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Autore: lapacechenonho    28/01/2021    4 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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45- 034: Things you said when you kissed me goodnight (Le cose che hai detto durante il bacio della buonanotte).
 
Da quando era nato James, Harry sentiva che ricercare gli Horcrux per mesi interi in giro per l’Inghilterra, era stato di gran lunga meno sfiancante. Il suo pargoletto, oltre ad avere un eccesso di energia che Harry si chiedeva dove potesse prenderla, aveva anche l’abitudine di tenere svegli i genitori di notte o di impiegare ore intere ad addormentarsi. Harry sospettava che Ginny gli mettesse qualche pozione energizzante nella pappa perché quel bambino sfiorava l’iperattività. E non aveva manco un anno.
Aveva iniziato a muovere i primi passi e la situazione era peggiorata ulteriormente, di positivo c’era che camminare richiedeva un po’ più di energia, quindi si stancava di più. Con Ginny avevano deciso di mettere a letto il bambino a turno: un giorno toccava ad Harry, un giorno toccava a Ginny. Era un compromesso adatto per evitare che solo uno dei due raggiungesse la pazzia totale.
Harry si buttò stancamente sul letto dopo un’intensa sessione di “Acchiappa il Boccino” con James. Il gioco consisteva nel prendere un boccino giocattolo, farlo volare vicino alla faccia di James che si sbracciava con le sue piccole braccia per raggiungerlo. Spesso ci riusciva ed Harry aveva intuito, con una punta di orgoglio, che la sua abilità da cercatore era stata tramandata al figlio. Con Ginny avevano appurato James aveva bisogno di quello per cadere nel mondo dei sogni.
Vedendolo stravolto, Ginny gli passò una mano sulla spalla per confortarlo, aveva un sorriso debole e quasi colpevole sul volto. Harry avrebbe voluto sapere perché ma la parte troppo stanca di lui suggerì che il giorno dopo sarebbe stato il giorno perfetto per sapere ciò che Ginny aveva da dirgli.
«Pesto avrà un cuginetto o una cuginetta come vicino di casa per sfogare la sua energia» lo rassicurò. Ginny si riferiva ad Hermione e Ron ai quali mancavano pochi mesi per la nascita del loro primo figlio o figlia.
«E se è tutto cervello come Hermione? Non andranno mai d’accordo con James» le fece notare. Ginny, suo malgrado, si trovò ad annuire.
«Detesto darti ragione» ammise. «Ma c’è un 50% di possibilità che prenda da Ron e a quel punto sarebbero pappa e ciccia con James» si riprese. Harry assunse un’espressione pensierosa.
«T’immagini la versione femminile di James?» domandò sovrappensiero. Ginny si accigliò. Poi si rese conto di come potesse suonare la domanda. «Non ti sto chiedendo un altro bambino!» esclamò ma suonava ancora peggio della prima espressione. «Cioè non subito» chiarì. Improvvisamente si ricordò del disguido avvenuto quando Ginny era rimasta incinta di James e si mise seduto sul letto guardando la moglie, agitato. «Ma se dovesse capitare subito andrebbe bene comunque» concluse. Ginny ridacchiò, probabilmente non aveva intuito il panico che aveva provato Harry o se l’aveva fatto, l’aveva divertita.
«Ho afferrato il concetto» chiarì. «Ma lo sai che potremmo non avere mai una femmina?» gli fece notare.
In realtà Harry non si era mai posto quel problema, voleva una famiglia, indipendentemente dal sesso del nascituro. Non aveva mai avuto fratelli o sorelle e neanche dei genitori ma al momento era tutto ciò che desiderava per suo figlio. Desiderava che si realizzasse nella vita, ma ora voleva solo che fosse pieno di amore, di giocattoli, di zii e di cugini. Harry alzò le spalle guardando la moglie. La luce dell’abatjour sul comodino rendeva la sua figura in controluce ma lui riusciva a scorgerne ugualmente la bellezza.
Non seppe bene perché lo fece, ma sentì lo stimolo di abbracciarla, di farle appoggiare la sua testa al suo petto e di accarezzarle i capelli piano, per rilassarla e scivolare nel sonno insieme a lei. Era da tanto che non si concedevano a tenerezze come quelle. Da circa un mese, Harry era diventato Capo dell’Ufficio degli Auror e finalmente aveva compreso perché il vecchio capo Crawley aveva insistito per fargli analizzare ogni singolo processo degli ultimi dieci anni. Era stata una svolta importante per la sua carriera che Harry stesso non si aspettava. Ginny gli aveva detto che era sicura che prima o poi sarebbe arrivato in alto perché, secondo lei, «Nessuno resiste agli occhi verdi del Prescelto».
Mentre accarezzava i capelli rossi della moglie, alzò gli occhi verdi per guardare la pergamena che riportava la filastrocca di San Valentino scritta da Ginny durante il suo secondo anno. «Credo dovremmo insegnarla a James» disse convinto. Ginny rise.
«Così che possa vergognarsi meglio di sua madre?» domandò divertita. Anche Harry rise.
«Apprezzerà la tua vena poetica, te l’assicuro» rispose. «Credimi, mi hanno scritte tante – troppe – lettere di ammirazione ma nessuna batte “Occhi verdi e lucenti di rospo in salamoia”». Ginny rise di cuore ed Harry la seguì a ruota.
«Mi dispiace che James non abbia i tuoi occhi» ammise con un po’ di rammarico nella voce.
«Io no» disse sinceramente. «Amo i tuoi occhi e amo poterli vedere ogni giorno negli occhi di nostro figlio». Ginny lo strinse un po’ più forte.
Col fatto che James era piuttosto irrequieto, era raro che riuscissero a trovare dei momenti solo per loro. Harry sarebbe voluto rimanere sveglio tutto la notte pur di rimanere abbracciato alla moglie ad accarezzarle i capelli. Ginny sospirò e poi si sollevò per baciarlo. Gli diede un bacio lungo e lento, un bacio che non gli dava da troppo tempo, secondo Harry, e di cui si beò ricambiando. Cercò di approfondire il bacio e sentì Ginny sorridere. «Sono incinta» disse sulle sue labbra.
Harry sgranò gli occhi e si staccò. Non si aspettava un altro bambino così presto ma dopo essersi ripreso da shock iniziale tornò a baciare la moglie approfondendo quel bacio che avevano interrotto. Poi scese a baciarle il collo ed il corpo attraverso il tessuto del pigiama. Poi arrivò al ventre dove depositò un bacio più lungo degli altri.
«Ciao piccolo o piccola, non vedo l’ora di vederti» sussurrò.   
 
«Quella volta mi sono quasi commossa» disse Ginny una volta che si fu ripresa dal racconto. Harry alzò le braccia al cielo in segno di vittoria.
«Sono riuscito a far commuovere Ginny Weasley!» esclamò come se avesse catturato il Boccino della partita di Quidditch più importante della sua vita.
«Erano gli ormoni, non eri tu» sibilò divertita dai gesti del marito.
«Non importa, me ne prenderò il merito per il resto della vita che mi rimane» rispose con noncuranza alzando le spalle.
La notte fuori dalla finestra continuava ad avanzare ma nessuno dei due se ne curava. Proprio come tanti anni prima, avevano voglia di rimanere lì tutta la notte a godere della presenza reciproca, senza preoccuparsi del giorno dopo. Harry baciò la moglie con lo stesso trasporto di sempre, poi appoggiò la fronte della moglie e iniziò a raccontare dell’ultima volta che aveva ricevuto una notizia così tanto bella.
   
 
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