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Autore: Baudelaire    31/01/2021    3 recensioni
Questa storia è liberamente ispirata alla saga di Harry Potter, ma al femminile.
Ho voluto cimentarmi, a modo mio, su questo tema.
Rebecca Bonner è una Strega Bianca e la sua vita sta per cambiare per sempre...
La stella di Amtara diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 18
“NELLA TANA DEL LUPO”
 
“Ahi!” – gemette Rebecca.
Il vortice l’aveva scaraventata a terra ed era atterrata sulla roccia fredda e umida.
Si alzò in piedi lentamente, guardandosi intorno guardinga, nel timore che Garou fosse lì vicino e potesse accorgersi di lei.
Il Potere doveva aver funzionato. Si trovava sicuramente all’interno della montagna, a giudicare dall’umidità e dal buio pesto che la circondava. Non c’era più la luna a rischiarare il cammino, ora.
Alzò le braccia, alla ricerca di un appiglio. Le sue mani toccarono una fredda parete bagnata. Doveva trovarsi dentro una specie di grotta, o forse un tunnel.
Era un buon segno. Sicuramente lì attorno, da qualche parte, Garou aveva nascosto le Prescelte.
Aveva fatto un buon lavoro. Nessuno si sarebbe mai sognato di andarle a cercare oltre la foresta, all’interno di una montagna. Se Brenda non avesse avuto quella Premonizione, Rebecca non avrebbe mai trovato quel nascondiglio. Benedisse mentalmente la Premonizione dell’amica, pregando con tutto il cuore che fosse ancora viva.
Tese l’orecchio, ma nella grotta c’era un silenzio assoluto, spettrale. Non poteva restare lì ferma. Per quanto le incutesse paura l’idea di avanzare al buio e a tentoni, non le restava altro da fare.
E così fece. Tenendo le mani ben salde lungo la parete, avanzò a piccoli passi. Il suono delle sue scarpe sul pavimento umido faceva un rumore infernale, o almeno così le sembrò. Poteva solo augurarsi che Garou fosse molto lontano, o si sarebbe accorto della sua presenza.
Avanzò, un passo dopo l’altro, barcollando un po’, fino a quando la sua spalla destra non urtò contro qualcosa. Un po’ dolorante, sollevò il braccio per cercare di capire cosa avesse arrestato il suo cammino. Era, di nuovo, roccia umida. Seguì con la mano tutta la superficie, il passaggio deviava leggermente a sinistra.
Senza mai staccare le mani dalla roccia, proseguì ancora.
Dov’era Garou? Con una fitta di paura, Rebecca pensò che, per quanto ne sapeva, poteva anche trovarsi lì vicino. Magari aveva sentito il suo odore, o i suoi passi… E se fosse pronto a tenderle un agguato? Rebecca era senza difese. Non vedeva niente ed era terrorizzata. Come sarebbe riuscita a difendersi lì da sola, senza alcun aiuto?
Certo, aveva sempre il suo Potere. Sarebbe potuta fuggire e tornare da Barbara, ma non avrebbe mai trovato le Prescelte. Oppure avrebbe potuto lottare con le unghie e con i denti contro il suo nemico, sperando di non morire.
Entrambe le prospettive non erano molto allettanti.
Non aveva scelta, doveva proseguire e rischiare il tutto per tutto.
Cercando di ignorare l’immagine di Garou che le compariva alle spalle trasformandosi in un lupo gigantesco, continuò a camminare.
Di nuovo, il suono dei suoi passi produsse un’eco assordante all’interno della montagna.
Rebecca si fermò.
Non poteva continuare così, rischiando di essere scoperta da un momento all’altro.
Doveva togliersi quelle dannate scarpe.
Si inginocchiò per sfilarsele, rabbrividendo nell’attimo in cui i piedi poggiarono sul pavimento gelido.
Sollevò nuovamente le mani per toccare la pietra e proseguì il cammino, notando, con immenso sollievo, che i suoi passi ora erano silenziosi e felpati come quelli di un gatto.
Improvvisamente, con il cuore in gola, si fermò.
Le era sembrato di aver sentito una voce.
Con il cuore che le martellava furiosamente nel petto, rimase in ascolto.
Udì di nuovo qualcosa. Sembrava la voce di un uomo, ma era troppo lontana per distinguere chiaramente la sua origine. Avrebbe potuto trattarsi della voce di Garou, o di una delle Prescelte. Era impossibile dirlo con certezza.
In ogni caso, pensò Rebecca con espressione di trionfo, era la strada giusta. Il Potere l’aveva portata esattamente dove voleva andare. Benedicendo dentro di sé Banita, per averle rivelato quel segreto prima di andarsene per sempre, Rebecca ebbe voglia di urlare. Finalmente stava per portare a termine il suo piano. Finalmente si sarebbe trovata faccia a faccia con Garou. Finalmente, la resa dei conti era arrivata.
Ma cos’avrebbe fatto una volta lì?
Come avrebbe liberato le compagne? E soprattutto, in che condizioni le avrebbe trovate? Rebecca, finora, non ci aveva pensato, ma se le sue amiche non fossero state in grado di camminare sulle proprie gambe verso la salvezza, come le avrebbe fatte uscire da lì? L’unica soluzione possibile sarebbe stato, di nuovo, il Potere, ma questo avrebbe significato rivelare il suo segreto a tutte le Prescelti presenti nella grotta.
Non poteva permetterselo.
Augurandosi che non fosse troppo tardi e che le Prescelte stessero bene, si costrinse ad andare avanti.
Calma. Devi stare calma.
Andrà tutto bene.
Camminò ancora, fino a quando non udì nuovamente delle voci.
