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Autore: Raven_Stark22_    06/02/2021    1 recensioni
[IWAOI]
"Quando vorresti dimenticare una persona ma non puoi proprio vivere senza di lei, la cosa peggiore che tu possa fare è continuare ad amarla."
"Ecco da chi hai preso i tuoi atteggiamenti da diva. Taylor Swift."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Aoba Johsai, Hajime Iwaizumi, Issei Matsukawa, Takehiro Hanamaki, Tooru Oikawa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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"Com'è andata, ieri?"
Alzai gli occhi dal quaderno e mi girai verso Matsuwaka.

"Ragazzi! Non vi distraete!" Ci sgridó il professore di matematica, girando tra i banchi.
Mi concentrai nuovamente sull'equazione del libro e mi sforzai di risolverla.

"Cosa intendi, Issei?" Sussurró Hanamaki, facendomi dimenticare i buoni proposti di pochi secondi prima.

"Dopo che se n'è andato." Spiegó Matsuwaka, due banchi più in là rispetto al ragazzo. "Avevi un appuntamento dalla solita psicologa, vero?"

Finsi di scrivere sul quaderno e mi limitai ad annuire.

"Ti sembra che la terapia stia funzionando?" Continuó Matsuwaka, beccandosi un'occhiata di ammonimento da parte di Hanamaki.

"Più o meno." Borbottai.
"Hai parlato alla dottoressa delle visioni?"

"MATSUWAKA!" Esplose Hanamaki, attirandosi l'attenzione dell'intera classe.

"HANAMAKI! SILENZIO!" Ribadì il professore, indicando la lavagna. "OGNUNO SVOLGA DA SOLO L'ESERCIZIO!"

Dopo qualche minuto, Matsuwaka aveva già ripreso il discorso: "Le hai spiegato che lo vedi ancora?"

"Issei, giuro che adesso-"
"No." Interruppi Hanamaki, mettendo su un sorriso falso. "Non c'è problema, davvero."

Poi mi girai verso l'altro compagno: "Sì, le ho detto che le allucinazioni sono più frequenti. E..."

"E?" Incalzó Matsuwaka.
Mi morsi il labbro inferiore.

"Reali." Conclusi.

Quella parola mi fece male al cuore.

"Forse soffri di Maladaptive daydreaming." Tentó Matsuwaka.

Hanamaki si massaggió le tempie, esasuto di riprendere il compagno. "E questa dove l'hai tirata fuori?"

"Ho fatto delle ricerche" Spiegó.
"La sindrome del sogno ad occhi aperti maladattivo è una diagnosi associata alla fantasia eccessiva . Può provocare angoscia, sostituire l'interazione umana e interferire con il normale funzionamento della vita."

"Ti sbagli." Sbuffai, continuando a scarabocchiare sul foglio. "La psicologa non mi ha diagnosticato nulla di simile."

"Eppure tu vedi Oikawa come se si trovasse a pochi metri da noi." Disse Hanamaki, improvvisamente interessato.

Lo fulmimai con lo sguardo. "Sono due settimane che mi sforzo di evitare il contatto visivo con lui."

"Ma allora di cosa si tratta?" Domandó Matsuwaka, abbassandosi per non farsi sgamare dal professore.

Sospirai, lasciando cadere la penna sul banco.

"La dottoressa ha detto a mia madre che si parla di allucinazioni visive.
Sono un fenomeno psichico in cui il soggetto percepisce come reale ciò che in realtà è solo immaginario. Le allucinazioni si riscontrano tipicamente in presenza di alterazioni mentali causate da malattie neurologiche e psichiatriche, tipo la schizofrenia o l'alcolismo."

Matsuwaka e Hanamaki rimasero ad ascoltare in silenzio.

"Il cervello produce una risposta a una specie di... stimolo sensoriale inesistente. Un’immagine, nel mio caso quella di Oikawa, viene sovrapposta allo sfondo reale."

Hanamaki proseguì al posto mio:
"Per cui, essendo un meccanismo inconsapevole, non hai motivo di credere che sia un'illusione e la percepisci come esistente."

