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Autore: crazy lion    14/02/2021    1 recensioni
Il 14 febbraio Taylor è a casa da sola e non riesce a scrivere canzoni. Frustrata, chiama il fidanzato Joe, che ha la soluzione. Ma la ragazza ancora non sa che quello sarà un San Valentino davvero speciale.
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare veritiera rappresentazione del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Taylor Swift
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN SAN VALENTINO DAVVERO SPECIALE

 
Taylor era a casa. Seduta davanti al pianoforte, suonava alcune note che non formavano nessuna canzone e cercava ispirazione per un nuovo brano. Di solito si ispirava a fatti della vita reale, di tutti i giorni, o a storie d'amore passate, ma quella volta non riusciva proprio a scrivere nulla. Dato che con la musica non funzionava e che le note non le dicevano niente, andò al tavolo del salotto, prese una penna e un foglio e cominciò a scrivere.
It's a day like any other, a new dawn starts,
Left my name and pretty smile in a Starbucks cup.
Wrote my name in that red lipstick you like so much,
Now I'm hoping you'll get back to me, out of touch.
Mise quel foglio da parte, ma non lo completò. Il testo le faceva schifo. Le rime suonavano male. Ne scrisse altri, che stracciò, tenendo chissà perché solo il primo. Sbuffò.
"Perché non ne sono capace, oggi?" chiese ad alta voce, ma non riuscì a darsi una risposta. Chiamò Joe.
"Pronto?"
"Amore, sono io."
"Taylor, ciao! Stavo venendo da te. È successo qualcosa?"
"Non riesco a scrivere canzoni, sono bloccata."
“E perché, secondo te?”
Lei rifletté per qualche istante.
“Non lo so. Il lavoro mi stressa molto, forse è per questo.”
"Ti aiuto io" rispose subito lui.
"E come?"
In che modo avrebbe potuto darle una mano nel suo processo creativo? Joe non era un cantante, non era bravo a scrivere canzoni come lei. O, almeno, Taylor credeva di esserlo, altrimenti non si sarebbe trovata dov'era ora.
"Vedrai" le rispose soltanto.
Quando arrivò, Joe la prese fra le braccia.
"Buon San Valentino, amore mkio" le sussurrò all'orecchio, solleticandoglielo.
Lei rise appena.
"Buon San Valentino anche a te. Ti amo!"
"Anch'io ti amo. Ti va una passeggiata? Potrebbe farti bene per il tuo processo di scrittura."
Lei accettò. Camminare aumentava le endorfine e migliorava l'umore, le sarebbe servito. E poi, vista la calura estiva, una camminata all'ombra era quello che ci voleva. Salirono in auto e uscirono da Los Angeles. Una volta nel bosco, iniziarono a camminare.
"Si sta proprio bene qui" disse Taylor.
Faceva fresco e il profumo dell'erba umida e della resina dei pini le arrivava alle narici.
"Già. C'è pace."
Superarono alcuni massi e un ponticello un po' traballante sotto il quale scorreva un fiumiciattolo, poi proseguirono. Giunsero in una radura dove si sedettero all'ombra di un albero che non riuscirono a riconoscere.
"Il cielo si sta annuvolando" osservò Joe.
I due si stesero sull'erba, l'uno vicino all'altra, e si presero la mano.
"Guarda, quella nuvola sembra un gatto!" esclamò Taylor, indicandola.
"Ma cosa dici? Secondo me non ha nessuna forma in particolare."
"Come no? Lì c'è la testa e quello è il corpo, non vedi?"
Lui rise.
"Adoro il fatto che mi mostri il mondo in questo modo infantile."
Lei gli rivolse un debole sorriso e gli diede un altro bacio, che l’uomo ricambiò.
Restarono lì a fissare il cielo in parte azzurro, in parte solcato da nuvole bianche e grigie, ascoltando gli insetti ronzare loro intorno e qualche uccellino cinguettare. D’inverno il bosco e la natura erano silenziosi.
Taylor scattò a sedere quando un rumore sopra di lei la spaventò.
"Joe, che è stato?"
I due guardarono in su. Uno stormo di uccelli passava proprio sopra le loro teste.
"Credo fossero loro. Belli, vero?"
"Molto."
Poco dopo il vento si fece più fresco, le nuvole aumentarono e, quando sentirono un tuono, i due si alzarono. Il bosco non era il luogo migliore in cui stare quando c'era un temporale. Presero a correre mentre le prime gocce li bagnavano, ridendo come matti.
"Chi arriva prima alla macchina vince!" gridò Taylor.
"Non è giusto, tu sei più avanti di me" ribatté Joe, ma stava ridendo
Contro ogni previsione, fu lui a vincere quella gara.
"Ora mi merito un bacio."
