Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: Ksyl    26/01/2021    3 recensioni
Castle e Beckett si sono incontrati solo una volta, durante quell'unico caso risolto durante il Pilot e da lì più nulla. Si rivedono solo alcuni anni dopo. E a quel punto inizia questa storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

28

"Mamma!", strillò Tommy festoso al sopraggiungere di Kate, che avevano lasciato a poltrire a letto per quelli che, aveva assicurato con voce a malapena udibile da sotto il piumone, sarebbero stati solo pochi minuti in più, ma che si erano trasformati in un altro paio d'ore.
Non che fosse importante, lo era di più che riposasse. Lui e Tommy erano usciti molto presto per la sua ultima lezione di sci, che si sarebbe svolta prima di una piccola gara – che lui aveva inteso come simbolica, ma che aveva fomentato gli animi tra i genitori - che avrebbe anche sancito la fine delle loro splendide vacanze. Le vacanze erano splendide per contratto, giusto?
Ma quella appena trascorsa sarebbe stata per sempre ricordata negli annali della loro famiglia come un evento straordinario, nessun dubbio a riguardo. Si trastullava con l'idea di citarla nelle promesse che avrebbe pronunciato il giorno del loro sospirato matrimonio – Kate non aveva ancora ceduto, ma non disperava che prima o poi avrebbe trovato il modo giusto per farla capitolare - e l'avrebbe fatta arrossire davanti a tutti.

Erano stati giorni perfetti. Non solo a causa della sorpresa notturna, quella che aveva dato una svolta netta al loro futuro e che aveva amplificato l'amore che provava per lei facendogli sviluppare un istinto protettivo degno di un sequestro di persona, ma perché niente era venuto a turbare lo scorrere pacifico di attimi pieni di pace e dolcezza. Chi sosteneva che la perfezione non esistesse non era mai stato lì con loro ad assaporarla. Non c'erano state interferenze esterne, nessuna novità sgradita. Dopo quanto accaduto, c'era voluto del tempo per accettarlo, per rilassarsi. Quando era riu., una conquista che si era trovata ad appena un passo oltre la paura.

C'era stata neve copiosa, proprio come piaceva a loro – a lui e Tommy, Kate aveva amato le giornate assolate, i cieli tersi e infiniti. C'erano state passeggiate nell'incanto di boschi silenti, il cinguettio degli uccelli selvatici che svolazzavano in cerca di cibo, scoiattoli a fare capolino dai rami dei pini, l'acquisto di una slitta nuova di zecca che aveva ogni intenzione di farsi spedire a casa, anche se Kate l'aveva minacciato con i ferri del caminetto con insospettabile aggressività. C'era stata la traversata del lago ghiacciato, un'esperienza di cui Tommy aveva avuto inizialmente timore, ma che l'aveva elettrizzato, una volta che si era convinto a metterci un piede sopra.

Erano stati bene insieme.
E lui aveva immagazzinato un numero copioso di fermi immagine che si sarebbero trasformati in ricordi indelebili.
Si era sentito sempre più sicuro che lui e Kate avessero dato il via a qualcosa di solido, di ben radicato, qualcosa che avrebbe retto a ogni colpo della vita. Ed erano pronti ad allagare i confini del loro robusto nucleo d'amore per accogliere chiunque si sarebbe aggiunto. Forse era eccessivo cominciare a considerare la loro famiglia come a una dinastia vera e propria, ma l'idea di invecchiare circondato da tutti i loro figli era qualcosa che gli riempiva il cuore.