Stavolta erano molto più vicine e poté distinguere chiaramente una voce maschile, bassa e profonda.
Avanzò ancora di qualche passo fino a quando non vide una luce.
Doveva essere arrivata alla fine della grotta, nel cuore della montagna.
Si acquattò un po’, per non essere vista e trattenne il fiato.
Due torce illuminavano la grotta. Un uomo, di media statura, le dava le spalle, poco lontano da lei.
Davanti a lui, dentro una prigione, c’erano quattro giovani donne.
Rebecca le riconobbe, una ad una.
Erano le Prescelte scomparse.
Grazie al cielo erano vive.
Anche da quella distanza, Rebecca poteva notare che non erano indubbiamente nella loro forma migliore, ma tutte e quattro sembravano comunque stare bene.
Brenda, Elettra e Justine erano in piedi di fronte a lui. Sandra, invece, era in ginocchio, a terra e piangeva.
Rebecca guardò l’uomo di fronte a lei, che le dava ancora le spalle e si sporse leggermente per poterlo osservare meglio. In quel momento si accorse che stava ridendo, ma era una risata gutturale e priva di gioia.
“Siete veramente delle povere ingenue.” – gracchiò l’uomo.
Il cuore di Rebecca perse un colpo.
Non può essere…
Si aggrappò con più forza alla roccia bagnata davanti a lei, fino a farsi sbiancare le nocche.
Non poteva essersi sbagliata. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille, una voce che aveva sempre interpretato come quella di un uomo posato, calmo, riflessivo, dotato di grande acume e un po’ sognatore.
Quella era la voce del professor Cogitus.
 
“Ingenue come lei, che è tanto convinto di riuscire a farla franca.”
Rebecca non si era ancora ripresa dallo shock, quando alzò gli occhi verso Elettra.
Era stata lei a parlare.
I suoi occhi lanciavano fiamme e Rebecca non scorse la minima traccia di paura sul suo viso. Provò uno slancio di ammirazione per lei.
Il professore soppesò per un istante le sue parole.
“Sei molto sicura di te, Gambler.” – disse, in tono posato.
Elettra si limitò a fissarlo con sguardo omicida.
“Insomma, si può sapere cosa vuole da noi?”
Stavolta era stata Brenda a parlare. Rebecca notò che aveva i capelli arruffati e gli occhi lucidi.
Vide Cogitus avvicinarsi a loro, tenendosi a distanza dalle sbarre di ferro che delimitavano il ristretto spazio in cui erano imprigionate.
“Brenda Lansbury.” – disse, pronunciando lentamente il suo nome.
Brenda, per nulla intimorita, sostenne il suo sguardo, senza mai abbassare gli occhi.
“Tu sei sua amica, vero?”
Il respiro di Brenda accelerò. “Cosa vuole da Rebecca? Perché la sta cercando?”
A Rebecca per poco non prese un colpo. Trattenne il fiato, cercando di placare il battito accelerato del suo cuore.
Cogitus stava cercando lei?
“Vuole ucciderla?”
Stavolta era stata Justine a parlare.
Dalla gola di Cogitus uscì un’altra risata sinistra che le fece venire la pelle d’oca.
La mente di Rebecca lavorava velocemente, cercando di ricomporre i pezzi di un puzzle che credeva di aver completato e che, al contrario, era andato in frantumi nell’attimo stesso in cui si era ritrovata di fronte il professor Cogitus, al posto di Garou.
Dove diavolo era finito Garou? Era sicura che fosse entrato all’interno della montagna, non poteva essersi sbagliata. Eppure, a quanto pareva, il complice di Posimaar era Cogitus, non lui.
Rebecca stentava ancora a crederci. Com’era possibile che dietro quell’insegnante apparentemente così posato e tranquillo si nascondesse invece un demonio? Non l’aveva mai sentito parlare con quel tono, non l’aveva mai udito ridere così sguaiatamente. Chi era davvero Cogitus? E perché la stava cercando? Se davvero lavorava per il Demone Supremo, allora questo poteva significare solo una cosa: Posimaar stava cercando lei.
Ma per quale motivo?
“Sei perspicace, mia cara Delacroix.” – rispose Cogitus in tono gelido.
“E’ Posimaar che la manda, non è vero?” – chiese Elettra.
“Questo non è affare che ti riguarda!”
“Altrochè se mi riguarda! Riguarda tutte noi, dal momento che ci ha portate qui!”
Cogitus non rispose e, per Elettra, quella fu la conferma dei suoi dubbi. Ma non era abbastanza, voleva sentirlo direttamente dalla sua bocca.
“Andiamo! Ormai può confessarlo. Tanto non usciremo vive da qui, giusto?”
Rebecca sussultò a quelle parole. Elettra aveva fegato da vendere.
Non sapeva a che gioco stesse giocando, ma le sue parole scatenarono una violenta reazione nella povera Sandra che, sempre accasciata a terra, ricominciò a piangere. Rebecca vide Justine chinarsi su di lei, tentando di confortarla.
Elettra scrutava il professore con sguardi di fuoco. Rebecca, ancora una volta, ammirò il suo coraggio. Tra tutte le compagne, sembrava quella più ardita. Non sembrava assolutamente aver paura di lui ma, anzi, provava quasi piacere nello stuzzicarlo.
Rebecca pensò che stesse giocando col fuoco e si tenne pronta ad intervenire, qualora Cogitus avesse deciso di attaccare.
“Hai ragione, Gambler. Non vedo perché non dovrei dirvelo, visto che tra pochi istanti sarete tutte morte.”
Rebecca udì Sandra lanciare un grido strozzato, tra le lacrime.
