Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: 18Ginny18    07/02/2021    2 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 23 - Tormento

La luce fioca dell'alba filtrava dalla finestra, dando al volto di Alastor Moody una tonalità giallastra. Sorseggiava un bel bicchiere di Whisky Incendiario, mentre il suo occhio magico vigilava attento fuori dalla finestra. Come se si aspettasse di essere attaccato da un momento all'altro, come l'ultima volta.
Erano passate quasi otto ore dalla fine del 1995 e augurarsi che il nuovo anno fosse migliore rispetto al suo predecessore era una lontana utopia. Per Alastor c'era ben poco da festeggiare. Voldemort era tornato e la guerra incombeva su di loro come un avvoltoio.
"Ci vuole vigilanza costante", continuava a ripetersi il vecchio Auror.
Voldemort si stava muovendo e l'assalto ad Arthur Weasley ne era l'ennesima conferma. Voleva impossessarsi della profezia e capire dove avesse sbagliato l'ultima volta.
Voleva la guerra.
Dovevano essere pronti per quando sarebbe arrivata. Era solo questione di tempo.


La sveglia indicava che erano le 7:45 del mattino e dall'altoparlante uscì una canzone babbana, che diede il via a un mal di testa martellante per la povera Emily Tonks.
Provò più volte a distruggere quell'arnese infernale, battendo un pugno alla cieca, e alla fine ci riuscì.
Il dolore alla testa divenne un po' più sopportabile e la voglia di restare sotto il piumone e dormire tutto il giorno era allettante. Ma perché doveva uscire dal letto quando c'era una coperta calda e accogliente a darle conforto?
La risposta bussò subito alla porta della sua stanza ed entrò senza attendere una risposta.
- Buongiorno, raggio di sole! Ieri sera è stato fantastico, dovremmo farlo ogni anno! - la salutò Claire, la sua coinquilina.
Emily lanciò un debole gemito di protesta, stringendo gli occhi.
Sentire la voce della sua coinquilina fu più atroce della musica alla radio.
La sera prima era uscita con Claire e il suo gruppo di amici per festeggiare insieme l'ultimo dell'anno. All'inizio Emily aveva bevuto qualche sorso di champagne per il brindisi di rito, ma la sua coinquilina aveva deciso che non potevano fermarsi allo champagne. No di certo!
Il più grande difetto di Emily? Non riusciva mai a dire di no e Claire, ovviamente, ne approfittava. Si conoscevano da quasi otto anni. Una lunga e bella amicizia, nata per caso, che le aveva portate a vivere insieme da quattro anni. Claire era una babbana e non aveva la minima idea che Emily fosse una strega. Per sua fortuna o sfortuna, Claire non ha mai creduto nella magia o in un mondo sovrannaturale. Infatti Emily fingeva di essere una hostess, viaggiare in continuazione era un'ottima copertura per il suo vero lavoro.
Claire, invece, lavorava come commessa in un negozio di animali e, di tanto in tanto, portava a casa qualche povero animaletto indifeso e bisognoso di cure prima di portarlo in negozio e metterlo in adozione.
Claire era una donna molto impulsiva, festaiola, spontanea. Emily, invece, era tutto l'opposto. Talmente diverse, eppure si completavano perfettamente.
- Dove la trovi tutta questa energia? Hai bevuto più di me ieri sera! - protestò Emily, massaggiandosi le tempie. - Mi sento come se ci fosse un omino con un martello pneumatico nella mia testa.
Claire si avvicinò alla finestra e aprì le tende, ignorando le proteste dell'amica.
- Ti odio.
Claire sorrise.
Era una ragazza molto bella, alta, dal corpo invidiabile e dai lunghi capelli bruni.
- Ti ho portato il mio infallibile rimedio per i postumi della sbornia. Sei contenta? - disse, mostrando un sorriso smagliante. Si sedette sul letto, al suo fianco, e le diede un bicchiere. - Bevi. Ti sentirai meglio.
