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Autore: BlueMagic_96    06/02/2021    4 recensioni
SPOILER ALERT!! Gli avvenimenti narrati coprono la storia fino al capitolo 300 del manga.
[lievissimi accenni alla BakuDeku]
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Bakugo si è appena svegliato in ospedale dopo la terribile battaglia di Jaku e ha scoperto che Midoriya è in coma e non dà segni di miglioramento. Qualcosa si scatena in lui e sente il bisogno di mettere ordine ai propri pensieri.
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“Todoroki e gli altri sono feriti ma hanno tutti ripreso conoscenza, o almeno...”
“Cosa? Sero, parla ora o giuro che su questo letto ti ci ritroverai tu tra qualche secondo.”
“Tutti tranne Midoriya. Lui non ha ancora mostrato segni di ripresa.” Ecco. Di nuovo quella sensazione al petto. Strinse le mani a pugno intorno al lenzuolo perché non sopportava di sentirle tremare e perché una parte di lui voleva distruggere quella stanza senza lasciare nulla di intatto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Ciao a tutti! Dopo tipo... anni, torno su EFP con questa ff introspettiva su My Hero Academia. Dopo il capitolo 298 ho sentito il bisogno fisico di scrivere qualcosa su Bakugo a Midoriya perché SI'. Era una scena troppo bella per essere sprecata <3
Probabilmente tornerò con qualche ff dalle tinte decisamente più rosse, chissà.
Ovviamente, se vi va di farmi sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto piacere!

Buona lettura!

 

AVEVI L'ESPRESSIONE DI QUALCUNO CHE AVEVA BISOGNO DI AIUTO

Fumo e polvere. Interi palazzi che crollano. Le orecchie gli fischiano insistentemente e ha la vista annebbiata. Le grida in sottofondo vengono pian piano rimpiazzate dal leggero rumore di un ruscello.
Gli sembra quasi di sentire l’acqua fresca scorrergli tra le dita sporche di terra e sangue. Com’è possibile?
Dei bambini ridono e chiacchierano in lontananza, mentre il liquido cristallino intorno a lui lo ipnotizza.
“Tutto bene? Riesci ad alzarti?” Il bambino che gli sta tendendo la mano ha i capelli verdi e spettinati, le guance coperte di lentiggini e grandi occhi preoccupati e sinceri.
Il suo sguardo si concentra sulla pelle bianca e liscia di quella piccola mano e per un attimo tutto il dolore svanisce e sente solo le risate dei bambini e lo scorrere dell’acqua.
Una nausea improvvisa gli attanaglia lo stomaco: gli viene da vomitare e non sa perché. Abbassa lo sguardo sullo specchio d’acqua che riflette il suo stesso volto: i capelli biondi e bruciacchiati, coperti di cenere, la maschera nera ad incorniciargli gli occhi vermigli e stanchi, il nero e l’arancione del suo costume che si stagliano contro l’azzurro del cielo.
Ecco che tornano le urla di dolore, unite al familiare rumore delle esplosioni.
"Non hai sbattuto la testa, vero?” Non ha il coraggio di sollevare lo sguardo, per qualche motivo, ma non ha scelta. Sgomento. Il bambino è sempre lì, ma un rivolo di sangue gli cola dall’angolo della bocca sottile, piegata in quello che dovrebbe essere un sorriso rassicurante e familiare. La sua maglietta è strappata e qualcosa gli esce dal petto, qualcosa che non dovrebbe essere lì. Qualcosa che lo fa sanguinare copiosamente, tingendo l’acqua di rosso. No, no, no. E’ tutto sbagliato.
“Sei un eroe? Mi piace il tuo costume...” di nuovo quella voce. Si porta le mani alle orecchie nel tentativo di scacciarla e di cancellare quell’immagine, ma il bambino non sembra intenzionato a lasciarlo in pace.
“Anche io diventerò un eroe quando sarò grande, lo sai?” Perché non riesce ad alzarsi? I suoi occhi si spalancano sul lago di sangue che lo sommerge ormai fino alla vita, mentre il mondo sembra letteralmente crollare intorno a lui e a quel bambino che non dovrebbe nemmeno essere lì. Non è reale. Non è reale.