Taylor lo baciò sulle labbra, poi approfondì il contatto mentre le loro lingue danzavano al ritmo dei respiri dei due. Avevano caldo, caldissimo, la pioggia li bagnava, ma non accennavano a staccarsi. Erano rinchiusi dentro una bolla nella quale c'erano solo loro. Fu un tuono a risvegliarli e decisero di tornare a casa.
Una volta lì si fecero la doccia insieme, poi si rivestirono. Fuori aveva smesso di piovere.
"Ti va di andare in uno di quei locali in cui ci sono i gatti?" le chiese.
Si trattava di alcuni caffè nei quali si trovavano dei mici che si potevano accarezzare.
"Un Neko café? Si chiama così vero?”
“Esatto. Neko in giapponese significa gatto.”
“Non sono mai stata in un posto del genere, ma amo i gatti, quindi vengo volentieri."
"Se portiamo i nostri ci fanno lo sconto."
Decisero di portare solo Meredith, la più tranquilla e la meno paurosa. La misero nel trasportino e lei non fece un fiato.
Si diressero alla periferia della città. Per tutto il viaggio Meredith rimase tranquilla, sdraiata nel trasportino, a guardare fuori.
Il Neko Café aveva davanti un cartello con scritto Yuki, che Taylor sapeva voler dire neve. Una sua amica, infatti, aveva un gatto che si chiamava così. Una volta entrati, Joe e la sua ragazza vennero accolti dal proprietario.
"Buongiorno. È la prima volta che visitate questo locale?"
"Sì" risposero all'unisono.
"Bene, allora prima di lasciarvi andare devo dirvi alcune regole. Dovete togliervi le scarpe. Questo è un luogo in cui ci si rilassa. I gatti sono importantissimi per i giapponesi, portano fortuna, dai soldi alla salute, e qui si sta tranquilli e li si coccola."
Per quanto fosse una cosa strana, i due obbedirono. Il pavimento in legno era riscaldato e la sensazione sui piedi piacevole.
"Bene. Non potete prendere in braccio i gatti, ma coccolarli e giocarci insieme sì. Non si possono fotografare con il flash e dovete lavarvi le mani prima di andare."
"D'accordo" disse Taylor e annuì anche con la testa.
Dopo essersi lavati in un lavandino lì accanto, i due vennero accolti da un gatto rosso che faceva le fusa. Era piccolo, ancora un po' un cucciolo.
"Secondo me non ha più di un anno" commentò la cantante, che si chinò ad accarezzarlo.
Meredith le riservò un "Miao" incavolato.
"Adesso ti libero, un secondo."
"Ciao, micetto."
Anche Joe si chinò ad accarezzarlo, poi i due proseguirono e si accomodarono su una chaise longue imbottita.
"Come si sta comodi!" esclamò Taylor allungando le gambe.
Se si fosse trovata in un comune bar non l'avrebbe mai fatto, ma tanti altri clienti si comportavano così. Tutti sorridevano, chi con gatti in braccio, chi accanto, e apparivano rilassati. Un gattino bianco, di pochi mesi, saltò in braccio a Taylor.
"Ha gli occhi azzurri come i miei e quelli di Benjamin, visto Joe?"
"È bellissimo." Sorrise e un gatto bianco e grigio, più grande, andò da lui e gli si sdraiò sulle gambe iniziando a fare le fusa. "Ciao amico… o amica."
Taylor ridacchiò.
"Non controlli? Il mio è un maschio."
Intanto la ragazza aveva liberato Meredith, che girava tranquilla per il locale giocando con qualche altro gatto. I mici si annusavano, miagolavano e poi si rincorrevano o facevano la lotta.
Meno male che ci va d’accordo pensò.
"Meredith, non ti allontanare!" esclamò.
A essere sincera era stata un po' restia a portarla lì, pensando che sarebbe potuta scappare, ma non ne aveva fatto parola con Joe. Si augurava solo che non sarebbe accaduto nulla di male e continuava a guardare la gatta in ansia.
"Sta' calma, andrà tutto bene" la rassicurò il fidanzato. "È tranquilla, non si allontanerà. E comunque no, non ho controllato." Arrossì. "Mi imbarazza."
Taylor scoppiò in una sonora risata, così alta che alcuni clienti le chiesero di abbassare la voce.
"Scusate." Dovette coprirsi la bocca con la mano per evitare di ridere ancora forte. "Beh, almeno sai cosa differenzia un maschio da una femmina?" lo prese in giro.
Lui le diede un'inoffensiva gomitata su un fianco.
"Ahia!"
"Dai, non ti ho fatto male. E poi sì, lo so." Anche lui rise. "Se proprio ci tieni controllo,."
Fece alzare in piedi il gatto, che si lamentò, ma obbedì. Era una femmina.
"È proprio una bella gatta" disse Taylor.
"Già."
