Domenica mattina, parte I
La suoneria delicata del cellulare
arrivò alle orecchie di Rin, destandola dal sonno.
Nonostante gli occhi non
fossero ancora completamente aperti, allungò la mano per
disattivare la
sveglia: non voleva svegliare suo marito. Raramente era stanco, anzi di
solito
era lui il primo a svegliarsi, anche la domenica, ma
quell’ultimo viaggio di
lavoro doveva essere stato particolarmente stressante.
Delicatamente si tirò su
a sedere sul
letto, si stropicciò gli occhi e cercò le
pantofole.
Prima di uscire dalla camera da
letto,
diede un’ultima occhiata al marito: la testa completamente
abbandonata sul
cuscino, i capelli sparsi e la camicia del pigiama leggermente
sbottonata,
testimone della nottata intima tra i due. Rin arrossì
leggermente al solo
pensiero e sperava con tutto il cuore che le ragazze fossero crollate
dal sonno
e non avessero captato nulla. Ci provavano, ma a volte era inevitabile
essere
leggermente rumorosi. Quasi rimpiangeva i primi anni di matrimonio,
quando le gemelle
non erano ancora nate e avevano la casa a loro completa disposizione.
Arrivata in bagno, si diede una
rinfrescata al viso. Si ispezionò anche il collo e il petto
per paura di
trovare qualche segno, ma non ne trovò.
Meno male, pensò tra
sé e sé.
Rin si diresse verso la cucina. Una
volta scese le scale, capì che qualcun altro si era alzato
prima di lei dal
rumore di tazze armeggiate, tipico di chi stava preparando la colazione.
Non si stupì minimamente
di trovare
Setsuna in cucina.
-Buongiorno, tesoro- disse lei
avvicinandosi.
La ragazza non parve affatto
sorpresa e
rispose al saluto.
-Già in piedi?-
domandò la madre mentre
metteva a bollire l’acqua per il tè.
Setsuna si prese il suo tempo per
rispondere: si sedette su una delle sedie alte dell’isola
della cucina, prese
un biscotto e lo intinse nel latte. Poi, finalmente, parlò:-
Towa e Moroha si
sono buttate su di me svegliandomi-
Rin rise immaginandosi la scena,
soprattutto la faccia infastidita di Setsuna. Assomigliava in maniera
così
impressionante a Sesshomaru in quei momenti.
-In più, è
una di quelle notti- aggiunse
Setsuna.
Si riferiva alla sua
difficoltà di
riuscire ad addormentarsi. Fin da quando era piccola aveva manifestato
questo
tipo di problema.
Rin si era consultata con molti
suoi
colleghi pediatri, sperando di trovare un modo per aiutare la figlia,
eppure
sembrava che nulla potesse arginare la situazione.
I primi anni della loro vita, le
gemelle
avevano diviso la stessa camera e Towa, da brava sorella premurosa,
andava
spesso vicino a Setsuna per calmarla e rassicurarla.
“Non preoccuparti,
sorellina, ci sono io
con te” diceva abbracciandola e sistemandosi nel suo lettino.
Delle volte
quelle parole bastavano a calmarla, ma c’erano delle notti in
cui quello non
bastava più. Con delicatezza si scioglieva
dall’abbraccio della sorella e
sgattaiolava nella stanza dei genitori per infilarsi sotto le coperte
con la
sua mamma. In quei momenti si sentiva davvero al sicuro e dormiva
profondamente.
La mattina successiva Sesshomaru la
trovava avvinghiata a Rin e non faceva molto per nascondere il suo
disappunto.
“Smettila di fare il
bambino” lo
rimproverava successivamente Rin.
Con il passare degli anni
l’orgoglio di
Setsuna era cresciuto con lei e quando finalmente avevano ricevuto
stanze
separate, aveva preferito trovare metodi alternativi per dormire e non
causare
fastidio a sua madre. Spesso e volentieri cercava su Youtube concerti
di
violini e, armata di cuffie, si stendeva nel letto in attesa del sonno.
Towa delle volte faceva il suo
ingresso
in camera e, come se fossero tornate piccole, si metteva nel letto con
lei.
Non glielo diceva mai, ma a Setsuna
piaceva averla accanto.
-Tesoro, ancora problemi?- le
chiese Rin
accarezzandole i capelli dolcemente.
-A volte- disse la figlia facendo
spallucce, come se la cosa non la toccasse più di tanto.
Rin si chiese se da piccola non
l’avesse
lasciata troppo tempo sola con il padre: le reazioni, le espressioni,
il modo
di parlare stavano diventando troppo simili. La sua stessa figlia
riusciva a
metterle i brividi.
