Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe
Segui la storia  |       
Autore: Baudelaire    03/02/2021    3 recensioni
Questa storia è liberamente ispirata alla saga di Harry Potter, ma al femminile.
Ho voluto cimentarmi, a modo mio, su questo tema.
Rebecca Bonner è una Strega Bianca e la sua vita sta per cambiare per sempre...
La stella di Amtara diCristina è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 19
“IL SEGRETO RIVELATO”
 
Barbara aveva trascorso le ore più terribili della sua vita. Divorata dall’ansia, aveva atteso a lungo il ritorno di Rebecca. Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato dal momento in cui Rebecca era partita, ma aveva atteso molto, molto a lungo.
Forse troppo.
Rebecca era stata molto chiara, le aveva detto di tornare ad Amtara se lei non fosse tornata entro un’ora e Barbara sapeva di essersi attardata ben oltre quel tempo.
La verità era che non se la sentiva di abbandonarla. Da una parte sapeva che, se fosse corsa a chiamare aiuto, probabilmente tutto si sarebbe risolto per il meglio. D’altro canto, se avesse abbandonato Rebecca proprio quando lei avrebbe avuto più bisogno? Sarebbe mai riuscita a perdonarselo, se i soccorsi non fossero arrivati in tempo?
Aspettandosi di vederla ricomparire da un momento all’altro, e continuando a ripeterselo per ore, rimase seduta in attesa, rifiutandosi ostinatamente di andarsene da lì.
Probabilmente Rebecca se la sarebbe presa a morte con lei, ma non le importava.
Era seduta su un grosso sasso, chiedendosi, per l’ennesima volta, se stesse facendo la cosa giusta, quando udì dei rumori poco sopra di lei.
Scattò in piedi, in preda ad una forte agitazione, e il suo cuore perse un battito quando vide quattro figure che scendevano lentamente lungo il sentiero.
Strinse gli occhi, cercando di mettere meglio a fuoco l’immagine, ma fu solo quando le ragazze furono più vicine che riuscì a distinguerle.
Riconobbe le teste bionde di Justine e di sua sorella, reprimendo l’istinto di correre ad abbracciarla. Dietro di loro, Elettra sorreggeva per un braccio Sandra.
Guardò meglio, cercando con gli occhi Rebecca.
Ma erano solo in quattro.
Dov’era Rebecca?
Dio, ti prego, fa’ che non le sia successo niente….
Brenda le corse incontro e le due sorelle si strinsero in un forte abbraccio.
Barbara cominciò a piangere.
“Credevo che non ti avrei più rivista.” – le disse Brenda, con gli occhi lucidi.
I suoi abiti erano sudici e logori ed era un po’ pallida, ma Barbara fu felice di vedere che stava bene.
Si sciolsero dall’abbraccio e Barbara guardò le altre.
“Dov’è Rebecca?” – chiese. “Perché non è con voi?”
Le ragazze non risposero. Nessuna di loro, a parte Brenda, aveva capito cosa fosse successo. Rebecca era semplicemente svanita nel nulla, portandosi via Garou.
“Credo che dovresti chiederlo a tua sorella.” – rispose Elettra.
Brenda le lanciò un’occhiata, visibilmente in imbarazzo.
Sapeva che Rebecca non aveva avuto scelta. Se non si fosse Spostata con Garou, lì davanti a loro, non sarebbero mai riuscite a riportarlo a scuola in tempo per salvarlo. Non avrebbe potuto fare diversamente. Il professore aveva rischiato grosso per portarle in salvo. Era il minimo che Rebecca potesse fare, anche se questo avrebbe significato rivelare il suo Potere anche alle altre.
Ma Brenda non se la sentiva di spiegare loro quanto accaduto. Ci sarebbe stato tutto il tempo. Avrebbero fatto domande, questo era fuor di dubbio.
“Rebecca è a scuola.” – rispose Brenda, con un’occhiata eloquente.
Non le andava di dirle apertamente che Rebecca si era Spostata, ma sperò che sua sorella lo intuisse da sola.
“A scuola? Ma…”
“Ti spiegherò tutto quando saremo là.”
La prese per un braccio e ricominciarono a scendere, seguite dalle altre.
Barbara era esterrefatta, ma conosceva sua sorella e sapeva che quando usava quel tono che non ammetteva repliche l’unica cosa da fare era assecondarla.
Dopotutto, era stanca morta, dopo tutte quelle ore passate al freddo, da sola, ad aspettare.
Le ragazze stavano bene, sua sorella era sana e salva, anche se lanciò un’occhiata sospetta alle macchie di sangue sui suoi vestiti. Non disse nulla, avrebbero avuto tutto il tempo per parlare.
E fu felice di sapere che anche Rebecca stava bene.
Arrivarono alla radura e si avviarono lungo il sentiero che le avrebbe ricondotte a scuola.
Era quasi l’alba, ormai e non ebbero difficoltà ad orientarsi nella foresta con le prime luci del giorno. La notte precedente era tutto molto diverso, pensò Barbara con un brivido. Aveva ancora ben chiara in mente la sensazione di gelo che l’aveva assalita trovandosi al buio nel bel mezzo della foresta. Ogni minimo rumore, ogni suono della natura assumeva contorni inquietanti con la complicità della notte. E quando avevano scoperto la presenza di Garou….
Si bloccò di colpo.
“Che succede?” – le chiese Brenda, che le camminava accanto e si era fermata a sua volta.
Barbara sgranò gli occhi. “Garou. Che fine ha fatto Garou?”
“Tu l’hai visto?” Brenda era visibilmente sorpresa.
“Certo che l’ho visto! Lo abbiamo incontrato nella foresta io e Rebecca prima di…. Beh, prima che lei venisse a cercarvi.”
Brenda sospirò. “Stava cercando noi. E ci ha trovate.”
“Vi ha fatto del male?”
Brenda scosse la testa. “No. A dire la verità, ci ha salvato la vita.”
Barbara la fissò, sgomenta.
“Vieni, raggiungiamo le altre. Ti racconterò tutto.”
 
Quando giunsero ad Amtara, Barbara conosceva i dettagli di tutto ciò che era accaduto nella grotta con Cogitus. Era rimasta semplicemente sconvolta nel sapere che il professore di Gestione Antiveggenza era colui che aveva aggredito le Prescelte. Ed era rimasta impietrita nello scoprire che Garou era venuto nella foresta, proprio come lei e Rebecca, per trarre in salvo le sue allieve.
