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Autore: Ormhaxan    02/02/2021    1 recensioni
"There's a thunder in our hears, baby. So much hate for the ones we love"
Jackie vuole scappare da mesi e anni difficili, da un passato scomodo e doloroso e per farlo si trasferisce a Londra, dalla sua migliore amica Lana. Qui inizia a convivere con lei e i suoi due coinquilini, Chris e Morgan, creandosi un'apparente serenità. Ma non sempre il passato rimane sepolto e le cicatrici che ci portiamo dietro sono difficili da nascondere. Presto, Jackie si renderà conto che non è l'unica a combattere contro i propri demoni e che, se si vuole sopravvivere, l'unico modo per farlo è restare uniti...
[STORIA PUBBLICATA PRECEDENTEMENTE E ORA RIPUBBLICATA IN UNA NUOVA VERSIONE]
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Thunder-2-0




“Jack!” Lana bussò alla porta della stanza della sua amica con un pugno “Jack, sei pronta?” la mora spalancò la porta, fermando la mano della ragazza a mezz’aria. “Bene, noto con piacere che sei pronta” la squadrò con disinvoltura “Quel maglione ti sta davvero bene”
“Trovi?” Jack abbassò lo sguardo su di se, complimentandosi mentalmente per aver scelto il maglione dai toni scuri che aveva deciso di indossare dopo una attenta riflessione “I ragazzi sono pronti?”
“Sono scesi un paio di minuti fa. Ci aspettano in macchina” la informò Lana e dopo aver preso cappotti e borse uscirono frettolosamente di casa. Arrivate in strada, uno squillante clacson attirò la loro attenzione
“Vieni” la bionda attraversò la strada seguita a ruota dall’amica, diretta verso quella macchina rossa guidata da un esaltato Chris. “Eccoci!” esclamò Lana mentre entravano in macchina, venendo travolta da quelle note e da quella voce piuttosto rauca che impregnava le pareti della macchina.
“Sex Pistols, eh?” Jack avrebbe riconosciuto la voce di Johnny Rotten tra mille; anche se il punk non era mai stato il suo genere di musica preferita, il suo vocabolario musicale li conosceva da sempre. “Tipica musica da inglesi!”
“Ma sentitela questa americana da strapazzo!” rispose a tono Morgan, seduto sul sedile del passeggero, riservandole un’occhiataccia “Voi mangia hot dog non potrete mai capire o apprezzare il punk inglese!”
“Tenetevi pure il vostro il punk, noi abbiamo Bob Dylan” Bob era uno dei musicisti preferiti di suo padre e nella loro casa era una religione.
“Non è nulla a confronto del Duca Bianco, il divino David Bowie” ormai era chiaro a tutti che quella era diventata una gara personale, una battaglia tra Inghilterra e America senza esclusioni di colpi.
“Va bene, bambini, abbiamo capito che siete molto patriottici, ma adesso basta!” ci pensò anche quella volta Lana a calmare gli animi “Sono tutti dei grandi artisti, e tutti a modo loro hanno fatto la storia. Non si può fare paragoni, dai!”
“Come al solito sei sempre così schifosamente diplomatica, bionda” intervenne Chris, continuando a tenere lo sguardo sulla strada e le mani sul volante. “Magari al posto di Lana dovremmo iniziare a chiamarti Svizzera. Che ne pensi, Morgan?”
“Qualcuno dovrà pur fare da paciere, non credi?” Lana fece a entrambi i suoi amici la linguaccia, ottenendo in risposta una fragorosa risata. “E adesso metti in marcia prima che inizi nuovamente a piovere. Non voglio inzupparmi i capelli, me li sono appena lavati!”