L’abbracciò
d’istinto, poi le sussurrò:-
Sai che puoi sempre venire dalla tua mamma, vero?-
Setsuna incurvò le
labbra in un leggero
sorriso. Poteva fingere di mal sopportare gli abbracci di Towa, di
Moroha ma di
sua madre no.
Ricambiò
l’abbraccio.
-Lo so-
***
Kagome infilò le chiavi
nella toppa.
Smontare dal turno di notte era il momento più bello della
giornata.
In fondo non le dispiaceva
rincasare a
casa con le prime luci dell’alba: trovava piacevole pensare
che lei tornava per
rintanarsi a letto quando tutti gli altri uscivano per andare al
lavoro.
Anche se quello non era il suo
caso, in
quanto era domenica, era lo stesso felice. La notte in ospedale era
stata
quieta ed era riuscita a riposare qualche ora.
Lungo il tragitto le era venuto in
mente
di fermarsi in un bar a prendere un dolce per colazione da dividere con
Inuyasha. Quella notte Moroha l’aveva passata da Rin e Kagome
sperava di
godersi un momento con il marito.
Quando aprì la porta,
come sospettava,
la casa era avvolta nel più totale silenzio. Non che la cosa
l’avesse stupita:
Inuyasha dormiva come un sasso 365 giorni all’anno.
Una volta chiusa la porta alle sue
spalle, gli occhi di Kagome caddero sul tavolino
all’ingresso, dove
troneggiavano ben quattro bottiglie di birra vuote. Ne prese una tra le
mani
per ispezionarla e con suo orrore notò che era stata
poggiata sul legno di quel
tavolino senza alcun sottobicchiere e ormai l’alone opaco
aveva fatto la sua
comparsa.
La rabbia montò dentro
Kagome in meno di
un battito di ciglia. Quel tavolino era stato il suo primo acquisto
quando era
andata a vivere da sola, in più lo aveva preso con il suo
primo stipendio da
specializzanda. Ci teneva tantissimo e se la stessa Moroha, pasticciona
per
natura, era riuscita a non procurargli neanche un graffio, si chiese
come
avesse fatto quel bruto di suo marito a scordarsi
un’informazione così
fondamentale.
Come in preda ad un istinto
omicida,
andò in cerca di Inuyasha.
Arrivata alla camera da letto, le
si
parò davanti agli occhi un’immagine che avrebbe
volentieri fatto a meno di
vedere: Inuyasha, Miroku, Koga, Jakotsu e anche Kohaku, stesi su una
qualsiasi
superficie morbida disponibile, in un intreccio di gambe
raccapricciante.
Inuyasha dormiva abbracciato a
Jakotsu e
Miroku era aggrovigliato alle gambe di Koga. L’unico che
manteneva un briciolo
di dignità anche sotto uno stato di pesante ubriacatura era
Kohaku,
rannicchiato in un angolo della stanza.
La goccia che fece traboccare il
vaso fu
la vista delle scarpe sul suo piumino nuovo.
-OSUWARI!!!- urlò con
tutto il fiato che
aveva in gola.
Il mezzodemone, ancora
addormentato, si
ritrovò subito faccia a terra.
Gli altri si svegliarono di
soprassalto.
-Ka…Kago…me-
farfugliò Inuyasha,
sollevando il viso da terra e rivelando un rivolo di sangue che gli
usciva dal
naso rosso.
-Oh Kagome, buongiorno-
cinguettò Jakotsu,
tirandosi su dal letto. Nonostante avesse bevuto tanto anche lui,
riusciva a
sostenere l’alcool in maniera encomiabile.
Kagome lo ignorò.
Anche gli altri si alzarono pian
piano.
-Kagome, possiamo spiegare-
cercò di
dire Miroku.
-Faresti bene a tornare a casa da
tua
moglie. E anche voi!!!- tuonò lei paonazza.
E tutti seguirono
l’ordine di Kagome,
andandosene il più velocemente possibile: Jakotsu ridendo e
lanciando baci a
Inuyasha, Koga lamentandosi per il mal di testa post sbornia, Kohaku
visibilmente
imbarazzato per quella figura barbina e Miroku in ansia per la
ramanzina che
sarebbe toccata anche a lui al rientro a casa da parte di Sango.
-Non mi lasciate qui- li
implorò
Inuyasha ancora riverso a terra. Ma il rumore secco della porta che
veniva chiusa,
bruciò le ultime speranze del mezzo demone.
Portò gli occhi ambrati
verso sua
moglie. Kagome faceva più paura di qualsiasi altro demone.
Se fosse stata un drago avrebbe
volentieri sputato fuoco dalle narici.