“Oh, sta zitta!” – abbaiò Cogitus verso di lei.
Elettra, temendo forse una qualche reazione contro Sandra, rincarò la dose. “Coraggio, professore. Stava dicendo?”
Cogitus riacquistò subito il controllo. “Sì, è il Demone Supremo ad avermi mandato qui, in questa dannatissima scuola.”
Rebecca trasalì. Dunque era vero, Cogitus lavorava per Posimaar.
E Posimaar voleva uccidere lei.
Perché?
Vide Brenda spalancare la bocca, in un’espressione di puro terrore. “Rebecca aveva ragione…” – mormorò, sconvolta. “Ma pensava si trattasse di Garou…”
Rebecca fissava l’amica, sconcertata.
Ad Amtara esisteva realmente una spia di Posimaar, ma non era Garou.
Cogitus rise di nuovo. “Davvero un’idiota la vostra amica, vero? D’altra parte, come darle torto? Garou era il sospettato ideale. Così duro, arrogante, arcigno, con quei modi di fare così sprezzanti. Semplicemente odioso, vero?”
“Già.” – rispose Elettra, con evidente sarcasmo. “Invece lei era al di sopra di qualunque sospetto, giusto? Il professore disincantato, quello che non dava mai compiti, sempre con quell’aria sognante, perennemente perso nei suoi pensieri, incurante di tutto ciò che lo circonda. Chi mai avrebbe sospettato di uno come lei?”
“Ho interpretato bene la mia parte, non trovi, Gambler?”
“Mai fidarsi delle apparenze.” – rispose Elettra.
“Eppure vi siete fidate. Tutte quante. Inclusa quella stupida della vostra preside, che mi ha accolto a braccia aperte ad Amtara.”
Rebecca era sconvolta. Era riuscita a rimanere in piedi solo perché aveva appoggiato la schiena alla fredda parete dietro di lei, altrimenti sarebbe crollata a terra, proprio come Sandra.
Aveva sbagliato tutto. Garou era innocente. Era Cogitus il nemico da combattere.
Non solo. Ora sapeva che Posimaar non stava dando la caccia alle altre Prescelte, ma a lei. Per questo le aveva rapite? Perché sapeva che lei sarebbe andata a cercarle? Era una trappola destinata solo ed esclusivamente a lei?
Ma perché Posimaar voleva ucciderla? Cosa sapeva di lei? Era forse a conoscenza del suo Potere? Impossibile. Nessuno, a parte Brenda e Barbara, conosceva il suo segreto.
“Ci ha rapite per arrivare a lei, non è così?” – gli chiese Elettra.
“Certo.” – rispose Brenda, anticipando la risposta di Cogitus. “Ma il punto è perché il Demone Supremo vuole uccidere Rebecca?”
Brenda le aveva letto nel pensiero. Rebecca trattenne il fiato, in attesa della risposta di Cogitus.
Forse ora avrebbe saputo la verità.
Ma il professore si strinse nelle spalle. “Quando arriverà lo scoprirai.”
“Cosa le fa credere che stia per arrivare?” – domandò Elettra.
Cogitus rise ancora. “Mi credi tanto stupido? Sappiamo tutti quanto sia generosa ed altruista. Non lascerà nulla di intentato, pur di salvare le sue adorate amichette. Sono sicuro che verrà. Anzi, per dirla tutta, sono sorpreso che non sia già qui…”
“Come vede non l’ho delusa, professore.”
Le quattro Prescelte sussultarono non appena Rebecca uscì allo scoperto pronunciando queste parole. Perfino Sandra alzò la testa, fissandola sbigottita.
“Rebecca!” – gridò Brenda.
Rebecca si fece avanti, fino a trovarsi faccia a faccia con Cogitus.
L’uomo sembrava sorpreso di trovarla lì, a dispetto delle sue parole. Forse non credeva davvero che sarebbe arrivata?
“Pazza…” – mormorò Elettra, scuotendo la testa.
Rebecca non ci aveva pensato due volte. Aveva sentito abbastanza, per quella sera e, d’altra parte, non avrebbe avuto alcun senso restare ancora nell’ombra. Era arrivata fin lì per liberare le sue amiche, poco importava se il suo nemico fosse Cogitus piuttosto che Garou.
Cogitus aveva organizzato tutto questo per arrivare a lei e non si sarebbe tirata indietro.
“Bene bene bene….” – disse Cogitus, riprendendosi subito dalla sorpresa. “Rebecca Bonner. Finalmente!”
“Ho sentito che mi stava aspettando, professore.” – rispose, ponendo l’accento sull’ultima parola.
“Lupus in fabula, direi.” – rispose Cogitus, esplodendo in una risata sguaiata che le fece accapponare la pelle.
A Rebecca non sfuggì l’allusione e un brivido di paura le percorse la schiena.
Non aveva dimenticato che Giorgia aveva detto che era stato un lupo a rapire Sandra.
“Da quanto tempo sei qui? Hai ascoltato ogni parola?” – le chiese Cogitus, gli occhi ridotti a due fessure.
“Abbastanza da sapere quel che dovevo sapere.”
“Ovvero?”
“Ovvero che Posimaar sta cercando me, giusto? E che lei è la sua spia. Dunque, ha compiuto il suo dovere. Mi ha trovata. Ora le lasci andare, loro non c’entrano niente. Questa è una questione tra me e lei.”
Rebecca aveva deciso di giocare la carta della ragionevolezza, anche se non era sicura che Cogitus avrebbe accettato le sue condizioni tanto facilmente.
Infatti, il professore scoppiò a ridere. “Credi di cavartela così?”