Barbara accompagnò le ragazze in infermeria, dove trovarono anche Rebecca e Garou.
Rebecca era già stata medicata. Aveva una brutta ferita al braccio sinistro, che l’infermiera Anderson aveva già provveduto a fasciare ben stretta.
“Come stai?” – le chiese con un sorriso.
“Felice di rivederti.” – rispose Rebecca restituendole il sorriso.
“Le ho riaccompagnate qui.”
“Quindi non mi hai dato ascolto.”
Barbara arrossì. “Non volevo lasciarti.”
Rebecca fece un profondo respiro. “Alla fine hai fatto bene.”
Mentre l’infermiera si prendeva cura delle altre, Barbara guardò il letto accanto a quello di Rebecca.
Garou sembrava in fin di vita.
Distolse lo sguardo, un po’ impressionata dalle ferite sul suo corpo.
“Come sta?” – chiese Brenda a Rebecca, sedendo sul suo letto.
“Male. La Anderson dice che ha perso troppo sangue. È un miracolo se è ancora vivo.”
“Sopravvivrà?” – domandò Barbara.
“Sì. Con tanto riposo e le cure adeguate. Ne avrà per un bel po’.”
“Brenda mi ha raccontato tutto.” – disse Barbara. “Chi mai l’avrebbe detto che Cogitus….”
“Già. E io che come un’idiota sospettavo di lui…” – rispose Rebecca, indicando Garou.
“Alla fine, comunque, l’hai portato qui in tempo.” – osservò Brenda.
“Sì. La Anderson dice che se avessimo aspettato ancora, probabilmente non ce l’avrebbe fatta.”
“Quindi siete pari.”
Rebecca la guardò. “Tu credi? Io non mi perdonerò mai per la mia stupidità. E comunque lui ha rischiato molto più di me.”
“Non so se saremmo uscite vive da lì senza il suo aiuto.” – disse Brenda.
Tacquero, voltandosi a fissare il volto martoriato del professore a cui dovevano la vita.
 
Rebecca fu felice di sapere che Sandra, Elettra e Justine non avevano riportato danni durante la loro prigionia. Sandra era indubbiamente quella che ne aveva risentito maggiormente a livello psicologico, ma solo il tempo avrebbe potuto risanare le sue ferite interiori.
Furono dimesse il giorno seguente, mentre Rebecca fu costretta a rimanere in infermeria ancora un po’, a causa della ferita al braccio.
La Collins aveva fatto ritorno a scuola e, naturalmente, era venuta subito a conoscenza dell’accaduto.
Rebecca sapeva che avrebbe dovuto affrontarla, prima o poi, e infatti la preside andò a farle visita subito dopo il suo ritorno.
La Collins avrebbe voluto confrontarsi con lei, ma Rebecca fu salvata dalle insistenze della Anderson, secondo cui la ragazza aveva ancora bisogno di riposo e doveva evitare nella maniera più assoluta qualsiasi situazione di stress.
“Sono la preside e ho bisogno di parlare con lei.” – aveva tuonato la Collins in risposta a quelle obiezioni.
“E io sono la responsabile della sua salute, almeno finché resterà qui. Sii ragionevole, Dana, ti chiedo ancora un paio di giorni. Solo un paio di giorni, poi la ragazza sarà abbastanza in forze per affrontare qualunque discorso.”
La preside era stata costretta a cedere.
Rebecca aveva assistito alla scena, reprimendo un brivido. Sapeva che la Collins le avrebbe fatto un mucchio di domande. Avrebbe voluto sapere per quale motivo lei e Barbara avevano deciso di infrangere il coprifuoco per andare alla ricerca delle Prescelte, per di più nella foresta e in piena notte.
Le avrebbe chiesto cosa fosse successo nella grotta, anche se Rebecca era sicura lo sapesse già. Brenda e Barbara le avevano detto che tutta la scuola sapeva quello che era accaduto là dentro. Ma la Collins avrebbe preteso di sentirlo dalla sua bocca.
Le avrebbe sicuramente anche chiesto che cosa ci faceva il povero professore di Storia della Stregoneria nel letto accanto a lei, più morto che vivo.
E Rebecca sapeva che, stavolta, non avrebbe più potuto tirarsi indietro.
Avrebbe dovuto rispondere a tutte le domande.
E poi? Cos’avrebbe fatto la preside? L’avrebbe cacciata da Amtara?
Impossibile. È vero che Rebecca aveva disobbedito e infranto le regole, ma era anche vero che aveva ucciso Cogitus, la spia di Posimaar. A ben pensarci, lei e Garou avrebbero dovuto ricevere un encomio, dopo il pericolo che avevano affrontato per il bene della scuola e delle Prescelte.
Il giorno seguente ricevette, come ogni giorno, la visita delle gemelle.
“Come stai?” – le chiese Barbara prendendo una sedia.
“Un po’ meglio.”
La ferita al braccio le faceva ancora un po’ male, soprattutto di notte, ma ormai era solo questione di giorni prima che la Anderson acconsentisse a farla uscire da lì.
Aveva un bisogno disperato di uscire all’aria aperta, rivedere le montagne, respirare l’aria frizzante del mattino e togliersi di dosso la sgradevole sensazione che la sua vita fosse contaminata.
Non aveva pensato ad altro, da quando era tornata da quella caverna.
Posimaar le dava la caccia. Certo, Cogitus era morto, ma quante altre spie avrebbe assoldato il Demone per arrivare a lei? Sarebbe stato un gioco da ragazzi, per lui, e sarebbe stata solo questione di tempo prima che riuscisse ad ucciderla. E nessuno avrebbe potuto fare niente per lei, nessuno avrebbe potuto aiutarla, stavolta.
“A cosa stai pensando?” – le chiese Brenda, vedendola così assorta nei suoi pensieri.
“A Posimaar.”
Brenda e Barbara si scambiarono un’occhiata. Brenda aveva raccontato alla sorella che, stando a quanto aveva detto Cogitus, l’obiettivo del Demone era lei.
“Tu… tu non hai idea del perché ti stia cercando?” – azzardò Barbara cauta.
