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Autore: Raven_Stark22_    31/01/2021    2 recensioni
[BOKUAKA]
"Senza qualcosa per cui vivere, che senso ha continuare?"
Questa era la domanda che da mesi tormentava Akaashi.
E più trascorevano le settimane, più quel pensiero si faceva vivido nella sua mente.
Una sera, stanco di un mondo portava solo a sofferenza, decise di mettere fine al suo dolore.
Su quel tetto, per caso, si trovava Bokuto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Akinori Konoha, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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[𝔻𝕠𝕟'𝕥 𝕪𝕠𝕦 𝕝𝕖𝕥 𝕚𝕥 𝕜𝕚𝕝𝕝 𝕪𝕠𝕦

𝔼𝕧𝕖𝕟 𝕨𝕙𝕖𝕟 𝕚𝕥 𝕙𝕦𝕣𝕥𝕤 𝕝𝕚𝕜𝕖 𝕙𝕖𝕝𝕝

𝕆𝕙, 𝕨𝕙𝕒𝕥𝕖𝕧𝕖𝕣 𝕥𝕖𝕒𝕣𝕤 𝕪𝕠𝕦 𝕒𝕡𝕒𝕣𝕥

𝔻𝕠𝕟'𝕥 𝕝𝕖𝕥 𝕚𝕥 𝕓𝕣𝕖𝕒𝕜 𝕪𝕠𝕦𝕣 𝕙𝕖𝕒𝕣𝕥]

-Keiji?-
-Mmhh...-

-Keiji?-

Mi rigirai nel letto, coprendomi la testa con il piumino invernale. Forse così facendo sarei riuscito a dormire beatamente.

La voce di mio padre, però, mi giunse ugualmente alle orecchie: -Keiji, svegliati. Perfavore.-

Brontolai qualcosa di incomprensibile e mi misi a sedere, gli occhi ancora impastati per il sonno: -Che ore sono? Non è suonata la sveglia?-

-No- Sospirò mio padre -Non è suonata perché sono le sei e mezza del mattino.-

Sbadigliai, confuso ma comunque consapevole che mi aspettava un'altra mezz'ora di sonno. -Come...cosa...perché mi hai svegliato, allora?-

Mio padre lanciò una rapida occhiata alla finestra della mia camera: -C'è un tipo, qui fuori.-

Ci misi qualche istante per metabolizzare quell'informazione. E, appena lo feci, fui assalito da un terribile presentimento.

Prima ancora di controllare io stesso o di chiedere altre indicazioni, mi alzai dal letto e afferrai il cellulare.

-Oh, no...- Mormorai, leggendo la notifica sul blocco schermo.

Senza dare ulteriori spiegazioni a mio padre mi precipitai fuori dalla stanza. Superai il soggiorno correndo come un matto e raggiunsi l'ingresso.

Preso dalla fretta mi limitai ad indossare un paio di ciabatte, dimenticando che i vicini mi avrebbero visto in pigiama.

E che la temperatura esterna si aggirava attorno ai dieci gradi.

-CHE DIAMINE- Mi bloccai sull'uscio, sentendo il sangue raggelarsi nelle vene.

Faceva freddo. Faceva TANTO freddo.

Bokuto squadrò il mio pigiama a righe rosse e mostrò un'espressione esterrefatta: -E la divisa?-

Mi avvicinai al ragazzo tremando e sperando con tutto il cuore di non beccarmi una polmonite: -Che diamine ci fai qui a quest'ora?!-

Koutaro spalancò le braccia e sorrise raggiante: -Sorpresa!-

I miei muscoli si erano atrofizzati.

Non avrei saputo dire se per lo shock, per il freddo, o per impedirmi di commettere un omicidio alle sei e mezza di mattina.