“Oh, ma questo dolore è reale. Il mio e il tuo. Lo senti, no?” Stavolta non è il bambino a parlare e questa consapevolezza lo terrorizza ancora di più. Riconosce quella voce. La riconoscerebbe dovunque.  
“Guardami, Kacchan.” Quelle parole fanno più rumore della guerra che li circonda. “Scappare non è nel tuo stile.” Alza gli occhi. Il bambino è ancora lì e gli sorride più di prima, come se non fosse mai stato così felice in vita sua. Come se non sapesse di essere morto.
“Non lo sa, infatti. O forse non gli importa.” Il volto fin troppo familiare di un ragazzo dai ricci smeraldini sbuca dietro al bambino sorridente: anche lui è coperto di sangue e sudiciume, ma non sorride.
Questo ragazzo è serio ma non arrabbiato, sembra semplicemente triste.
“Perché non ci hai salvato, Bakugo? Guardaci...” dice inginocchiandosi di fianco al bambino. “Valiamo davvero così poco per te?” Una lacrima percorre la guancia del giovane.
“No, io... ci ho provato, lo giuro....” per la prima volta trova la forza di parlare.
La sua voce sembra così debole in confronto a tutto il resto. Ridicola.
“Ma non è stato sufficiente.” Quelle parole lo colpiscono come un pugno allo stomaco.
Un fiotto di sangue erutta dalle labbra del bambino che, mantenendo il suo perturbante sorriso, emette un gorgogliante verso di dolore.
“Deku...” Supplica, per la prima volta nella sua vita.
“Aiu...to,  Kac-chan....” il volto del bambino si fa sempre più inquietante, la pelle sembra sciogliersi sotto un calore invisibile.
“DEKU!” Allunga la mano verso di lui, cerca di raggiungerlo, ma non ci riesce. Prima che le loro dita possano toccarsi, il piccolo Midoriya è ormai diventato un cumulo di cenere.
In preda all’orrore e alla disperazione si volta verso l’altro, ma non c’è nessuna mano tesa ad aspettarlo. Il ragazzo si rimette in piedi: le sue braccia sono coperte di lividi scuri e contusioni violacee. Le ossa sono rotte, alcune hanno tagliato la pelle e sporgono del gomito e dal polso ormai inutilizzabile. Gli occhi vitrei, privi di vita, lo guardano con delusione.
“Avresti dovuto afferrarla quando ancora ne avevi l’occasione.”
Il fuoco investe tutto quanto, lasciandolo solo con le urla, il vuoto e il dolore.



Dolore. Un dolore lancinante lo colpì al fianco quando si alzò di scatto a sedere sul letto. La sua fronte era madida di sudore, il cuore gli galoppava nel petto e quando si portò le mani al volto per stropicciarsi gli occhi li trovò umidi.
Lacrime? Che razza di incubo... ma era tutto così confuso...
“E’ sveglio!”
“Ragazzi, venite! Si è svegliato!”
“Grazie al cielo, Bakugo! Pensavamo non ti saresti più ripreso!”
“Eravamo tutti in pensiero per te...”
Sobbalzò. Di fianco al suo letto, inspiegabilmente, c’erano quattro suoi compagni: Mineta, Sato, Hagakure e Sero.
La testa gli pulsava, il suo corpo sembrava non ubbidirgli ed era coperto di bende da capo a piedi.
“Chiudete quella bocca! Dove diavolo siamo?!” gridò in preda alla furia e al mal di testa.
Aveva bisogno di risposte, e subito.
“Oh, vedo che stai benone!” commentò ironicamente Sero.
“Sì, è proprio in forma...” aggiunse Hagakure.
“Qualcuno si degna di rispondere alla mia domanda?!”
“Siamo al Central Hospital, il migliore ospedale della zona... abbiamo saputo che te la sei vista brutta. Ti sei preso una stilettata nel ventre, a momenti ci rimettevi la pelle!”
