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Autore: Star_Rover    12/02/2021    7 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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6. Indizi
 
L’agente Hart estrasse dal taschino della giacca un accendino argentato e avvicinò la fiamma alla sigaretta che teneva tra le labbra.
«Suppongo che voglia pormi qualche domanda» disse espirando una nuvola di fumo.
James, che fino a quel momento era rimasto in rispettoso silenzio, approfittò dell’occasione per soddisfare la sua curiosità.
«Da quanto tempo si sta occupando del caso?»
«Un paio di mesi, da quando è stato trovato il primo carico di armi tedesche al porto di Belfast»
«E per quale motivo ha deciso di portare avanti le indagini a Dublino?»
Radley rivolse lo sguardo alla finestra apprezzando l’affascinante vista sulla città.
«Perché ciò che accade al Nord è deciso qui»
Donnelly non poté contraddirlo.
«Qual è l’obiettivo della sua missione?» continuò.
L’inglese non sembrò porsi problemi di fronte a quella sorta di interrogatorio.
«Ufficialmente collaborare con il G2 per indagare sui rapporti tra l’IRA e la Germania»
«E non ufficialmente?»
Hart rispose in piena sincerità: «catturare una spia tedesca»
James sussultò: «l’MI5 è convinta dell’esistenza di questa spia?»
«Un mese fa il G2 ha intercettato alcune comunicazioni radio, quei messaggi in codice lasciavano intuire l’intenzione dell’Abwehr di inviare un agente sul suolo irlandese»
«Non sapevo che i nostri servizi segreti dovessero ancora rendere conto all’Inghilterra» commentò il giovane con evidente disappunto.
«Soltanto per questioni che riguardano la sicurezza internazionale, come questo caso»
Donnelly provò una profonda delusione nello scoprire che la sua Nazione dietro ad una facciata di neutralità stesse agendo di nascosto a favore degli Alleati.  Nonostante lo sconforto tentò di giustificare tutto ciò, in fondo la guerra era un pericolo reale e concreto anche per l’Irlanda.
«Ha intenzione di iniziare una caccia all’uomo qui a Dublino?» domandò dopo aver appreso il reale scopo dell’ufficiale.
«Se saremo fortunati saranno i vostri indiziati a portarci dal nostro obiettivo»
«Così il G2 potrà arrestare i militanti coinvolti e l’MI5 avrà tra le mani una spia tedesca da interrogare»
Radley annuì: «questi sarebbero gli accordi»
James pensò che i suoi superiori non si fossero comportati in modo onesto, ma se tutto fosse andato per il verso giusto nessuno avrebbe mai scoperto la verità e ciò sarebbe stato vantaggioso per entrambe le parti.
Poiché il suo interlocutore sembrava disponibile allo scambio di informazioni Donnelly decise di continuare a indagare.
«E la questione dell’invasione?»
L’inglese sorrise: «a quanto pare è stato ben informato»
«Ho preteso di conoscere chiaramente ogni dettaglio prima di accettare questo incarico»
Hart fu piacevolmente sorpreso dalla sua iniziativa.
«L’MI5 ha motivo di credere che la Germania potrebbe invadere l’Irlanda per attaccare l’Inghilterra»
«Avete delle prove a favore anche di questa ipotesi?»
«Alcuni documenti forniti dall’Intelligence olandese, le informazioni non sono ancora state del tutto decodificate, ma è sicuro che l’Abwehr abbia un piano in atto qui in Irlanda»
L’irlandese poté ritenersi soddisfatto da quel confronto.
«La ringrazio per avermi messo al corrente della situazione»
«Ho deciso di fidarmi di lei, agente Donnelly»
 
