Il Ballo
si era concluso e questo significava di fatto solamente tornare alla
routine di
tutti i giorni. Nessuna stupida idea in testa poteva infatti
più valere come
scusa per non essere attenti alle lezioni (anche se, a dire il vero,
adesso
sembravano Piton e la McGranitt un po’ distratti), che
ripresero con
un'intensità quasi doppia per recuperare il tempo perso. E
tra le lezioni,
ovviamente, non potevano mancare quelle di teatro.
“Molto
bene, cari ragazzi e care ragazze” esordì la
professoressa Umbridge
(stranamente da sola) vedendoli entrare con aria stanca nell'aula,
“vi annuncio
che ho ricevuto un permesso speciale dal Preside Silente di triplicare
le
nostre lezioni! Ehm ehm il giorno del debutto si avvicina e voi non mi
farete
fare nessuna pessima figura!”
I ragazzi
trasalirono tutti rumorosamente e si scambiarono occhiate preoccupate.
Certo,
erano felici di passare più tempo a cantare, ma...
“Triplicare,
professoressa?”
Harry,
come sempre, decise di parlare per tutti. Senza alzare la mano, con
somma
irritazione di Dolores.
“Sì,
triplicare, Potter. Continui ad avere decisamente troppo spazio,
considerato
che il tuo personaggio non ha neanche un nome!”
“Mi
chiamo Combeferre, professoressa”.
“Sì
e
quante strofe hai da cantare, Combeferre?” A parlare stavolta
era stato Draco,
che si era messo a sghignazzare, ben ricordando comunque da studente
modello di
alzare la mano. “Lo perdoni, professoressa, non ha un ruolo
di spicco e
probabilmente questo lo annoia. Io, che sono uno dei protagonisti e ho
grande
dedizione per il teatro, posso essere solo felice di lavorare
più ore!”
Luna lo
osservò un attimo, poi annuì. “Bravo,
Draco! Non basta essere lontani dai
Nargilli per riuscire ad avere il successo finale, bisogna anche
impegnarsi!”
Draco,
che non aveva ben capito il collegamento, si ritrovò
comunque a fare un
sorrisetto soddisfatto per l'approvazione della ragazza.
“Ehm
ehm
molto bene, sono contenta di sentire che chi ha un ruolo esistente
concorda con
me” riprese la Umbridge, mettendo di nuovo in mostra il suo
ampissimo finto
sorriso. “Allora, oggi direi che è arrivato il
momento di provare la canzone
finale, il momento più alto di tutto il musical... Qualcuno
sa di cosa parlo?”
La mano
di Hermione scattò in aria.
“La
morte
di Jean Valjean davanti a Cosette e Marius. Torna anche il mio
personaggio,
Fantine, che accoglie Valjean in Paradiso e...”
“Oh,
no,
no, no, cara. So che lei è una... mezza babbana, ma la
versione originale del
grande Hugo è un’altra. La canzone finale si
chiama Il trionfo della
giustizia”.
Stavolta
fu la mano di Ginny a scattare in aria.
“Ma,
professoressa, neanche tra i maghi esiste una canzone simile!”
“Soltanto
perché lei è poco informata, cara, non significa
che non sia così. Oserei dire
che la scena autentica la conosciamo in pochissimi, ma vi posso
assicurare che
il romanzo di Hugo – e dunque anche il musical – si
sarebbe dovuto concludere
con ehm la vittoria di Javert, vero eroe indiscusso, e nella canzone
finale
appunto ci sono Valjean e Marius che chiedono perdono e finiscono in
prigione”.
Prese una pausa per allargare perfino di più il suo sorriso.
“Proprio un
autentico ehm lieto fine, non trovate?”
Passarono
alcuni secondi di silenzio attonito, dopodiché alcuni degli
attori si
ricomposero e borbottarono qualche non molto convinto
“sì”. Draco non fu tra
questi, per una volta; uno sguardo attento avrebbe invece potuto notare
sul suo
volto l’indizio di una smorfia prontamente celata. Era
deluso, intuì Luna
osservandolo, ma non diede troppo peso alla cosa; non aveva mai sentito
parlare
prima del vero finale di Hugo e questa notizia la
incuriosiva molto.
