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Autore: Gaia Bessie    02/02/2021    7 recensioni
Andromeda Black – che Black non sarà mai più – la osserva e sorride dalle coste bianchissime della Francia, avvolta in un abito azzurro chiaro. Un po’ demodé, l’aveva rimproverata Druella, non vestirti come una Babbana.
Cissy sorride, mentre il sorriso gemello di sua sorella s’infrange in una fiammata salina, azzurrissima, dell’ennesimo legno che sa di mare. C’è cresciuta dentro, quelle fiamme, da bambina a quella ragazzina che ha custodito un segreto impensabile, indicibile.
Druella le carezza il capo biondo, Narcissa non riesce a dirle che lei lo sapeva che Andromeda sarebbe fuggita via in una nuvola di Metropolvere, per non tornare mai più.
[Narcissa, Andromeda | OS | Questa storia si è classificata sesta al contest “Back to Black” indetto da parsefeni sul forum di EFP]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Andromeda Black, Andromeda Tonks, Narcissa Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Casa (Un po’ demodé)
 
 
Oh, sei molto bella. Per quanto ad un livello demodé. Ma sono certo che possiamo renderti più odierna.
(Batman, 1989)
 
{1.}
 
Casa viaggio
Casa libertà
Casa involucro di tutte le mie età

 
Le fotografie delle vacanze sputano sabbia sul pavimento ligneo del salone: respirano piano posate su mobili, muri e tra le braccia di Druella che lentamente stacca tutta quelle che contengano il sorriso dolcissimo della figlia mediana. Ciocche di capelli bruni, ha Andromeda, e la speranza di chi crede che l’amore sia ben oltre quel che si vede.
«Non stare lì a guardare, Narcissa» sua madre ha la cenere nascosta sotto i polpastrelli, lei la sente. «Vieni ad aiutarmi».
Cissy ha quindici anni e pensieri che sbrilluccicano tra i ricci biondi, sparsi sulle scapole delicate come una colata d’oro – sangue purissimo, ché dorato sarà il sangue dei Black. Nero mai.
Nero è il viso di Andromeda sull’arazzo di famiglia, i bei lineamenti alteri resi indistinguibili nella matassa di filo bruciato. Ma Narcissa, che pur accetta di caricarsi le braccia delle vecchie foto di famiglia per regalarle ad altre fiamme, la vede ancora.
Andromeda Black – che Black non sarà mai più – la osserva e sorride dalle coste bianchissime della Francia, avvolta in un abito azzurro chiaro. Un po’ demodé, l’aveva rimproverata Druella, non vestirti come una Babbana.
Cissy sorride, mentre il sorriso gemello di sua sorella s’infrange in una fiammata salina, azzurrissima, dell’ennesimo legno che sa di mare. C’è cresciuta dentro, quelle fiamme, da bambina a quella ragazzina che ha custodito un segreto impensabile, indicibile.
Druella le carezza il capo biondo, Narcissa non riesce a dirle che lei lo sapeva che Andromeda sarebbe fuggita via in una nuvola di Metropolvere, per non tornare mai più.
Lei non ha detto una parola, mentre sua sorella le faceva l’occhiolino e scompariva per sempre in una fiammata.
Azzurro l’abito che indossava quel giorno, quella settimana ch’è passata. Un po’ demodé.
 
(285 parole)
 
 


{2.}
 
Casa inverno, casa senza senso
Casa di silenzi vuota tutto il tempo

 
Druella non parla più.
Cissy lo sa che alla sera, sua madre si corica prima di tutti quanti, e inghiotte due pillole bianchissime con un sorso abbondante d’acqua. Gelida, l’espressione contrita che assume quando si ferma davanti alle foto di famiglia, e una grande assente spicca in quel vuoto.
Gelide, le mani che le sfiorano i capelli – sarai una sposa bellissima – e suo padre che l’accompagna sull’altare è altrettanto glaciale. Si guarda attorno, Cygnus, come fosse alla ricerca di un viso familiare. Duro il suo cuore, secco come ghiaccio crepato dalle intemperie ma, lui, la sua figlia favorita mai l’ha dimenticata.
E a niente serve più pensare che avrebbe potuto semplicemente essere, perché Andromeda Black è bruciata come Sirius sull’arazzo, e nemmeno un miracolo potrebbe riportarla indietro. O la partecipazione a un matrimonio.
Gelido il silenzio con cui Lucius le circonda le mani in preghiera, ma Cissy non si farà scoraggiare mai più. E a niente serviranno più le coincidenze mancate, le lettere mai imbucate e le suppliche sprecate di chi crede che rassegnarsi sia l’ennesima cosa irrinunciabile da poter sperimentare.
«Lo voglio».
Irrinunciabile è la rassegnazione ma Narcissa, quando si volta a guardare la propria famiglia plaudente, quasi intravede Andromeda sorridere nel proprio posto vuoto accanto a Bellatrix. Indossa un vecchio abito azzurro – e Cissy non ha mai avuto il coraggio di dirle indossalo e vieni, così tace e gelido è il silenzio, celestino come quella stoffa.
Un po’ demodé.
 