Improvvisamente tutto gli tornò in mente: non solo il terribile incubo che lo aveva risvegliato di soprassalto, ma anche quello che lo aveva ridotto in quello stato.
Deku. Shigaraki. La sensazione del vuoto sotto ai piedi, la caduta. La voce di Todoroki che urlava il suo nome e la stretta della sua mano intorno al braccio. Poi il dolore. Di nuovo quel maledetto dolore.
Con una mano si toccò inconsciamente il fianco dove l’accatto di Tomura lo aveva colpito, attraversandolo da parte a parte. Per la prima volta nella sua vita aveva pensato di morire.
Ma era vivo, questo era l’importante, no? No.
“Come sta Deku? E Todoroki? Aizawa e Endeavor...”  le parole gli uscirono dalla bocca come un fiume in piena. Improvvisamente essere vivo non gli sembrava la cosa più importante. Cos’era quella sensazione?
L’aveva già provata in passato, ma mai in questo modo. Una morsa stringente che gli attanagliava il petto rendendogli difficile respirare, rendendogli impossibile ragionare. Paura. No, non paura: angoscia.
“Ecco...” Bakugo spalancò gli occhi mentre una goccia di sudore gli attraversava la fronte, accarezzandogli la tempia.
“COSA STA SUCCEDENDO?!” sbraitò. Le espressioni di Sero e Sato non gli piacevano affatto e aveva bisogno di risposte.
Non sopportava quel silenzio, non ce la faceva. Erano morti? Feriti? Dispersi?
E se il suo sogno avesse avuto un significato? Non aveva mai creduto a quelle cazzate da indovini e premonizioni ma...
“La situazione non è delle migliori. Ci sono stati molti feriti e... dei morti.” Morti. Il suo cuore perse un battito.  Aiu...to,  Kac-chan....
“Ditemi che non...”
“No, loro sono vivi. Si tratta si Midnight...” la voce di Sato tremò nel dire il nome dell’insegnante e tutti abbassarono lo sguardo, addolorati. E così Midnight era morta. Bakugo non poté fare a meno di sobbalzare alla notizia: la morte, che fino a quel momento li aveva solo sfiorati, beffandosi di loro in uno strano gioco sadico, alla fine li aveva toccati. Per poco non aveva toccato anche lui.
Bakugo stava fissando le lenzuola del letto, incapace di dire qualunque cosa. Non c’erano parole per descrivere quello che era successo e non era certo la persona adatta a consolare i suoi compagni.
Doveva mostrarsi forte come aveva sempre fatto, ma la rabbia e la frustrazione crescevano e gli ribollivano dentro sempre più vistosamente: “Non avete ancora risposto alla mia domanda.” Fu tutto quello che riuscì a dire. Nonostante gli sforzi per mantenere la calma, il suo istinto continuava a dirgli che qualcosa non andava.
“Todoroki e gli altri sono feriti ma hanno tutti ripreso conoscenza, o almeno...”
“Cosa? Sero, parla ora o giuro che su questo letto ti ci ritroverai tu tra qualche secondo.”
“Tutti tranne Midoriya. Lui non ha ancora mostrato segni di ripresa.” Ecco. Di nuovo quella sensazione al petto.
Strinse le mani a pugno intorno al lenzuolo perché non sopportava di sentirle tremare e perché una parte di lui voleva distruggere quella stanza senza lasciare nulla di intatto.
Aiu...to,  Kac-chan....
No. Non voleva ripensare a quell’immagine. Non poteva permetterselo.
Avresti dovuto afferrarla quando ancora ne avevi l’occasione.
Senza rendersene conto si mise in piedi, sfidando il suo corpo e il dolore che lo attanagliava.
Ovviamente quei rompicoglioni dei suoi compagni gli si avventarono addosso nel tentativo di convincerlo a non muoversi.
“LASCIATEMI ANDARE, DANNAZIONE!”
“Bakugo, calmati! I medici hanno detto che devi stare a riposo!