“Le serviva un mezzo per arrivare a me. Io sono qui. Le lasci andare.” – replicò con fermezza.
“Tu non sei nella posizione di dare ordini!” – disse Cogitus alzando la voce.
“Oh no, non mi permetterei mai! A quello ci pensa già il Demone Supremo, giusto? Professore?”
Rebecca vide chiaramente Justine portarsi le mani alla bocca.
Anche le altre la fissavano sgomente, trattenendo il fiato.
Si era spinta oltre e lo sapeva.
“Come osi?” – sibilò Cogitus.
“Non ho detto forse la verità? Non prende ordini da Lui? Mi domando quale grossa ricompensa le ha promesso, per indurla a fare tutto quel che ha fatto.”
Cogitus prese tempo, scrutandola attentamente. Non aveva alcuna intenzione di reagire alle sue provocazioni.
“Sei veramente una stupida, Rebecca Bonner.”
“E questo perché? Perché non ho paura di lei?
“Oh no! Non per questo, no…. Ma perché sei convinta che lascerò andare le tue amiche solo perché sei arrivata tu.”
Rebecca perse d’un colpo tutta la sua baldanza.
“Loro non hanno niente a che vedere con tutta questa storia.”
“Oh, lo so. Hai ragione. Sì….. in effetti….. è un vero peccato che debba finire così….”
A quelle parole, Rebecca cominciò a tremare.
Aveva tentato la carta del buon senso, prima, e della spavalderia, poi. Ma non era servito a niente.
Cogitus non era così ingenuo e nemmeno stupido.
Doveva immaginarlo. Sarebbe stato troppo facile ottenere la liberazione delle Prescelte senza nulla in cambio. Ma ora Rebecca capiva che, probabilmente, l’intenzione di Cogitus era di ucciderle tutte. Non gli importava di liberare le Streghe e forse non ne aveva mai avuta l’intenzione.
Disperata, non gli toglieva gli occhi di dosso, mentre il professore camminava su e giù davanti a lei, tenendosi pronta ad un eventuale attacco che, ne era certa, prima o poi sarebbe arrivato.
“Sai, mi sono divertito un mondo a scatenare il panico a scuola.” – riprese Cogitus. “Ero certo che nessuno avrebbe mai sospettato di me, nemmeno quando quell’idiota di Gambler ha preteso l’intervento del Consiglio dopo che sua figlia era sparita.”
Nel sentire il nome di suo padre, Elettra emise un grugnito, che Cogitus ignorò.
“Il Demone Supremo mi ha lasciato carta bianca. Potevo agire a mio piacimento, purché riuscissi a mettere le mani su di te, Bonner.”
Cogitus ridacchiò. “Oh sì. Avrei potuto farlo in mille modi diversi, più in fretta, anche. Ma, ne sono certo, non mi sarei divertito allo stesso modo. Sapevo che la tua grande generosità non ti avrebbe permesso di restare indifferente di fronte alla scomparsa delle tue amiche. Così, dopo Gambler, ho preso Delacroix, la sua compagna di stanza. Credevo ne bastassero due. E invece no. Sei stata un osso duro, molto più del previsto.”
Rebecca ripensò alla Premonizione di Brenda e a tutte le volte in cui aveva pensato al momento in cui si sarebbe avverata. Ora sapeva che la decisione finale spettava solo a lei. Avrebbe dovuto seguire subito il suo istinto, agire secondo quello che le dettava il cuore.
“Così, ci ho riprovato con Penny, ma solo quando ho catturato la tua amica Lansbury ti sei decisa ad entrare in azione.”
“E’ stato solo un caso.” – disse Rebecca, sulla difensiva.
“Ne sei sicura?”
Rebecca non rispose. Cogitus non sarebbe mai riuscito a farle ammettere che la vita di Brenda contava più di quella delle altre.
“Eppure, guarda caso, ora sei qui.”
Nel vedere la sua espressione, Cogitus ridacchiò. Rebecca sentì di odiarlo con tutte le sue forze.
“Chissà, se avessi preso subito Lansbury, forse avremmo risolto la faccenda molto tempo fa.”
“LA SMETTA!” – urlò Rebecca.
“Oh oh oh! A quanto vedo, ho colpito nel segno.” – disse il professore, compiaciuto.
“Sta solo cercando di confonderti, Rebecca!” – gridò Brenda.
Cogitus si voltò a guardarla e Brenda indietreggiò di un passo.
Il professore sogghignò. “Hai paura, Lansbury?”
“La lasci stare.” – disse Rebecca.
“TU NON SEI NELLA POSIZIONE DI DARMI ORDINI, BONNER!” – ruggì Cogitus.
Rebecca ammutolì, pallida come un morto. Per la prima volta vide Cogitus veramente arrabbiato.
Tacque, trattenendo il respiro e chiedendosi quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Anche Brenda tacque, probabilmente ponendosi la stessa domanda.
L’ultima cosa che dovevano fare era scatenare la sua ira.
“Tu non capisci.” – riprese Cogitus, ritrovando il suo normale tono di voce. “Tu non puoi capire…” Camminava veloce avanti e indietro, a passi lenti e misurati.
Istintivamente, Rebecca fece un passo indietro.
“Tutti questi mesi passati ad aspettare, a programmare ogni singolo dettaglio, a studiare ogni mossa, perché niente andasse storto… Non potevo permettere che ci fossero intoppi, altrimenti….altrimenti…” Si girò a guardare Rebecca dritto negli occhi. “Tu non sai di cosa è capace.”
Quelle parole le fecero gelare il sangue nelle vene. Sapeva che si stava riferendo a Posimaar.
