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Autore: Adamayer    06/02/2021    1 recensioni
Germania, 1933.
Gracie, una pittrice emergente, fa ritorno a Berchtesgaden, suo paese d'origine, dove ha l'occasione di rivedere Rambert, il suo migliore amico d'infanzia e Dominik, fratello maggiore del ragazzo.
Dell'amico che ricordava però, Gracie riconoscerà ben poco...
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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"Dove sei stato tutto questo tempo si può sapere? Come hai fatto a ridurti in questo modo? E per giunta sei uscito anche senza cappotto! Vuoi proprio prenderti un bel malanno, eh? Non venirmi a dire che non senti il freddo che c'è fuori... ma poi, anche se fosse, non ti sei accorto della pioggia?" si intromise la governante. 
 
Rambert si staccò dall'abbraccio dell'amica e nel farlo le loro dita si sfiorarono appena. 
Lei non potè fare a meno di notare che le sue mani erano fredde come il ghiaccio. Gli occhi di Gracie, color del mare, incontrarono nuovamente quelli castani chiazzati di verde del ragazzo, constatando che il suo volto era dello stesso colore della neve, fatta eccezione per le labbra scarlatte e il naso reso paonazzo dal freddo. 
 
"Scusami per il ritardo Helga, ma ho avuto un piccolo contrattempo. Sono caduto da cavallo... prima che ti agiti, ti anticipo già che non ho nulla di rotto." 
 
"Oh Santo Cielo, sei sicuro?" Insistette la donna, avvicinandosi ai ragazzi. 
 
"Sì, sì." la rassicurò Rambert, in tono non tanto convincente. 
 
"Quante volte ti ho raccomandato di non allontanarti troppo..."
 
"Helga, fai un bel respiro e cerca di calmarti. Va tutto bene." 
 
La donna assecondò le parole di Rambert, inspirando ed espirando profondamente. 
 
"Un giorno di questi tu o tuo fratello mi farete morire di crepacuore. Non avete proprio rispetto..." 
 
"Helga, me lo fai preparare questo bagno oppure no?" 
 
"E va bene. La prossima volta cerca di stare più attento." si arrese infine la governante per poi accingersi ad uscire dal salone, senza dimenticarsi di indirizzargli un'ultima occhiata severa. 
 
Gracie, che per tutto il tempo era rimasta un silenzio ad ascoltare il battibecco, intervenne timidamente: "Helga, aspetta. Non vorrei essere sfacciata, ma anch'io avrei bisogno di un bagno..."
 
"Certo. Faccio preparare a Bertha la vasca anche per te." 
Nel rivolgersi a lei, l'espressione della donna si addolcì di colpo, rendendo meno accentuate le rughe sul suo viso. 
 
"Cedi pure il mio bagno a Gracie, è più confortevole. Io userò quello degli ospiti. " 
 
"Va bene, ma fate in fretta. Tra poco è ora di cena. Ah, Rambert ti occupi tu di accompagnare Gracie alla sua camera?" 
 
Il ragazzo fece un cenno d'assenso col capo e Helga lasciò il salone. 
 
Rambert allora si concesse un lieve sospiro di rassegnazione, per poi orientare il suo sguardo verso l'amica: "Non farci caso. A volte tra lei e mio fratello non so dire chi è peggio. A proposito di Dominik, hai già avuto il piacere di incontrarlo?" 
 
Gracie annuì, accorgendosi della nota d'ironia che aveva usato il ragazzo nel pronunciare il termine "piacere". 
 
"Mi auguro che non ti abbia importunata." 
 
"No, ci siamo solo salutati."  
 
Perdendosi di nuovo nelle iridi del suo migliore amico, notò quanto Rambert fosse diverso dal fratello, a partire proprio dagli occhi, per poi passare ai capelli e al fisico fino ai lineamenti del viso. 
Forse l'unica cosa che avevano in comune era l'altezza, ma non ne era del tutto certa. 
In effetti si ritrovò a pensare che se avesse incrociato i due ragazzi per strada casualmente, non avrebbe mai creduto al fatto che fossero parenti, o almeno non così stretti. 
 
"Sai, ti trovo bene." 
 
Fu Rambert a riportarla alla realtà, con quelle semplici parole e un sorriso appena accennato. 
 
"Ti ringrazio. Ma non posso dire lo stesso di te" rispose lei, soffermando lo sguardo sugli abiti fradici di pioggia. 
 