-Bokuto-san. Mi sarei svegliato tra mezz'ora.-

-E io come facevo a saperlo? Ieri sera hai smesso di rispondere ai miei messaggi.-

-Perché mi sono addormentato!-

-La volta scorsa sono arrivato troppo tardi. Così ho deciso di prendermi con un po' di anticipo.-

-U-un p-po' di a-anticipo?- Balbettai, i denti che sbattevano tra di loro per il freddo -S-si p-può s-sapere a che ora t-ti sei s-svegliato?!-

Lui fece un vago gesto con la mano: -Un'ora fa, non abito molto distante da qui. Magari, ecco... la prossima volta possiamo darci un orario, però.-

Strinsi i pugni solo per trattenere la rabbia. -M-MI SEMBRA U-UN'OT-TTIMA IDEA.-

Bokuto sorrise, innocente e ignaro della gravità delle sue azioni. Poi il suo sguardo cadde sulle mie mani: -Hai freddo?-

Gli risposi con uno starnuto.

-Forse dovresti rientrare.- Mi suggerì.

"Scuola".

"Orgoglio".

"Matematica".

E, evidentemente, anche la "poca perspicacia" rappresentava una delle sue carenze.

-D-DOVREI, G-GIA'.- Sibilai fuori dai denti, voltandomi verso casa. Avanzai deciso fino alla porta, tentato di sbatterla in faccia a Bokuto.

Invece, finii per girarmi nuovamente verso di lui: -Vuoi entrare?-

Gli occhi ambrati di Koutaro brillarono di gioia: -Volentieri!-

Il ragazzo si richiuse la porta alle spalle con tanta delicatezza da far tremare le pareti.

Affondai le unghie nei palmi delle mani e cercai di mantenere la calma.

Sapevo benissimo che lo aveva fatto solo per rendermi felice.

Ma avevo appena rinunciato a minuti preziosi di sonno e mi serviva del tempo per perdonarglielo.

-Buongiorno!- Salutò Bokuto, senza accorgersi che mio padre si trovava ancora in stato di shock.

-B-buongiorno...- Fece lui di rimando, lanciandomi un'occhiata interrogativa -E lui è...?-

-A rischio di morte.- Sussurrai, oltrepassando mio padre per rifugiarmi in camera.

-Sono Bokuto Koutaro.- Si presentò il ragazzo, seguendomi lungo il corridoio -E' stato un piacere fare la sua conoscenza!-

-Ah, umh, sì...- Balbettò mio padre, immobile in mezzo alla stanza.

Mi buttai sul letto e sbuffai esasperato.

Bokuto chiuse la porta e, senza porsi alcun problema, prese posto sul bordo del materasso: -Hey! Ma la tua camera è enooorme!-

-Lasciami dormire.- Ringhiai in risposta.

Silenzio.

-Okay!- Esclamò Bokuto, tirandosi in piedi.

Alzai la testa e lo fissai incredulo: -Dove stai andando?-

-Ti lascio dormire in pace.- Disse, fingendo di cucirsi la bocca.

Alzai gli occhi al cielo e premetti di nuovo la fronte sul materasso.

Distinsi un rumore di passi, non abbastanza lungo da convincermi che Bokuto avesse lasciato la stanza: -Cosa stai facendo?-

-Curioso per la tua camera.-

Silenzio.

Anche se avessi voluto dormire, avevo troppa paura che Bokuto combinasse una delle sue.

-Hai un armadio grandissimo!-

Mi rigirai a pancia in su e fissai assonnato il soffitto: -Potrei nascondere lì il tuo cadavere...-

-Non sei divertente.- Si lamentò Bokuto, osservandomi dall'alto in basso. -Aspetta. Non sei sonnambulo, vero?-

-E come potrei...- Mormorai, trovandomi improvvisamente il viso di Bokuto a pochi centimetri dal mio.

-Ma coSA- Mi alzai di scatto, rischiando di tirargli una testata. -Che ti è saltato in mente?!-

-Volevo assicurarmi che non lo fossi.- Si giustificò.

Sbattei ripetutamente le palpebre, per poi agguantare la divisa scolastica sulla sedia della scrivania e dirigermi in bagno.