***
 
James rimase piuttosto scosso dopo il primo incontro con l’agente Hart. Aveva scoperto che i servizi segreti irlandesi non erano affatto imparziali in quella guerra e che l’MI5 era sempre un passo più avanti del G2.
Ovviamente l’Inghilterra aveva accesso a molte più informazioni ed essendo coinvolta nel conflitto aveva interessi maggiori nelle attività di controspionaggio.
Per una ragione o per l’altra l’Irlanda era ancora al servizio della Corona.
Donnelly uscì nel cortile interno per una breve passeggiata, aveva bisogno d’aria. Camminando a fianco delle mura tentò di fare ordine nei propri pensieri, non aveva scelta, doveva restare fedele al suo compito e portare avanti il suo dovere.
La collaborazione con l’Inghilterra non sarebbe stata semplice, ma almeno il suo nuovo compagno era stato onesto nei suoi confronti. Aveva deciso di scoprire subito le sue carte, di certo l’aveva fatto per non destare sospetti. Per un ufficiale dell’MI5 era conveniente guadagnarsi la fiducia di un agente del G2.
Donnelly sorrise per l’ironia della sorte, ma ben presto le preoccupazioni tornarono a tormentarlo. Non era certo di poter gestire quella situazione, ma sapeva bene di aver fatto una scelta e non poteva venir meno alle sue promesse.
Per il bene dell’Irlanda avrebbe seguito le regole dettate dall’Inghilterra, almeno per il tempo necessario.
Era ancora perso in questi pensieri quando ad un tratto avvertì una voce alle sue spalle.
«Agente Donnelly!»
Il ragazzo sussultò e si voltò di scatto. Davanti a sé trovò un uomo in borghese, il quale mostrò prontamente un distintivo della Garda.
«Detective Paul Sullivan» si presentò.
James si mostrò riluttante. Ricordò il suo ultimo dialogo con il sergente McKinley, dunque quell’investigatore doveva essere il mastino dell’Unità Speciale.
«Mi ha riconosciuto subito» notò il giovane con diffidenza.
«Be’, a dire il vero non è stato difficile. Qui tutti conoscono il figlio del tenente Donnelly»
Egli tentò di mascherare il suo fastidio: «posso fare qualcosa per aiutarla?»
«Vorrei solo porle qualche domanda, immagino che conosca il motivo per cui sono qui»
«Come sa le voci girano velocemente al Castello, ma non vorrei esser stato mal informato»
Sullivan non si stupì per la sua prudenza.
«Non capisco perché voi del G2 non vogliate capire che siamo tutti dalla stessa parte»
«Può considerare questa rivalità come una sana competizione»
Il detective espresse il suo disappunto con una smorfia.
«Sono qui per indagare sulla possibile presenza di una spia» rivelò per studiare la reazione del suo interlocutore.  
«Ah, già. Un’idea alquanto assurda, non crede?»
«Non direi. Negli ultimi tempi l’IRA ha dimostrato di essere a conoscenza di informazioni estremamente riservate. I militanti non avrebbero mai potuto prevedere le nostre mosse senza un infiltrato»
«Oppure pur di negare la negligenza dei vostri uomini avete deciso di puntare il dito contro di noi»
«Il fatto che lei non voglia collaborare potrebbe indurmi a considerarla un potenziale sospettato»
James non mostrò alcun segno di turbamento.  
«Signor detective, io ho assoluta fiducia nei miei compagni e non voglio dubitare di nessuno di loro. Per questo trovo decisamente oltraggiosa la sua indagine»
Sullivan non si lasciò intimidire da quelle accuse.
«Lei ha un’ottima reputazione e non mi sorprende il suo attaccamento a nobili ideali, ma il pericolo di una spia dell’IRA è reale. L’omicidio dell’agente Ryan ne è la prova»
Donnelly s’irrigidì nel sentire il nome del suo commilitone, quell’evento non l’aveva lasciato indifferente.
«Se davvero è convinto dell’innocenza del G2 non dovrebbe temere la mia presenza» continuò il detective.
James sospirò: «non ho mai affermato nulla del genere. Sono disposto ad aiutarla, ma temo di non poterle essere molto utile»
«Ha notato qualcosa di sospetto negli ultimi mesi?»
«No, ma c’è stato parecchio movimento al Castello con l’arrivo delle nuove reclute»
«Capisco. I novellini però non mi interessano, la spia è qui da più tempo»
«Dubito che un infiltrato dell’IRA potrebbe restare nascosto così a lungo nel luogo più sicuro d’Irlanda» replicò il sottotenente ammirando con orgoglio la merlatura dell’imponente Record Tower.
«Potrebbe trattarsi di qualcuno di insospettabile»
«Una caratteristica fondamentale per una spia» disse il giovane sottolineando l’ovvietà di quell’affermazione.
«Lei ha fatto carriera in fretta» commentò Sullivan notando i gradi sulla sua divisa.
«Ho meritato la mia promozione»
«Non ne dubito»
Donnelly non reagì alla sua provocazione.
«Dunque non ha altro da segnalarmi?»
Egli negò: «mi dispiace, non mi viene in mente nulla»
«Bene, se avrò ancora bisogno di lei tornerò a cercarla»
James si sforzò di sorridere: «sa dove trovarmi»
Sullivan si congedò e tornò all’interno del Castello.
Donnelly rimase ad osservare la sua figura sparire oltre al porticato, infastidito dall’idea che anche l’Unità Speciale stesse ficcando il naso negli affari del G2.
 