“Eccoci, siamo arrivati” Chris fermò la macchina non molto lontano dal vecchio porto di Londra, nella zona East della città. “Non è proprio una meraviglia, ma i locali in fitto sono abbastanza economici se li dividi con altre band e nessun rompe troppo le palle.” con quelle parole sembrò che il ragazzo volesse quasi giustificare il trovarsi in quella zona non proprio invitante situata nei pressi di Essex “Speriamo che quei due siano già dentro, altrimenti ci toccherà aspettare fuori e fa troppo freddo per aspettare fuori oggi!”
“Vuoi dire che non hai le chiavi?” sbottò Lana, già in crisi all’idea dei suoi capelli a contatto con la pioggia. Per di più quella zona non era propriamente tranquilla e ogni tanto si incontravano figuri poco raccomandabili “Ma perché non cambiamo locale?”
“Te lo ha appena detto, baby: non ci possiamo permettere un locale in una zona migliore di questa. Non abbiamo soldi!” Lana storse il naso e sbuffò: quella situazione faceva schifo, davvero schifo. Certo nessuno di loro era al verde, anzi avevano tutti un lavoro stabile che pagava bene, ma non per questo si potevano permettere certi lussi come un locale più in centro – dopo tutto quella era Londra, non una qualsiasi cittadina di campagna del Nord.

“Eccoli là quei due stronzi!” Chris accelerò il passo, avvicinandosi spedito verso due ragazzi – uno biondino con i capelli color cenere e appena mossi e l’altro era moro, magro come un chiodo e indossava occhiali da vista che ricordavano quelli di John Lennon. Quando furono abbastanza vicini i tre si salutarono con una poderosa pacca sulla spalla. “Ragazzi, posso presentarvi Jack?”
La ragazza alzò lo sguardo verso i due, abbozzando un sorriso e alzando la mano a mezz’aria, salutandoli “Tanto piacere, ragazzi”
“Tu sei l’Americana, giusto?” chiese il bruno, che Jack scoprì chiamarsi Carl, avvicinandosi a lei e stringendole la mano “Lana non ha fatto altro che parlare di te in questi ultimi giorni. Spero ti troverai bene qua a Londra, ma soprattutto con quel pazzo di mio fratello.”
“Chris è tuo fratello?” chiese con inaspettata sorpresa lei, osservando meglio  quel ragazzo un po’ eccentrico nel vestire - la camicia fiorata che spuntava da sotto una giacca color cammello era davvero orrenda! – e notando delle somiglianze adesso evidenti con il batterista “In questo caso dovrai raccontarmi qualche aneddoto divertente e imbarazzante, così da poterlo ricattare in ogni momento!”
“Ragazza, mi piace come pensi!” esclamò a sua volta il minore dei fratelli Campbell, scoppiando a ridere insieme alla sua nuova amica.
 “Hey! Sono Mike, chitarra ritmica del gruppo” il biondino rimasto in silenzio fino a quel momento decise di interrompere quella conversazione a suo dire fin troppo lunga e, messosi davanti al povero Carl, si presentò l’altro in modo sicuro e anche un pochino spocchioso “E’ un piacere conoscerti”.
“Tanto piacere, sono Jack” in risposta il ragazzo le ammiccò senza neanche tentare di nasconderlo e Jack gli sorrise tirata: odiava quelli che ci provavano senza pudore, senza neanche conoscerti e qualcosa le diceva che quel ragazzo era uno di quei tipi.
“Se avete finito con le presentazioni, io proporrei di entrare e iniziare a suonare. Non abbiamo tutta la sera” Morgan, che come al suo solito odiava perdersi in chiacchiere, mise fine a quello scambio di battute. Ancor di più odiava Mike e il suo essere così schifosamente squallido con le donne, il suo provarci con tutto ciò che avesse un buco e respirasse anche se le sue preferenze erano ben altre. Ipocrita
I due si scambiarono un’occhiata di sfida: anche l’altro chitarrista non sopportava molto Morgan, il modo in cui si atteggiava a grande chitarrista o decantava le sue lodi di meccanico da strapazzo. L’unica cosa che li faceva convivere era la musica e il feeling che si creava tra loro cinque quando salivano sul palco. Fuori dalla sala prove, però, le cose erano totalmente diverse, e spesso le tensioni venivano a galla. Per non parlare della storia con Chris e di come fosse scoppiata come una bomba ad orologeria…
“Cosa fate ancora là impalati? Entriamo prima di prenderci un malanno!”
Sia Mike che Morgan si destarono dai loro pensieri e si affrettarono ad entrare e prendere posizione accanto ai loro rispettivi amplificatori.