-Non mettere tutto a soqquadro mentre sono via.- Lo minacciai, aumentando il passo.

Le punte delle mie orecchie si erano inspiegabilmente tinte di rosso.

Quando tornai in camera, vidi Bokuto intento ad armeggiare con un piccolo oggetto ai piedi del mio letto.

Mi accostai a lui il più silenziosamente possibile, facendogli venire un colpo appena si accorse della mia presenza: -Akahashi! Mi hai spaventato!-

-Quella è una delle mie videocassette?- Gli domandai, indicando la scatola nera che teneva in mano.

-L'ho trovata dietro al tuo comodino.- Spiegò Koutaro. -C'è scritto "Operazione sottoveste".-

-Ah, me lo ricordo.- Presi in mano la videocassetta e la rigirai tra le dita -E' un film di fine anni cinquanta. Nel cast dovrebbero esserci Cary Grant e Tony Curtis.-

-Mai sentito.- Disse Bokuto, mettendosi in piedi -Di cosa parla?-

-E' ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale- Dovetti sforzare parecchio la mia memoria -Alcune donne-ufficiale rimaste tagliate fuori dai reparti vengono fatte imbarcare in un sommergibile.-

-No, non mi dice nulla.-

-E' una commedia simpatica, se non ricordo male. Ero convinto di aver perso per sempre la videocassetta, ma...un secondo. Cosa ci facevi dietro al mio comodino?-

-Ricognizione.-

-Certo.- Controllai l'orologio e abbandonai la videocassetta sul materasso -Hai già fatto colazione?-

-Una sì.-

Ah.

Mi era sfuggito il fatto che esistessero più colazioni durante la mattinata.

-Vuoi, ecco...farne un'altra?-

-E me lo chiedi?-

"Dovevo aspettarmelo, in effetti." Riflettei, uscendo dalla camera da letto e raggiungendo la cucina in compagnia di Bokuto.

Come se ci avesse letto nel pensiero, mio padre aveva appena servito in tavola due tazze fumanti di caffelatte assieme ad un vassoio ricolmo di biscotti al cioccolato.

-Sei in classe con Keiji, Bokuto?- Domandò inaspettatamente mio padre.

il ragazzo corrugò la fronte: -Chi è Keiji?-

L'uomo si girò verso di me ma io gli feci segno di non dare importanza a quella frase.

-OHH, intende Akaahashi!- Si illuminò Bokuto, scuotendo la testa -No, io sono al terzo anno. Però frequento la Fukurodani.-

-E come vi siete conosciuti?-

La risposta di Koutaro venne interrotta da un tonfo.

Abbassai lo sguardo e mi accorsi di aver appena rovesciato la tazza di caffè sul tavolino.

-Keiji?- Mi chiamò mio padre, la voce che nascondeva una nota preoccupata.

-Io...s-scusa.- Mi schiarii la voce, alzandomi dalla sedia per asciugare quel disastro con uno strofinaccio.

Bokuto riprese a parlare tranquillamente: -Ci siamo incontrati ai corsi di studio pomeridiani.-

-Capisco.- Mormorò mio padre, osservandomi con attenzione mentre finivo di pulire la superficie di marmo.

-E' meglio se ci sbrighiamo.- Intimai a Bokuto, non sapendo nemmeno perchè volessi mettergli fretta -Visto che siamo in anticipo possiamo ripassare le leggi della termodinamica con gli altri ragazzi del gruppo.-

Bokuto ci mise un po' a capire, ma per mia fortuna restò al gioco. Si infilò una cosa come tre biscotti in bocca e trangugió l'ultimo sorso di caffè.
-Emh, okay. Allora arrivederci, Signor padre di Akaashi.-

-Torna pure a trovarci quando vuoi. Cioè, preferibilmente dopo le sette di mattina.- Si corresse mio padre, salutandoci con una mano.

Afferrai il mio cappotto grigio dall'appendiabiti e uscii rapidamente da quella casa con Bokuto alle calcagna.