***
 
L’agente Hart alzò lo sguardo per osservare il suo compagno seduto al lato opposto del tavolo. Il ragazzo sembrava piuttosto nervoso.
«Qualcosa non va?» domandò.
Donnelly rispose prontamente: «no signore»
L’inglese storse il naso.
«Anche se ufficialmente sono un tuo superiore tra di noi non è necessaria questa formalità. Puoi rivolgerti a me come a un collega»
«Sì signor…ehm…d’accordo»
«Così va meglio. Dovremo lavorare insieme per un po’ di tempo e la tua rigidità mi stava già infastidendo»
«Stavo solo rispettando la gerarchia, e poi siete voi inglesi ad essere sempre così ligi alle regole»
Hart dimostrò di non apprezzare troppo le formalità.
«Credo che ormai sia ovvio che in questa faccenda le regole non abbiano molta importanza»
L’irlandese si insospettì: «l’MI5 è disposta a giocare sporco?»
«Soltanto se necessario»
«Temo che abbia già superato il limite con questa alleanza»
«L’Inghilterra è in guerra»
«E l’Irlanda vuole proteggere la Pace»
«Per questo siamo qui» tagliò corto il tenente.  
Donnelly rifletté sulla situazione.
«Dunque, se le teorie dell’Intelligence fossero vere e noi dovessimo fallire finiremo entrambi a strisciare nel fango delle trincee a sparare ai crucchi come i nostri padri?»
In risposta Radley iniziò a fischiettare la marcia dei British Grenadiers.
«Ti stai prendendo gioco di me?» chiese James indispettito dal suo atteggiamento. 
L’inglese negò: «no, affatto. Sei sveglio per essere un novellino»
«Non sono un novellino» replicò.
«Per quale ragione ti hanno assegnato questo caso?»
Donnelly esitò, di certo non poteva ammettere che era stato il suo cognome a garantire per lui.
«Conosco il tedesco»
«Das ist gut so, mein Freund»
«E suppongo che nessun altro abbia voluto condividere l’ufficio con un inglese» aggiunse ignorando anche quell’ironica risposta.
«Da come ti sei comportato poco fa direi proprio che non sei un unionista»
«No, ma credo che questa collaborazione sia necessaria per entrambe le nostre Nazioni»
Radley concordò con lui.
«Mi spiace, non intendevo essere scortese nei tuoi confronti. Ti stavo solo mettendo alla prova»
«Il novellino è all’altezza della situazione?» domandò Donnelly con tono sarcastico.
«Le potenzialità sono buone, ma spero che abbia ancora molto da dimostrare»
 