Durante le prove Jack rimase su di una poltrona vecchia almeno quindici anni. Era malconcia, come del resto molte cose presenti in quel locale, ma comoda. Stringeva le sue gambe con entrambe le braccia e i suoi occhi restavano fissi su quei cinque ragazzi che trasudavano passione ed energia da tutti i pori. Erano bravi, maledettamente bravi, e la voce di Lana, adesso più matura, era melodiosa ma forte e dura allo stesso tempo. Aveva quasi dimenticato le emozioni che dava la musica, quella vera, suonata non per la gloria, ma per pura passione in qualche locale fatiscente. Un tempo anche lei aveva sognato di poter vivere di musica e sfondare nel mercato discografico insieme alla sua migliore amica, ma poi sua madre si era ammalata e lei, come sua sorella maggiore, si era dovuta rimboccare le maniche per dare una mano in casa e portare uno stipendio per aiutare loro padre nelle cure.
Jack aveva sacrificato molto della sua vita, si era addirittura presa una laurea in legge come suo padre voleva – lei, che non era mai stata ferrata in quelle cose e che in realtà avrebbe voluto intraprendere studi umanistici – e successivamente si era trovata un tirocinio retribuito in uno studio associato piuttosto importante di New York in cui lavorava anche un amico di vecchia data di suo padre; quel un lavoro era stato per Jack l’inizio di un incubo e l’aveva fatta quasi impazzire. In quel momento, però, quei ricordi erano lontani e Jack si sentì libera come da tempo non le capitava.

I ragazzi suonarono per più di mezz’ora, ma per Jack sembrarono solo pochi minuti. La musica l’aveva avvolta, l’aveva portata in un mondo senza tempo, in uno spazio parallelo. Quando anche l’ultima nota smise di vibrare nell’aria, la ragazza si alzò dalla sedia, applaudendo con ardore.
“Bravi, avete letteralmente spaccato!” i ragazzi fecero un inchino, propeio come erano soliti fare dopo un’esibizione.
“Ti siamo piaciuti?” chiese Lana, trotterellando allegramente verso l’amica e mostrando un sorriso smagliante. Jack la paragonò ad un cagnolino, uno di quelli con il musino appena umido e gli occhi dolci che si vedevano negli spot televisivi. Le mancava solo una coda scodinzolante e sarebbe stata perfetta. “Perché sorridi?”
“Nulla, nulla” rispose, scacciando dalla mente quel divertente paragone “Siete stati grandi, davvero” questa volta fu lei a sorridere, mentre con una mano portata a mezz’aria alzava un pollice “Sei migliorata moltissimo, ti trovo più molto più sicura di te e la tua voce è ben definita.”

“E di noi, invece, cosa pensi?” Morgan, dopo aver pronunciato quella domanda, si avvicinò alle due ragazze con passo lento ma sicuro. Sogghignò, puntando i suoi occhi verde scuro verso la ragazza, cercando quelli scuri di Jack.
“Non male” rispose con sufficienza lei “Ci sai fare, ma di sicuro non sei Jimi Hendrix” continuò con tono piccata, guardandolo in modo furbo e volutamente provocatorio.
“Magari intendevi Jimmy Page” ancora una volta, la loro battaglia America contro Inghilterra ebbe il sopravvento “Tutti sanno che Page è meglio di Hendrix!”
“Non credo proprio, mio caro” Jack si portò i capelli dietro la spalla in un gesto piuttosto teatrale, un gesto perfetto per uno spot di shampoo “Certo, Page ha il suo fascino, e riconosco che sia più sexy di Jimi, ma siamo seri per un attimo: è palese che il Dio indiscusso della chitarra sia Hendrix!”
“Va bene, ragazzi, non ricominciate per piacere” Chris, che era uscito da dietro le pelli, intervenne nel loro ennesimo battibecco “Perché non ci andiamo a bere una birra, invece che stare qua a sprecare fiato?” guardò anche gli altri, e tutti acconsentirono.
“Per me non ci sono problemi” rispose Jack, mantenendo un tono distaccato.
“Neanche per me” continuò Morgan, che ancora la guardava dall’alto della sua altezza.
“Ottimo! Jack, dacci qualche minuto per toglierci di dosso questo sudore e cambiarci e poi saremo pronti per andare.”