Annuii, mordendomi l'interno della guancia. "Di questo passó impazziró prima dei diciotto anni."

"È stato un duro colpo per tutti." Disse Matsuwaka, con cautela. "Ma per te lo è stato in particolare. È normale che tu reagisca in questo modo...cioè, più o meno."

"Non è la prima volta che le persone presentano questi sintomi dopo una morte importante." Aggiunse Hanamaki "Mio nonno, per esempio, aveva visto sua moglie, in punto di morte."

"Così non aiuti." Gli feci presente.

"Sei il primo caso di allucinazioni post-morte che si sia mai presentato dalla tua psicologa?" Mi chiese Matsuwaka.

Scossi la testa: "Mi ha raccontato di una donna che vedeva suo figlio come un fantasma per casa."

"Inquietante." Commentó Hanamaki.

"Un uomo invece era convinto che sua moglie fosse ancora viva. Le parlava e si comportava come se fosse reale."

"Quindi esistono vari livelli di consapevolezza." Dichiaró Matsuwaka.

Annuii: "L'uomo è andato avanti un anno intero a vederla ovunque, soprattutto nei luoghi comuni ad entrambi, come la casa o il parco. Ma quando si distraeva o frequentava posti nuovi, magicamente la donna scompariva."

"Poveretto." Commentó Matsuwaka. "Ma tu sembri consapevole del fatto che...beh... Oikawa..."
Lasciò la frase in sospeso.

"Sì." Tagliai corto. "Cioè...quasi sempre."

Cercai di mandare giù il gusto amaro che avevo in bocca: "La maggior parte delle volte so che si tratta di immaginazione. Ma in certi casi, come sulla ruota panoramica o nella gelateria non...non riuscivo a..."

Sentivo che sarei potuto scoppiare in un pianto da un momento all'altro: "Era come se, nel profondo, sapessi che Oikawa fosse morto. Ma lui era lì, lo vedevo, e decidevo di dimenticare la prima parte. In media ci vogliono tredici giorni perché le allucinazioni svaniscano. Eppure..."

Hanamaki mi tiró una pacca sulla spalla per confortarmi.

"Sai di poter sempre contare su di noi, vero?" Mi disse Matsuwaka.

"Assolutamente." Gli sorrisi.

"IWAZUMI! HANAMAKI! MATSUWAKA! GIURO CHE VI METTO UNA NOTA!"

"E poi, Oikawa non avrebbe voluto che soffrissi così tanto a causa sua." Sussurró Matsuwaka.

Ritornai nuovamente con la testa sui libri.

"Lo so."

×××××

La casa di Oikawa era, semplicemente, enorme.

Si trattava di una classica abitazione giapponese in materiali di base naturale come il legno per travi, pareti e soffitto, il bambù per decoro e la paglia per coprire il tetto e per il pavimento in tatami.

Superai il genkan, ovvero l’ingresso, e bussai alla porta.

Sulla soglia comparve una donna di mezza età che riconobbi subito come la madre di Oikawa.

Aveva gli stessi occhi castani del figlio ma, diversamente, i suoi erano spenti e tristi; si era lasciata crescere i capelli in un'acconciatura disordinata, dalla quale spuntavano solo ciuffi grigi.

Indossava una semplice vestaglia rosso sbiadito e girava scalza per la casa.
Non si era più curata del suo aspetto, a giudicare dalle profonde occhiaie che le segnavano il viso, dalla pelle completamente secca e dalle labbra screpolate.

"Hajime..." Mormoró, gettandomi le braccia al collo e lasciandosi andare in un pianto singhiozzato.

Ci misi tutta la mia buona volontà per non crollare davanti a lei.

Dopo un paio di minuti la donna si staccò dall'abbraccio, asciugandosi le lacrime sulla vestaglia. "S-scusami, mi sono lasciata trasportare e..."
"Non si preoccupi." La interruppi, fingendo un altro sorriso. "Non si preoccupi, davvero."

La madre di Oikawa mi sfioró lo zigomo con il dorso della mano.
"Sei un così bravo ragazzo, Iwaizumi. Mio figlio è stato così fortunato a..."