Naturalmente aveva fatto silenzio. Non era il caso di accendere la miccia degli impetuosi sbalzi d'umore di cui Kate negava di essere vittima, ma che avevano la curiosa tendenza a infrangersi contro di lui, che non aveva ancora imparato come navigarli.
Non era esperto di famiglie felici, lo aveva sempre sostenuto. O di famiglie in generale, ma in ogni caso gli pareva che stessero facendo un ottimo lavoro. Non gli importava più, a quel punto, che avessero sprecato degli anni solo perché lei si era rifiutata di dar loro una possibilità. Sì, tecnicamente li avevano persi. Ma il loro presente era così ricco che guardarsi indietro con rimpianto gli pareva solo l'inutile rimostranza di chi credeva di vantare dei crediti nei confronti della vita e lui non avrebbe mai commesso quell'errore. Lui era uno di quelli che conoscevano il valore miracoloso della gratitudine.

Corsero insieme a baciarla e la strinsero in un abbraccio. Sì, era innamorato. Perso. Era un crimine? Forse aveva assorbito per osmosi gli ormoni della gravidanza che avevano preso possesso anche della sua personalità. Si corresse. Unicamente della sua. Kate sosteneva che quella degli ormoni fosse una leggenda.
"Smettetela, siete gelati", protestò ridendo.
"Sei venuta a vedere la mia gara? Non hai più mal di pancia?"
Era così che avevano spiegato a Tommy le occasionali nausee mattutine e il maggiore bisogno di riposo da parte di sua madre e lui aveva accettato la spiegazione come se non fosse niente di speciale. Anche lui qualche volta aveva mal di pancia, aveva specificato con aria seria e buffa che li aveva fatti ridere di nascosto.

Kate si chinò su Tommy, per aggiustargli il berretto. A volte si distraeva a immaginarla intenta a prendersi cura del loro bambino e doveva fare uno sforzo ingente per non svenirle davanti. Doveva trattarsi di quella sindrome per cui i padri si immedesimano al punto da avvertire le stesse sensazioni e tutti malesseri delle future madri. Quello o un disturbo psichiatrico ancora tutto da studiare.
"Sì, sto meglio. E non mi sarei persa la tua gara per nessun motivo", lo rassicurò, prima di voltarsi verso di lui e fargli l'occhiolino. "E non mi sarei persa nemmeno il maestro di sci", aggiunse a suo esclusivo beneficio.

Non reagì alla provocazione. Si limitò a fissarla imbambolato, come gli capitava spesso, proprio lui che si vantava di averla conquistata grazie alla sua brillante capacità oratoria, che doveva essersi persa per strada nell'attimo preciso in cui il primo test era diventato positivo. Gli sembrava diversa. Più bella, di una bellezza maestosa e intima, tutta da scoprire.
Dopo averlo sorpreso per la centesima volta a contemplarla trasognato, Kate l'aveva minacciato di morti orribili e dolorose – gliele aveva elencate tutte nel dettaglio-, se non avesse smesso di comportarsi in modo tanto bizzarro.
"Vuoi che mi volti mentre recuperi una parvenza di capacità comunicativa, insieme alla dignità che hai abbandonato altrove? Hai di nuovo quell'aria che mi fa venire voglia di tirarti uno ski lift in testa".
La tirò verso di sé e come punizione le infilò una mano fredda sotto la giacca, a contatto con la pelle, facendola rabbrividire e lanciare un piccolo urlo di protesta, prima di scoppiare a ridere insieme a lui. Tommy li osservava con un cipiglio che tradiva tutto il suo disgusto per essere costretto ad assistere a scene tanto inopportune, per di più in pubblico.
La tenne abbracciata e la fece indietreggiare per allontanarla dal maestro di sci, quando il ragazzo arrivò a prelevare Tommy e li salutò, un po' sconcertato dall'esuberante accoglienza. Sì, stavano dando spettacolo. Sì, erano sciocchi e felici. E non era dell'idea che la felicità dovesse essere repressa a favore di uno standard di comportamento più convenzionale.