“No, come potrei? Non so niente di lui, non so nemmeno che aspetto abbia. Ma, a quanto pare, lui conosce bene me.”
“Non potrebbe essere che…” – cominciò Barbara esitante.
“Cosa?”
“Beh, forse lui conosce il tuo Potere. Sappiamo che mira ad eliminare tutto ciò che potrebbe distruggerlo, no? Per questo sta attaccando le Prescelte. Magari conosce il tuo Potere e vuole distruggerti perché sei un pericolo ben peggiore per lui.”
“In che modo il mio Potere potrebbe essere un pericolo per lui?” – replicò Rebecca confusa.
“Non so. Certo è che, se non fosse stato per il Potere, ora Garou sarebbe morto.”
Rebecca la fissò.
No, non era possibile.
“E’ impossibile che lui sappia. Solo voi e mia madre conoscete questa storia. Io…”
“Beh, non è proprio esatto.” – la interruppe Brenda.
Rebecca aggrottò la fronte. “Che vuoi dire?”
“Ora anche Elettra, Justine e Sandra sanno.” – le ricordò.
Rebecca spalancò la bocca. Aveva completamente dimenticato quello che aveva fatto nella grotta.
“Gliel’hai detto?”
Brenda allargò le braccia. “Che altro avrei potuto fare? Da quando abbiamo fatto ritorno qui non hanno fatto altro che tempestarmi di domande. Alla fine ho dovuto confessare tutto.”
Rebecca non rispose, chiudendosi in un silenzio che preoccupò Brenda.
“Mi dispiace, lo so che avevamo promesso, ma…”
Rebecca sollevò una mano. “No, non è colpa tua. In fondo mi sono Spostata davanti ai loro occhi, è normale che abbiano fatto domande. E tu non potevi fare altro.”
“Mi dispiace.”
Rebecca scosse la testa. “Cos’hanno detto?”
“Niente. Sono rimaste tutte piuttosto sorprese. Insomma, non è un dono comune. Ma sono contente che tu abbia deciso di usarlo per salvare Garou.”
Rebecca abbozzò un sorriso.
“C’è solo un piccolo problema.” – aggiunse Brenda, nervosa.
“Quale?”
“Beh, ecco… ci… ci sono altre ragazze che hanno sentito quello che ho raccontato e….”
Rebecca scattò a sedere sul letto. “COSA?!”
Brenda arrossì, mortificata.
“Ecco, io…. Non mi ero accorta…”
Rebecca si appoggiò con la schiena al cuscino, mettendo una mano sulla fronte e chiudendo per un attimo gli occhi.
“Quante?” – domandò in un soffio.
“Tutta la scuola.” – rispose Barbara al posto di Brenda.
Rebecca emise un gemito.”Tutta la scuola sa del mio Potere?” – mormorò incredula.
“M-mi dispiace tanto, Rebecca…” – mugolò Brenda.
Rebecca sospirò profondamente. Non poteva prendersela con lei. Era stato un incidente, anche se, forse, Brenda avrebbe potuto fare più attenzione ed assicurarsi che non ci fossero orecchie indiscrete nei paraggi.
Ma ormai quel che era fatto era fatto. Non recriminava nulla. Non era pentita della sua scelta.
Lanciò un’occhiata a Garou, immobile nel letto accanto a lei.
Aveva fatto la scelta giusta.
“Quindi, anche la Collins lo sa?”
“Probabile.” – rispose Barbara.
“Grandioso.” – disse Rebecca, con un gemito di frustrazione.
 
Come Rebecca si era aspettata, il giorno dopo la Collins venne a parlare con lei.
Quando la vide entrare in infermeria, mille pensieri affollarono la sua mente.
Era sicura, ormai, che anche lei sapesse del suo Potere. L’avrebbe punita per non averglielo detto? In fin dei conti, era una cosa privata. O, perlomeno, lo era stata fino al momento in cui lo aveva usato davanti alle altre per salvare Garou. Ma il fatto che il professore fosse ancora vivo non era un motivo più che sufficiente per chiudere un occhio su quella faccenda?
Indubbiamente era arrabbiata per la sua fuga da Amtara insieme a Barbara. Avevano rischiato grosso e lo sapevano. Non si aspettava indulgenza da parte sua riguardo a questo, ma in fondo al suo cuore Rebecca non recriminava nulla, visto che aveva ottenuto quello che voleva.
Qualunque punizione la Collins le avrebbe dato, ne era comunque valsa la pena.
Rebecca la osservò mentre prendeva una sedia accanto a lei, cercando di scorgere rabbia o risentimento nei suoi occhi. Ma tutto quello che vi trovò fu solo una grande tristezza.
“Come ti senti, Bonner?” – le chiese con il solito tono freddo.
“Meglio, professoressa, grazie.”
“L’infermiera Anderson dice che presto potrai uscire di qui.”
Rebecca annuì.
“Purtroppo non possiamo dire lo stesso di lui.” – aggiunse la preside, indicando Garou.
Dal giorno in cui Rebecca lo aveva ricondotto ad Amtara, il professore non si era mai svegliato. La Anderson gli somministrava continuamente delle pozioni dagli odori nauseanti che, diceva, avrebbero accelerato la guarigione delle ferite.
Negli ultimi giorni, in effetti, Rebecca aveva notato che alcune ferite si stavano rimarginando, anche se molto lentamente.
Cogitus aveva infierito su di lui senza alcuna pietà.
Rebecca si considerò fortunata ad essersela cavata solo con una ferita al braccio e doveva ringraziare solo Garou per questo.
“Si sta riprendendo.” – disse Rebecca. “Ci vorrà tempo ma…”
“…ma almeno è ancora vivo.” – terminò la Collins al suo posto.
“Già.” – rispose Rebecca a voce bassa.
La preside sospirò. “Sono venuta qui perché ho bisogno di sapere tutto quello che è successo, Bonner. Dall’inizio.”
Rebecca sostenne il suo sguardo per qualche istante.
Poi, cominciò a raccontare.
“Sei stata coraggiosa, non c’è che dire.” – commentò la Collins quando, dieci minuti dopo, Rebecca finì il racconto.
Non aveva tralasciato nulla, pensando che, se la preside era già a conoscenza dei fatti, sarebbe stato stupido da parte sua omettere i dettagli.
