Sono atrofizzata da questa stasi che mi corrode come una febbre, assassina la mia ispirazione e strappa via la luce dal mio sguardo impaziente di nutrirsi della bellezza del mondo – se solo potessi gettarmi uno zaino in spalla e salire sul primo autobus che mi porti via da questo presente inquinato, se solo potessi ammirare le vette dei cieli e i corpi delle nuvole dal finestrino di un aereo.
Mi mancano le autostrade e il rombo dei motori, i colori di Camden Town e le luci soffuse dei vicoli di Praga, la natura selvaggia della Scozia, le colazioni consumate in fretta in ostello prima di gettarmi nelle strade brulicanti di una metropoli – e più di tutto Parigi mi manca come una patria o un'amante, di una mancanza che brucia come la sete.
Poggio la fronte contro il vetro della finestra e i miei occhi abbracciano l'azzurro limpido del cielo, le fronde rigogliose degli alberi, la maestosità della cattedrale di Notre Dame.
Le gambe mi tremano, un sorriso mi spacca le labbra – l'universo ha finalmente ripreso a girare, ha riscoperto la sua melodia. Gli aerei riprendono il volo, le stanze d'hotel si affollano, la gente nelle strade torna a sorridere a viso scoperto – e io sono tornata a casa.
Una mano mi sfiora la spalla. Mi volto, trovandomi davanti Irene che sorride sardonica e mi porge un quaderno dalla copertina rossa.
“L'avevi dimenticato alla cassa. Per fortuna ci sono io che ti ricordo le cose.”
Afferro il quaderno e me lo stringo al petto – è tra le sue pagine che ho ricominciato ad appuntare le mie poesie e le bozze del mio primo romanzo – prima di poggiare un bacio sulle labbra di Irene.
Intorno a noi, gli scaffali ricolmi di libri della Shakespeare & Company; non riesco ancora a credere che, da una settimana a questa parte, io e la mia ragazza lavoriamo come volontarie in questa libreria storica, ci addormentiamo nei letti stipati tra gli scaffali, passiamo i pomeriggi a camminare mano nella mano per le strade di Parigi e le serate a bere vino insieme a ragazzi provenienti da tutte le parti del mondo.
“Non mi sembra vero,” mormoro sulle labbra di Irene. “Essere qui a Parigi, intendo. È letteralmente come un sogno.”
“Un sogno che meritiamo di vivere a pieno dopo tutto quello che abbiamo passato.”
Sorrido e poggio la fronte contro quella di Irene – lei è la più bella poesia che abbia mai preso vita sulle mie labbra. Le mie dita strette intorno al quaderno sono di nuovo macchiate d'inchiostro, i miei occhi bruciano di felicità e d'ispirazione, sto respirando nel cuore pulsante della città più bella dell'universo e la vita non mi è mai sembrata tanto degna di essere vissuta.
NdA
Ho
scritto questa storia abbastanza di fretta e non mi convince a pieno ma
mi auguro che qualcuno l'abbia apprezzata. Piccolo appunto; la
Shakespeare & Company è una libreria storica di
Parigi che ospita i viaggiatori (in particolare scrittori e artisti) in
cambio di qualche ora di volontariato al giorno. Si tratta di una
tradizione inaugurata da George Whitman negli anni '50, consiglio a
tutti di fare qualche ricerca a riguardo :)