- Mhmmm - mugugnò Emily ad occhi socchiusi. Si mise seduta e allungò la mano verso il bicchiere e lo portò alle labbra. Ne bevve un sorso e arricciò il naso, disgustata. - Non voglio bere alcol mai più.
- Mai dire mai, Emy.
Lei la fulminò con lo sguardo. - Mai più – ribadì, seria.
Claire sghignazzò e scosse la testa. - Adoro quando fai così. Sembri molto convinta di quello che dici.
Emily sbuffò e continuò a bere quell'intruglio abominevole del dopo sbornia, con la speranza che funzionasse nel giro di qualche ora. Nonostante fosse il primo dell'anno, doveva andare al Ministero e trovare quello strano libro per conto Regulus. Gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato e non poteva sottrarsi.
- Conosco quello sguardo – disse Claire, piano. - Tu stai pensando a un uomo!
Le guance di Emily si imporporarono lievemente. - No – balbettò. - Stavo pensando ai cocktail che dovrò servire ai passeggeri quando saliranno sull'aereo. Solo al pensiero mi viene la nausea.
- Suvvia, non dire sciocchezza! Ti conosco – ribatté la bruna. - Allora? Stavi pensando a quel bel biondino che ti ha riportato a casa l'altra sera? - chiese con un sorrisetto malizioso.
Le guance di Emily s'imporporarono ancora di più al ricordo del quasi-bacio tra lei e Simon. Avevano passato una serata piacevole; cena a lume di candela, passeggiata sul Tamigi tra risate e piccoli battibecchi fino a quando non arrivarono all'uscio di casa di Emily. A quel punto lui aveva tentato di baciarla, ma lei lo aveva allontanato appena in tempo, imbarazzata. "- Non credi che sia un po' presto?", gli aveva sussurrato.
In realtà era solo una scusa, non voleva baciarlo.
Non poteva mentire a se stessa. Nella sua testa c'era solo Regulus.
Simon allora sorrise e abbassò la testa, amareggiato. "- Hai ragione. Ma se domani ti sveglierai con la voglia irrefrenabile di saltarmi addosso, sai dove trovarmi". Le aveva fatto l'occhiolino, rubandole un sorriso. Poi le diede un leggero bacio sulla guancia che la fece tremare.
Cosa sarebbe successo se avesse lasciato che la baciasse?
- È molto attraente – continuò Claire, distogliendola dai suoi pensieri.
Emily aggrottò la fronte. - Be'... Non posso darti torto, ma non sono certa che sia l'uomo per me.
- Se non lo vuoi tu, lo prendo io. Non mi lascerei scappare un bocconcino del genere per nulla al mondo – esclamò Claire e Emily scosse la testa, esasperata.
Claire lanciò uno sguardo verso la sveglia e scattò subito in piedi. - Vado a fare un po' di spinning. Vieni con me?
- Spinning? Alle 8:00 del mattino? Io ho le spine nel cervello.
- Lo prenderò come un no – rise. - Oh, portami un bel regalo dal tuo viaggio in Giappone, magari un piccolo souvenir per la mia collezione!
- D'accordo... Anche se non te lo meriti.
- Tanto lo so che stai scherzando – le urlò dal corridoio.
Emily sogghignò. - A mercoledì, Claire – la salutò Emily, poi la porta d'ingresso si aprì e si chiuse con un tonfo, che riecheggiò per tutto l'appartamento.
Dopo qualche minuto, Emily decise che era arrivato il momento di alzarsi e cominciare la giornata. Si guardò intorno, passandosi una mano tra i capelli.
Si guardò allo specchio; era uno straccio. Il volto pallido come un cadavere. Sbuffò. - Odio i lunedì!
Dopo una breve doccia rigenerante e una ricca colazione, infilò dei pantaloni neri, un morbido maglione rosso e gli stivali. Cappotto, cappello e sciarpa di lana e uscì di casa.
Chiuse la porta alle sue spalle e subito venne investita da un vento molto più freddo del giorno precedente.
- Menomale che tra poco sarò al calduccio – disse, sfregandosi le mani tentando di riscaldarle.