“Perché mi vuole morta?” – domandò a bruciapelo, senza pensarci.
Cogitus riacquistò tutta la sua baldanza. “Non ne ho la minima idea.” – rispose, candidamente.
“E si aspetta che io le creda?”
“Quello che tu credi o meno non è affare che mi riguarda.” – replicò in tono secco.
Rebecca sapeva che mentiva spudoratamente e sapeva altrettanto bene che non ne avrebbe cavato un ragno dal buco. Non c’era ragione per cui Cogitus avrebbe dovuto rivelarle quel particolare. Evidentemente, l’unico suo interesse era svolgere il lavoro per il quale era stato assoldato e intascare poi la sua ricompensa.
Ma Rebecca dubitava che Posimaar lo avrebbe lasciato vivere, né tantomeno che lo avrebbe ricompensato. Lo aveva appena affermato lui stesso: era capace di cose orribili. L’ingenuità di Cogitus, in un certo senso, la sorprendeva.
“E’ stata una Premonizione a portarti qui?” – le chiese il professore all’improvviso.
Rebecca ebbe un fremito.
Non si era aspettata quella domanda.
Cos’avrebbe dovuto rispondergli? La verità era che aveva seguito Garou nella foresta ed era stato lui a portarla lì. Ma dove si era cacciato? Era complice di Cogitus? Oppure aveva scoperto il suo segreto e stava arrivando lì per affrontarlo? No, Garou non era il tipo. Eppure, lei e Barbara l’avevano visto chiaramente salire il ripido sentiero che portava fin lì.
“Sì.” – rispose, in un soffio.
In fondo, era la verità. Era stata la Premonizione di Brenda a condurla lì, pensò Rebecca sorridendo tra sé.
“Straordinario dono le Premonizioni, non è vero?” – disse Cogitus. “Ma, in ogni caso, sarei venuto a prenderti io, prima o poi… L’avrei fatto, stanne certa ma…. Devo dire che così è stato tutto molto più divertente.”
“Sono lieta che almeno lei si sia divertito.” – replicò seccamente.
Cogitus si fece di nuovo serio e ricominciò a passeggiare avanti e indietro, con le mani giunte dietro la schiena.
Rebecca cominciava a domandarsi quando avrebbe attaccato. Lanciò un’occhiata alle amiche, che assistevano al colloquio tra lei e Cogitus con crescente tensione. Anche loro sapevano che presto o tardi il momento sarebbe arrivato e probabilmente si stavano chiedendo come avrebbe fatto Rebecca ad affrontarlo da sola. Cosa che, effettivamente, si stava domandando anche lei. Qualunque Incantesimo avesse potuto usare, era certa che Cogitus fosse molto più forte e potente di lei. Non aveva molte chance di riuscire a batterlo usando la magia, ma non le veniva in mente nessun altra soluzione se non l’utilizzo del suo Potere.
Avrebbe potuto evitare il suo attacco Spostandosi accanto alle Prescelte e poi portarle via da lì. Sarebbe riuscita a Spostare 5 persone contemporaneamente? Non l’aveva mai fatto, ma se aveva funzionato con Barbara allora non c’era motivo per cui non dovesse funzionare anche con altre persone. Avrebbe dovuto agire molto in fretta, perché Cogitus non si sarebbe arreso tanto facilmente. Le avrebbe seguite fino ad Amtara ma almeno, una volta lì, Rebecca non sarebbe più stata sola.
L’unica pecca di quel piano era che anche Elettra, Justine e Sandra avrebbero scoperto il suo segreto ed era l’ultima cosa al mondo che voleva. Le parole di sua madre continuavano a martellarle nella testa come un mantra. Non doveva rivelarlo a nessuno. Aveva già fatto un’eccezione con Brenda e Barbara, ma loro ormai erano come due sorelle per lei.
Conosceva Elettra e sentiva di potersi fidare anche di lei, ma non fino a questo punto. Quel Potere era solo ed esclusivamente suo, un dono speciale che apparteneva alla sua famiglia. Doveva custodirlo.
Sospirò. Decise che lo avrebbe usato solo nel caso in cui si fosse ritrovata seriamente in pericolo di vita. Avrebbe cercato di contrastare gli attacchi di Cogitus con altri mezzi, almeno inizialmente.
“Sai, Bonner, voi Prescelte non siete le uniche ad avere un potere speciale…” – stava dicendo Cogitus.
Il riferimento al loro potere la riscosse dai suoi pensieri, facendole drizzare la schiena.
Cogitus ora aveva tutta la sua attenzione.
Di cosa diavolo stava parlando?
“Voi credete di essere tanto speciali, credete davvero che il mondo della Magia Bianca si salverà grazie alle vostre Premonizioni. E quella stupida di Calì Amtara pensa davvero di avere il coltello dalla parte del manico. Ma si renderà conto, molto presto, chi è che comanda. Alla fine anche lei sarà costretta ad inginocchiarsi di fronte alla potenza infinita del Demone Supremo. E’ solo questione di tempo…”
Rebecca ascoltò quelle farneticazioni senza battere ciglio.
Dove voleva arrivare?
“Calì Amtara non sa che non esistono solo le Prescelte. Ci sono forze oscure, magie speciali, poteri che lei non si sognerebbe mai di possedere. La verità è che la Magia Bianca è debole e destinata a soccombere dinanzi al vero potere.”
Di quale potere stava parlando?
Il respiro di Rebecca accelerò. Sapeva che stava per accadere qualcosa di terribile e, d’istinto, si mise in posizione di attacco, pur non avendo la più pallida idea di quello che Cogitus avrebbe fatto.