“O forse, soltanto molto stupida.” – aggiunse.
Rebecca non rispose ed evitò il suo sguardo.
La Collins attese qualche istante, prima di riaprire bocca. “E’ stato un colpo durissimo per me scoprire che è stato un insegnante a … a fare tutto questo.” – continuò, sfregandosi gli occhi stancamente. “Mi fidavo ciecamente di lui. Non avrei mai potuto immaginare…”
“Professoressa, come avrebbe potuto? E’ stato incredibilmente astuto.”
La Collins alzò gli occhi su di lei. “Sì, ma a quanto pare il professor Garou aveva compreso tutto. Ed è anche riuscito a scovare il suo nascondiglio.”
“Sì, lui è stato…. Davvero grande.” – mormorò Rebecca.
“Sì, il suo comportamento è stato encomiabile. Mi dispiace non poter dire lo stesso del tuo.”
Rebecca la guardò.
Ecco, era arrivato il momento.
“Hai una vaga idea della quantità di pericoli a cui hai esposto non solo te stessa ma anche la tua amica Lansbury?”
“Barbara ha voluto venire con me. Non mi avrebbe mai lasciata andare da sola alla ricerca di sua sorella.”
“Non è questo il punto!” – replicò la Collins alzando la voce. “Tu non saresti mai dovuta andare. Avresti dovuto venire subito da me e dirmi della Premonizione di Lansbury, per prima cosa, e della tua, dopo la scomparsa di Sandra Penny. Perché non l’hai fatto?”
Rebecca si fissò intensamente le unghie. Cosa avrebbe potuto rispondere? Che era stata terribilmente egoista e che era andata alla ricerca del suo momento di gloria, mettendo a rischio la vita di altre persone?
“E poi, perché non mi hai detto di avere un Potere speciale, quando sei arrivata ad Amtara?”
“Professoressa, io non credo che questo abbia qualcosa a che fare…”
“Qualunque cosa riguardi le Prescelte riguarda anche me, Bonner.”
Rebecca le lanciò un’occhiata di traverso.
“E’ inutile che fai quella faccia. Che ti piaccia o meno, le cose stanno così. Sei una Prescelta, sei stata ammessa in questa scuola per uno scopo ben preciso. E se tu, a differenza delle altre, possiedi un Potere particolare, io, in qualità di preside di questa scuola, avevo tutto il diritto di esserne informata.”
“Per quale ragione?” – domandò Rebecca, cercando di controllare la rabbia.
La Collins strabuzzò gli occhi. “Per quale ragione? Perché io non posso proteggerti se tu non mi racconti tutta la verità, ecco perché!”
“Mia madre, prima di morire, mi ha fatto promettere di non farne parola con nessuno.”
“Però alle gemelle Lansbury l’hai detto.”
Rebecca tacque.
Era diverso. Brenda e Barbara erano sue amiche.
“E’ capitato per caso. All’inizio non lo sapevano. Poi, un giorno, dopo una discussione, ho deciso di dirglielo. Non so nemmeno io perché.”
“Hai fatto bene. Non c’è niente di male e non hai nulla di cui vergognarti. Ma anch’io avevo il diritto di saperlo.”
“Io…non credevo fosse una cosa così importante.”
La preside sospirò stancamente. “Amtara è nata a causa di Posimaar. Ogni cosa che riguarda le Prescelte che vivono qui è di fondamentale importanza, dal momento che abbiamo un Demone da sconfiggere. Lo capisci?”
Rebecca annuì.
Trasalì quando vide la preside chinarsi un po’ su di lei e prenderle delicatamente la mano destra. Le fece voltare il palmo all’insù e sfiorò leggermente la stella blu con un dito.
Rebecca si sentì terribilmente a disagio. Nessuno, nemmeno Brenda e Barbara, aveva mai toccato quel simbolo così prezioso per lei.
“Ti ho infastidito?” – domandò la Collins ritraendosi e lasciandole andare la mano, essendosi accorta della sua reazione.
“No…io…”
“Ti chiedo scusa. Volevo solo vederla.”
Rebecca fu sorpresa del tono improvvisamente dolce della sua voce.
La guardò di sottecchi, cercando di indovinare cosa le passasse per la mente.
“Professoressa, mi dispiace, per tutto. Io…. Non avrei dovuto ma…. L’ho fatto per salvare le mie compagne. Quando anche Brenda è scomparsa io… Barbara era fuori di sé. Pensavamo che presto l’aggressore avrebbe colpito ancora. Non potevamo più aspettare.”
“Potevate venire da me.”
“Ci ho provato, ma quando è scomparsa Brenda lei non era a scuola. Sono corsa ad avvertire la Rudolf e mi ha detto che lei non c’era.”
“Questa non è una giustificazione, Bonner. Sono tornata il giorno dopo. Un giorno in più non avrebbe fatto alcuna differenza.” – replicò la preside gelida.
Rebecca non rispose. Sapeva che aveva ragione. La verità era che aveva organizzato quel piano molto tempo prima e aveva già preso la sua decisione, molto prima che Brenda fosse rapita.
“Avresti potuto morire. Se non ci fosse stato il professor Garou con te, non oso pensare cosa sarebbe successo. Sei stata fortunata a trovare quel pugnale.”
Rebecca avrebbe voluto rispondere che non erano state pura fortuna le pugnalate che si era premurata di infliggere a Cogitus, ma non era il momento di fare la pignola.
In fin dei conti, la Collins si stava comportando in maniera fin troppo magnanima con lei, considerando i fatti, e non era il caso di provocarla ulteriormente.
“Naturalmente saprai che ora tutta la scuola sa del tuo Potere.”
“Sì, Brenda e Barbara me l’hanno detto.” – rispose, in tono depresso.
“A quanto pare la discrezione non è prerogativa delle Prescelte.”
Rebecca abbozzò un mezzo sorriso.
Sapeva quello che l’attendeva, una volta uscita da lì. L’avrebbero tempestata di domande, avrebbe avuto tutti gli occhi puntati su di lei.
Ma non le importava. Ne era valsa la pena, in ogni caso.
La Collins tornò a guardare Garou. “Quando il professore si rimetterà, avrò molto di cui parlare anche con lui.”