Andò verso il vicolo all'angolo della strada e si smaterializzò. Dopo il solito breve momento di buio e soffocamento, Emily si ritrovò nella minuscola stradina, vicino a un cassonetto traboccante di spazzatura, alle spalle del pub 'Red Parrot'*.
Entrò in una vecchia cabina del telefono rossa, con molti vetri rotti, che si ergeva davanti a un muro coperto di graffiti. Chiuse la porta e tese la mano verso il ricevitore, componendo il numero: '62442'. A quel punto, una fredda voce femminile risuonò nella cabina, forte e chiara.
- Benvenuta al Ministero della Magia. Per favore dichiari il suo nome e il motivo della visita.
- Emily Tonks, Quartier Generale degli Auror – rispose Emily al ricevitore.
- Grazie – disse la fredda voce femminile.
Il pavimento della cabina tremò. Stava sprofondando lentamente nel suolo. Emily era sicura di essere una dei pochi impiegati al Ministero (se non l'unica), ad utilizzare quel mezzo per raggiungere gli uffici. Anche se c'erano diversi mezzi come i camini o i bagni pubblici, lei preferiva di gran lunga prendere quella specie di ascensore malandato anziché piantare i piedi in un gabinetto. Era molto più comodo e meno disgustoso.
Dopo circa un minuto, raggiunse l'atrio del Ministero e la fredda voce femminile la salutò cordialmente. - Il Ministero della Magia le augura una buona giornata.
La porta della cabina si spalancò e Emily uscì, attraversando l'immenso salone d'ingresso. Quella mattina non vi erano le solite facce assonnate o accigliate di centinaia di maghi e streghe. Nei giorni di vacanza erano ben pochi coloro che lavoravano. Infatti, quella era per Emily l'unica occasione per raggiungere l'archivio e trovare il libro di Bellatrix Lestrange senza attirare l'attenzione dei suoi colleghi. Non sarebbe stato facile, ma doveva provarci.
Una volta oltrepassati i cancelli, nell'ingresso più piccolo, si avvicinò al primo ascensore disponibile, dal quale uscirono tre dipendenti.
- Ehi, Emily – la salutò un grosso mago barbuto. - Anche tu fai gli straordinari, eh?
- Che posso dire? Mi annoiavo a casa – rise e lo salutò. - Buon anno, Bob.
- Buon anno a te – ricambiò raggiante.
Emily entrò nell'ascensore e le porte si richiusero al suo passaggio. In un giorno normale si sarebbe ritrovata spiaccicata contro la parete sul fondo, ma non quella volta. Avere l'intero ascensore tutto per sé fu un'esperienza nuova e allo stesso tempo piacevole.
L'ascensore prese a salire lentamente, con le catene che sbattevano. La stessa fredda voce femminile della cabina telefonica risuonò di nuovo: - Secondo Livello, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, comprendente l'Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche, il Quartier Generale degli Auror e i Servizi Amministrativi del Wizengamot.
Emily sospiro. Era arrivata al piano.
Camminò lungo un corridoio pieno di porte, poi voltò l'angolo, attraversando una massiccia porta a due battenti di quercia e sbucò in un open space diviso in cubicoli: il Quartier Generale degli Auror. Di solito l'ufficio ronzava di chiacchiere e risate, sentire tutto quel silenzio fu agghiacciante.
Andò verso la sua postazione, rovistando nel terzo cassetto, fino a quando non trovò la chiave dell'archivio.
Kingsley Shacklebolt, il suo capo, le aveva affidato una copia per le emergenze, nel caso l'originale fosse andata persa. - Perdonami Kingsley, ma è per una buona causa – mormorò tra sé, sperando di non essere mai scoperta.
Raggiunse l'archivio in pochi minuti, la porta era in legno e aveva un pomello dorato ormai opaco. Emily infilò la chiave nella serratura e la porta si aprì.
Dentro, l'ambiente era buio e sembrava molto umido. La luce si accese non appena varcò la soglia, mostrando pile e pile di documenti e scatole imballate addossate alle pareti.