"Sei sicuro di non avere bevuto qualche bicchiere di troppo di quella grappa di ginepro che ci hanno regalato? Capisco che le temperature siano molto basse, ma questo non ti autorizza a ubriacarti prima di mezzogiorno e coinvolgermi nella tua perdita di freni inibitori".
Lanciò un'occhiata a una certa parte del suo corpo, ben celata dagli indumenti. "Visto come è andata, ti ho già coinvolta nella perdita di freni inibitori, non credi?"
Si staccò da lui, fingendosi scandalizzata. "Se non la smetti, Castle, io e Tommy prenderemo un volo diverso dal tuo, così potrai usare tutte quelle ore di solitudine per tornare in te".
"Deduco che tu non abbia ancora fatto colazione, ecco perché sei tanto ostile nei miei confronti. Vado a ordinarti frittelle e caffè".
"Non credere che basti questo..."

Kate venne distratta da un suono metallico proveniente dal telefono che teneva in tasca. Si strappò i guanti e lo recuperò. La vide smettere di sorridere e aggrottare la fronte fissando lo schermo in silenzio.
Castle fece mentalmente il conto. Era troppo presto perché potesse trattarsi di buone notizie o magari di un semplice saluto da parte di parenti e amici. Qualcuno doveva essersi alzato prima dell'alba per contattarli.
"Ti raggiungo subito", gli disse spostandosi fuori dal suo raggio visivo. Impaziente per natura, si rassegnò ad attendere che fosse lei a comunicargli di che cosa si trattasse.
Entrò nel rifugio alle sue spalle, sempre molto frequentato, e si fece strada tra la ressa dirigendosi verso il bancone, dove ordinò tutto quello che si trovò davanti, anche se lei ne avrebbe consumato solo una minima parte. Non aveva mai molto appetito.
Quando uscì, piuttosto turbato e ansioso di saperne di più, la cercò con lo sguardo, finché non la scovò seduta all'unico tavolo non occupato, con gli occhi chiusi e la testa protesa a ricevere i caldi raggi del sole.

"Ti sei messa la crema protettiva?", osservò prima di mordersi la lingua. Troppe premure la seccavano, lo sapeva. Appoggiò il vassoio che aveva tra le mani e prese posto di fronte a lei. Dalla loro postazione riuscivano a tenere agevolmente d'occhio Tommy, intento ad ascoltare il maestro di sci che stava dando le ultime indicazioni prima della gara.
Kate non sembrò essere troppo interessata al cibo che le propose. Si limitò a tenere in mano la tazza di caffè, senza avvicinarla alle labbra.
"Non ti va? Hai ancora la nausea?"
Scosse la testa. "Mi spiace, Castle. Non c'è un modo gentile di dirlo, anche se vorrei che non fosse così. Il messaggio che ho ricevuto proveniva dalla nostra avvocata, che mi chiedeva di ricontattarla al più presto".
Si sentì sprofondare.
"Farsi richiamare a quest'ora non mi fa presagire niente di buono". Mise una mano sopra quella di lei. "Nemmeno il fatto che tu stia cercando un modo di addolcire la pillola. Avanti, spara. Si tratta di Josh? Un'altra delle sue pretese?"
Che cosa poteva volere di nuovo quell'uomo detestabile?

"Ha chiesto che ti sia impedito ufficialmente di frequentare Tommy".
Affermare che ci rimase di sasso non avrebbe reso l'intera portata dello sbigottimento che lo trasformò istantaneamente in una statua di ghiaccio. Nessuna parte del suo corpo fu in grado di reagire a quel colpo terribile.
"Tommy vive con me, a casa mia. Come potrei non frequentarlo? Gli ha dato di volta il cervello?"
Era così sotto shock che il suo cervello riuscì solo a produrre un'ovvietà, che però a lui pareva non priva di senso. Ma un conto era quello che lui riteneva logico, un conto era il campo delle possibilità della giustizia, che era ciò che temeva da sempre, ovvero l'esistenza di qualche oscuro cavillo che permettesse alle farneticazioni di un folle di avere conseguenze nella realtà, a discapito del bene di Tommy.