-Akaashi! Fermo! Che ti è preso?-

-Non lo so.- Risposi sinceramente, senza diminuire la velocità dei miei passi.

-Credevi che non ti avrei coperto?-

-Non è quello.- Mi trovavo in difficoltà a dare un'effettiva spigazione -Mio padre... non avevo mai pensato a come avrebbe reagito se quella sera fossi saltato.-

Bokuto aspettò un po' prima di parlare: -Tuo padre è una cattiva persona?-

-Dipende da cosa intendi con "cattiva persona"- Una risatina nervosa mi sfuggì dalle labbra -Non gli è mai importato granchè del sottoscritto, però non ha mai fatto niente di male.-

-E tua madre?-

-Lei è diversa. Mi vuole bene...credo. Ma per lavoro pilota gli aerei, quindi è perennemente via. Alla fine ho imparato a vivere da solo.-

-Beh, ora non lo sei.-

Mi girai verso Bokuto con un'espressione interrogativa.

-Solo.- Spiegò il ragazzo -Non sei più solo.- Si indicò il petto con fierezza -Ci sono io con te!-

Perchè ci misi così tanto per rispondere?

Forse perchè mi sembrò una situazione troppo surreale per essere vera.

Fatto sta che mi limitai ad annuire e a nascondere le mie guance arrossate dentro il colletto del cappotto.

Ero sempre più convinto che mi stesse salendo la febbre.

×××××

Stavo seguendo con interesse la lezione di sociologia quando lo schermo del mio telefono si illuminò improvvisamente.

(Hey hey heyy)

Cercai di ignorare il messaggio per un quarto d'ora ma, alla fine, la curiosità ebbe la meglio.

(Che succede?)

Bokuto non tardò a digitare una risposta:

(Questo pomeriggio giochiamo una partita contro un'altra scuola. Ti va di venire?)

Fissai il messaggio per un'eternità, dimenticandomi persino di trovarmi in classe.

(Se non hai di meglio da fare) Si affrettò ad aggiungere Bokuto.

Assistere alla sua partita di pallavolo? Io?

Ci sarebbero state tante persone. Ragazzi della mia stessa età.

Mi risvegliai da quei pensieri: non c'era motivo di farsi paranoie, giusto?

(Okay.)

(Grande! Ti basta essere a scuola per le quattro. A dopo :-D)

Spensi il telefono e provai a seguire sociologia.

Ma faticai parecchio, perchè la mia testa si trovava da tutt'altra parte.

×××××


La palestra era più grande di quanto mi aspettassi: abbastanza spaziosa da contenere un numero di spettatori non indifferente, considerando che solo il campo misurava diciotto metri in lunghezza.

Gli spalti laterali erano stati divisi a metà: da una parte si erano raggruppati tutti gli studenti della Fukurodani mentre, da quella opposta, si erano ammassati i tifosi della squadra ospite.

La partita si stava avvicinando alla fine del secondo set, con la prima vittoria aggiudicata alla Fukurodani.

Mi ero seduto in disparte dagli altri studenti, scambiando un debole saluto con i compagni di classe che avevo riconosciuto.

-HEY, HEY, HEY!- L'urlo di Bokuto riecheggiò in tutta la palestra. Era riuscito a segnare un altro punto, schiacciando la palla come se volesse disintegrare il palquet.

Il resto della squadra gli si strinse attorno esultandolo e contribuendo ad aumentare il suo ego.

Gli avversari gli lanciarono occhiate cariche di odio, ma Koutaro non se ne curò minimamente.

-Forza Konoha!- Incitò un tipo della Fukurodani al giocatore che si stava preparando a battere.

Il ragazzo, i capelli di un biondo sporco e gli occhi ridotti a due fessure, fece rimbalzare un paio di volte la palla per terra prima di servire un colpo oltre la rete.

L'altra scuola ricevette la palla e tentò di schiacciarla dentro li limiti del campo, ma un compagno di Bokuto intercettò la traiettroria indirizzandola verso Koutaro stesso.