Il professore tacque e chinò la testa, poi cominciò a mormorare parole che lei non riuscì a comprendere.
Rebecca deglutì, chiedendosi che accidenti stesse facendo.
Forse era quello il momento giusto per scappare, ma non poteva usare il suo Potere, non ancora, dannazione.
Doveva farsi venire in mente qualcosa e doveva farlo alla svelta.
“SCAPPA!” – le gridò Elettra.
Rebecca la ignorò.
No, non sarebbe fuggita via come una codarda, lasciandole sole. Qualunque cosa fosse accaduta, sarebbe rimasta a combattere.
Ma quando vide quello che stava per accadere, tutto il suo coraggio si dileguò in una nuvola di fumo.
Con crescente orrore vide il corpo di Cogitus cambiare lentamente forma e assumere le sembianze di una bestia terrificante.
Il suo abito grigio si strappò in diversi punti, mentre il torace e le gambe assumevano proporzioni gigantesche. Le scarpe furono letteralmente strappate via dai piedi.
L’ombra che si delineava sulla parete della caverna aveva improvvisamente raddoppiato di volume e non aveva più alcunché di umano.
La testa di Cogitus era completamente sparita per lasciare spazio a quella di un lupo enorme, così come il suo corpo.
Rebecca ripensò alle parole di Giorgia. Non era un lupo normale, ma una creatura atavica.
Le sue dimensioni erano tali che la grossa testa sfiorava il soffitto della grotta. Il suo corpo era ricoperto di pelo folto e grigio, le zampe erano enormi così come le mascelle che avrebbero tranquillamente potuto ingoiare un cinghiale intero.
Rebecca era immobile. Fissava intontita la spaventosa creatura dinanzi a sé. Il suo cervello era come svuotato, non riusciva nemmeno a pensare.
Il lupo si girò verso di lei.
Rebecca non riuscì a sentire le grida disperate delle Prescelte dietro di lei, troppo concentrata sugli occhi gialli del lupo e la sua bocca enorme. La belva emise un ringhio basso profondo e digrignò i denti.
Sapeva di essere morta. Nulla avrebbe potuto contro un avversario di quelle proporzioni.
Ma prima ancora che riuscisse a formulare questo pensiero nella sua mente, la bestia le fu addosso.
Rebecca cadde all’indietro, schiacciata dalla sua mole imponente.
Annaspò, cercando di ritrovare il respiro e spingendo con entrambe le mani contro il torace mastodontico del lupo, che le opprimeva il petto impedendole di respirare.
Ma era tutto inutile. La belva la schiacciava sempre di più contro il pavimento e per quanti sforzi facesse era impossibile avere la meglio su di lei.
Improvvisamente, un dolore lancinante al braccio sinistro la strappò un urlo. Sentì distintamente la carne lacerarsi sotto i morsi del lupo e l’odore del sangue riempì la caverna.
Il suo sangue.
Istintivamente portò la mano destra al braccio ferito. Il sangue sgorgava a fiotti. Premette con forza per arrestarne il flusso, cercando di non pensare al dolore e alla nausea che la ferita le aveva provocato.
Impiegò un po’ prima di rendersi conto che la bestia non le era più addosso.
Udì un rantolo, si voltò e vide il lupo dietro di lei. Era talmente grosso che Rebecca non riusciva a vedere nient’altro che la sua mole poderosa occupare tutto lo spazio di fronte a lei. Il lupo ora le dava le spalle e sembrava concentrato su qualcos’altro.
Per quale motivo non la stava più attaccando?
Perchè si era improvvisamente disinteressato di lei?
Per un istante tornò ad occuparsi della ferita. La mano destra era ormai coperta di sangue fresco. Non era riuscita a bloccare l’emorragia e cominciava a sentirsi sempre più debole.
Guardò di nuovo il lupo, che sembrava stesse combattendo contro qualcuno. Udì una serie di ringhi e rantoli, che si mescolavano alle voci delle Prescelte dietro di lei. Le sembrò che chiamassero il suo nome, ma non ne ebbe la certezza. I suoni diventarono sempre più ovattati e cominciò a girarle la testa.
Il dolore era quasi scomparso quando, senza più nemmeno la forza di stare seduta, Rebecca si abbandonò all’indietro e perse i sensi.
Fu risvegliata dalle urla delle Prescelte e, non appena aprì gli occhi, il dolore al braccio tornò a farsi sentire, più forte di prima. Non sapeva per quanto tempo era rimasta lì, stesa a terra, priva di sensi, ma sapeva che doveva fare qualcosa, o sarebbe morta dissanguata.
Cercò di tirarsi su, appoggiando tutto il peso del corpo sul braccio destro. Il dolore era intollerabile, ma doveva farcela. Strinse i denti e riuscì a sollevarsi, quel tanto che bastava per assistere allo spettacolo raccapricciante che si presentava dinanzi ai suoi occhi.
A pochi passi da lei, il gigantesco lupo stava attaccando qualcuno.
Si sporse appena e inorridì. Il corpo martoriato di Garou giaceva a terra, in un lago di sangue. Le sue grida erano terribili.
Attorno a lei c’era sangue dappertutto. Cercò disperatamente di rimettersi in piedi, ma scivolò sul duro pavimento roccioso. Atterrita, senza distogliere gli occhi da quella scena orripilante, arretrò strisciando fino alla parete dietro di lei.
Garou emetteva urla sovrumane. Lottava con tutte le sue forze per liberarsi dalla belva, menando pugni alla cieca.
Improvvisamente, Rebecca capì. Doveva essere stato lui a distrarre il lupo, poco prima che lei svenisse. Se non fosse intervenuto, lei sarebbe sicuramente morta.