"Pensavo che avessimo già toccato il fondo, ma a quanto pare con lui non si arriva mai alla fine".
La risposta di Kate non lo rassicurò, anzi, lo fece precipitare ancora di più nello stato confusionale in cui si trovava. Non aveva riso insieme a lui liquidando l'ipotesi come una sciocchezza, stava prendendo sul serio la minaccia. Dio, poteva accadere davvero? E come sarebbe sopravvissuto?
"Ma... può farlo? Intendo, è una cosa concretamente realizzabile? Che cosa ti ha detto?"
Perché nessuno conveniva con lui che fosse una richiesta così ridicola da non poter nemmeno essere presa in considerazione? Prese a girargli la testa.
"Mi ha spiegato sommariamente che questo tipo di petizioni di solito non vengono accolte, a meno che il giudice non rilevi, dopo un'opportuna verifica, che la presenza del nuovo partner di uno dei genitori nuoccia al benessere psico-fisico del minore in questione o leda la sua sensibilità".
"E non lo fa, giusto? La mia presenza, dico. Non lede niente".
"Castle, mi sorprende che tu abbia di questi dubbi".
"Non ne avrei, se la mia influenza su Tommy non stesse per essere minuziosamente analizzata da un tribunale che dovrà esprimere un giudizio a riguardo".

Kate sospirò e si prese la testa tra le mani. Non aveva toccato cibo. Sospinse il piattino verso di lei, per invitarla a spiluccare qualcosa.
"Quali sarebbero le motivazioni che ha usato per supportare la sua tesi?" La vide esitare. Non fu piacevole. Di colpo era diventato una persona sgradita che metteva in pericolo il benessere dei bambini. Molteplici lame di ghiaccio gli si conficcarono nel cuore.
"A quanto pare i suoi avvocati sono entrati in possesso del tuo fascicolo personale, quello in cui sono riassunte tutte le tue... chiamiamole intemperanze, per semplicità. Episodio del furto del cavallo della polizia senza vestiti addosso incluso".
Non si capacitava che qualcuno potesse aver seriamente tirato in ballo quell'azione goliardica. Era ridicolo, oltre che offensivo, ma quello era il meno.
"E, in aggiunta, ha citato le tue frequentazioni passate e la tua abitudine a finire regolarmente sulla pagina dei pettegolezzi cittadini, insieme alla tua reputazione non proprio... impeccabile".
Da quando Josh si era autoeletto difensore della moralità?
"D'accordo, non ho avuto un passato morigerato, ma non ho commesso nessuna infrazione – tutte le accuse sono state ritirate, è scritto sul mio fascicolo, lo hai visto anche tu – e soprattutto non ho mai fatto niente di intemperante da quando vi frequento. Sono stato un cittadino esemplare".
"Peccato, ho sempre coltivato il sogno di metterti le manette ai polsi. Fuori dalla camera da letto".

Il tentativo di fare dell'umorismo lo risvegliò dallo sbigottimento che aveva congelato ogni altra reazione, ma non gli fu d'aiuto. Venne travolto da una viva afflizione nel rendersi conto degli ostacoli che avrebbero dovuto affrontare. Di nuovo. Cominciavano a sembrargli infiniti e sempre più gravosi.
Lo feriva che qualcuno stesse cercando di allontanarlo da Tommy, che amava e accudiva come un figlio, e con una motivazione tanto pretestuosa. Pur ritenendo di essersi costruito nel tempo una scorza resistente, più di tutto era colpito dall'implacabile volontà da parte di un estraneo di farlo a pezzi con azioni metodiche e studiate. Provò un insolito moto di commiserazione per se stesso.