Individuare gli effetti personali di Bellatrix Lestrange non fu difficile dato che ogni scatolo era catalogato in base all'anno del sequestro. Allegato ad esso vi era una lista con tutto quello che era stato sequestrato alla donna la notte che venne arrestata.
Scorrendo attentamente la lista, notò che vi erano molti libri di magia oscura. Forse anche troppi.
Emily sbuffò. Era davvero frustrante.
Non sapeva cosa cercare. Regulus era stato molto criptico in merito. Non conosceva il titolo del libro, ricordava soltanto che la copertina era rossa.
Sembrava un'impresa facile, ma il vero problema era che lì vi erano almeno un centinaio di libri con la copertina rossa.
"Bel modo di iniziare l'anno nuovo, eh?", pensò Emily con ironia.
Sospirò. - Meglio mettersi a lavoro.


In quell'enorme stanza fredda e poco illuminata, Ginevra si sentì in trappola. Con il fiato sospeso, fissava gli occhi freddi del Mangiamorte davanti a sé, e lui ricambiava con un sorriso sadico. Doveva affrontarlo, questo era ovvio, l'unico problema era che non riusciva a muoversi. I suoi piedi erano piantati a terra e ogni suo tentativo di fuga era inutile.
I suoi occhi si muovevano frenetici, dal Mangiamorte all'enorme arco di pietra al centro della stanza, sperando di trovare una soluzione o un aiuto, ma non ci riuscì. In quella stanza non c'era nessuno, solo voci ovattate e lampi di luce che andavano da un lato all'altro.
Il Mangiamorte fece un passo lento e sfrontato verso di lei, pronto a puntare la bacchetta e ucciderla. Lei provò a difendersi, ma non riuscì nemmeno ad agguantare la bacchetta o a trasformarsi in un lupo.
Era finita.
S'irrigidì, in attesa dell'attacco, con gli occhi serrati.
Poi udì una risata rauca, agghiacciante. Per un'istante, pensò che si trattasse dell'entità Oscura nella sua testa che si prendeva gioco di lei, ma si sbagliava.
Aprì gli occhi, il Mangiamorte era sparito.
Ginevra si guardò intorno e vide una donna dai folti capelli neri e dal viso smagrito come un teschio, con un bagliore febbrile negli occhi scuri. Era alle sue spalle, a pochi metri di distanza, e lottava a suon di incantesimi con un uomo che la ragazza riconobbe immediatamente: suo padre, Sirius Black.
Accadde tutto molto in fretta. In quel momento lui aveva schivato il fiotto di luce rossa della donna e la derise. - Avanti, puoi fare di meglio! – le gridò.
Il secondo getto luminoso lo colpì in pieno petto e Ginevra sentì le gambe cedere e si lasciò cadere, in ginocchio su quel pavimento freddo. Gridò a pieni polmoni il suo dolore, si portò le mani alla testa e scoppiò in lacrime.
Sirius era morto.
Quando Ginevra aprì gli occhi, scattò subito a sedere, spaventata: aveva la fronte madida di sudore e il viso in fiamme; il suo cuore martellava così forte da toglierle il respiro. Si guardò intorno disperatamente, cercando il corpo del padre, ma non trovò nulla a parte la valigia semiaperta abbandonata ai piedi del letto.
Era a Grimmauld Place, in camera sua e quello che aveva visto era un incubo. Solo un incubo.
Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e, lentamente, cercò di calmare i battiti del suo cuore. Poi, però, la consapevolezza che il suo fosse un sogno premonitore, una visione sulla morte del padre, iniziò a darle il tormento. Dopotutto non era la prima volta che prevedeva la morte dei suoi cari ancor prima che accadesse. James e Lily Potter ne erano la conferma.
Scoppiò in un breve pianto nervoso. Poi strinse i denti e ispirò forte. Si asciugò gli occhi con il dorso delle mani e quando riuscì a calmarsi si diresse verso le scale. Una volta al piano terra, si avvicinò al camino del soggiorno; era ancora acceso, ma non c'era nessuno. Ginevra si sistemò sul divano, fissando le fiamme guizzare e giocare tra loro senza guardarle davvero.