*

Chris si stava cambiando nella piccola stanzetta collegata con la sala prove quando sentì la porta aprirsi e una figura strisciare silenziosa alle sue spalle. Chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro e pregando di essere abbastanza forte da non cedere anche quel giorno. Se avesse continuando a mostrarsi debole si sarebbe soltanto fatto del male da solo, rovinandosi la vita e impedendosi di andare avanti.
“Cosa vuoi?” chiese senza neanche girarsi, sapendo chi era appena entrato.
“Lo sai cosa voglio: voglio te!” quella era una risposta tipica di Mike e se un tempo aveva trovato quel tipo di parole lusinghiere, adesso il batterista le reputava piuttosto tristi.
“Ti prego, risparmiami queste frasi fatte,” si girò di scatto, incurante di essere ancora a petto nudo “Cosa vuoi?”
Mike si morse un labbro ma non abbassò lo sguardo, anzi lasciò che questo vagasse senza pudore sul torace del moro: “Pensavo potessimo parlare…” iniziò incerto, facendo un passo in avanti “Mi manchi, Chris, mi manchi più di quanto tu possa immaginare.”
Il batterista deglutì a fatica: Mike sapeva sempre cosa dire, come farlo sentire in colpa. Per lui era un libro aperto e già il moro sentiva i suoi buoni propositi andare alla malora. Perché non poteva lasciarlo in pace? Non avevano sofferto abbastanza?
“Te l’ho detto, non sono più disposto ad essere il tuo piccolo segreto, guardarti mentre flirti spudoratamente con le altre ragazze e ti vanti al pub con gli amici di quanto tu sia bravo a farle godere.”
Prese un respiro profondo e continuò con voce calma: “Sono stanco di vergognarmi, di nasconderti, di fare finta che tutto vada bene… siamo andati avanti per quasi due anni, Mike, due cazzo di anni e niente è mai cambiato.”
“Lo so, lo so e hai ragione, ma io…” si guardarono dritto negli occhi e, prendendo l’altro in contropiede, Mike eliminò la distanza che li separava e lo strinse tra la sue braccia. Un istante dopo si stavano baciando con passione e disperazione. Per un attimo Chris si concesse di essere egoista e, chiusi gli occhi, fece intrecciare la sua lingua con quella dell’amante, assaporandone il gusto speziato. Durò solo un attimo. “No!” Chris riuscì a mettere fine a qual bacio con non pochi sforzi, girando il capo e allontanando il biondo con uno spintone “Ti prego, basta!”
“Io ti amo!” la voce di Mike adesso era rotta dall’emozione, rivelava tutta la sua angoscia “Ti prego, ti prego non lasciarmi, non dirmi che è tutto finito!”
“Mi dispiace, Mike, ma non posso…” di fretta il batterista si infilò la maglia e, senza aggiungere nulla, uscì dalla stanza. Ancora una volta si era fatto male, aveva permesso a Mike di baciarlo e mettere in discussione tutto; ancora una volta ne era uscito con il cuore sanguinante.

