diede una pacca sorridente mentre Harry si fiondava per le scale.
Quando entrò nella stanza – sia benedetta Ginny che aveva scelto la stanza più vicina alle scale – Molly era ancora accanto a Ginny. Le accarezzava il volto mentre Ginny era assorta a guardare il figlio. Entrambe si girarono quando sentirono Harry entrare.
«Vi lascio da soli» mormorò sua suocera. Harry si avvicinò a Ginny e le baciò la fronte ancora umida. Quando vide il bambino il suo cuore fece una capriola. Dormiva tra le braccia della madre, aveva i capelli tra il castano ed il rosso. Per la prima volta Harry si trovò a sperare che avesse gli occhi di Ginny, anche se non sarebbe stato facile resistergli.
«È un maschietto» disse Ginny baciando il nasino del bimbo. Harry si sentiva abbastanza provato dalla situazione, avrebbe voluto dire qualcosa ma sentiva la bocca asciuttissima. Le parole di Andromeda di poco prima riecheggiavano nella sua testa.
«È bellissimo, proprio come te» fu l’unica cosa che riuscì a dire. Lo guardava dormire e sentiva che il male nel mondo aveva cessato di esistere, i ricordi della guerra erano solo un brutto incubo, la sua infanzia il ricordo di una vita vissuta da qualcun altro. Più volte in quei mesi gli avevano detto che un figlio cambia la vita, ma Harry non pensava nell’immediato. Sentì Ginny ridacchiare. «Dobbiamo dargli un nome» osservò senza staccare gli occhi dal neonato.
«Oh, ma sai già qual è il suo nome. L’hai sempre saputo…» rispose la moglie. Incredibile come dopo ore di travaglio riuscisse ad essere più lucida ed enigmatica di lui. La guardò confusa per un attimo.
«James» mormorò. Sul volto di Ginny si aprì un sorriso luminoso.
«Avrei una proposta per il secondo nome». Harry aveva pensato più volte che, giustamente, Ginny avrebbe voluto mettere il nome di suo fratello ad un ipotetico figlio maschio, e a lui andava bene. Perciò era pronto a sentire il nome di Fred uscire dalle sue labbra. La invitò a proseguire con lo sguardo. «Sirius» disse invece.
Harry strabuzzò gli occhi. «Sirius?» chiese confuso e Ginny annuì.
«Tu non lo sai, ma…» sospirò cercando le parole. Vide gli occhi di lei riempirsi di lacrime e si chiese il perchè di quella reazione. «Ha creduto in noi prima ancora che esistesse un noi» completò. Harry non sapeva a cosa si riferisse ma doveva essere qualcosa di importante se Ginny desiderava chiamare il loro bambino col suo nome.
«James Sirius» ripeté. «Non suona male insieme» decise alla fine. Ginny gli passò il figlio tra le braccia, Harry lo prese con un po’ di fatica ma quando sentì il suo calore per poco non gli esplose il cuore dalla gioia. Stava tenendo in braccio suo figlio. Gli diede un piccolo ma lungo bacio. «Benvenuto James Sirius Potter, ti stavamo aspettando» sussurrò al suo orecchio.
 
«Poi hai capito quale tubo perdeva?» chiese Ginny facendosi beffe del marito. Harry rispose con un sorriso finto.
«E dai» si lamentò. «Era il primo figlio, è concesso sbagliare!» esclamò indispettito.
Nonostante ormai avessero entrambi i capelli grigi, il volto segnato dal tempo, le rughe incorniciavano la loro pelle, ai loro occhi rimanevano sempre giovani e innamorati come il primo momento.
«Hai ragione» convenne la moglie alzando le mani in segno di resa.
«Sono l’ex prescelto, certo che ho ragione!» esclamò quasi indignato Harry. Ginny alzò gli occhi al cielo consapevole che facesse in quel modo solo per riprendersi dall’imbarazzo della storia. Dopo tanti anni si stupiva ancora che Harry potesse intenerirla.
«Vorrei sentire il tuo parere anche sulle altre gravidanze» gli propose.
«Ma non sono state così ridicole come quella di James» le ricordò.
«Intendo quando ti ho detto di aspettare Albus e Lily» specificò la moglie. Harry fece un gesto di assenso come segno di aver capito e iniziò a raccontare quelle storie che Ginny conosceva solo dal suo punto di vista.
   
 
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