La donna tiró su col naso e si asciugó gli occhi lucidi sulla manica: "Mi dispiace, dovrei riuscire a contenermi dopo tutto questo tempo, eppure io...io non riesco...non riesco proprio a capacitarmene, capisci?"

Le lacrime ripresero a segnarle le guance.

'Capisco. Capisco perfettamente.'
Era sbagliato paragonare il mio dolore a quello di una madre?

Non ne avevo idea.
Sapevo solo che Oikawa mi stava facendo tanto, tanto male.

E ce la stavo mettendo tutta per non unirmi al pianto della donna.

"V-vuoi entrare? Posso preparare del thé caldo."
"La ringrazio infinitamente, ma sono solo di passaggio. Sono venuto a portarle questa."

Tirai fuori dallo zaino la felpa del Seijoh che Oikawa aveva dimenticato a casa mia un mese prima.
La madre impallidì alla sola vista del nome sul retro.

Portó le mani in avanti: "Torou avrebbe preferito che la tenessi tu."
Sussultai ma decisi di non controbattere e la infilai di nuovo nello zaino.

Mi inchinai e feci per girare sui tacchi, quando la voce della donna mi bloccò:
"Torou stava venendo da te, sai?"

La mia testa scattó immediatamente all'indietro.
"Stava venendo da te, quando lo hanno investito."

Sentii un groppo formarsi all'interno dello stomaco.

'Perché... Perché ora?' 

Perché non dirmelo al funerale, oppure appena i medici avevano contattato la mia famiglia.
Perché adesso?

"Me lo aveva detto prima di uscire." La donna alzó le spalle, sconsolata. "Erano già le dieci di sera, eppure aveva assoluto bisogno di dirti qualcosa."

Il senso di nausea stava aumentando velocemente.
'La prego, non continui.'

"Gli avevo detto di stare attento" Gli occhi della madre si riempirono ancora di lacrime.

'Si fermi. La prego, si fermi.'

"Ha detto che avevate avuto una discussione e che si era deciso a chiarire. È uscito di casa correndo come un fossennato e...e se non fosse stato per quello...se non..." Riprese a singhiozzare peggio di prima. "La macchina..."

"Perfavore." La interruppi, stringendo i pugni. Mi veniva da vomitare e sentivo che le mie gambe stavano cedendo. "Perfavore, si fermi qui."

Lei non aggiunse altro e, per qualche minuto, regnó il silenzio assoluto.

'Quando finirà tutto questo?'

"Ti voleva bene. Non hai bisogno che te lo dica." La madre abbozzó un sorriso avvilito. "Non so perché avevate litigato. Ma sono sicura che Oikawa non fosse arrabbiato con te. O deluso, in ogni caso. Conoscendolo, non ci sarebbe stato nulla al mondo che tu avessi potuto fare, per farti odiare da lui."

Mi morsi la lingua per reprimere le lacrime.

"Sai." Ridacchió la donna, tristemente "Ho come il sospetto che le sue ultime parole sarebbero state rivolte a te."

Però io me le ricordavo bene, le ultime parole che gli avevo rivolto io.
Un istante prima di uscire dalla porta di casa sua.

'Ci vediamo, Oikawa.'

"Grazie per essere passato, Hajime."
Sentii il cigolio della porta che si richiudeva e poi più nulla.

Rimasi sul portico per altri cinque minuti, incapace di muovere un solo muscolo.

Dopo l'incidente fatale, ero stato obbligato a frequentare per due settimane una psicologa.

Gli allenamenti erano stati annullati e le lezioni sospese.

Al funerale si era presentata quasi tutta l'Aoba Johsai.

Poi, improvvisamente, la vita era ripresa come se nulla fosse.

Niente più aule deserte o silenzi imbarazzanti.

I professori ci avevano spronati ad andare avanti e le risate degli studenti riecheggiavano nuovamente nei corridoi.

Come se Oikawa fosse ancora vivo.

E il dolore mi aveva fatto impazzire.

Tanto da vederlo ovunque.

Chiusi gli occhi e presi una decisione.
Avrei affrontato il problema lì e in quel momento.

Avrei detto la verità.

   
 
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