“Se ti si riapre la ferita è un casino, lo vuoi capire?”
“No, siete voi che non capite. O mi dite dove sta quell’idiota di Deku o lo scoprirò a modo mio!” la sua voce era perentoria e quella era chiaramente una minaccia. I suoi modi non erano sempre congeniali al resto del mondo.
Visto che nessuno sembrava volergli rispondere, riprese a camminare, trascinandosi dietro quell’idiota di Mineta e quell’ammasso glicemico di Sato, che nel frattempo si erano aggrappati al suo camice. Sebbene odiasse ammetterlo voleva bene a quei ragazzi ed era stato felice di trovarli lì, al suo risveglio, ma ora erano semplicemente in mezzo alle palle.
“Se non la smettete di opporre resistenza sarete voi ad uccidermi, dannate comparse!” nonostante l’adrenalina il dolore al fianco iniziava a farsi sempre più insopportabile e sarebbe stato tutto molto più facile se quei cretini avessero collaborato fin da subito. Anche loro arrivarono alla stessa conclusione e si videro costretti a dargli ragione, allentando la presa.
“Ora ditemi dove si trova. SUBITO!”
Hagakure gli indicò la strada con un sospiro stanco e rassegnato, mentre Sero e Sato lo affiancarono per permettergli di appoggiarsi a loro: “Non ho bisogno di balie, ce la faccio benissimo anche da solo!”
Iniziò a barcollare verso la stanza designata, trascinandosi sulle sue stesse gambe ma, suo malgrado, in un paio di occasioni fu costretto a ricorrere al sostegno dei suoi due compagni.
“QUEL NERD DI MERDA NON PUO’ PENSARE DI MORIRMI COSI’...”
A metà del corridoio un paio di medici e infermieri si accorsero della sua presenza: “Ehi, tu?! Giovanotto, dove stai andando? Che ci fai in piedi? Dovresti essere a letto!?”
La porta era ormai a due passi da lui: si staccò dai due ragazzi e con un ultimo sforzò si aggrappò alla maniglia.
“Ehi! Fermati! Non puoi entrare lì!”
Cazzate.
Prima che i medici potessero raggiungerlo aprì la porta e rimase di sasso: Deku era coperto di bende dal collo in giù, aveva gambe e braccia ingessate e il suo corpo giaceva inerme in quel letto d’ospedale che sembrava enorme in confronto a lui. Era sempre stato così minuto?
Perché non ci hai salvato, Bakugo?
Bakugo si paralizzò: non sapeva cosa fare, non riusciva a pensare.
Spostò lo sguardo sulla figura ai piedi del letto che, colta alla sprovvista da quell’improvvisa irruzione, si era voltata di scatto e ora lo guardava con occhi stupiti.
“Tu...” un’improvvisa ondata di rabbia lo investì come un fiume in piena. Prima che potesse rendersene conto si scagliò contro di lui con tutta l’energia che gli rimaneva, ignorando il dolore, dimenticandosi di tutto il resto. “Sapevi che sarebbe andata a finire così! LO SAPEVI!”
Dietro di lui, Sero e Sato sussultarono mentre i medici, trafelati, avevano appena varcato la soglia della stanza e non riuscivano a credere a quello che stavano vedendo. Bakugo aveva appena dato un pugno in faccia ad All Might, o perlomeno a quello che rimaneva dell’ex-eroe numero uno.
“Bakugo...”
“STAI ZITTO! E’ tutta colpa tua, sei tu che lo hai ridotto così! E ora te ne stai qui a piangere al suo capezzale?!”
“Ragazzo, vieni con noi, non puoi stare qui...” due infermieri si fecero avanti per tirarlo indietro.
“TOGLIETEMI LE MANI DI DOSSO!” gridò, scrollando le spalle.
“Ma...”
“No, va bene così.” All Might, caduto dalla sedia, alzò una mano per tranquillizzare gli infermieri. “Per favore, lasciateci soli. Mi assumo io tutte le responsabilità...”