Rebecca pensò che non sarebbe stata l’unica.
“Quanto a te, Bonner, spero che quanto accaduto in quella grotta ti abbia indotta a riflettere sulla sconsideratezza delle tue azioni. E mi auguro che in futuro farai tesoro dei miei consigli. Ricorda che io sono vostra amica, sono qui per voi. Non c’è nulla di cui non possiate parlare con me.”
“Grazie, professoressa. Me lo ricorderò.”
La Collins le batté dolcemente sulla mano, alzandosi. “Bene, ora è meglio che vada, o la Anderson finirà per buttarmi fuori a calci.”
“Professoressa.”
“Sì?”
Rebecca esitò, cercando di trovare le parole giuste.
“Il professor Cogitus lavorava per Posimaar.”
“Sì.”
“Quando eravamo laggiù, mi ha detto molto chiaramente che il Demone mi sta dando la caccia per uccidermi.”
La Collins apparve sorpresa. “Davvero?”
Rebecca annuì. “Lei non immagina perché?”
“Perché sei una Prescelta, suppongo.”
“Anche Elettra, Justine, Sandra e Brenda lo sono. Ma non ha torto loro un capello. Le ha usate come esca per attirarmi nella sua trappola. Ha cercato di uccidere me, non loro. Garou ha dovuto difendere me, non loro.”
La Collins non rispose, ma dall’espressione sul suo volto Rebecca capì che era preoccupata.
“Dev’esserci una ragione.” – insisté Rebecca, in cerca di risposte.
“L’hai chiesto a Cogitus?”
“Sì.” Rebecca fece un risolino sarcastico. “Ha detto di non sapere niente. Lui si limitava solo ad eseguire gli ordini per ottenere poi la sua ricompensa.”
“Ricompensa che non ha fatto in tempo ad ottenere.” – precisò la preside.
“Dubito che Posimaar lo avrebbe mai ricompensato. Io penso che avrebbe ucciso anche lui.”
“Sì, è molto probabile. Non lo sapremo mai, comunque.”
“Io credo mi abbia mentito.” – disse Rebecca.
“Tu credi?”
“Lei no?”
La Collins sospirò. “Non lo so. E’ probabile che Cogitus non sapesse davvero nulla dei piani del suo signore. Posimaar non era tenuto ad informarlo e dubito che lo abbia fatto. Io credo si sia semplicemente servito di lui per arrivare a te.”
“Allora non scoprirò mai il motivo per cui mi vuole morta.” – replicò Rebecca, allargando le braccia.
“Per il momento sappiamo che sei il suo bersaglio. Non è cosa da poco. Ora tutta Amtara dovrà fare il possibile per proteggerti.”
A quelle parole Rebecca si mosse sul letto, a disagio. Cosa intendeva veramente la Collins quando parlava di protezione?
Ma c’era un’altra domanda che le frullava in testa.
“Professoressa, lei crede ci possa essere una relazione tra il mio Potere e Posimaar?”
“Come posso saperlo, Bonner?”
“Lei cosa sa precisamente di lui?”
“Nulla più di quanto tu già non sappia. Le informazioni che circolano su di lui sono quelle note a tutto il mondo della Magia Bianca.”
“Sa, prima di attaccarmi, Cogitus ha detto una cosa…”
“Cosa?”
“Stava parlando di lui e … ad un certo punto ha detto… Tu non sai di cosa è capace.”
“Beh, a dire la verità nessuno lo sa meglio di noi, con tutto quello che stanno combinando le Streghe Nere.” – replicò la Collins duramente.
Rebecca era convinta che Cogitus si riferisse ad altro, ma non avrebbe mai conosciuto la risposta. Ormai era morto e la Collins ne sapeva quanto lei riguardo al Demone.
Sospirò, depressa.
“Prima che vada via, c’è un’altra cosa di cui discutere riguardo al tuo Potere, Bonner.”
Rebecca tornò a guardarla. “Cosa?” – domandò, perplessa.
La preside esitò, come se stesse cercando il modo migliore per dirglielo.
“Io… ho bisogno che tu mi faccia una promessa.”
Rebecca aggrottò la fronte. “Che genere di promessa?”
Il suo tono non le piaceva per niente.
La Collins la guardò dritta negli occhi.
“Non dovrai mai più utilizzare il tuo potere ad Amtara.”
“CHE COSA?!” – gridò Rebecca.
“Ti pregherei di non urlare, Bonner.”
“Ma…. Professoressa… lei non può…”
“Altroché se posso. Mi dispiace, ma sono costretta a farlo. Ti sei già messa in pericolo una volta, non posso permetterti di farlo di nuovo.”
“Ma perché?”
“Perché Posimaar ti sta cercando ed è mio dovere assicurarmi di garantirti la massima protezione.”
“Ma potrebbe comunque entrare a scuola. Non sappiamo di quali poteri dispone, potrebbe comunque venirmi a cercare perfino in camera mia, se solo lo volesse. Non usare il Potere non mi garantirà la sicurezza, in ogni caso.”
“A scuola posso gestire tutto. Ma fuori di qui, mi è molto più difficile.”
“Professoressa, le garantisco che non farò niente di stupido, ma lei non può impedirmi…”
“L’ho appena fatto, Bonner. E sappi che se verrò a sapere che hai disobbedito ai miei ordini, sarai in guai grossi. Per questa volta ho chiuso un occhio, la prossima volta non lo farò.”
“Ma…”
“Non intendo più discuterne.”
“Lei lo sa, vero, che se non mi fossi Spostata nella foresta, probabilmente Garou sarebbe morto? E anche le Prescelte?”
Rebecca ormai era senza freni. La richiesta della Collins l’aveva completamente spiazzata. Sapeva che era in collera con lei, sapeva di aver sbagliato, ma non poteva accettare quell’assurda imposizione. Il Potere era una cosa sua, l’eredità di sua madre, apparteneva alla sua famiglia e la Collins non aveva nessun diritto di impedirle di usarlo.
“Qualunque cosa dirai, non cambierò idea, Bonner. Mi dispiace.”
“Non può farlo, professoressa… la prego…” – la supplicò Rebecca.
“Lo faccio per il tuo bene. Non voglio che ti accada niente di male. Come credi che mi sentirei se Posimaar dovesse catturarti e ucciderti mentre sei qui, sotto la mia Protezione?”