Eppure in tanti anni insieme
sperava
fosse maturato un pochino. Se serviva una sera senza moglie e figlia a
farlo
ridurre in quello stato…
Non ci vide più dalla
rabbia.
-MA SEI SCEMO?-
Inuyasha, spaventato e dolorante,
guardò
la moglie cercando di darle una spiegazione convincente. Ma la
verità era che
c’era ben poco di cui convincerla: la casa e il suo stato
parlavano per lui.
-Io credo che se avessi lasciato
Moroha
a casa da sola sarebbe stata molto più morigerata di te!-
continuò lei.
Il mezzo demone raccolse le poche
forze
che aveva per rialzarsi in piedi e affrontare Kagome.
-Kagome, mi dispiace. Lo sai come
va a
finire a volte…-
-A volte? Inuyasha questa
è la sesta
volta che ti becco così. Devo lasciare Moroha a farti da
guardia?-
Inuyasha non proferì
parola. In effetti
non gli faceva molto onore farsi ritrovare in quello stato.
-Perdonami…-
-Pulisci tutto, immediatamente.
Anche il
mio tavolino all’ingresso. E quando mi sarò
svegliata voglio che tu sia pulito
e profumato- disse lei, togliendo le lenzuola sporche per sostituirle
con
quelle pulite.
-E perché?-
Kagome si voltò per
incenerirlo con lo
sguardo.
-Andiamo a pranzo da Rin e
Sesshomaru. E
ci saranno anche tua madre, tuo padre e la madre di Sesshomaru. Ah, e
nel caso
te lo fossi scordato, tua figlia stanotte è rimasta a
dormire dagli zii, quindi
in ogni caso dovremmo andare a riprenderla- e dopo aver detto quelle
parole si
piombò sotto le coperte. Allungò poi la mano
verso l’interruttore vicino al
comodino per azionare le tapparelle elettriche.
Mentre l’ombra invadeva
la stanza
matrimoniale, Inuyasha continuava a non capire.
-Ehm… perché
ti metti a dormire ora?- le
chiese confuso.
Kagome fece un profondo respiro.
-PERCHè HO FATTO IL
TURNO DI NOTTE,
SCEMO! OSUWARI!!!-
Un altro tonfo.
-Ma…ledetta!-
***
-Towa, Moroha è ora di
alzarsi- disse
Setsuna entrando nella camera della taverna.
Guardò sua sorella con
il viso ancora
affondato tra i cuscini e sua cugina non era da meno.
Le guardò con un misto
d’invidia: beate
loro che riuscivano a dormire così tanto.
La mamma si era raccomandata di
svegliarle il prima possibile perché avrebbe avuto bisogno
del loro aiuto se
voleva ricevere gli ospiti in maniera impeccabile.
Se aveva ereditato una cosa da sua
padre, quella era di sicuro la mancanza di pazienza. Con un gesto secco
privò
le due ragazze del calore della coperta, alzò le tapparelle
e spalancò le
finestre, facendo entrare nella camera l’aria fredda di
quella mattina di
dicembre.
Le reazioni non tardarono ad
arrivare:
Towa spalancò gli occhi, mentre Moroha schizzò
fuori dal letto.
-Che freddo, che freddo, che
freddo! Ma
sei impazzita?- le urlò contro.
Setsuna non si scompose neanche un
po’.
-Muovetevi. Andate a fare colazione
e
poi lavatevi. Mamma ha bisogno del nostro aiuto- ordinò.
Moroha brontolò qualcosa
tra i denti, ma
fece lo stesso quello che le era stato richiesto. Towa tentò
un approccio più
dolce rispetto a quello della cugina e disse:-Buongiorno, sorellina-
Setsuna la ignorò come
al solito. Si
voltò e andò al piano di sopra per cambiarsi.
Towa sorrise,
perché sapeva che quello
era il modo di fare tipico di sua sorella gemella. Cercò le
pantofole e poi
andò in cucina.
Veloce come il vento! Eccomi con un nuovo aggiornamento. Credo che questa velcoità sia data dall'ansia di vedere il nuovo episodio di Yashahime!
Questa fic, come ho detto, non sarà molto lunga, ma vorrei mostrare tutti i personaggi e le loro diverse interazioni.
Piccola precisazione: sia Rin che Kagome sono due medici, Rin è una pediatra neonatologa mentre Kagome una ginecologa. Per quanto riguarda il lavoro di Sesshomaru, ho pensato che potesse esistere una sorta di Ministero per i rapporti tra demoni e umani e quindi che lui potesse lavorarci in qualità di funzionario.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere.
Ovviamente ringrazio anche chi ha commentato il capitolo precedente: vedere com'è stata accolta questa nuova creazione mi ha messo davvero una carica pazzesca!