Gli infermieri non sembravano troppo convinti ma nonostante tutto si trattava di All Might, per cui obbedirono. Bakugo aveva il fiatone, gli prudevano le mani e la passività dell’uomo che gli stava di fronte lo faceva imbestialire.
“Sono felice di vedere che stai bene, Bakugo. Dico davvero.”
“A cosa cazzo pensavi quel giorno, eh? Il ragazzino sfigato e senza Quirk ti ha intenerito e quindi hai pensato fosse una buona idea cedergli il tuo potere per farlo contento? Beh, spero tu sia contento ora. Guardalo!”
Guardami, Kacchan.
“GUARDALO! Giuro su Dio che se muore ti ucciderò con le mie mani, All Might. Te lo giuro...”
“Non morirà...”
“E TU CHE NE SAI, EH?”
“Non morirà. E’ forte...”
“SMETTILA DI DIRE CHE E’ FORTE!” si lanciò in avanti per sferrargli un altro pugno, non riusciva più a sentirlo parlare, ma stavolta All Might alzò il braccio per bloccare il colpo con fermezza.
“MA LO E’. Dovresti saperlo meglio di me, giovane Bakugo.”
Non sarò più il tuo insignificante sacco da boxe! Kacchan... d’ora in poi sarò il Deku che dà sempre il massimo!
“E’ colpa tua se crede di essere imbattibile! Hai alimentato le sue stupide fantasie e ora guarda dove è finito. Se muore io... io...”
Cosa gli stava succedendo? Non riusciva più a parlare, non gli uscivano le parole, la voce tremava.
“Lo so. Lo so.” Il braccio dell’ex-eroe si allungò a cingergli le spalle e, nel giro di pochi secondi, Bakugo si ritrovò schiacciato contro il petto ossuto di quello che da sempre era stato il suo idolo. Il suo eroe. E pianse.
Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta che aveva pianto: aveva già versato qualche lacrima di fronte ad All Might, quando li aveva sorpresi a combattere tra di loro, ma erano state lacrime di rabbia e sconforto verso se stesso.
Queste circostanze erano completamente diverse. Stava piangendo per Deku.
“Non sono riuscito a salvarlo...” si lasciò sfuggire.
“Sì, invece. Hai fatto tutto quello che potevi fare...”
“Ma non è stato sufficiente, no?” Tagliò corto Bakugo, districandosi da quella stretta al ricordo del suo sogno. Gli diede le spalle, cercando di asciugarsi le lacrime e di ritrovare la propria compostezza. Non sopportava di farsi vedere così dagli altri, ma soprattutto da se stesso. Odiava l’idea di avere delle debolezze.
Lui era invincibile, intoccabile. Non dubitava mai di se stesso, non sbagliava mai.
Allora perché si sentiva così? Per la prima volta nella sua vita si sentiva un fallimento.
Fissò il corpo di Deku in silenzio, con sguardo spento. Fissò i suoi ricci verdi sparsi sul cuscino, a incorniciargli il volto infantile. Fissò la sua bocca leggermente socchiusa, come se stesse dormendo: era incredibile come anche in quello stato sembrasse sereno e felice.
“Mi hanno raccontato tutto. Bakugo, quello che hai fatto è stato il gesto più eroico che ci sia.”
“Tch.”
“Fidati, non tutti avrebbero avuto la tua prontezza. Scommetto che il tuo corpo si è mosso da solo, giusto?”
Bakugo trasalì: ricordava bene quella sensazione. Un attimo stava bene e quello dopo stava precipitando verso il suolo, agonizzante.
Non ricordava di essersi mosso, ricordava solo di aver visto Deku nella traiettoria di Shigaraki e di aver capito che se non avesse fatto qualcosa, il suo amico sarebbe morto di certo. Il suo amico, sì. Rimase in silenzio.
“Sai, l’ultima volta che ho visto una persona lanciarsi dritta tra le braccia della morte per salvare un proprio amico è stato quando il giovane Midoriya ha cercato di salvarti da quel mostro.” Disse All Might con un mezzo sorriso. “E’ stato lì che ho capito. E’ stato in quel momento che ho deciso di fare di Midoriya il mio successore. L’amore che provava nei tuoi confronti superava la sua paura di morire.”