***
 
Il lavoro d’ufficio risultò come sempre noioso e impegnativo. Dopo aver esaminato decine di rapporti senza aver ottenuto alcun risultato i due agenti presero l’unanime decisione di concedersi una pausa.
Radley si accese una sigaretta ed iniziò a sfogliare distrattamente le pagine dell’Evening Herald. Ogni tanto sollevava lo sguardo per controllare il suo compagno.
«Lei come si chiama?»
Il ragazzo trasalì: «di che stai parlando?»
«Il fiore…ormai è appassito, ma continui a guardarlo con aria sognante, immagino sia un dono speciale»
«Stai indagando su di me?»
Egli scosse le spalle: «potrebbe essere»
«Be’, queste sono questioni private»
L’inglese sorrise: «avanti, non è un interrogatorio. Sto solo cercando di fare conversazione»
«Non siamo obbligati a fare questo genere di conversazioni»
«Se non vuoi dirmelo dovrò scoprirlo da solo…»
James sospirò, era certo che anche quello fosse un modo per metterlo alla prova. Se si fosse trattato di segreti di Stato avrebbe resistito anche sotto tortura, ma in quel caso per dimostrare fiducia all’inglese fu disposto a cedere. Inoltre aveva le sue valide ragioni per non permettere al suo superiore di dubitare di lui.
«D’accordo. Si chiama Julia, non so altro su di lei, l’ho vista solo una volta»
«Però vorresti rivederla»
Il giovane esitò: «dovrei trovare l’occasione giusta»
Hart mostrò il giornale al suo compagno, nella pagina aperta era ben evidente il manifesto di un evento al Metropole Hotel.
«Se quella ragazza ti piace allora dovresti invitarla a ballare» suggerì.
«Credi che sia una buona idea?»
«Certo, se vuoi far colpo su di lei devi essere romantico, alle donne piace questo genere di cose»
«E tu saresti un esperto nel conquistare le donne?»
«Sono un agente segreto, conosco le persone e so come guadagnarmi la loro fiducia»
James rimase perplesso.
«Tu non mi conosci e non sai nulla nemmeno di Julia»
L’inglese continuò a fumare tranquillamente la sua sigaretta.
«Puoi credere quello che vuoi, ma sono certo che alla fine seguirai il mio consiglio»
«Perché sei così sicuro di questo?»
«Perché i miei sono sempre ottimi consigli»
Donnelly, stanco di sopportare l’atteggiamento presuntuoso dell’inglese, non riuscì a trattenere un’imprecazione tra i denti.
«Imigh sa diabhal! [Vattene al Diavolo!]»
«Agus dúnann tú do bhéal! [E tu chiudi la bocca!]»
Il giovane sbiancò nell’udire quell’inaspettata risposta.
«Conosci anche l’irlandese?» domandò ormai al limite dell’esasperazione.
«No, ma a Belfast ho imparato a rispondere agli insulti» replicò Radley con aria divertita.
James scosse la testa e con rassegnazione tornò al suo lavoro.
 
***
 
Hart poggiò sul tavolo il fascicolo che stava esaminando.
«Questo sembra interessante»
«Di che si tratta?»
«È il rapporto riguardante la retata a Drumcondra»
«L’operazione in cui l’agente Ryan ha perso la vita?»
L’inglese annuì: «il G2 ha trovato alcune prove all’interno di quell’appartamento. In particolare c’è una lettera che potrebbe contenere indizi sui rapporti tra l’IRA e la Germania»
«Suppongo che non ci siano nomi o indirizzi»
«No, ovviamente l’IRA si affida alla sua rete di contatti per questi messaggi. Però le informazioni sono davvero sospette»
«Che cosa dice?» chiese James con curiosità.
Radley lesse ad alta voce: «Gli accordi sono stati conclusi, l’ultimo carico è stato consegnato come previsto»
«Rifornimenti di armi?»
«Molto probabile…»
Il tenente continuò a leggere: «Non vedo l’ora di incontrare il nostro nuovo collegaSono certo che andremo molto d’accordo, dovremo invitare anche i suoi amici per il viaggio a Moore Bay»
James si rivelò scettico: «credi che anche questo sia un codice?»
«Di certo non si tratta di un’allegra rimpatriata»
«Abbiamo motivo di credere che questi “amici” siano i tedeschi?»
L’inglese si alzò per avvicinarsi alla cartina dell’Isola appesa al muro: «se dovessi invadere l’Irlanda dove faresti approdare le truppe?»
Donnelly decise di stare al gioco: «suppongo sulla costa sud-occidentale, dove le scogliere sono meno frastagliate e i fondali non troppo irregolari. La Contea di Clare sarebbe la più adatta»
«E quale zona avrebbe le caratteristiche più favorevoli per lo sbarco?»
«Probabilmente l’area di Kilkee»
Radley indicò il punto sulla mappa: «per la precisione la baia di Moore»
«Dunque una lettera in cui degli uomini d’affari invitano gli amici al mare è una prova inconfutabile dell’imminente invasione?»
«Questa lettera è stata trovata in un rifugio dell’IRA»
«So che l’MI5 sta cercando una buona ragione per intromettersi in questa storia, ma non credi che queste teorie siano un po’ paranoiche?»
«Che altro hanno trovato in quell’appartamento?»
Donnelly prese in mano il rapporto: «una P38, dollari americani e altri messaggi trascritti in codice Morse»
«Tutti questi indizi non sono sospetti?»
L’irlandese alzò lo sguardo: «be’, la pistola e il denaro non mi avevano convinto…ma i messaggi criptati sono decisamente un segnale d’allarme»
«La P38 è l’arma d’ordinanza della Wehrmacht» specificò Hart.
«D’accordo, due su tre» ammise James.
«Tre su quattro, se aggiungiamo la lettera»
 