Non era giusto. Lui era una brava persona, o almeno provava ogni giorno a esserlo e a insegnarlo a Tommy. Il suo unico torto era stato quello di essersi innamorato di una donna e di suo figlio e lo sconvolgeva che per questo motivo la sua vita stesse per essere messa sotto processo. Che qualcuno addirittura volesse rovinarlo e trascinare un bambino nella distruzione che ne sarebbe seguita. Non era lui il cattivo.
Annaspò e la guardò, chiedendole aiuto in silenzio. Le accuse, ben mirate, andavano a toccare una parte di lui vulnerabile e troppo esposta, che in fondo credeva alla sostanza di cui erano fatte.
"Castle... i suoi sono solo colpi tirati alla cieca. Nessuno gli darà ragione quando verranno esposti i fatti, e cioè che sei tu ad aver provveduto a Tommy in ogni modo possibile. Non lui. Nessuno toglie un bambino all'unico padre che abbia mai avuto".

Si alzarono. La gara stava per cominciare. Si avvicinarono alla folla di genitori accorsi a fare il tifo per i piccoli campioni, che da parte loro si sbracciavano per salutarli.
Kate infilò la mano nella sua.
"Mi dispiace, Castle. Farei di tutto per evitarti tutto questo, soprattutto adesso".
Gliela strinse a sua volta, per farle credere che andasse tutto bene, pur sapendo che non sarebbe riuscito a sfuggire al panico crescente che gli martellava nel petto.
Josh era riuscito di nuovo a intrufolarsi tra loro, come se l'unico scopo della sua miserabile esistenza fosse quello di infastidirli, godendo nel mettere in atto le sue piccole, grette vendette. Nonostante avesse permesso a Tommy di partire, li aveva comunque in pugno e non voleva che lo dimenticassero nemmeno per un minuto.
Castle non era un ingenuo, si era aspettato qualche forma di ritorsione dopo l'improvviso cambiamento di rotta, anche se era stato convinto che Josh sarebbe ripartito alla carica solo una volta che avessero fatto ritorno dall'Europa. Si era illuso che, mettendo un oceano di mezzo, sarebbero riusciti far scomparire almeno temporaneamente la sua malevola influenza. Non era andata così.

Il cellulare trillò di nuovo, facendolo innervosire. Accanto a lui, Kate lesse e impallidì.
"Che cosa c'è ancora?" Non nascose la sua irritazione, che era il risultato di un'abissale stanchezza. "Ha fatto spiccare un mandato internazionale cosicché l'Interpol possa arrestarmi per la mia vita dissoluta?"
Kate scosse la testa, impietrita.
"Chiede – pretende, anzi - che Tommy trascorra almeno una settimana insieme a lui, da soli, non appena torneremo negli Stati Uniti. Verrà a prenderlo all'aeroporto. Sostiene che io gli abbia impedito di frequentare suo figlio, nonostante le sue ripetute offerte fatte in buonafede, abusando della mia autorità", lo informò con voce soffocata. Non l'aveva mai vista tanto atterrita.
"Non sarebbe ancora vivo se avessi abusato sul serio della tua autorità".
"È vero che gli ho imposto di vederlo solo come me presente".
"Perché lui lo aveva spaventato a morte. E, in ogni caso, ha sempre annullato i vostri appuntamenti con una scusa, le volte in cui si degnava di avvisare. Dove sarebbe la buonafede?"
Per essere un costante elemento di disturbo, in effetti era da parecchio che non si faceva vivo di persona.

Kate alzò verso di lui uno sguardo assente. "Non posso lasciarglielo così a lungo, Castle, non posso". Si accorse che stava tremando e la cosa lo allarmò. Doveva essere a digiuno da ore, sempre che la nausea non avesse ulteriormente contribuito a svuotarle lo stomaco. La sfumatura verdastra del volto si accentuò. Di quel passo avrebbe perso i sensi.
Come reazione istintiva le arpionò il braccio con violenza, per trasmetterle un po' di energia. "Nemmeno io e non lo faremo, te lo prometto. Tommy non andrà da nessuna parte". Una settimana? Doveva passare sul suo cadavere e prepararsi ad avere a che fare con il suo fantasma tornato dall'Aldilà per dargli la caccia. "Possiamo prendere una macchina, dirigerci verso est e scomparire. Ho sentito che in Moldova non è difficile, se si conosce qualcuno".
Kate non rispose. Continuava a fissare il telefono, terrea in volto.