Questi scattò in avanti più veloce della luce e puntò gli occhi famelici sulla palla.

Il tempo rallentò e Bokuto con lui. Le sue gambe saltarono verso l'alto e, per un istante, ebbbi quasi l'impressione che stesse volando.

Piegato il braccio all'indietro, Bokuto rilasciò tutta la sua forza nella schiacciata che decretò la fine del secondo set.

Mi alzai in piedi per applaudire e, nella confusione generale, realizzai di aver trattenuto il respiro durante tutta la durata dell'azione.

La partita terminò con una meritata vittoria per la squadra della Fukurodani.

La folla, ancora entusiasta, iniziò pian piano a scemarsi e ben presto mi ritrovai da solo all'interno del palazzetto.

Controllai il telefono: erano le sette di sera passate. E di Bokuto non vi era traccia.

Cosa dovevo fare?

Non avevo avuto modo di salutarlo nè prima dell'inizio del gioco nè durante.

Era il caso di tornarsene a casa?

Avevo ancora speranza che Koutaro uscisse dagli spogliatoi da un momento all'altro, ma poi cosa sarebbe successo? Era in compagnia della sua squadra, dopotutto.

E poi, era venerdì sera. Si sarebbero sicuramente fermati a cena da qualche parte per festeggiare.

Decisi di scrivergli un messaggio prima di andare a dormire e mi avviai verso l'uscita dell'edificio.

Iniziai a scendere i gradini degli spalti, ma una voce familiare proveiente da sotto le tribune richiamò la mia attenzione.

-...e il prof mi ha cacciato fuori dall'aula.-

-C'era da aspettarselo. Senti, come prosegue con la-

-AKAASHI! Sei ancora qui?- Bokuto interruppe l'altro ragazzo e alzò la testa, riconoscendomi.

Si era cambiato e stava chiacchierando con un suo probabile coetaneo, ma mise bruscamente fine alla conversazione non appena incrociò i miei occhi.

-Direi che è abbastanza evidete.- Commentò l'altro ragazzo, assottigliando gli occhi per guardarlo di sbiego.

-E piantala, Kuroo.-

-Sei tu che fai domande idiote.- Il ragazzo di nome Kuroo aveva una corporatura snella ma delle spalle larghe. Gli occhi stretti e color nocciola sembravano quelli furbi di un felino e i capelli neri avevano una forma bizzarra quanto quelli di Bokuto: erano disordinati e spiccavano verso l'alto, fatta eccezione per il ciuffo che gli copriva gran parte della fronte.

-Ha parlato il genio.-

-Hey, l'anno scorso ti ho salvato il culo in chimica. Dovresti ringraziarmi.-

Mi mossi sul posto a disagio, non sapendo se intromettermi o meno in quel battibecco.

-Mi avrai dato al massimo tre lezioni!-

-Senza delle quali saresti stato bocciato.- Kuroo gli sorrise in modo provocatorio, facendolo infuriare ulteriormente.

-Ascolta, razza di-

-Bokuto-san- Mi schiarii la voce con un colpo di tosse -Allora io vado.-

Koutaro perse di colpo tutta la rabbia: -Cosa? Non ti fermi a cena?-

-Sarete già in tanti- Mi giustificai -E poi non faccio parte delle vostre squadre. Non credo di poter...-

-Ma che dici? Certo che puoi! Sei mio amico.-

"Amico".

Non mi aveva mai chiamato così prima d'ora.

-Bokuto ha ragione.- Si intromise Kuroo -Non sarà un problema aggiungere un posto in più. E poi, mi stupisco che esista qualcun altro in grado di sopportare questo sbruffone.-

Koutaro gli rispose con una linguaccia.

Mi sentivo parecchio fuori posto. Sarebbe stato maleducato declinare l'invito?

Non che morissi dalla voglia di cenare da solo nell'appartamento di mia madre, ma non ero nemmeno entusiasta di passare la serata assieme a così tante persone.