"Grazie. Tu sì che sai come azzerare di colpo la considerazione che ha di sé una persona, complimenti." Ribatté il ragazzo, accentuando il sorriso. 
 
"Guarda che faccio sul serio. Non hai una bella cera. Fossi in te farei tesoro dei suggerimenti di Helga." 
 
"Beh, se come dici tu devo ascoltare i consigli di Helga, prima di tutto dovrei sbrigarmi a darmi una ripulita, per evitare di farla arrabbiare ulteriormente, no? Ma innanzitutto lascia che ti mostri la tua stanza. Vieni con me. " 
 
Prima di andare, Gracie si accinse a a recuperare la valigia che aveva poggiato ai piedi del divano al centro della stanza, per poi prendere anche il cavalletto e la cartella con i dipinti. 
 
"Da' pure a me." intervenne Rambert, notando lo sforzo che aveva fatto lei nel sollevare il bagaglio. 
 
"Accidenti, cosa ci hai messo dentro? Pesa tantissimo. Certo che voi donne siete sempre esagerate..." 
 
"Se non ce la fai puoi restituirmela..." lo punzecchiò Gracie, allungando la mano verso il manico del bagaglio. 
 
"Non sarebbe da gentiluomo." Concluse lui, facendole segno di raggiungerlo al di fuori del salone. 
 
"Ma tu non sei mai stato un gentiluomo, Rambert..." Ribattè la ragazza, ricordando tutte le volte che da bambini il suo amico l'aveva fatta piangere dopo averle nascosto i suoi giochi preferiti. 
 
In quel momento, Gracie immaginava di essere tornata a quei tempi, quando lei e Rambert giocavano a rincorrersi per gli infiniti corridoi di villa Mayer, quando tutto era più semplice. 
 
"Potrei essere cambiato da allora, non credi?" esclamò lui con leggerezza, tenendo lo sguardo in avanti. 
 
Quelle parole, a cui lei non rispose, giunsero alle sue orecchie come un fulmine a ciel sereno. 
Ciò nonostante, continuò a farsi guidare da Rambert, stavolta per la rampa di scale che li avrebbe portati al piano superiore. 
L'idea che il suo migliore amico potesse essere mutato, almeno per quanto riguardava il lato caratteriale, non le aveva mai sfiorato la mente, o così era stato fino a pochi attimi prima.
Superata la scala, il ragazzo si fermò davanti a una porta color noce, adagiando il bagaglio. 
 
"Questa è la tua stanza, spero che la giudicherai comoda. La porta dovrebbe essere aperta, se non sbaglio. In caso contrario, chiedi la chiave a Helga. Se dovesse servirti qualsiasi cosa, puoi domandarla a lei o a un'altra domestica senza problemi. Il mio bagno invece è alla fine del corridoio. Ora ti lascio, ci vediamo a cena." 
Rambert pronunciò tali parole affannando, mentre la sua fronte era puntellata da goccioline che scendevano copiose dai capelli. 
 
"Rambert, aspetta. Sei sicuro di stare bene?" lo trattenne lei, afferrando la mano destra del giovane, umida ma allo stesso tempo gelata, come poco prima nel salone. 
 
"Sì" rispose lui con un sussurro, dopo aver socchiuso gli occhi ed aver espirato una piccola quantità d'aria. 
 
"È stata una giornata faticosa" concluse anticipando un'eventuale altra domanda, poi sfilò la mano da quella di Gracie e si avviò verso il piano terra. 
 
Rimasta sola, abbassò la maniglia della porta, afferrando il manico della valigia per poi accompagnare lo stipite con la spalla, facendo sì che si aprisse. 
Appena fu dentro, non tardò a riconoscere la camera che i Mayer le avevano ceduto, la stessa di quando era bambina. 
Le pareti color panna ospitavano tuttora i suoi disegni infantili incorniciati, e nel complesso l'arredamento era rimasto invariato. 
A partire dall'enorme armadio bianco e dorato, alla toeletta dalle medesime tinte e decorazioni tipiche del barocco, fino ad arrivare alle tende che coprivano l'unica finestra. 
Senza indugiare oltre, trascinò la valigia, e con un ultimo sforzo la sollevò pesantemente sul letto ad una piazza e mezza dalla testata in oro e avorio, poggiato al muro infondo alla camera. 
Si ricordò all'istante della coperta ricamata a mano sul materasso, la stessa che la riscaldava dieci anni prima. 
Le labbra di Gracie si allargarono a dismisura, mentre accarezzava il tessuto morbido fino ad arrivare al cuscino, dove c'era la sua bambola di pezza preferita fräulein Liesbeth, quella a cui Ulf, il cucciolo dei Mayer, aveva strappato accidentalmente un occhio giocandoci. 
 
