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Autore: lapacechenonho    30/01/2021    3 recensioni
L’anziana coppia che abitava ormai quella casa da moltissimi anni, era seduta nella veranda che molto tempo addietro era stato uno degli elementi fondamentali per la scelta dell’abitazione. Per volere di lei, ovviamente, lui si sarebbe accontentato di vivere sotto un ponte purché al suo fianco ci fosse lei. Si godevano la brezza fresca di quel primo settembre, una data che nel tempo era stata un momento importante, e adesso riguardavano a tutti quei momenti con un pizzico di malinconia tipico degli anziani quando ripensano alla loro vita.
Questa storia partecipa alla challenge “Things you said“ indetta da Juriaka sul forum di EFP
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Più contesti
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46- 010: Things you said at 1 am (Le cose che hai detto all’una di notte).
 
Harry si svegliò sentendo uno dei suoi due figli piangere, si stava alzando ma Ginny fu più veloce. «Vado io» disse «Hai già messo a letto i bambini, ci penso io a calmarlo». Harry rimase nel suo letto caldo in attesa che la moglie tornasse. Sentendo le strilla del bambino, capì che si trattava di Albus. Erano finiti i tempi in cui aveva le coliche o si svegliava affamato nel cuore della notte e voleva essere allattato, perciò doveva trattarsi di qualche incubo o James si era svegliato e gli aveva tirato qualche oggetto addosso.
Avevano due bambini e non potevano essere così diversi fra loro, James era iperattivo, giocava molto e scherzava. Aveva già adocchiato il neonato cugino Fred, secondo figlio di George e Angelina, che in soli quindici giorni dalla nascita aveva rischiato la vita più di quanto avesse fatto Harry nei suoi anni ad Hogwarts.
Albus, invece, era molto calmo. Spesso anziché iniziare a giocare con il gioco che gli veniva regalato, cercava di capire com’era fatto. Aveva solo due anni ma ogni volta che suo fratello gli lanciava qualche cosa addosso, lui non provava l’impulso di tirargli i capelli come avrebbe fatto un bambino qualsiasi, ma meditava una vendetta da infliggere al maggiore nel momento in cui meno se lo aspettavano.
L’unica cosa che sembravano avere in comune era il Quidditch, anche se Albus sembrava molto meno incline, rispetto a James, ad afferrare il boccino.
Il pianto del bambino sembrava essersi placato o semplicemente si era fatto meno forti, Harry aprì gli occhi per vedere l’ora. L’orologio segnava l’una di notte. In fin dei conti, avevano appena iniziato a dormire delle notti intere di fila senza che qualche figlio interrompesse il loro sonno, non potevano aspettarsi che durasse per sempre.
Ginny tornò nella stanza con passo leggero, forse convinta che Harry stesse dormendo, si sdraiò nel suo lato di letto ed Harry si girò per stringerla da dietro. Inspirò un po’ del suo odore, sentendo quel lieve profumo floreale misto all’odore di pasta per bambini. «Che aveva?» domandò con la testa appoggiata sulla sua spalla. Ginny si accoccolò meglio in quell’abbraccio.
«Niente» rispose. «Un incubo» rispose. Aveva ancora la voce impastata dal sonno ed Harry amava sentire la voce di Ginny in quel modo. Non sapeva perché gli dava l’idea di un qualcosa di quotidiano. «Ha sognato che io, te e James venivano mangiati da un leone, lui urlava di smetterla e voleva correre dal leone, ma il leone non lo sentiva e aveva le gambe troppo corte per correre più veloce» spiegò. Harry soffocò una risata perché non era bello ridere degli incubi di suo figlio, ma in parte capiva da cosa era causato quel sogno.
«Io so perché ha fatto un sogno del genere» ammise, sempre abbracciato alla moglie.
«Fammi indovinare, è colpa di James?» ipotizzò ghignando.
«Esatto» ammise. «Gli ha raccontato che o cresce o con quelle gambe non riuscirà mai a correre decentemente» raccontò. «La storia del leone non so come sia venuta fuori».
«Forse qualche favola che gli hanno raccontato all’asilo Babbano» rispose poco convinta la moglie. Infatti, per permettere ad entrambi di ricominciare a lavorare, avevano deciso di iscrivere sia James che Albus all’asilo Babbano di Godric’s Hollow, sperando che con qualche magia involontaria non lo distruggessero prima del tempo.
«Perché James ha preso la parte peggiore di me e di te?» domandò sconsolata. «Dove abbiamo sbagliato?»
Harry rise lascandole un bacio sulla spalla. Effettivamente era strano che in James si concentrassero entrambe le personalità esplosive di Harry e Ginny, cercavano di mitigarle ogni tanto, ma aveva solo tre anni – quasi quattro – ed era piuttosto difficile. Ginny sosteneva che avere avuto un fratellino così presto aveva accentuato il lato esplosivo del suo carattere, perché aveva avuto davvero poco tempo per stare solo lui con i suoi genitori.  «Harry, devo dirti una cosa» disse Ginny con voce ferma. Si sciolse dall’abbraccio per girarsi verso di lui e guardarlo negli occhi.
«Dimmi» la incalzò. Il terrore che potesse dirgli qualcosa di grave o di brutto, come aveva spesso temuto quando erano fidanzati o i primi tempi del matrimonio, ormai era un lontano ricordo. Erano una coppia solida e sapeva che Ginny non gli avrebbe mai fatto del male. Non intenzionalmente, almeno.
«Ho intenzione di lasciare la squadra» sebbene fossero al buio, Harry sapeva che lo stava guardando negli occhi.
Doveva ammettere che non si aspettava una cosa del genere, Ginny amava il Quidditch almeno quanto amava James ed Albus (Harry era convinto amasse più i figli che lui a loro faceva sempre la torta alla melassa quando la chiedevano, lui doveva sempre implorare tutti i Fondatori di Hogwarts, Merlino e Morgana per averla).
«Perché? Tu ami il tuo lavoro» chiese sedendosi e appoggiando la schiena alla testiera del letto. Uscire dalle lenzuola gli provocò dei brividi che però ignorò preso dalla conversazione con la moglie.
«Non riesco a stare dietro ai bambini, deve sempre andare mia madre a prenderli all’asilo, ma non ha solo i nostri nipoti, ne ha altri…» si bloccò pensando a quanti altri nipoti avesse Molly Weasley, poi scosse la testa. «Non importa quanti, ne ha altri. Non può dedicarsi a fare la nonna a tempo pieno solo per noi!» esclamò.
«Ma ve la siete cavata bene fino ad ora, no?» chiese quasi speranzoso. Harry nel frattempo aveva cominciato a valutare, in cuor suo, se fosse il caso di lasciare il Quidditch per la famiglia, era il suo sogno più grande, ricordava ancora quando glielo aveva comunicato via telefono, anni prima. Sarebbe stato troppo chiederle di rinunciare al suo sogno.
«È stato molto difficile, Harry» ammise. «Un giorno io sono a giocare in trasferta, un altro giorno tu sei in missione. Ti sei reso conto che questa settimana è la prima volta che dormiamo a casa?» chiese. Anche lei era seduta con la schiena appoggiata alla testiera. Harry si rese conto che sabato e domenica, Ginny era stata a giocare a Glasgow, mentre invece dal lunedì al giovedì Harry stato in missione ad Edimburgo. Era tornato appena poche ore prima. Tentennò. Avrebbe voluto rinunciare lui a qualcosa purché sua moglie continuasse a giocare. «E poi c’è un’altra cosa» aggiunse torturando il lenzuolo. Harry l’incoraggiò a continuare. «Aspetto un bambino».
Un’espressione stupita si formò sul suo volto, incapace di comprendere come, per la terza volta, non fosse stato in grado di comprendere la gravidanza della moglie. Ripresosi dallo shock, sorrise e baciò piano prima le labbra di Ginny, e poi la fronte. Come di consuetudine si avvicinò al ventre e sussurrò: «Mi dispiace per te, ma avrai due fratelli insopportabili». Ginny rise di gusto e ben presto anche Harry si aggiunse alla risata.
Per le parole dolci ci sarebbero stati nove lunghi mesi disponibili.
 