La Collins sospirò. “Non posso perdere una sola Prescelta. E’ stato già terribile venire a sapere della morte di Bonnie Stage…”
A quel nome, Rebecca trasalì. Non aveva dimenticato la reazione della preside, la mattina di Natale in cui avevano saputo della morte di quella ragazza.
“Era una mia allieva, qui ad Amtara.” – proseguì la preside con voce spezzata. “Si era diplomata con il massimo dei voti. Era straordinariamente in gamba. Ma purtroppo, questo non è bastato. Certo, lei è morta facendo il suo dovere. Non ho potuto fare nulla per proteggere lei, ma farò tutto quanto è in mio potere per proteggere te.”
A quelle parole, Rebecca non replicò. Capiva che, in qualche modo, la Collins si sentiva in colpa nei confronti di Bonnie, anche se, naturalmente, non avrebbe potuto fare nulla per salvarla.
Non era morta a causa sua, ma questo la faceva sentire ancora più responsabile per le Prescelte di Amtara.
Non le avrebbe mai più permesso di cacciarsi nei guai, l’avrebbe tenuta costantemente sotto tiro.
E quello non era che il primo passo.
La preside si alzò. “Guarisci presto, Rebecca.”
A Rebecca non sfuggì l’utilizzo del nome, al posto del cognome, quasi volesse scusarsi per aver dovuto prendere quella decisione.
Sapendo che non c’era più niente da dire, Rebecca la guardò uscire, in silenzio, con un terribile senso di oppressione nel petto.
 
Rebecca era molto arrabbiata per la decisione della Collins. Le ci sarebbe voluto del tempo per abituarsi all’idea e non era nemmeno sicura di poterla accettare davvero. Ma sapeva che la preside non scherzava. Aveva tutte le intenzioni di proteggerla e se lei avesse disobbedito sarebbe stata in guai seri.
Era così ingiusto, pensò con amarezza. Aveva messo a rischio la sua stessa vita, è vero, però alla fine aveva ucciso Cogitus, liberato le Prescelte e riportato Garou ad Amtara in tempo. Non era quella la cosa che più contava? Possibile che la Collins non se ne rendesse conto?
Rimase in infermeria ancora per qualche giorno, poi la Anderson la congedò, dopo averle fasciato il braccio con una benda leggera che le avrebbe consentito ampia libertà nei movimenti.
Il dolore era quasi del tutto sparito e Rebecca si augurò che le cure di Garou avrebbero avuto la medesima efficacia. Non vedeva l’ora che il professore si riprendesse per poter parlare finalmente con lui di quanto successo nella caverna. Aveva molte cose da dirgli e domande da fargli.
“Sei dimagrita.” – le disse Barbara quando uscì dall’infermeria.
“Vorrei vedere te a mangiare pane e brodo di pollo per due settimane.”
“Non credo che avrei resistito. Piuttosto mi sarei data alla macchia.”
Rebecca entrò in Sala da Pranzo con le gemelle e, come si era aspettata, tutte si voltarono a fissarla.
Come se nulla fosse, prese posto al tavolo, tenendo ostinatamente gli occhi bassi.
“Sono diventata famosa, a quanto pare.” – commentò acida.
“Una celebrità.” – confermò Barbara. “Pensa che ieri una ragazza del secondo anno mi ha offerto del denaro.”
“Perché?” – domandò Rebecca sgranando gli occhi.
“Per sapere tutto sul tuo Potere, è ovvio.”
“E tu che hai fatto?”
Barbara sospirò mestamente. “Sta tranquilla, ho rifiutato.”
Rebecca si rilassò.
“Ma non è l’unica.” – continuò Barbara. “Sono tutte preda di una curiosità morbosa. Fossi in te non mi stupirei di venire aggredita solo per poter vedere la tua stella.”
A Rebecca andò di traverso il pollo.
“Si stancheranno presto, vedrai.” – disse Brenda. “In realtà non gli importa niente se hai salvato la vita a quattro persone.”
“Cinque, se includiamo Garou.” – precisò sua sorella.
“Gli interessi solo perché hanno scoperto che sei…diversa.” – continuò Brenda.
“Io non sono diversa.” – replicò Rebecca punta sul vivo.
Le gemelle la fissarono.
“Perché mi guardate così?”
“Beh, un po’ lo sei…” – disse Barbara.
“Ho solo un Potere che le altre non hanno.”
“Appunto. Quindi sei diversa.”
“Sono una Prescelta come tutte le altre. E non ho intenzione di farmi condizionare la vita qui ad Amtara solo per la loro stupida curiosità.” – rispose Rebecca arrabbiata.
“Nessuno ti ha detto di farlo.” – disse Brenda, sorpresa da quella reazione.
Le gemelle si scambiarono un’occhiata perplessa.
“Sicura di stare bene?” – le chiese Barbara, dopo un attimo di silenzio.
Sia lei che Brenda avevano intuito che c’era qualcosa che non andava e non poteva essere solo per via dell’attenzione delle Prescelte nei suoi confronti.
“Benissimo, perché?”
“Sembri un po’ nervosa.”
Rebecca lanciò un’occhiata alle Prescelte presenti in sala, che confabulavano tra loro lanciando, di tanto in tanto, occhiatine curiose nella sua direzione.
Si versò dell’acqua e bevve tutto d’un fiato.
Doveva darsi una calmata.
“Cosa c’è che non va?” – la incalzò Brenda.
Rebecca sapeva che ormai la conoscevano troppo bene per poter nascondere loro qualunque cosa.
Afferrò la forchetta e cominciò a giocherellare con il pollo avanzato.
“Si tratta della Collins.” – rispose.
“Che è successo?”
Rebecca raccontò della conversazione con la preside in infermeria e del divieto di usare il suo Potere.
“CHE COSA?!” – esclamò Barbara, facendo voltare parecchie teste verso di lei.
“Potresti abbassare la voce, per cortesia?” – sibilò Rebecca lanciandole un’occhiata di fuoco.
“Scusami.”
“Beh, in qualche modo dovevi aspettartelo.” – commentò Brenda.
Rebecca la guardò. “Non so perché, ma ero sicura che l’avresti detto.”