-Ti ringrazio Bokuto-san, ma in questi giorni sono sempre rimasto fuori e non credo che...-

-Dai! Perfavore...- Insistette il ragazzo, squadrandomi con due occhi ai quali sarebbe stato impossibile dire di no.

-E va bene.- Cedetti, stupito dalle mie stesse parole.

Era bastato così poco per lasciarmi convincere?

-Grandioso!- L'entusiasmo di Bokuto mi scaldò il cuore.

Strano. Davvero strano.

Il locale che avevano scelto distava appena cinque minuti dalla scuola.

Il tragitto era stato a di poco imbarazzante: Bokuto non aveva fatto altro che conversare con i suoi compagni e io mi ero ritrovato con lo sguardo basso in mezzo ai ragazzi dell'altra squadra, il Nekoma.

Il gruppo si era fatto strada dentro al pub come i ragazzini in gita scolastica facevano a gara per vedere gli animali dello zoo.

Era un posto poco costoso, mi era capitato di pranzarvi con mio padre in un paio di occasioni solo perchè il monitor trasmetteva gli incontri internazionali di sumo.

Il locale era piccolo, in stile vecchia osteria, e fummo costretti a stringerci in due tavoli separati per poter cenare.

La luce calda delle lampade illuminava le paretii color ocra e le panche di legno sulle quali ci eravamo accomodati. La musica alta proveniva da alcune casse sul soffitto e il prufumo di carne raggiunse velocemente entrambi i tavoli.

C'erano altri clienti, ma il brusio generale arrivò solo dai nostri due tavoli, intervallato dalla voce del cameriere che cercava disperatamentee di trascrivere gli ordini.

Bokuto aveva insistito perchè ci sedessimo alla stessa tavolata e così ero finito di fronte a lui. Ma, dopo quella richiesta, il giocatore non mi aveva più rivolto la parola.

Ordinai del semplicissimo riso al curry e tornai nel mio silenzio.

I ragazzi del Fukurodani discutevano animatamente con quelli del Nekoma, tentando di coinvolgermi con scarsi risultati.

Sospirai sconsolato e, pentito di aver accettato l'invito, fissai l'orologio sulla parete sperando che il tempo prendesse a scorrere più rapidamente.

-Non sembri divertirti molto.- Constatò il ragazzo alla mia destra.

Era piegato in due ed era completamente preso dalla console che teneva tra le mani. Le iridi dorate scrutavano ogni minimo particolare del gioco, tanto che il ragazzo non si curava nemmeno dei ciuffi biondi che gli finivano davanti agli occhi. Aveva bisogno di tingersi nuovamente, a giudicare dalla ricrescita scura più che evidente sulle radici.

Lo riconobbi come l'alzatore del Nekoma.

-La folla non è il mio forte.- Risposi, giocherellando con le bacchette del riso. -E tu?-

Lui alzò le spalle, continuando a muovere le dita sui tasti della console: -Non vado propriamente pazzo per le persone in generale.-

Sollevò per un istante gli occhi felini dallo schermo e li puntò verso di me: -Non ti ho visto in campo.-

-Sono...- Deglutii. "Andiamo, Keiji, non è difficile" -Sono un amico di Bokuto-san. Mi ha invitato a vedere la partita e poi a cenare con voi.-

L'alzatore annuì e si concentrò sul gioco: -La maggior parte delle volte riesco a scampare le cene di gruppo. Ma questa volta Kuroo ha insistito perchè partecipassi anche io.-

-Kuroo?- Cercai con lo sguardo il ragazzo dai capelli scuri -Intendi il ragazzo che sta parlando con Bokuto-san?-

-Kuroo Tetsurou, il capitano del Nekoma. Lui e Bokuto si sono conosciuti ad un'amichevole e da allora passano spesso il tempo insieme.-

-Capisco.- Questo spiegava il loro provocarsi a vicenda. -Akaashi Keiji, comunque.- Mi presentai, offrendogli una mano.

