Film > Indiana Jones
Segui la storia  |       
Autore: IndianaJones25    29/01/2021    2 recensioni
È una luminosa e calda giornata estiva di fine Ottocento quando, in una casa di Princeton, nel New Jersey, nasce l’unico figlio del professor Henry Jones Sr. e di sua moglie Anna.
Nel corso dei venticinque anni successivi, il giovane Junior vivrà esperienze indimenticabili e incontrerà persone straordinarie, in un viaggio di formazione che, tappa dopo tappa, lo porterà a diventare Indiana Jones, l’uomo con frusta e cappello, il più celebre archeologo del mondo…
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abner Ravenwood, Henry Jones, Sr., Henry Walton Jones Jr., Marion Ravenwood, René Emile Belloq
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
VIII.
ATENE, GRECIA, APRILE 1910

   «E questo, Junior, è il Partenone, il più celebre tempio di Atene, voluto da Pericle e realizzato da un gruppo dei più famosi architetti del loro tempi, supervisionati dallo scultore Fidia, che si occupò anche delle decorazioni» spiegò Henry, alzando la mano in direzione del grande tempio che sorgeva di fronte a loro.
   Indy, ammirato, studiò con attenzione l’ennesima meraviglia che si innalzava davanti ai suoi occhi, riempiendolo di stupore e mettendolo in soggezione. Sentì una lacrima involontaria solcargli il viso. L’asciugò con una mano, sperando che suo padre non se fosse accorto. La sua emozione, dinnanzi alle straordinarie opere dell’ingegno umano, era immensa.
   «E immagina» continuò a parlare Senior, lo sguardo che spaziava tutto attorno. «Immagina di trovarti in questo stesso luogo, duemilacinquecento anni or sono. Tutto attorno a te non rovine o avanzi di un’epoca passata, bensì edifici intatti nella loro magnificenza, che rispondeva ai canoni aurei. E, dove ora si trovano queste pietre rovesciate, avresti potuto vedere passeggiare Socrate con il suo codazzo di seguaci, intenti in una dissertazione filosofica. Là, forse, avresti incontrato Apelle, assorto nella contemplazione di un’immagine da tramutare in dipinto, e laggiù si sarebbe magari soffermato Aristotele, ragionando tra sé e sé sulle leggi della natura; e, secoli dopo, avresti potuto imbatterti nell’imperatore Adriano, meditabondo, la testa rivolta alla grandezza dell’Impero Romano, che di Atene poteva ben dirsi l’erede e il degno successore.»
   Henry si voltò a fissare suo figlio con molta intensità.
   «Junior, questo che ci circonda non è soltanto un sito archeologico privo di vita. Comprendi tu stesso che è molto di più. Questo luogo può, e deve, essere considerata la culla della nostra civiltà e del nostro pensiero. Se il mondo occidentale ha raggiunto il progresso che conosciamo, lo si deve a tutto ciò che ha avuto inizio proprio qui, millenni or sono. Tutto ciò che siamo io, te, tua madre, miss Seymour, e tutti gli europei e gli americani insieme a noi, lo dobbiamo agli uomini che, da questa acropoli, posero le basi di una civiltà nuova. Ricordati che, quando i Greci resistettero eroicamente contro i Persiani a Maratona, alle Termopoli, al Capo Artemisio, a Salamina e a Platea, non salvarono soltanto se stessi da un conquistatore che aveva già invaso mezzo mondo; fecero molto di più, anche se non potevano neppure immaginarlo. Con i loro atti di coraggio, con il loro sprezzo del pericolo e della morte, quando decisero di non tremare e di non fuggire dinnanzi a un esercito di dimensioni così immense da richiedere giorni interi di marcia per poterlo vedere tutto, resero possibile la salvezza di tutto ciò che noi conosciamo. Il mondo in cui siamo tanto abituati a vivere oggi non esisterebbe affatto se qui, duemilacinquecento anni or sono, non si fosse deciso di combattere e di resistere. Quel sacrificio, che forse a te sembra così lontano nel tempo, ha permesso a tutti noi di essere quello che siamo… di esistere, probabilmente. Non dimenticarlo mai e poi, Junior, e fai tesoro di questo insegnamento: combattere per ciò in cui si crede, per difendere una giusta causa, per salvare una civiltà dalle armate delle tenebre, non è mai un errore. Sacrificio ed eroismo si accompagnano sempre a qualcosa di molto più grande, di cui noi stessi fatichiamo a scorgere i confini.»