Non si stupì quando vide Regulus entrare nella stanza poco dopo.
Sapeva che sarebbe arrivato. Dopotutto lui era in grado di entrare nella sua mente e condividere gli stessi sogni della ragazza, quindi era logico pensare che, grazie a quello strano collegamento mentale tra di loro, lui fosse già a conoscenza dell'incubo.
Si sentì rincuorata dalla sua presenza. Aveva bisogno di parlare, chiedere consiglio, di scacciare via quell'immagine orribile dalla sua testa e, sopratutto, non voleva restare sola. Lui era l'unico in grado di capirla.
Regulus rimase in piedi sulla porta con le braccia incrociate al petto, a guardarla con aria cupa, senza dire una parola. Passò circa mezzo minuto prima che si sedesse al suo fianco. Lei non alzò lo sguardo verso suo zio nemmeno una volta, non ne aveva la forza; temeva che se lo avesse fatto sarebbe scoppiata a piangere. La cosa migliore, secondo lei, era tenere gli occhi fissi sulle fiamme che danzavano.
Sapevano entrambi che stavano per affrontare un argomento poco piacevole, era inevitabile. Erano pronti? Probabilmente no.
Sorprendentemente, fu lei a rompere il silenzio. - Non era un sogno, vero? - chiese, anche se conosceva già la risposta.
Regulus sospirò dal naso. - Temo proprio di no – rispose.
Era irrequieto, terrorizzato. Dentro di sé vi era un mare di emozioni contrastanti, ma il terrore prevaleva su tutto. Aveva visto ciò aveva sognato la nipote e, come lei, era distrutto. Voleva, doveva, trovare una soluzione. Sirius non poteva morire, non in quel modo. Doveva vivere abbastanza da vedere i suoi nipoti girargli intorno e dargli il tormento come facevano loro due da bambini con i loro genitori. Regulus non poteva, non riusciva, neanche a pensare alla sua vita senza suo fratello. Sirius doveva vivere... a qualunque costo.
- Ho riconosciuto la donna – disse Regulus, rompendo quel silenzio che si era nuovamente creato. Ginevra rimase pietrificata, ma non disse nulla. Ascoltava e basta. La voce di Regulus, invece, tremava dalla rabbia. - Era mia cugina... Quella folle psicopatica di Bellatrix Lestrange.
Ginevra rimase sgomentata. Guardò l'animagus al suo fianco. - Cosa?
Quel nome lo conosceva bene e Regulus lo sapeva. I Tonks le avevano parlato di quella donna, della prima guerra magica e di ciò che ne portò. Bellatrix era una dei seguaci di Voldemort, la più fedele oltre che la più folle. Dopo la scomparsa dell'Oscuro aveva torturato i genitori di Neville Paciock fino alla pazzia insieme a Barty Crouch Jr. e altri Mangiamorte, poi venne catturata e spedita ad Azkaban, dove risiedeva ancora. Sua zia Andromeda soffriva molto quando ne parlava, dopotutto era sua sorella, ma non poteva negare che fosse pazza.
- Che cosa facciamo?
- Non lo so – disse Regulus, a mezza voce. Cercava di reprimere la sua rabbia, ma riuscendoci a malapena. Era talmente furioso che era sul punto di spaccare tutto quello che gli stava davanti. Odiava quando non sapeva cosa fare, quando non riusciva a risolvere i problemi e, più di ogni altra cosa, odiava essere vulnerabile.
Ginevra riportò il suo sguardo verso le fiamme del camino e sospirò forte.
Anche se Bellatrix Lestrange era ancora ad Azkaban non aveva alcuna importanza. Una cosa era certa e Ginevra lo aveva capito da tempo: i suoi sogni macabri si avveravano sempre.
Rabbrividì al solo pensiero.
Non poteva permetterlo. Non più.