“Sta zitto.”
“Il bisogno di salvarti superava quello di mettersi in salvo.”
“Io non sono Deku. Ho agito perché dovevo farlo, sono un eroe, no?”
“Sì, sei un eroe. Penso tu lo abbia ampiamente dimostrato.”
Di nuovo il silenzio. Ammettere di provare affetto per qualcuno era come ammettere una propria debolezza, a suo parere. L’amore era qualcosa per i ragazzini e per i deboli. Un eroe non poteva permettersi certe cose, soprattutto uno forte come lui. All Might doveva averlo capito perché non aggiunse altro.
Tornarono entrambi a fissare Midoriya, disteso nel suo letto, privo di sensi.
“Gliel’avevo detto che doveva smetterla di cercare di vincere le sue battaglie da solo.”
All Might ridacchiò sommessamente e Bakugo si voltò, confuso e pronto ad infuriarsi di nuovo.
“Scusami, è che detto da te mi fa sorridere. Midoriya ti ha sempre tenuto in alta considerazione. Non sono l’unico eroe a cui si ispira, lo sai bene. Davanti a lui ci sei sempre stato tu: io gli ho dato il mio Quirk ma è grazie a te se è entrato alla U.A; è grazie a te se continua a impegnarsi e a migliorare, giorno dopo giorno.”
“Stai cercando di scaricare la colpa su di me, per caso?”
“No, sto cercando di dirti proprio il contrario. E’ grazie a te se Midoriya si trova in questo letto di ospedale e non in una bara sotto terra.” Bakugo trasalì. Non si aspettava quelle parole.
“Gli hai salvato la vita non solo quando ti sei fatto colpire al suo posto ma tutti i giorni, dandogli un motivo in più per coltivare quel potere che io gli ho consegnato in modo troppo incosciente.”
Si guardarono negli occhi: non credeva che All Might potesse essere così perspicace. Tutto quello che Bakugo gli aveva urlato addosso prima, quando lo aveva preso a pugni, era anche un rimprovero verso se stesso. Si incolpava per non essere stato in grado di salvarlo, per non essersi mosso prima che fosse troppo tardi. Non era morto, ok, ma era ridotto male e non era comunque fuori pericolo: c’era il rischio che non avrebbe più potuto muovere le braccia, e in quel caso sarebbe stata la fine dell’eroe Deku.
“Scusami per prima.” Riuscì a dire dopo un lungo momento di silenzio.
“No, non devi scusarti. La penso esattamente come te, sai? Non ho mai voluto questo per lui, ma sapevo che cosa One for All avrebbe comportato. Pensavo solo che avrebbe avuto molto più tempo per prepararsi.”
“Se può consolarti, con o senza Quirk avrebbe comunque rischiato di farsi ammazzare, prima o poi. Avrebbe sicuramente fatto qualcosa di stupido per salvare qualche sconosciuto, anche se fosse entrato in polizia o se avesse fatto l’imbianchino. ” Disse serio. Era il suo modo per ricambiare il favore.
Inizialmente era stato invidioso: perché All Might non aveva scelto lui?
Era più forte di Deku e con One for All sarebbe diventato imbattibile, allora perché? Col tempo aveva iniziato a capire.
Aveva visto ciò che aveva visto All Might, e per quanto non volesse ammetterlo non poteva dargli torto.
Deku era un eroe perfetto, per certi versi migliore anche di lui.
“Grazie, Bakugo.” Rimasero in silenzio ancora per un po’, accompagnati solo dal rumore dei macchinari medici che scandivano ritmicamente il battito del cuore di Deku.
“Bene, vi lascio soli. Anche io ho un amico da vegliare.” disse l’ex-eroe, probabilmente riferendosi ad Aizawa.
“All Might...”
“Tranquillo, non dirò a nessuno di questa conversazione.”