Tommy urlò i loro nomi e Kate si riscosse in automatico, agitando la mano per salutarlo e facendo resistenza ai suoi tentativi di allontanarla dal punto in cui si trovavano.
"Kate, vieni a sederti. Devi mangiare qualcosa. Non ti fa bene..."
"Non possiamo deluderlo", sibilò a denti stretti, sforzandosi di sorridere al figlio. La capiva, ma svenire in mezzo a tutta quella gente non sarebbe stata certamente un'evenienza desiderabile. Ormai la stava sorreggendo quasi del tutto.
Frugò in tasca e recuperò la manciata di cioccolatini che aveva agguantato quel mattino prima di uscire e che aveva in parte già diviso con Tommy. Per fortuna ne aveva con sé una scorta abbondante, di cui lei non aveva mai saputo nulla. Ci sarebbe stato tempo per giustificarsi.
Gliene scartò un paio e glieli passò. Era disposto a ficcarglieli in bocca a forza, se si fosse rifiutata. Avrebbe preferito avere a disposizione qualcosa di più nutriente, ma non l'avrebbe mai convinta a muoversi, testarda com'era, e non voleva lasciarla sola.
"Non è l'unico bambino di cui dobbiamo occuparci", sibilò a denti stretti, alterato. Gli spiaceva arrabbiarsi con lei, ma non aveva scelta. "Devi pensare anche agli altri".
"Perché parli al plurale?"
Non si era accorto di averlo fatto. "Perché potrebbero essere gemelli", improvvisò. "Non possiamo saperlo. E rifiutandoti di assumere calorie, li stai mettendo in pericolo".
"Non scherzare su una cosa del genere. Non avremo dei gemelli. Promettimelo, Castle".
Era lieto di scoprire che aveva ancora abbastanza presenza di spirito da mettersi a discutere con lui sul numero di bambini che portava attualmente in grembo, ma preferì non mettersi a discutere. A quel punto erano ormai diverse le orecchie che si erano allungate verso di loro, simulando indifferenza.
Con un sorriso vago destinato a nessuno in particolare riuscì finalmente a sospingerla verso una panchina, dove la fece accomodare, in modo che non rischiasse di accasciarsi al suolo. E ora doveva solo trovare un modo per rifocillarla e intanto non perdersi la gara di Tommy. Al resto avrebbe pensato più tardi.

Castle era seduto sul letto, fissando la parete opposta, assorto.

La vacanza era finita. Finite le corse nella neve, finiti i sonnellini pomeridiani, pietre e sassi da studiare con cura, le impronte di animali selvatici da ispezionare, le cioccolate pomeridiane. I bagagli erano pronti, la macchina che avrebbe dovuto condurli in aeroporto era già per strada. Non c'era niente da fare per lui, solo aspettare.
Di solito amava i momenti di quiete, quelli in cui poteva raccogliere i pensieri, mettere in fila tutte le sue fortune e ringraziare la sorte. Fare progetti. Non era più così. Avere del tempo libero ora significava dar spazio a un'angosciosa incertezza. Sarebbero riusciti a tenere Tommy al sicuro? Quante altre volte in futuro avrebbero dovuto combattere una battaglia che non avevano mai voluto cominciare?

Anche Kate cercava sempre nuovi modi per tenersi impegnata e non far trapelare la sua preoccupazione, che lui indovinava comunque. La notte precedente l'aveva sentita agitarsi senza pace. L'aveva abbracciata e tenuta stretta in silenzio finché non si erano riaddormentati, anche se per lui il sonno era stato di breve durata. Aveva atteso l'alba con la mano appoggiata sulla sua pancia, ascoltando il suo respiro. Sapere che quel nuovo bambino, quella vita appena abbozzata di cui lui sarebbe fortunatamente stato l'unico padre, era al sicuro nell'utero di sua madre era un pensiero che lo tranquillizzava, ma non era abbastanza. Tommy sarebbe stato per sempre in balia di forze imprevedibili e disoneste.