*

Uno spiffero di vento si intrufolò nella sgangherata macchina attraverso il finestrino appena aperto del passeggero, dove Morgan se ne stava seduto con le ginocchia al petto, fregandosene altamente della sicurezza e delle conseguenze; se ne stava tranquillo a sfumacchiare una sigaretta, incurante che l’aria che entrava andasse a smuovere i capelli color cioccolato di Jack, la quale era intenta a  disegnare faccine allegre sul finestrino posteriore appannato dal freddo. Se ne stavano tutti e quattro in silenzio – Chris con gli occhi fissi sulla strada e la mente piena di pensieri, Lana assorta mentre osservava il Tamigi illuminato dalle luci – e l’unica voce che riempiva la macchina era quella dello speaker radiofonico che proveniva dalle casse della radio.
Quando arrivarono al pub in zona Camden aveva appena smesso di piovere e le strade deserte sembravano ancor più spettrali con i loro lampioni dalla luce innaturale, avvolti da quella nebbiolina degna di un film con protagonista Jack lo Squartatore.

“Non siamo molto lontani da Regent’s Park” disse Lana mentre Chris stava parcheggiando “Adesso sembra tutto molto tetro, ma la mattina questa zona è davvero uno spasso.”
Usciti dalla macchina le due ragazzo si misero a camminare a braccetto; andarono avanti per qualche isolato, fino a quando non arrivarono davanti a un pub all’apparenza uguale a tutti gli altri: gli occhi di Jack andarono immediatamente all’insegna rossa, che svettava sulla sua sinistra e su cui spiccava il nome del locale: The Black Heart.
“E’ un locale fighissimo!” annunciò Lana con la sua solita vitalità, mentre tutti insieme – erano stati raggiunti da Mike e Carl qualche secondo prima – entravano nel pub dall’arredamento demodé. Una musica rock di qualche gruppo emergente li travolse, e subito una cameriera piuttosto bassina, con la pelle scura e i capelli color mogano si avvicinò a loro e li fece accomodare al tavolo libero più vicino.
Jack si guardò attorno, notando subito il grande bancone pieno di alcolici, dove alcune persone se ne stavano seduti a bere su degli sgabelli in legno e non riuscì a non fare un paragone con i locali di New York, tra la gente dallo stile inconfondibilmente londinese e quello più glamour e impettito che caratterizzava la Grande Mela.
“Che ne pensi del locale?” chiese curioso Chris, indicando con un gesto plateale il locale attorno, sporgendosi verso la ragazza per riuscire a sentire la sua voce sopra la musica che ancora riempiva il locale.
“E davvero bello” rispose lei, continuando a sorseggiare il whiskey con ghiaccio che aveva ordinato poco prima “Diverso dai locali di NY, ma molto bello”
“Ci devi fare l’abitudine all’inizio” continuò Chris, accendendosi una sigaretta “Anche Lana ha avuto qualche difficoltà ad ambientarsi inizialmente, e adesso guardala: sembra una vera Londinese, una fiera e cazzuta Londinese”
“Hey, vacci piano carino” smorzò i toni Lana, arricciando il naso “Io sono una fiera e orgogliosa Americana, anche se Londra è la mia seconda casa e voi la mia seconda famiglia”
“Visto? Avevo ragione io: è sempre la solita Yankee” l’apostrofò Morgan, intrufolatosi nella conversazione. In risposta, Lana gli fece il dito.

“Che ne dici di andare a ballare?” propose più tardi Lana, una volta che il gruppo che stava suonando terminò l’esibizione e la pista da ballo iniziò a riempirsi di gente non proprio lucida che si scalmanava e pomiciava in modo non proprio casto.
Jack si guardò attorno, incerta: non era mai stata una grande amante del ballo, ma era pur vero che non era mai riuscita a dire di no a Lana, specialmente quando assumeva quell’espressione implorante come in quel momento.
“Oh, fanculo!” imprecò, portando gli occhi al cielo “Va bene, andiamo” Lana scattò in piedi, esultando come una ragazzina e dopo essersi scolata il restante whiskey – era già il terzo bicchiere per la mora – la seguì in pista.

In poco tempo, le ragazze vennero accerchiate da alcuni ragazzi, alcuni conoscenti, altri mai visti prima. Jack iniziò a ballare con Mike, il quale mostrò senza alcuna preoccupazione interesse per la ragazza. I due iniziarono a chiacchierare, e quando lui faceva delle battute o diceva qualcosa di divertente, lei rideva di gusto. Lana, invece, prese a ballare con un ragazzo, un tipo dai capelli lunghi color cioccolato e l’aspetto da rocker col quale iniziò a baciarsi con disinvoltura.