Quella mattina, a colazione, l'umore della ragazza non era dei migliori. Era taciturna e accigliata, non smetteva di pensare a quell'incubo agghiacciante. L'entità Oscura provò più volte a parlare, quasi dispiaciuta per il tormento della ragazza, ma lei non le diede ascolto. Preferiva fingere che non esistesse; non aveva la forza di battibeccare con lei.
Sirius, che ovviamente si accorse del malumore della figlia, cercò di tirarle su il morale in tutti i modi: boccacce, battutine, aneddoti sui Malandrini... ma niente di tutto ciò sembrava aiutarla. Si limitava solo a sorridergli e, quando incrociava il suo sguardo, lui poté vedere che i suoi occhi erano lucidi. Pronti alle lacrime. - Devo uccidere quel ragazzo, per caso? Ti ha già fatta soffrire in meno di una settimana?
Ginevra abbassò lo sguardo sulla sua tazza di latte caldo, intingendo un biscotto alle gocce di cioccolato. - Papà, George non c'entra.
- E allora qual è il problema?
Non voleva dirglielo. Non poteva. Non ne aveva la forza. - Ho solo avuto un incubo, tutto qui. Non preoccuparti – gli sorrise, cercando di sembrare convincente.
Sirius la guardò, incerto se crederle o meno. La sua bambina era un'abile bugiarda fin dalla tenera età, ma se c'era qualcosa che le dava il tormento lui lo capiva. Faceva sempre un passo falso.
Studiò i suoi occhi, per vedere se nascondesse qualcosa. In quel momento sembrava sincera, ma non del tutto. Gli stava nascondendo qualcosa, ne era sicuro e non aveva intenzione di mollare l'osso tanto facilmente.
Un attimo dopo, qualcuno bussò alla porta d'ingresso con foga.
- Vado io! - gridò Regulus dal piano di sopra.
Alla porta continuavano a bussare.
Regulus aggrottò la fronte. Pensando che, molto probabilmente, era Malocchio Moody a percuotere con tanta insistenza quella povera porta. Erano giorni che li tormentava con la storia della "vigilanza costante". Quando aprì la porta non trovò l'occhio meccanico del vecchio Auror a scrutarlo, bensì Emily. Era trafelata, i capelli scompigliati e gli occhi contornati da occhiaie.
- Emily. Ciao... – la salutò, sorpreso.
La donna lo ignorò. - Credo di averlo trovato – ansimò.
Gli occhi di Regulus s'illuminarono al suono di quelle parole. - Vieni, entra.
- L'ho cercato per quasi ventiquattro ore. Non ho chiuso occhio tutta la notte – disse Emily entrando in casa. - Sono arrivata qui non appena l'ho trovato.
Si tolse il cappotto, la sciarpa e il cappello, tremando per il freddo. Fuori nevicava e il vento era pungente. Quando Regulus la prese per mano, il suo calore cancellò ogni sensazione di freddo in un secondo. La attirò verso la sua camera, proprio come l'ultima volta e, quando richiuse la porta con un incantesimo sigillante, le lasciò la mano. Lei provò una fitta all'altezza del petto, e il peggio era che non ne sapeva la ragione. Voleva che Regulus le tenesse ancora la mano?
A quel punto il desiderio di stargli vicino il più possibile divenne sempre più impellente. Voleva provare ancora quei brividi e quel calore che solo lui era in grado di darle, ma subito dopo si pentì di quegli sciocchi pensieri e si ricompose. Non era il momento di farsi film mentali, ma per lei era inevitabile. Non poteva fare a meno di fantasticare su quell'Adone che aveva davanti agli occhi. Quando era vicino a lui, era in balia di una strana e incontrollabile sensazione.
Regulus avanzò verso di lei e interruppe la silenziosa catena dei suoi pensieri. - Sei sicura che sia quello giusto?
Lei infilò una mano dentro la sua borsa e ne uscì un libro antico dalla rilegatura rossa, al centro della copertina vi erano i segni di quello che un tempo doveva essere il titolo del libro. - Chiamalo intuito femminile, se vuoi, ma sono più che sicura che sia questo.