Si ridestò dai propri ricordi, e aprì così la valigia alla ricerca di vestiti puliti. 
Scelse una modesta giacchetta color caramello e un maglioncino chiaro da abbinare a una gonna plissettata marrone scuro che le arrivava alle caviglie, nulla di troppo vistoso. 
Prima di lasciare la stanza, però Gracie volle mettere in ordine i suoi lavori, che erano fuoriusciti dalla cartella sparpagliandosi lungo la coperta. 
Mentre riponeva i suoi disegni, scorse tra essi un quaderno che non le era per niente familiare, perciò lo prese, iniziando a studiarlo. 
Aveva le dimensioni di una mano, un rivestimento in cuoio e sembrava abbastanza vissuto. 
Spinta dalla curiosità, cominciò a sfogliarlo, avendo cura di non strappare la fragile carta. 
Ben presto si rese conto che il quaderno era pieno di schizzi a matita, da paesaggi rupestri,  all'architettura di edifici, come la facciata della stazione di Monaco, rimasta incompleta. 
Una cosa accomunava quei disegni; la stessa firma scritta in un corsivo tondeggiante. 
 
Angelo Della Valle
 
Gracie avvertì le guance diventare di fuoco, mentre riviveva nella mente lo scontro avuto con l'artista italiano. 
Superato il momento d'imbarazzo, e analizzando le dinamiche del loro incontro, realizzò che la fretta di recuperare le proprie cose, l'aveva portata a prendere involontariamente il taccuino del ragazzo. 
Dunque, cominciò a pensare ad un modo per rimediare alla sua distrazione, supponendo che lei, al posto dell'italiano, avrebbe desiderato avere indietro i propri lavori. 
A tal proposito, prestando maggior cura ai disegni, notò che sotto i paesaggi rappresentati compariva più volte la scritta QuintoSole, affiancata dal nome dell'autore. 
Scritta che era appuntata anche sulla valigia dell'italiano e che era riportata ugualmente sulla prima pagina, insieme a un indirizzo. Ciò indusse Gracie a comprendere che QuintoSole fosse il paese in cui risiedeva l'artista.
Dopo molteplici ripensamenti, arrivò ad una conclusione: l'indomani sarebbe andata alle poste per spedirgli il quaderno. 
 
"Signorina, il bagno è pronto." l'avvisò una domestica con un paio di colpetti alla porta, interrompendo le sue riflessioni. 
 
"Arrivo, grazie."
 
Col cuore più leggero, fece per uscire dalla stanza in direzione del bagno. 
Quindi, raggiunse finalmente la vasca, che era riempita di una profumata acqua bollente. 
Si sesto rapidamente e si immerse nell'acqua, facendosi cullare dal forte odore di vaniglia. 
Istintivamente chiuse le palpebre, venendo investita tutta d'un colpo dalla stanchezza del viaggio, stanchezza che per poco non la fece addormentare. 
 
Ancora non poteva credere di essere tornata a Berchtesgaden, il suo paese... Prima di rischiare di abbandonarsi al sonno, però Gracie aprì gli occhi iniziando a insaponarsi per poi sciacquarsi, e una volta finito riemerse, avvolgendo poi il corpo nel soffice accappatoio che lei stessa aveva lasciato sul bordo del lavandino. 
Quando fu sufficientemente asciutta, rimase per qualche minuto a osservare la sua figura riflessa nello specchio appannato. 
Aveva fianchi morbidi, un seno florido, la vita stretta e le spalle ben proporzionate. Caratteristiche che le avevano garantito una cospicua coda di spasimanti, ai quali lei non aveva mai dato attenzioni. Il viso invece era tondo, più simile a quello di una bambina che a quello di una donna. Senza indugiare oltre, Gracie indossò i vestiti puliti e modellò con le dita i boccoli scuri, per poi affrettarsi a scendere di sotto. 
 
Arrivata all'ingresso della sala da pranzo, fu travolta da un moto di vergogna: Dominik, Rambert ed Helga la aspettavano seduti ai loro posti con il piatto già davanti a loro riempito d'arrosto e patate. 
 