Garou stava rischiando la vita per salvarla.
 “REBECCA!”
Rebecca si voltò. Elettra si era tolta il suo maglioncino bianco e glielo aveva lanciato, da dietro le sbarre.
La guardò, senza capire.
“Mettitelo intorno al braccio, servirà a bloccare l’emorragia!”
Rebecca obbedì. Impiegò alcuni minuti per compiere l’operazione. Strinse più forte che poté e il dolore fu talmente forte da provocarle un violento capogiro.
Lanciò una rapida occhiata a Garou che, non sapeva come, era riuscito a rimettersi in piedi.
I loro occhi si incrociarono.
“LIBERALE!” – gridò Garou.
Ma Rebecca non si mosse. Il lupo era nuovamente in posizione di attacco e Garou era solo, inerme, indifeso.
Non poteva permettere che Cogitus lo uccidesse.
Si sentiva terribilmente in colpa nei suoi confronti. Aveva trascorso gli ultimi mesi sospettando di lui e adesso lui era lì e stava mettendo a rischio la sua vita per lei, per loro.
“ORA!” – urlò ancora Garou.
“Rebecca, per l’amor del cielo!” – gridò Brenda.
Nell’attimo stesso in cui il lupo ripartì all’attacco, Rebecca si riscosse.
Aveva due opzioni: approfittare della distrazione del lupo per liberare le amiche, oppure mettersi in mezzo nella lotta tra lui e Garou.
“Le chiavi, laggiù!” – urlò Brenda.
Rebecca seguì i suoi occhi e capì. Un mazzo di chiavi scintillava sotto la luce delle torce, poco distante da lei. Doveva averle perse Cogitus nel momento in cui si era trasformato.
Lanciò ancora un’occhiata al lupo, che cercava di staccare la testa a Garou.
Emise un grugnito di frustrazione e si lanciò di corsa a prendere le chiavi, pregando in cuor suo che Garou riuscisse a resistere.
“Presto! Presto!” – la incalzò Justine.
Rebecca afferrò le chiavi e corse verso la gabbia. Fece un tentativo con la prima chiave, ma le sue mani tremavano così tanto che il mazzo scivolò a terra.
“Dannazione!” – esclamò.
Provò con la seconda, poi la terza, la quarta….
“Quale diavolo è quella giusta?” – esclamò in preda al panico.
“Prova quella!” – gridò Brenda.
Rebecca inserì la chiave nella serratura e quella scattò.
Le quattro ragazze uscirono dalla cella. Stavano tutte bene, a parte Sandra che appariva visibilmente provata.
Rebecca si voltò verso Garou. Era riuscito a rimanere in piedi ma aveva perso tanto di quel sangue che probabilmente non avrebbe resistito a lungo.
Doveva intervenire, ma come? Se si fosse avvicinata troppo al lupo non avrebbe avuto scampo.
Eppure, doveva pur esserci un modo.
Obscuro!” – urlò Garou.
L’Incantesimo Oscurante funzionò. Rebecca perse completamente di vista il professore e le scappò quasi da ridere quando il lupo restò impalato a mezz’aria, nel tentativo di mordere il vuoto.
Ma il riso le morì immediatamente sulle labbra quando lo vide voltarsi verso di lei.
Ruber bulla!” – urlò Elettra alle sue spalle.
Improvvisamente, il corpo di Cogitus si riempì di grosse bolle rosse. L’animale prese a dimenarsi furiosamente, emettendo lunghi ululati che echeggiarono per tutta la caverna.
“Idea grandiosa, Elettra!” – esclamò Justine.
“Grazie amica.” – rispose Elettra con un sorriso.
Rebecca si voltò verso di loro per ringraziare Elettra, quando un bagliore attirò la sua attenzione.
Fece pochi passi e raccolse da terra un pugnale.
“Questo di chi è?” – chiese alle amiche.
Tutte e quattro la fissarono, senza rispondere.
Possibile che appartenesse a Cogitus?
In quel momento udì un altro ululato e vide Garou, di nuovo perfettamente visibile, che era tornato a lottare contro il lupo. Cogitus era in evidente difficoltà e aveva perso tutta l’energia di poco prima, grazie all’Incantesimo di Elettra.
Non c’era più tempo da perdere. Doveva approfittare della debolezza della bestia, o non sarebbero mai riusciti a uscire vivi da lì.
Rebecca guardò il pugnale, rigirandoselo tra le mani. Era d’argento, piccolo e leggero.
“Rebecca, che vuoi fare?” Udì la voce di Brenda dietro di lei.
La guardò, senza rispondere e quando la vide spalancare gli occhi seppe che aveva capito.
“Oh mio Dio…” – mormorò Brenda.
Senza più alcuna esitazione, Rebecca si lanciò verso il lupo. Si scagliò con una tale forza contro di lui che fu costretto a mollare la presa su Garou.
Rebecca montò in groppa al lupo con estrema facilità. Era chiaro che le bolle rosse che gli ricoprivano il corpo dovevano essere molto dolorose, perché lo udì lamentarsi come mai aveva fatto prima d’ora.
Era il momento giusto. Tenendo ben saldo il pugnale nella mano, lo sollevò per uccidere la bestia ma quella rotolò su un fianco e Rebecca cadde.
Si rimise subito in piedi, ansimante.
Evidentemente il lupo non aveva gradito il suo tentativo di sottomissione, perché ringhiò ferocemente avventandosi su di lei.