   Più suo padre parlava, e più Indy subiva il fascino imperituro del passato. Anche se il presente lo interessava, non poteva negare a se stesso che era nel passato che si racchiudevano i momenti più interessanti, le conoscenze più profonde e importanti. E quelle parole inerenti antichi sacrifici e salvezza del mondo intero gli penetrarono nel cuore e lì rimasero infisse, salde e inamovibili.
   Poco lontano, un vecchio cieco, seduto sotto a un ulivo, con un lungo bastone tra le mani, stava narrando una storia ad alcune persone che si erano radunate tutto attorno. Junior e Senior, incuriositi, gli si avvicinarono per ascoltare a loro volta le sue parole.
   «Quando Alessandro il conquistatore giunse nella grande e opulenta Babilonia alla testa del suo immenso esercito di cui nessun nemico era stato in grado di avere ragione» stava dicendo il vecchio, fissando il vuoto e vedendo con gli occhi della mente chissà quali fantastici paesaggi, «vi trovò il più grande tesoro che fosse mai esistito. Egli lo consegnò quasi per intero ai suoi generali, perché lo distribuissero ai soldati come bottino e ricompensa per le loro innumerevoli fatiche. Ma l’imperatore tenne alcuni dei gioielli più belli per sé. Tra questi ve n’era uno che proveniva dalla lontana e misteriosa India, di indicibile bellezza; se Alessandro, giunto alla rive dell’Indo, si era fermato e non aveva potuto conquistare quella terra favolosa, almeno ne avrebbe conservato come cimelio un tesoro di raro splendore. Quel prezioso oggetto rappresentava un pavone d’oro e d’argento, con la coda aperta a ventaglio. Le piume della coda erano fatte di lapislazzuli e i suoi cento occhi erano altrettanti diamanti di indicibile bellezza. Alessandro volle che quella statua senza eguali ornasse il suo sepolcro. Ma i secoli passarono, gli eserciti si avvicendarono e le razzie non ebbero mai termine. La statua, sottratta dalla tomba, venne fusa, i diamanti fatti a pezzi e venduti. Soltanto un occhio restò intatto. Un diamante brillante come il cielo, capace di riflettere tutte le luci dell’arcobaleno. L’Occhio del Pavone, così fu chiamato. Uomini uccisero e compirono le più ardite avventure per impadronirsene, ma ancora oggi quel diamante maledetto rimane nascosto e sfuggente. Eppure esso è reale e verrà un giorno in cui un grande esploratore riuscirà a stringerlo tra le sue mani, e quando lo farà egli non avrà sul palmo un semplice minerale. Perché l’Occhio del Pavone plasmerà per il suo possessore fortuna e gloria… fortuna… e gloria…»
   Henry sorrise per quella storiella fantasiosa. Indy, invece, restò pensieroso.
   La sua fervida immaginazione si accese mentre vedeva se stesso sfidare nemici e superare trabocchetti insidiosi per poter trovare il diamante. Fortuna e gloria, aveva sussurrato il vecchio, con ammirazione. Due concetti che gli procurarono un brivido lungo la schiena.
   E, mentre si allontanavano a passo lento dall’Acropoli, accompagnati da una tiepida brezza primaverile che portava con sé un sentore di fiori e di erba nuova, la sua determinazione non fece che crescere: a costo di doverci impiegare tutta la vita, lui avrebbe trovato l’Occhio del Pavone.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Indiana Jones / Vai alla pagina dell'autore: IndianaJones25