(241 parole)
 
 



{3.}
 
Casa stanca che ora vuoi lasciare
Casa che io volevo costruire
Con te, con te, con te

 
Lucius prende e va via di casa, ogni notte, per poi risciacquarsi il sudore rappreso sotto la maschera da Mangiamorte la mattina seguente. Squallido, quel lavandino di marmo bianco, per l’uso effimero che ne fa.
Come graffi dorati i rubinetti gli sfiorano la fronte, i capelli biondissimi e Narcissa pensa che, alla fine, amore è affezione per quel che si vede – e lei, Lucius con il Mantello nero ad avvelenargli il capo e il corpo, vorrebbe non doverlo vedere più.
Narcissa vorrebbe prendere e andar via, ogni notte, quando suo marito si Smaterializza con l’espressione del martire e la bacchetta stretta in mano (che vi rimane fino alla mattina seguente). Squallido, quel pensiero, se poi la sua coscienza vi s’aggrappa senza requie, nell’ennesima cosa insensata ed effimera che la sua vita conoscerà per sempre.
Cissy si siede di fronte alla propria toeletta, ogni sera quando Lucius esce di casa, e prende una piuma che non intinge mai in un inchiostro che rimane sempre sigillato. Le è arrivata una busta senza mittente, qualche settimana fa, con un indirizzo cui rispondere e una foto strappata a metà.
S’intravede il mare, sabbia rigurgitata dalle ombre e carta sfilacciata da mani che rabbiosamente hanno stracciato quella fotografia in due parti diseguali.
Una scrittura che conosce bene ha vergato quell’indirizzo – scrivimi, ti prego, scrivimi – e Narcissa ogni sera mette via l’inchiostro e la piuma, nasconde la foto e inghiotte quella sabbia umida che le cementifica il petto.
Il senso di colpa è volatile come quel vestito azzurro che s’intravede lungo l’incrinatura sfilacciata di quella fotografia. Un po’ demodé.
 
(263 parole)
 



 
{4.}
 
Casa intima
Casa piccola
Casa stazione di gente che viene e che va
Casa all'angolo di via della speranza

 
Draco piange di notte.
Cissy se ne accorge una sera che non riesce a dormire e passeggia per i corridoi con un pensiero in mente, e lo sente. Suo figlio si scioglie in lacrime ogni sera e non si dà pena di cancellarne le tracce al mattino successivo.
Narcissa non lo dice mai. Ma, quando a cadenza trimestrale le arriva la solita lettera bianca e priva di mittente – scrivimi, ti prego, scrivimi – vorrebbe piangere anche lei.
Bellatrix e gli altri Mangiamorte sono ospiti fissi a Malfoy Manor: risate dure rimbombano tra le mura di casa sua, ma sua non è più. E, questa volta Narcissa se ne rende conto con chiarezza disarmante e doloroso senso di colpa, ha scelto ancora una volta la sorella sbagliata.
Nutre segrete speranze, il giorno in cui apre un rotolo di pergamena e intinge la penna nell’inchiostro ormai scoperchiato e nero come quel mantello che nessuno, in casa sua, toglie mai.
Eppure, quando si tratta di scrivere qualcosa che sia più del suo nome su carta, a Cissy non vengono più le parole.
Come puoi superare la certezza di aver lasciato scivolare via tua sorella perché la tua famiglia aveva detto ch’era giusto così?
Che cos’è, poi, quella disgustosa speranza con cui Narcissa rigurgita quelle parole su carta, con cui sigilla la lettera. E con cui la getta tra le fiamme.
Qualcosa di inutile, la speranza. E un po’ demodé.

(235 parole)
 



 
{5.}
 
Casa ieri
Casa nei ricordi

 
«Cissy!».
Dorato è il sorriso di Andromeda, più puro di tutto quel sangue ch’hanno versato in onore di chi – il sangue – l’aveva più sporco di tutti quanti. Ha perso una figlia, un marito, e anche una sorella che l’aveva rinnegata.
Due, si corregge Narcissa ricambiando a fatica l’abbraccio, due. Perché l’ha abbandonata anche lei, nei ritagli di una fotografia al mare e in una lettera che non ha mai scritto: è doloroso, quel senso di colpa, affama le ossa e non le spezza soltanto, le riduce a cenere appiccicosa che s’attacca sulla pelle. E lì riposa.
«Andromeda» composta, Cissy si fa abbracciare. Rigida, si domanda perché sua sorella sia l’unica ad aver appreso l’arte del perdono assoluto.
«Pensavo non mi avresti mai scritto» commenta Andromeda, rughe di dispiacere le sfregiano il bel viso.
Narcissa sorride, un po’ meccanicamente. «Non avrei dovuto» ammette, piano. «Ma adesso non è rimasto niente per cui combattere, no?».
Sua sorella sorride, le carezza i capelli biondi – un po’ strinati di grigio – come quando erano bambine.
«Vieni, andiamo a casa» le sussurra, porgendole la mano. «Voglio presentarti mio nipote, Teddy. Sai, in questi anni ti ho pensata parecchio».
Il rumore dei passi è dolcissimo, nella mente di Cissy, sa di sabbia e ricordi persi: non lo dice ad alta voce ma, finalmente, quel peso sul petto s’è alleggerito – e, alla fine, il perdono (demodé) non l’è mai.
 
Casa è il posto dove tu
Mi penserai
(Giordana Angi, Casa)


(231 parole)


 

Il tema di questa storia era il senso di colpa e come Narcissa si sarebbe comportata in merito: spero sia chiara la mia scelta, ovvero il farla soccombere prima e reagire nelle battute finali della storia.
Per me è sempre molto difficile scrivere della Old Generation, quindi spero che questo tentativo sia piaciuto a qualcuno.
Gaia
   
 
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