Il ragazzo si staccò dal videogioco per ricambiare la stretta: -Kenma Kozume.-

-Così giochi a pallavolo.-

Kenma sospirò un "Purtroppo" senza aggiungere altro.

Decretai che non fosse il caso di indagare.

Cercai Bokuto con la coda dell'occhio per vedere se fosse ancora preso dalla conversazione e Kenma se ne accorse: -Non te la prendere. Non credo se ne renda conto.-

-Come?- Finsi di non capire, distogliendo lo sguardo dal giocatore della Fukurodani.

-Bokuto. Non ti sta ignorando di proposito. E' semplicemente una persona estroversa, convinta che anche il resto del mondo lo sia.-

-Non me la sono presa.- Mentii. Non che fossi in cerca di attenzioni, ma essere messo da parte non faceva che ingigantire la sensazione di disagio che già provavo.

-Come vuoi.- Kenma tornò nel suo bozzolo, lasciandomi nuovamente da solo.

Picchiettai le dita sul tavolo con fare annoiato.

Dopo un po' inclinai la testa e incrociai, per una frazione di secondo, gli occhi cupi di Bokuto. Il ragazzo alternò lo sguardo da me a Kenma, per poi mutare espressione e rivolgersi nuovamente a Kuroo.

-Visto?- Sussurrò Kenma, sempre chino sulla console.

-Che cosa?-

Un sorrisetto carico di malizia si fece largo sul volto di Kenma: -In realtà ti sta tenendo d'occhio.-

×××××


-WOH!- Esclamò Bokuto, stiracchiandosi. -Che serata, eh?-

Mi aveva accompagnato sotto casa di mia madre perchè così avrebbe imparato "il percorso più breve" per entrambe le abitazioni dei miei genitori.

Annuii sforzandomi di sembrare convinto, ma la mia esitazione non sfuggì allo sguardo esaminatorio del ragazzo: -Non dovevo obbligarti a venire. Mi dispiace.-

Gli avevo detto che avrei passato la notte da solo perchè mia madre sarebbe stata a lavoro; e così ci eravamo ritrovati a parlare del più e del meno sulla soglia.

-No, figurati- lasciai cadere le mani lungo i fianchi -Alla fine mi sono divertito. E poi è stata una mia scelta, Bokuto-san.-

Koutaro si passò una mano tra i ciuffi bicolori: la luce della luna si rifletteva sui suoi capelli rendendoli quasi di una sfumatura argentata.

-Hai conosciuto Kenma, quindi. Come ti è sembrato?-

-E' un tipo a posto, suppongo.-

-Sa il fatto suo, secondo Kuroo.-

La suoneria di un telefono interruppe la nostra conversazione.

-Pronto?- Fece Bokuto, rispondendo alla chiamata.

-Come? Ma mamma! Non-...- Koutaro sbuffò contariato -Okay. Sì, okay, ho capito. Ciao.-

Mise fine alla chiamata e alzò gli occhi al cielo: -Devo tornare subito a casa. Mi dispiace.-

-Hai già fatto tanto per me- Lo rassicurai -E poi, sono abituato a passare la notte da solo.-

Bokuto storse la bocca, forse mortificato.

E poi fece una cosa che mi lasciò di stucco.

Si avvicinò con una lentezza spaventosa e allungò una mano per scostarmi un riccio nero dallla fronte: -Avevi un ciuffo fuori posto.-

Rimasi a fissarlo, pietrificato.

-Grazie per essere venuto alla partita. Mi ha fatto molto piacere.-

Il sorriso di Bokuto era così sincero che catturó quasi più luce della luna stessa.

Se avessi provato a parlare, dalle mie labbra sarebbero uscite solo frasi sconnesse e prive di significato.

-Ci vediamo, Akaashi!- Mi congedò Koutaro, allontanandosi di corsa nella direzione dalla quale eravamo arrivati.

Io rimasi fisso sul posto come una statua, incapace di muovere un solo muscolo.

Ad eccezione del cuore, che mi stava martellando nel petto come se volesse saltare fuori dalla gabbia toracica.

   
 
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