Regulus sospirò sollevato. - Lo è. - Sorrise, poi lanciò un'occhiata al titolo sbiadito del libro. - Ecco perché non ricordavo il titolo... Abbiamo svelato il mistero – ironizzò lui.
La risata lieve di Emily gli invase le orecchie come una dolce musica. Regulus si perse a guardarla, con sorriso dolce sulle labbra. La desiderava. Voleva essere l'unico a farla ridere e farla sorridere. Voleva baciare le sue labbra e ogni centimetro del suo corpo per tutto il resto della sua vita. Bearsi della sua bellezza ed esserne folgorato ogni giorno come se fosse il primo. Ma gli avrebbe permesso di baciarla? Lo avrebbe allontanato?
- Grazie, Emily. Sei stata fantastica – disse. - Senza di te non sarei riuscito a trovarlo.
A quelle parole, il cuore di Emily perse un battito. Cominciò a mordersi il labbro inferiore. - L'ho fatto volentieri. Non occorre che tu mi ringrazi – sussurrò, quasi senza fiato.
- Insisto. Cosa posso fare per sdebitarmi per il tuo aiuto? - domandò Regulus.
- Be', ricordo che mi avevi offerto una cena – disse lei.
- E non l'ho dimenticato – ribatté lui, con un sorriso sghembo. - Ma vorrei fare di più.
- Facciamo così: quando avrò bisogno di te, tu ci sarai. D'accordo? Un favore per un favore.
Regulus assottigliò lo sguardo e finse di pensarci su. - D'accordo, biondina. Ma stasera ti porto a cena – rilanciò.
Lei sorrise. - Ci sto.
Regulus sorrise a sua volta e abbassò lo sguardo sulle labbra di lei, colpito per l'ennesima volta dal desiderio di baciarla. Le sue labbra erano leggermente umide e socchiuse, quasi in attesa di essere baciate. Come se lo invitassero a farlo.
- Emily, io... - Lentamente, Regulus si mosse verso di lei.
L'intensità di quello sguardo le fece ribollire il sangue nelle vene e capì di essere desiderata. - Sì? - chiese lei, la gola secca.
Erano talmente vicini da desiderare di annullare l'ultima distanza tra loro e perdersi in un bacio senza fine.
- Io... - sussurrò Regulus, abbassando la bocca verso quella di lei. Le labbra di Emily si schiusero per accoglierlo. Le gambe di le tremavano, il cuore batteva forte.
Lui la strinse per i fianchi, attirandola a sé, pronto ad approfondire quel bacio appassionato. Emily gli infilò le dita fra i capelli mentre gli restituiva il bacio, cercando di assorbire ogni sensazione.
Il bacio si fece più intenso, più lungo, mentre le mani di Regulus le accarezzavano la schiena.


Evitare il padre era un'impressa impossibile per Ginevra. Quando entrava in una stanza, lui era lì a guardarla con apprensione e a quel punto le difese della ragazza minacciavano di crollare. Ogni volta che incrociava il suo sguardo, le veniva da piangere.
Era perseguitata da quell'incubo che aveva iniziato a darle il tormento. La notte, si rigirava nel letto inquieta. Aveva paura di chiudere gli occhi e addormentarsi. Non voleva rivedere quel momento. Il cuore le si stringeva nel petto, quasi come se qualcuno lo avesse stretto in una mano per sbriciolarlo.
Era un sogno, solo un sogno, continuava a ripetere a se stessa, ma non riusciva a convincersi nemmeno un po'.
Chiuse gli occhi, appoggiando la testa al muro.
Sospirò, reprimendo la voglia di scoppiare a piangere.
"Non fare la brontolona", borbottò l'entità oscura, divertita.
Lei la ignorò.
"Continuare ad ignorarmi non ti aiuterà", continuò la voce. "Non ti libererai mai di me".
- Stai zitta – sbottò la ragazza. - So che la cosa ti diverte. Lo sento. Tu sguazzi nelle mie paure.
L'entità oscura rise velatamente. "È vero, però tu rendi tutto più facile. So per certo che presto cederai".