Alzò la mano e, incrociato lo sguardo della professoressa,
pose la sua domanda.
“Se
Valjean e Marius vengono arrestati cosa ne sarà di Cosette,
professoressa?”
Dolores
tossicchiò. “Domanda interessante, signorina
Lovegood, ehm o lo sarebbe se non
fosse che di fronte alla straordinaria interpretazione conclusiva di
Javert e
al simbolico trionfo della giustizia dubito che qualcuno
s’interesserà alla
fine dell’orfanella. Si arrangerà in qualche modo,
immagino, le donne trovano
sempre una via” concluse, distogliendo lo sguardo dalla
giovane. Batté le mani.
“Basta chiacchierare, iniziamo! Diggory, Chang, partiamo
dalla vostra scena. Si
ricordi, Diggory, Thenardier è un uomo viscido, faccia del
suo peggio o dovrò
considerare di sostituirla”.
Tutto
stava andando bene, persino Silente si era dimostrato stranamente
collaborativo
nei confronti suoi e del suo progetto; ciononostante, non era
tranquilla.
L’inspiegabile assenza di Moody dall’aula non
aiutava affatto la sua
irritazione crescente.
“Canti
più forte, signorina, o la gente penserà che stia
piangendo piuttosto!”
“Sì,
è
proprio vero, è un’autentica ingiustizia,
incredibile”.
“È
bello
trovare qualcuno che capisce. Non mi spiego proprio come sia potuto
succedere,
è talmente assurdo che quello stupido calice non abbia
scelto me!”
“Hai
ragione, RonRon, sono certa che nascondi mille talenti…
Vorrei…”
“Si
zittisca, Brown, ho già ascoltato fin troppe
scemenze”.
Lavanda e
Ron impallidirono e si voltarono di scatto: il professor Moody li
osservava
severo, un occhio per ognuno. Non l’avevano minimamente
notato avvicinarsi –
perché troppo concentrati l’uno
sull’altro, più che per una sua abilità
nello
scivolare silenzioso, con tutta probabilità. Quanto poteva
aver sentito il
professore, e perché era lì? Rabbrividirono al
pensiero delle conseguenze che
ci sarebbero state se le loro brucianti critiche avessero raggiunto le
orecchie
della Umbridge. “Professore, noi… stavamo
solo…”
“So
benissimo cosa stavate facendo, Weasley, mi prendi per scemo solo
perché mi
manca qualche pezzo?”
Ron
ammutolì.
“Non
lo
dica alla Umbridge, la prego!” intervenne Lavanda di getto.
Era arrabbiata per
non essere stata scelta, certo, non aveva nemmeno ricevuto
una vera
possibilità, ma sperava ancora di potersi rifare
l’anno successivo in
fondo.
Alastor
roteò l’occhio blu, ma la sua espressione si
trasformò presto in un ghigno.
“Potrei farlo” replicò divertito,
“oppure” riprese tornando a puntare
l’occhio
magico sulla studentessa, “potremmo parlare insieme di quanto
siete delusi per
non essere nel musical e quelle stronzate là, per poi
trovare un accordo”.
“Che
tipo
di accordo?” domandò Ron, cauto, ma il cuore aveva
iniziato a battere più forte
per l’emozione – sincronicamente a quello di
Lavanda. Quella poteva essere la
loro chance!
Il
burbero professore ridacchiò. “Vigilanza costante!
Qui potrebbe sentirci
chiunque, sciocchi, come io ho sentito voi. Seguitemi, poi
parleremo”.
“Perché
dovremmo…?” domandò, esitante, Lavanda.
Non capiva bene cosa stesse succedendo,
sapeva che il vecchio Auror poteva rappresentare
un’opportunità per lei – per
loro – ma non riusciva a fidarsi del tutto, non senza sapere
cosa volesse.
Alastor
sbuffò spazientito. “Le cospirazioni non si
discutono all’aperto, ragazzina”.
Poi, senza un’altra parola, si mise in moto.
Ron e
Lavanda si scambiarono un’occhiata stupita, ma fu un attimo;
lo seguirono.