Il primo ad accoglierla fu Dominik. "Stasera abbiamo una pietanza speciale alla nostra tavola..." 
 
Helga non perse tempo nel richiamarlo, sbattendo violentemente i palmi sulla tovaglia, cosa che fece traballare l'acqua contenuta nel bicchiere di fronte a sé:"Dominik! Ti sembrano queste le maniere da adoperare nei confronti della nostra ospite? Chiedi immediatamente scusa e fai in modo che non accada mai più, intesi?" 
 
"La mia osservazione non era un'offesa, bensì un complimento." si giustificò lui, assumendo un'aria di finta innocenza. 
 
"Allora... Gracie, giusto? Ne è passato di tempo dal nostro ultimo incontro, vero? Se non sono indiscreto, posso chiedervi il motivo della vostra visita e della vostra permanenza?" 
 
"Lo scherzo è bello quando dura poco, Dominik. Comunque, sono venuta a Berchtesgaden per approfondire i miei studi d'arte." 
 
"Ah, dunque sei diventata un'artista. E quali sono i tuoi soggetti preferiti?" 
 
"Tutto quello che attira la mia attenzione."
 
"Quindi ti occupi anche del reparto... come dire, più spinto? Se così fosse sarei felice di farti da modello." 
 
Dominik diede una leggera gomitata al fratello che sedeva al suo fianco, il quale gli rivolse un'occhiata sdegnata, a cui lui non diede importanza, mantenendo invece lo sguardo fisso su Gracie. 
A quel punto Rambert sollevò gli occhi al cielo manifestando il suo disappunto con un sonoro sbuffo. 
 
"Adesso basta Dominik, mi hai sentito? Se non la smetti guarda che ti ritrovi a finire la cena fuori, insieme al cane" urlò Helga, mentre la sua faccia diventava rossa di rabbia. 
 
"La mia era una domanda lecita." 
 
"E tu invece, perché non mangi? Mi date l'impressione di aver a che fare con due mocciosi..." proseguì la governante, sfogando la sua furia su Rambert, il quale non aveva nemmeno assaggiato la cena. 
 
In risposta, lui cessò di tormentare il cibo che aveva nel piatto, poggiando finalmente la forchetta sul tovagliolo. 
 
"Non ho molto appetito." 
 
"Tanto per cambiare. Cosa c'è che non va stavolta nella cena?" 
 
"Nulla, davvero. È solo che ho lo stomaco chiuso." 
 
"Almeno uno di voi pensa a gustarsi il cibo senza troppi fronzoli." Affermò la governante rivolta a Gracie, che nel frattempo stava per concludere la cena, complimentandosi con la cuoca. 
 
Era davvero affamata e ciò l'aveva invogliata a mangiare più velocemente del solito. Ovviamente era anche spinta dal desiderio di voler lasciare quella tavola al più presto, dato che lo sguardo insistente di Dominik e l'atmosfera che si era venuta a creare la mettevano a disagio.
 
Una volta finito, Gracie insistette nell'aiutare Helga e le altre domestiche a riordinare la cucina e a pulire i piatti, e nonostante le iniziali proteste, Helga le permise di dare una mano. 
Quando ebbero terminato, la governante la prese in disparte e, dopo aver inspirato una grossa boccata d'aria, finalmente parlò: "Senti Gracie, mi dispiace molto per quello che è successo a cena. Dominik si è comportato in un modo davvero increscioso. Ti faccio io le scuse a nome suo. Spero vorrai accettarle comunque." 
 
"Non ti preoccupare, è acqua passata" la rassicurò Gracie, avvolgendo le mani rugose di Helga nelle sue. 
 
"Domani ti prometto che ti faccio trovare i bretzel con la cioccolata per colazione." 
 
"Ci conto. " 
 
"Allora, buona notte, a domani. " 
 
"Ho dimenticato di darti questa." la frenò Helga, mettendole in mano una piccola chiave ramata. 
 
"È quella della tua stanza. Fa sogni d'oro piccola, a domani." 
 
Quando Helga si fu allontanata, la ragazza si stropicciò gli occhi, pregustando già il letto caldo che l'attendeva di sopra. Mentre si apprestava a salire le scale, incrociò gli occhi del suo migliore amico, il quale le augurò di passare una buona notte.
   
 
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