“Ragiona, Rebecca, e prova a metterti nei suoi panni. Se ti dovesse accadere qualcosa la sola ed unica responsabile sarebbe lei.”
“Penso di essere abbastanza grande per essere responsabile per me stessa.”
“Certo, fuori di qui. Ma in questa scuola no. Sei una Prescelta, ci sono regole da rispettare. Non puoi fare tutto quello che ti passa per la mente.”
“Ad ogni modo, non mi pare ti sia dispiaciuto vedermi comparire in quella grotta per liberarvi.” – replicò Rebecca acida.
Si era aspettata quella reazione da Brenda. A volte detestava la razionalità con cui affrontava qualunque argomento, una razionalità che né lei né Barbara possedevano.
“Sto solo considerando la cosa dal punto di vista della Collins.” – rispose Brenda pacata.
“E dal mio punto di vista, come la consideri, invece?”
Brenda si strinse nelle spalle. “Capisco che ti dia fastidio. Ma hai appena scoperto che Posimaar vuole ucciderti. Non ti sembra un motivo sufficiente, questo, per mettere da parte il tuo orgoglio per una volta?”
“Io non sono orgogliosa.”
Brenda tacque, limitandosi a fissarla con un sopracciglio inarcato.
“Nel caso vi interessasse la mia opinione, io penso che la decisione della Collins sia un’idiozia bella e buona.” – intervenne Barbara, approfittando dell’improvviso silenzio.
“Perché la cosa non mi stupisce?” – disse Brenda con malcelato sarcasmo.
“Andiamo, Brenda, la Collins non può mettere Rebecca sotto una campana di vetro. Per quanto ne sappiamo Posimaar potrebbe venirla a cercare proprio qui, in questo preciso istante. Non serve usare il Potere per considerarsi in pericolo. Rebecca è GIA’ in pericolo. Questa scelta non ha alcun senso.”
“Questa non è una  buona ragione per farle usare il Potere a suo piacimento. Proprio perché è in pericolo bisogna fare tutto il possibile per ridurre al minimo i rischi.”
Rebecca ascoltò quella conversazione, un po’ a disagio. Sembrava che le due amiche avessero dimenticato che stavano parlando di lei e che lei era lì, davanti a loro. Tutto ad un tratto si sentì come un pupazzo da proteggere e tutelare, invece che un essere umano in carne e ossa con dei sentimenti.
“Bah, io non sono d’accordo.” – disse Barbara, liquidando la questione con un gesto della mano.
“Beh, purtroppo per voi è la Collins che decide.” – replicò Brenda.
Rebecca la fulminò con gli occhi.
“E’ inutile che mi guardi così. Dovrai fare buon viso a cattivo gioco.”
 
Rebecca non aveva ancora avuto modo di rivedere Elettra e Justine dopo quanto successo con Cogitus. Voleva parlare con loro e trovò l’occasione per farlo un pomeriggio piovoso, in biblioteca.
Voleva saperne di più sul loro rapimento.
“Mi dispiace, Rebecca, ma io non ricordo un gran che.” – rispose Elettra mortificata. “Credo di essere svenuta e quando mi sono svegliata ero prigioniera in quella grotta, con un gran mal di testa.”
“Quindi non ricordi nulla del momento in cui Cogitus ti ha presa?”
“Temo di no. Mi spiace.”
“Io ricordo benissimo, invece.” – disse Justine accalorata.
“Davvero?”
“Come se fosse successo ieri. Credo che non lo dimenticherò per il resto della mia vita.” – aggiunse in tono tetro.
“Ti va di raccontarlo?”
“Mi sono svegliata perché ho sentito un rumore. La finestra, stranamente, era aperta ed entrava un vento gelido. Ho capito che c’era qualcuno nella stanza, ma era buio pesto e non si vedeva niente. Poi ho sentito qualcosa, una specie di rantolo, che mi ha fatto accapponare la pelle.”
Justine represse un brivido.
“Ho sentito qualcuno avvicinarsi a me e poi toccarmi il braccio. Ho urlato e sono balzata fuori dal letto. Lui ha cercato di bloccarmi ma sono riuscita a divincolarmi e, non so come, ho raggiunto la porta, anche se non vedevo niente. Ma non sono riuscita ad aprirla perché lui mi ha afferrata con forza spingendomi indietro. E’ stato orribile. Ho provato a gridare ma mi ha tappato la bocca e poi… e poi mi sono ritrovata aggrappata a lui e l’aria fredda della notte mi ha investito. Poi… credo di aver perso i sensi perché non ricordo altro. So solo che al mio risveglio ero nella prigione, con Elettra.”
Rebecca ed Elettra rimasero in silenzio per alcuni istanti. Non era stato facile per Justine rivivere il ricordo di quel giorno e Rebecca apprezzò molto il fatto che avesse accettato di condividerlo con lei.
“Mi dispiace molto, Justine.”
Justine scosse la testa. “E’ passato. Ma credo che non dimenticherò mai. È impossibile farlo.”
“Sandra come sta?”
Rebecca sapeva che Sandra aveva reagito molto male a tutto quello che era accaduto. Non aveva più avuto sue notizie da quando erano state liberate.
“Credo sia ancora molto scossa.” – rispose Elettra. “Anche se dice di stare bene e cerca di non darlo a vedere. Ma è evidente che non è così. Mi sento quasi fortunata ad essere svenuta quel giorno, altrimenti credo che nemmeno io la vivrei troppo bene, sai?”
“Sì, lo immagino.” – rispose Rebecca. “Sapete come è stata rapita? Ve lo ha raccontato?”
“L’ha raccontato a Giorgia. Ha detto di essere stata colpita nel sonno e di essersi risvegliata nella caverna, proprio come me.”
Rebecca sospirò. Cogitus aveva seminato il panico ad Amtara con il solo ed unico scopo di attirarla in trappola.
“Sei stata molto coraggiosa laggiù, sai?” – le disse Elettra.
“Sì. Il professor Garou è vivo grazie a te.” – disse Justine.
Rebecca sorrise.
“Senti, c’è una cosa di cui vorrei parlarti.” – disse Elettra, cauta. “Ecco, riguardo al tuo… beh, ecco, il tuo…”
“Il mio Potere?” – suggerì Rebecca.
“Sì. Abbiamo saputo che tutta la scuola ormai lo sa.”