Bene. Avrebbe voluto aggiungere che non sarebbe rimasto lì a parlare come uno scemo con qualcuno che non poteva neanche rispondere. Che in ogni caso non aveva nulla da dirgli. Ma di nuovo scelse il silenzio. Non era mai stato troppo bravo a dire bugie.
“Midoriya è molto fortunato ad averti come amico, Bakugo. Dirò ai medici di lasciarti ancora un po’ di tempo con lui ma poi cerca di riposare. Le tue ferite sono molto gravi e da morto non servi a nessuno, tantomeno a lui.” E con un cenno del capo uscì dalla stanza, lasciandolo solo con Deku.
Bakugo si sedette di fianco al letto e riprese ad osservare il suo amico: non ricordava da quando aveva iniziato a pensare a lui come ad un amico e allo stesso tempo non ricordava perché si fosse sforzato così tanto di non vederlo come tale. Bakugo era ancora scosso: l’idea di avere bisogno di qualcuno lo terrorizzava a morte e poco prima si era appena accorto di aver bisogno di Deku. Non sapeva perché, ma l’idea di non averlo più nella sua vita lo annientava.
Valiamo davvero così poco per te?
“Nerd di merda...”

Era passata ormai una settimana dall’incidente: Bakugo si era quasi completamente ripreso e quando gli avevano detto che Midoriya aveva riaperto gli occhi era saltato giù dal letto dell’ospedale, dove i medici continuavano a tenerlo monitorato.
Di fronte alla stanza di Deku si erano ammassate un sacco di persone, tra cui buona parte dei suoi compagni, e i medici stavano cercando di spiegare a tutti che stavano ancora facendo degli esami e che a tempo debito avrebbero fatto entrare tutti, uno alla volta.
Bakugo era tentato di mettersi a urlare di fargli spazio ma qualcosa gli disse che non era il caso.
Rimase stranamente silenzioso, mentre i suoi compagni bisbigliavano tra loro o facevano domande ai medici.
La folla si disperse dopo poco: i medici avevano altre persone da curare, alcuni dei suoi compagni erano già tornati in servizio per aiutare a ricostruire la città di Jaku e presto si ritrovò da solo sulle panchine insieme a All Might, Todoroki e Aizawa.
“Chi è Kacchan?” dopo quelle che sembravano ore un’infermiera uscì dalla stanza e fece questa domanda.
Bakugo si guardò intorno e alzò la mano.
“Se vuoi puoi entrare, ha chiesto di te. Dopo farò entrare anche voi...” disse rivolgendosi ai due insegnanti.
All Might gli sorrise, incoraggiandolo ad entrare, e Bakugo lo guardò con il suo solito sguardo sprezzante anche se dentro sentiva l’ansia salirgli. Una volta dentro, i medici uscirono per lasciarli soli.
“Deku...”
“K-Kacchan...” Midoriya era ancora bloccato a letto e ingessato ma aveva riaperto gli occhi, che ora lo guardavano stanchi e curiosi.
“Sei proprio uno stupido idiota. Credevi di poter morire in questo modo? E poi vorresti diventare l’eroe numero uno? Patetico...”
“Perché l’hai fatto? Saresti potuto morire...” la sua voce era debole ma ferma. Sembrava preoccupato.
Bakugo immaginava che prima o poi gli avrebbe posto quella domanda e aveva pensato a lungo a quale risposta dargli. Ogni cosa che gli veniva in mente gli sembrava stupida, patetica. Poi si era ricordato dell’incubo che lo aveva risvegliato una settimana prima.
Scappare non è nel tuo stile.
“Avevi l’espressione di qualcuno che aveva bisogno di aiuto” aveva detto infine, con il volto in fiamme.
Gli occhi di Midoriya si erano spalancati, erano diventati più luminosi, no... lucidi.
Le labbra si erano corrucciate, ma alla fine aveva sorriso.
“Grazie.” Una lacrima si nascose tra le sue ciglia e Bakugo sentì un groppo alla gola.
“Tch, figurati.”
“Sono felice di essere vivo.”
“Anche io.”
E per la prima volta si guardarono e si sorrisero entrambi.
 

 
  
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