Ginevra sentì la rabbia montarle dentro. Odiava non avere il completo controllo della propria mente e odiava lei.
L'entità oscura diventava sempre più forte con il passare del tempo, cibandosi delle sue paure e della rabbia. Tentava sempre di farla addormentare per prendere il controllo, ma Ginevra riusciva sempre a riprendersi.
"Per quanto credi che protrai resistere?", le domandò la voce in un sussurro.
La ragazza non rispose. Rimase in silenzio tutto il tempo ad accarezzare la testa piumata di Fierobecco, fino a quando Sirius non entrò nella stanza con un secchio pieno di furetti stecchiti per l'ippogrifo.
- Ah, sei qui – disse quando notò la figlia seduta per terra. - Credevo fossi con il tuo... ragazzo.
Ginevra abbassò subito lo sguardo e poi si concentrò su l'ippogrifo che la invitava a continuare a fargli le coccole con una certa insistenza. La voce iniziò a tremarle, ma tentò comunque di sorridere. - Volevo fare compagnia a Beccuccio e...
- E ignorare me – disse Sirius.
Il cuore di lei si strinse provocandole un piccolo mancamento, ma non azzardò ad alzare lo sguardo verso suo padre. Non ne aveva il coraggio.
Sirius sospirò, affranto, e si avvicinò all'ippogrifo con la sua cena.
- Ho... fatto qualcosa di sbagliato? - domandò Sirius continuando a guardare la ragazza. Sapeva che c'era qualcosa che le dava il tormento ma cercare di cavarle fuori qualcosa era molto difficile. In questo, era molto simile alla madre. Testarda come un mulo.
- Tu non hai fatto niente, papà – la voce tremava sempre di più.
Sirius si avvicinò subito a lei, preoccupato. - Cosa ti succede? Parlami. Ti prego.
Le sollevò il mento con delicatezza e quando i loro occhi si incrociarono lei iniziò a piangere copiosamente.
Gli lanciò le braccia intorno al collo.
- Non voglio perderti – singhiozzò.
Sirius l'accolse fra le braccia, un po' sorpreso. Poi capì.
- L'incubo di cui mi hai parlato... riguarda me, non è vero?
I singhiozzi iniziarono a diventare sempre più forti e si stringeva a lui come una bambina indifesa. - Tu... Tu venivi ucciso...
- Shhhh – la zittì dolcemente. Le accarezzò la testa e le diede un bacio sulla guancia. - Stai tranquilla, non mi succederà niente. Sono qui con te.
Ginevra capì che stava mentendo, ma si sentì comunque rassicurata da quelle parole. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvarlo. Niente e nessuno lo avrebbe portato via da lei. Non più.


|Claire è Aly Michalka|
|Claire è Aly Michalka|

(Guardavo sempre Phil dal futuro quando ero piccola e qualche anno fa l'ho ritrovata in iZombie

(Guardavo sempre "Phil dal futuro" quando ero piccola e qualche anno fa l'ho ritrovata in iZombie. La trovo perfetta per questo "ruolo". Spero che piaccia anche a voi).

ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti!
Scusate il ritardo ma, ultimamente, non ho molto tempo libero. Ciononostante cerco sempre un momento da dedicare alla storia.
Per vostra sfortuna non abbandonerò la storia ahahah
Ringrazio tutti quelli che leggono, commentano, seguono questa storia... Siete fantastici!
Lo so, come capitolo non è un granché, ma ci ho lavorato molto e spero tanto che vi piaccia.
Se trovate qualche errore di battitura o grammaticale vi prego di farmelo notare, perché quando rileggo quello che ho scritto (a velocità super sonica) non riesco a rendermi conto degli errori.
Attenderò con ansia un vostro commento - negativo o positivo che sia - e spero di poter pubblicare il prossimo capitolo entro il 28 febbraio, ma se posso cercherò di pubblicare molto prima.
A presto
18Ginny18


*Il nome del Pub è inventato da me. È il primo nome che mi è venuto in mente. Non è presente nella saga di Harry Potter. 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: 18Ginny18