“Già. Diciamo che Brenda non è stata il massimo della discrezione.” – commentò Rebecca in tono affranto.
“Sì, beh…. In effetti… non è stata colpa sua. Noi abbiamo fatto domande… sai, eravamo curiose.”
“Ti abbiamo vista sparire all’improvviso…” – si giustificò Justine.
“Sentite, non dovete spiegarmi nulla. Io… capisco benissimo e sapevo perfettamente che le cose sarebbero andate così. Ma l’unica cosa importante, in quel momento, era portare al sicuro Garou.”
“Beh, ad ogni modo mi dispiace per come sono andate le cose.” – continuò Elettra. “Voglio dire, so che ora tutte ti guardano come se venissi da un altro pianeta.”
“Ma noi non volevamo crearti problemi, davvero.” – disse Justine.
Rebecca sapeva che erano sincere ed apprezzò infinitamente le loro parole.
“Davvero, ragazze, non mi importa niente di quello che pensano le altre. E poi forse ha ragione Brenda, una volta sbollita la curiosità torneranno a guardarmi come prima. In fondo sono una Prescelta come tutte le altre.”
 
Quando lasciarono la biblioteca, era ormai il crepuscolo. Rebecca stava per salire in camera sua per cambiarsi per la cena, quando uno Gnomo la raggiunse per comunicarle che la Collins la stava aspettando nel suo ufficio.
“Adesso?” – gli chiese, sorpresa, ma lo Gnomo era già sgattaiolato via.
Cosa poteva mai volere da lei la preside ancora? Non si erano già chiarite quel giorno in infermeria? Non aveva nessuna voglia di intavolare un’altra discussione con lei e fu con passo pesante e l’animo depresso che si avviò verso il suo ufficio, sperando che la loro conversazione non fosse durata più di qualche minuto, così che avrebbe potuto raggiungere tranquillamente Brenda e Barbara a cena.
Arrivata di fronte alla porta, bussò.
“Avanti!” – disse la Collins.
Rebecca entrò.
La preside sedeva dietro la scrivania e di fronte a lei c’erano due persone che riconobbe immediatamente, anche se le davano le spalle.
La signora Lansbury si alzò di scatto correndole incontro e stringendola in uno dei suoi calorosi abbracci.
“Oh, Rebecca! Come sono felice di vederti! Stai bene?” – le domandò, guardandola in viso e accarezzandole i capelli.
Rebecca si ritrasse leggermente, presa alla sprovvista. Non si era aspettata di trovare lì i genitori di Brenda e Barbara. Il signor Lansbury le sorrideva tranquillo dalla poltrona.
“Sto bene, grazie, signora Lansbury. Ma… come mai siete qui?”
“Volevamo vederti, cara, per ringraziarti.”
“Ringraziarmi? Per cosa?”
“Come per cosa? Per aver salvato nostra figlia!” – esclamò la donna, evidentemente sconcertata per quella domanda.
Rebecca, rossa in viso, tacque, non sapendo cosa rispondere.
“Se non fosse stato per te ora la nostra Brenda probabilmente sarebbe morta!” – pigolò la signora Lansbury con voce acuta. “Non so cos’avrei fatto se fosse successo…. Ma grazie al cielo c’eri tu! Oh, cara! Cara!”
La signora Lansbury tornò ad abbracciarla e Rebecca, seppur in evidente imbarazzo, la lasciò fare.
Il signor Lansbury continuava a sorriderle e Rebecca gli fu intimamente grata per averle risparmiato quella manifestazione di affetto di fronte alla Collins.
Lanciò una breve occhiata alla preside che stava fissando intensamente alcune carte sulla scrivania. Era evidente che provava il suo stesso imbarazzo.
Rebecca sapeva che non era d’accordo con la signora Lansbury. Secondo la sua opinione lei non avrebbe dovuto trovarsi in quella grotta ma, pensò trionfante, era un dato di fatto che la sua decisione aveva salvato la vita a parecchia gente. E quella dimostrazione di gratitudine da parte dei genitori delle gemelle ne era la prova lampante.
Poi, anche il signor Lansbury si alzò, venendole incontro.
Limitandosi a posarle le mani sulle spalle, le sorrise di nuovo. “Sei stata molto coraggiosa, Rebecca, ti ringrazio dal profondo del cuore.”
“Beh, c’era anche Barbara con me.”
“Sì, lo sappiamo.”
“Quando Brenda è scomparsa era fuori di sé.” – continuò Rebecca, incurante della presenza della Collins. “Avrebbe fatto di tutto per ritrovarla.”
“Il loro legame è qualcosa di unico.” – disse la signora Lansbury, con gli occhi lucidi.
“E comunque, se non ci fosse stato il professor Garou non ne sarei uscita viva.” – aggiunse Rebecca. “E’ anche merito suo se tutto è andato per il meglio.”
“Ehm ehm.”
Si voltarono tutti e tre.
La preside, evidentemente, ne aveva avuto abbastanza.
“Sono certa che ora vorrete incontrare le vostre figlie, signori Lansbury.” – disse in tono glaciale.
I signori Lansbury si riscossero, un po’ imbarazzati.
“Sì, certo, naturalmente.” – rispose la donna. Poi si voltò di nuovo verso Rebecca. “Ma prima ci devi fare una promessa, mia cara. E bada che stavolta non accetteremo un no come risposta.”
“Quale?” – chiese Rebecca.
“Quest’estate dovrai passare qualche giorno con noi in montagna.” – rispose la donna raggiante.
Rebecca sorrise.
“Lo so che sei abituata al mare,” – disse il signor Lansbury “e la nostra casa non è molto grande ma, si respira aria buona, il cibo è buono e…”
“Accetto più che volentieri, signor Lansbury. Vi ringrazio infinitamente.” – lo interruppe Rebecca con un largo sorriso.
“Splendido! Oh, sono veramente felice!” – cinguettò la signora Lansbury. “Ma devi farci un favore. Non dire niente alle ragazze, vogliamo che sia una sorpresa, va bene?”
“Va bene.”
Quando uscirono dall’ufficio, Rebecca stava ancora sorridendo.
Sarebbe stata un’estate meravigliosa.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Maghi e Streghe / Vai alla pagina dell'autore: Baudelaire