«Perché mi hai detto di essere incinta sempre di notte?» domandò. Non si era mai fermato a riflettere su quel particolare ma era vero. Gli aveva detto di James la notte di Capodanno, di Albus mentre gli dava il bacio della buonanotte e di Lily dopo che aveva calmato un incubo di Al.
«La prima volta è stata una casualità. Poi le altre volte c’era sempre confusione durante il giorno per dirtelo…» rispose alzando le spalle. Harry annuì ricordando quanto fossero frenetiche con tre figli come James, Albus e Lily che non conoscevano riposo.
«Stiamo giungendo quasi alla fine» osservò Harry mesto. Aveva la voce incrinata perché non voleva che quel momento di dolcezza con sua moglie finisse. «Siamo stati svegli tutta la notte…» aggiunse osservando il cielo che cominciava a schiarirsi. Anche Ginny sembrava sorpresa di notare quanto tempo fosse passato da quando avevano iniziato a raccontare. Poi scosse la testa, come se quel pensiero triste potesse andare via con quel movimento.
«Ci rimangono ancora un po’ di storie» disse decisa. «Hai parlato troppo, adesso tocca a me raccontare qualcosa» affermò facendo girare la testa del marito verso di lei. Non le importava del sole che sorgeva o della notte che giungeva al termine, doveva concentrarsi sulla storia e sul racconto che aveva scelto di narrare.
   
 
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