Ma stavolta Rebecca non si fece cogliere impreparata e deviò di lato, riuscendo a schivarlo per un soffio. Scivolò sul pavimento, ancora intriso del sangue di Garou, e batté il gomito destro cadendo a terra. Ignorando la fitta di dolore, scattò di nuovo in piedi un istante prima che Cogitus tornasse all’attacco. Ora sembrava davvero arrabbiato.
Si guardò intorno, alla ricerca di Garou e lo vide a terra, semi intontito.
Il lupo attaccò di nuovo, facendo un balzo verso di lei e Rebecca colpì, affondando a più riprese il pugnale nel suo stomaco. Un tremendo guaito si sparse per tutta la grotta, ma Rebecca non si fermò. Ritrasse il pugnale e poi tornò ad affondarlo nella carne, più e più volte. Sapeva che una sola pugnalata non sarebbe bastata, l’arma era piccola e il corpo della bestia sproporzionato.
Rebecca fu travolta dal sangue del lupo, che colava a fiotti dalla pancia e le macchiava i vestiti, ma non le importava. Doveva ucciderlo, una volta per tutte.
Fu solo quando il corpo della bestia ricadde su di lei, rischiando di schiacciarla, che capì di avercela fatta.
Scivolò velocemente di lato e si sollevò a guardarlo.
Il lupo giaceva a terra, inerte.
Si avvicinò, con grande cautela, alle sue fauci spaventose, convinta di averlo ucciso.
Per poco non le venne un infarto quando la bestia si drizzò nuovamente sulle zampe, pronta a combattere di nuovo.
“Che diavolo…” – pensò Rebecca, facendo un balzo all’indietro.
Possibile che fosse ancora vivo?
Le faceva male il braccio destro dal numero di colpi che gli aveva inferto. La bestia era coperta di sangue, ma respirava ancora. Nonostante le ferite, Rebecca lo capì dai suoi occhi, era pronta a colpire ancora.
E stavolta sarebbe stata davvero una lotta all’ultimo sangue.
Con un balzo il lupo si avventò ancora su di lei ma Rebecca, con estrema agilità, saltò di nuovo sul suo dorso, provocando la sua ira.
Il lupo prese a dimenarsi con forza per disarcionarla, ma lei si aggrappò al suo collo e affondò il pugnale sul dorso, ripetutamente.
Cogitus guaì e cadde a terra, ma Rebecca non mollò la presa e continuò ad infierire fino a sentire delle tremende fitte al braccio destro e al sinistro ferito. Il maglione bianco di Elettra, ormai rosso, era scivolato un po’ più in basso, lasciando scoperto lo squarcio che il morso del lupo le aveva provocato. Il sangue si era ormai rappreso ma il dolore non le dava tregua.
Finalmente, il lupo si accasciò a terra e Rebecca cadde a terra.
Esausta e tremante, si abbandonò sul pavimento, con il respiro affannato e il pugnale intriso di sangue ancora in mano.
Sapeva che non poteva starsene lì immobile, doveva controllare che fosse morto davvero stavolta, ma non ne ebbe la forza.
Se il lupo fosse sopravvissuto ancora, stavolta dubitava di poterlo uccidere davvero. Era troppo stanca, aveva perso molto sangue e non aveva più energie.
“REBECCA!”
Il grido contemporaneo di Brenda ed Elettra la fece scattare.
Si voltò verso di loro e vide che indicavano il lupo.
Rebecca lo guardò e rimase impietrita.
Il corpo gigantesco del lupo si stava di nuovo trasformando nel professor Cogitus.
L’uomo era nudo e lei fu tentata di distogliere lo sguardo, ma non ne ebbe il tempo perché, all’improvviso, una nube polverosa scaturì dal pavimento e si portò via il suo corpo.
Quando la polvere svanì, Cogitus era sparito.
 
Le Prescelte corsero verso Rebecca.
“Come ti senti?” – le chiese Brenda.
“Garou. Pensate prima a lui.” – mormorò Rebecca.
Garou era a terra e rantolava, in preda a spasmi di dolore inauditi.
“Non… non credo che ce la farà.” – rispose Brenda, con voce spezzata.
Elettra si era avvicinata a lui e gli stava tastando il polso. “E’ debole.” – disse, voltandosi verso di loro. “Dobbiamo portarlo via da qui. Ha bisogno di aiuto. Subito.”
Rebecca si sollevò a sedere.
“Sta morendo.” – disse Elettra guardandola in faccia.
Rebecca deglutì, fissandola a sua volta. “Non faremo mai in tempo.” – disse.
“Lo so.”
E Rebecca capì che stavano pensando la stessa cosa.
Senza aggiungere altro, si alzò in piedi.
“Barbara vi aspetta alla radura.” – disse a Brenda. “Seguite il sentiero roccioso per scendere dalla montagna e la troverete.”
Brenda annuì. “Sei sicura di farcela?”
“Sì, non preoccuparti.”
“Allora vai. Presto.”
Rebecca, ignorando gli sguardi interrogativi delle altre, si avvicinò a Garou.
Aveva un aspetto spaventoso. I suoi abiti erano talmente intrisi di sangue da non riuscire più a distinguerne il colore.
Si chinò su di lui. Respirava ancora, grazie al cielo.
Rebecca gli prese dolcemente la mano, poi si toccò il polso destro e disse “Ad Amtara!”
 
“Ma che diavolo è successo?” – mormorò Justine, fissando a bocca aperta il punto in cui Rebecca e Garou erano svaniti.
“Dove sono finiti?” – domandò Sandra.
Elettra guardò Brenda. “Tu sapevi, vero?”
Brenda alzò il viso su di lei. Elettra era sempre stata la più perspicace.
Sospirò, abbassando gli occhi. “Non ha importanza, ora. Venite, dobbiamo uscire di qui.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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