Tommy arrivò a interrompere le sue infelici riflessioni. Le labbra si tesero in un sorriso meccanico nel vederselo comparire davanti. Una settimana senza di lui, che se ne sarebbe stato da solo con suo padre, chissà dove. Sarebbe morto di crepacuore.
Non poterlo salutare al mattino appena sveglio, con i capelli arruffati. Non preparargli la colazione, accompagnarlo a scuola, organizzare le loro merende segrete, passare a prendere Kate al distretto per concludere la giornata insieme. Sette infiniti giorni senza la sua risata argentina, i continui perché, i racconti sconclusionati, le serate in pigiama sul divano, le favole della buonanotte.
Se lo immaginava piangente in una casa sconosciuta, a dare in escandescenze per motivi che suo padre non avrebbe compreso, ma solo violentemente represso. Sentiva la sua voce chiamarlo. Non poter mantenere la promessa di proteggerlo sempre e comunque lo stava distruggendo. No, doveva smettere. Tormentarsi a oltranza producendo orribili scenari mentali avrebbe solo peggiorato le cose.
Ma l'ansia non faceva che ingigantirsi. Gli era stato ricordato brutalmente che quello che credeva suo non lo era affatto ed era una constatazione insopportabile.
Per cercare di rassicurarsi, lui e Kate avevano continuato a ripetersi a vicenda che non glielo avrebbero lasciato. Avrebbero combattuto, mediato, minacciato, si sarebbero sottoposti a ogni verifica, ma non glielo avrebbero consegnato. A quel punto il tribunale era un passo necessario e fino ad allora niente e nessuno avrebbe potuto costringerli. Strano come non ci fossero ancora arrivati, nonostante tutto. Josh si era sempre ritratto un attimo prima.

"Sei triste, Papà Rick?", gli domandò Tommy fissandolo in volto. A volte gli pareva di vedere in lui l'adulto sensibile che era certo sarebbe diventato.
Scosse la testa, pronto a inventarsi qualcosa, ma alla fine preferì essere sincero. Non c'era motivo per cui non dovesse ammettere di essere triste. Anzi, profondamente abbattuto e demoralizzato. Tommy l'aveva capito, mentire avrebbe significato prendersi gioco di lui e fargli dubitare della sua intuizione, peraltro corretta. Sarebbe stato un pessimo esempio come adulto ed essere umano.
"Sì, è così. Mi spiace che la vacanza sia finita".
Tommy gli porse con delicatezza il peluche che era stato eletto suo compagno di viaggio, in via straordinaria.
Dopo un giro di consultazioni febbrili, era stato deciso che il coniglietto Rick, quello che gli aveva regalato per far colpo su sua madre, non avrebbe fatto parte della spedizione alpina. Nessuno aveva voluto correre il rischio di perderlo, visto il grado di attaccamento che Tommy aveva sviluppato per lui.
Su insistenza di Kate, Castle era tornato al negozio dove l'aveva comprato, la sera del loro primo appuntamento, ma non aveva trovato altri esemplari simili, che sembravano irrintracciabili.
Non era stato facile convincere Tommy a separarsene, ma era sempre meglio soffrire per qualche giorno piuttosto che per il resto della loro esistenza, nel caso in cui lo avessero smarrito. Nel frattempo Alexis si era assunta l'incarico di non perderlo mai di vista. Gli aveva perfino inviato delle foto giornaliere, che lui aveva mostrato a Tommy e che avevano sopperito in qualche modo alla mancanza. Era andato tutto bene. Il coniglietto era a casa ad attenderli, sano e salvo.