***
 
Donnelly uscì dai cancelli del Castello riflettendo sulle parole dell’agente Hart. L’idea che i tedeschi potessero invadere l’Irlanda era alquanto assurda, non erano loro i nemici, la Germania non aveva validi motivi per interferire con la neutralità dell’Isola. D’altra parte i servizi segreti non potevano ignorare il pericolo.
In ogni caso avrebbe dovuto trovare il modo di seguire con giudizio le indagini, di certo non era compito suo aiutare l’Inghilterra a vincere la guerra. Egli aveva altri obiettivi.
James continuò a pensare al caso per tutto il tragitto, ma quando raggiunse la sua meta le preoccupazioni divennero altre.
Il giovane rimase immobile sul lato opposto della strada per un tempo indefinito, alla fine si decise a percorrere anche quegli ultimi metri. Appena entrò nella bottega avvertì un intenso profumo di fiori di campo. La stanza era colma di vasi e piante ornamentali di ogni forma e colore.
James mosse cautamente qualche passo all’interno cercando Julia con lo sguardo. La trovò dietro all’alto bancone di legno, era impegnata a scrivere sulle pagine ingiallite di un vecchio registro.
Ella l’accolse con un cordiale saluto: «James, sapevo che saresti tornato»
Donnelly fu lieto di esser stato riconosciuto.
Julia ripose la penna per rivolgere la sua completa attenzione al nuovo arrivato.
«Che posso fare per te?»
Egli si era preparato per affrontare quella conversazione, ma in quel momento ogni suo potenziale approccio gli sembrò soltanto ridicolo. Sapeva di non poter sprecare quell’occasione, così decise di rischiare.
«Be’, io…volevo chiederti una cosa»
Lei rimase in silenzio in attesa della sua domanda.
James tentennò qualche istante prima di trovare il coraggio di parlare.
«Accetteresti di venire a un ballo con me?»
Ella fu sorpresa da quella proposta.
«Sembra un invito ufficiale» commentò notando che per galanteria il giovane si era anche levato il berretto.
«Ci sarà una festa domani sera al Met, sarei felice di andarci in tua compagnia»
Julia non ebbe bisogno di molto tempo per prendere una decisione, quel ragazzo era sempre stato gentile e rispettoso nei suoi confronti, aveva dimostrato di meritare una possibilità.
«Sì, certo…accetto volentieri il tuo invito»
James rispose con un sincero sorriso, il suo sguardo si illuminò. Pur tentando di trattenersi non riuscì a nascondere la sua emozione.
Soltanto un pensiero riuscì a turbarlo in quel momento di pura felicità: doveva ammettere che l’agente Hart aveva avuto completamente ragione.  
 
 
   
 
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