“Geloso, Campbell?” chiese Morgan, rimasto al tavolo con il batterista, il quale non aveva distolto neanche per un secondo gli occhi da Jack e Mike.
“Chi, io?” Chris lo guardò con la coda dell’occhio, facendo un mezzo sorriso “Non essere sciocco” sventolò una mano davanti al viso, come a scacciare una mosca “Mike può fare quello che vuole, la nostra storia è chiusa!”
Morgan lo guardò quasi con tenerezza, come si guarda un pazzo: non era affatto convinto delle parole dell’amico e non si fece problemi a dirglielo “Cazzo amico, devi prendermi davvero per un coglione se pensi che mi berrò queste cazzate” poggiò con delicatezza il bicchiere sul tavolino di legno e incrocio le braccia “So cosa avete combinato solo qualche settimana fa, quindi non prendermi per il culo! Questa storia è andata avanti abbastanza”.
“Tu...” Chris boccheggiò: come faceva a saperlo? Come faceva a sapere sempre tutto? “Cazzo!” imprecò, abbassando lo sguardo e grattandosi nervosamente la barba.
“I muri delle stanze da letto sono sottili e i vostri gemiti da invasati li si riconosce anche da ubriachi” fece schioccare la lingua sul palato con aria da saccente. “Inoltre, scegliere casa nostra per la vostra ultima avventura non è stata una saggia decisione”.
“E’ stato un caso isolato” si affrettò a liquidare lui “Eravamo sbronzi e non ha significato nulla: l’indomani mattina lui è andato via e non ne abbiamo più parlato” si scolò il fondo della sua vodka, chiudendo gli occhi quando sentì la gola bruciare “Ho fatto una cazzata, è vero; ci sono ricascato, è vero, ma questo non vuol dire che io abbia accettato di ricominciare a vederlo di nascosto”.
Ci fu qualche momento colmo di silenzio imbarazzante: Morgan non disse altro, non era sua intenzione rigirare il coltello nella piaga, ma sperava davvero che il suo migliore amico si liberasse di quello stronzo.
Dal canto suo, Chris continuò a tenere lo sguardo basso e  stringere il bicchiere tra le dita affusolate “Credo di averne bisogno di un altro” così dicendo, si avviò verso il bancone, facendosi strada tra la folla.

Rimasto solo, l’attenzione di Morgan fu nuovamente catturata da Jack e Mike che ballavano avvinghiati. Lei sembrava alticcia e lui sembrava uno squallido marpione. Il moro storse la bocca, infastidito. Sperò che quello stronzo non facesse cazzate con quella Jack, che non giocasse ancora una volta con i sentimenti dei suoi amici o peggio. Lana era stata molto chiara: nessuno doveva avvicinarsi a Jack, sfiorarla con un dito o solo pensare a lei in altro modo. E poi c'era Chris che...
Sospirò, appuntandosi in mente di parlare con Mike il giorno seguente, e decise che dopo tutto anche lui aveva bisogno di un altro bicchiere.

 


*

Angolo autrice: Bentrovati! Voglio condividere con voi un piccolo aneddoto: nella prima stesura di questa storia Chris e Lana formavano una coppia; la seconda parte, quella in cui lui e Morgan parlano, quest'ultimo lo punzecchia proprio perchè pensa che lui sia geloso di Lana. In questa nuova versione, però, ho deciso che loro due saranno solo amici. Perchè, dite voi? perchè secondo me è giusto valorizzare un amicizia uomo/donna prima di tutto, e poi perchè rendendo Chris omosessuale posso spaziare e dargli più spessore - oltre che andare a toccare tematiche come il comingout o l'omofobia. Insomma, dare alla storia più credibilità sotto molti punti di vista - o almeno lo spero! Se il capitolo vi è piaciuto vi invito a lasciarmi una recensione.
Alla prossima,
V.
  
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