Tommy doveva ritenerlo disperato, se si era deciso per un gesto tanto estremo come offrirgli il suo unico peluche a disposizione. "Grazie, sei molto gentile. Mi sento già meglio".
Lo abbracciò. Tommy non era molto incline alle effusioni, ma lo lasciò fare. Provò un amore sconfinato per lui, quando lo baciò sulla testa annusando il suo profumo inconfondibile. Gli si spezzava il cuore. Non osava immaginare come dovesse sentirsi sua madre.
"Non sei troppo cresciuto, Castle, per piangere sulla fine delle vacanze? Puoi sempre scrivere lunghe lettere ai tuoi nuovi amici, una volta a casa".
Gli sorrise per fargli coraggio. Tommy scappò via, lasciando che fosse sua madre a farsi carico di un adulto inspiegabilmente di umore tetro.
La guardò. "Dobbiamo fare qualcosa, Kate".
"Lo faremo, te lo assicuro. E andrà tutto bene anche questa volta".
Aveva recuperato la grinta, mentre lui era sprofondato nello sconforto. Si chinò a baciarlo sulla fronte. Non era la risposta che avrebbe voluto ascoltare.
"Intendo, dobbiamo fare qualcosa di definitivo. Non possiamo vivere aspettando la prossima follia di Josh. Siamo arrivati al limite".

Si sedette accanto a lui. "Che cosa hai in mente?"
Lo disse, tutto d'un fiato. Ci aveva riflettuto a lungo e non vedeva altre soluzioni. "Voglio adottare Tommy. Dobbiamo iniziare la procedura che ci ha illustrato tuo padre, è necessario che il mio ruolo nella sua vita sia riconosciuto ufficialmente".
"Mio padre ha anche aggiunto che non era una strada facilmente percorribile, visto che serve il consenso di Josh e non mi pare che abbia inclinazioni in tal senso. Non rinuncerà mai ai suoi diritti su di lui, fosse solo per fare dispetto a noi".
"Rimarrebbe comunque suo padre, formalmente".
"Castle, ti è mai parso un uomo ragionevole? Perché io l'ho sempre visto agire per ripicca e con smisurata superbia. Vuole che Tommy smetta di frequentarti, senza che nemmeno gli importi di quanto soffrirebbe suo figlio se ciò accadesse davvero. Non firmerà mai, ti stai solo illudendo".
"Hai ragione, ma dobbiamo inviare un messaggio chiaro, concreto. Non voglio continuare a vivere temendo che Tommy venga allontanato da noi. Avrà presto dei fratelli..."
"Smetti di parlare al plurale, mi stai terrorizzando".
Si voltò verso di lei. "Kate, non è concepibile che Tommy rischi di essere allontanato di punto in bianco da quella che sarà la sua famiglia, nel caso in cui si verifichino circostanze... improbabili".
"Grazie per aver trovato un modo discreto per riferirti alla mia dipartita, che ossessiona te e mio padre in egual modo".
"Jim aveva ragione a preoccuparsi. È più che mai urgente che io assuma un ruolo ufficiale e legalmente riconosciuto, per evitare che la sua vita venga stravolta. Prova a pensare a che cosa succederebbe se tu ci...". Non riuscì a concludere la frase. "I nostri figli rimarrebbero con me, in quanto padre legittimo, ma Tommy finirebbe con Josh. Riesci a immaginare qualcosa di più distruttivo per lui? Io non sono nessuno agli occhi della legge. È una cosa inaccettabile".

Kate chiuse gli occhi, rifiutandosi di rispondergli. Non voleva turbarla, solo mostrarle quanto fosse in pericolo suo figlio. Dovevano fare qualcosa. Per lui.
"Dobbiamo sposarci. Subito", la incalzò.
"È un'altra delle tue romantiche proposte di matrimonio, Castle?"
"Basterebbe a farti dire di sì?"
Tommy tornò da loro, di fatto salvandola, ma interrompendo un discorso che non poteva più essere lasciato in sospeso.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: Ksyl