I due ordinarono un cappuccino e una brioche a testa. Mangiarono e bevvero, poi continuarono a coccolare i gatti. Taylor giocò anche con quello che aveva in braccio. Il micio si mise a pancia in su e, quando lei muoveva le mani, lui lo faceva con le zampe e la prendeva con gli artigli.
"Ti piace divertirti, eh, piccolino?" gli chiese, grattandogli la testa.
Lui miagolò in risposta.
Meredith tornò affannata.
"Giocato tanto, piccola?" le domandò Joe e le fece una carezza. Lei si sdraiò nel trasportino. "È stanca."
"Allora lasciamola riposare."
Il gatto di Taylor scese e anche quella di Joe se ne andò dopo un po',, ma al loro posto ne arrivarono due neri che presero a fare fusa a profusione. E così iniziarono altre coccole e tanti giochi. Taylor tirò fuori un nastrino dalla borsa, che aveva legato non ricordava cosa, e lo fece seguire ai due mici, che lo rincorsero fino a rimanere senza fiato. Uno dei due lo prese in bocca e camminò così.
"Fa come i cani, pazzesco!" esclamò Joe.
Era passata un'ora e, dato il costo di permanenza, i due dovettero uscire. Non volevano spendere troppo, per quanto amassero i gatti,
"Meredith, andiamo" disse Taylor e stava per chiudere il trasportino quando la gatta mise fuori la testa.
"Miao!" fece.
"Su, su, ti porterò un'altra volta, ora dobbiamo proprio andare a casa."
"Miao!" protestò questa, non volendo proprio saperne.
"Non posso mica lasciarti qui. E poi i tuoi fratelli sentiranno la tua mancanza."
"Taylor, stai davvero… parlando con la gatta?" le chiese Joe.
"Sì, perché? Sai che lo faccio sempre. E poi lei mi capisce, ne sono sicura."
"Certo, è che a volte mi sembra ancora strano che tu ti rivolga ai tuoi gatti come se fossero persone."
La cantante sorrise.
Sapeva che il suo fidanzato accettava quel comportamento e non provava fastidio se lui faceva commenti del genere, ma la innervosiva il fatto che altri l'avessero criticata per quella sua abitudine.
"Non sono persone" le aveva detto una volta un amico dei suoi genitori.
"Lo so benissimo, ma per me sono comunque importanti e poi è bello parlare agli animali" aveva ribattuto, con voce più dura di quanto avrebbe voluto, tanto che i genitori l'avevano sgridata.
Lei e Joe fecero alcune foto ai gatti, poi cercarono quelli che avevano coccolato, li accarezzarono e salutarono, pagarono e uscirono.
Una volta a casa, Meredith si sdraiò sul divano e si addormentò, mentre Benjamin, Olivia e Merlin erano più attivi che mai e si rincorrevano per il salotto.
"Il tuo piano per farmi ritrovare l'ispirazione prevede altro?"
"Non ti è ancora venuto nulla?"
"No."
Forse avrebbe scritto una canzone sui gatti, non ne aveva idea. Certo, sarbbe stato un argomento strano da trattare rispetto ai suoi soliti, ma magari ai fan sarebbe piaciuto. E poi non esistevano molte canzoni che parlassero di un animale.
"Sì, c'è altro." Joe tirò fuori dal marsupio che portava una scatola di cioccolatini. "Per te."
"Grazie! Li assaggiamo?"
"Certo."
Taylor tolse l'involucro di nylon, aprì la scatola e ne prese uno. Era un cremino, grosso e quadrato. Lo scartò piano e lo annusò. Il profumo di cacao e di aroma alla nocciola le arrivò alle narici e gliele solleticò. Lo mise in bocca e, a differenza di Joe che lo mandò giù subito, lei lo lasciò sciogliere un po', godendosi il sapore dolce del cioccolato che si spandeva per tutta la bocca.
"Golosone" disse lei al fidanzato, punzecchiandogli un fianco con un dito.
"Tu vai piano e questi sono troppo buoni per fare come te" replicò lui e ne mise in bocca un altro. "Guaridao un film?"
Il Natale era già passato, ma in televisione davano un film romantico ambientato proprio in quella stagione. Lo guardarono scambiandosi baci e coccole, come gli innamorati che erano.
"Ti amo tantissimo, Taylor. Sei la cosa più bella che mi sia capitata nella vita."
Il sorriso emozionato che si dipinse sul suo volto dovette colpire Joe, perché lo ricambiò e la baciò con passione.
"Anche per me" ebbe solo la forza di mormorare lei, travolta dai sentimenti che provava per il suo ragazzo.
Lo amava con tutto il cuore e aveva intenzione di costruire una vita con lui e, in futuro, anche una famiglia. Non adesso, non era ancora il momento, ma a trentuno anni la ragazza cominciava a pensare che presto avrebbero dovuto provarci.
"Ho un'altra sorpresa."
"Ancora?"
"Farei di tutto per te, amore."
Lei restò in attesa. Il film continuava, ma i due non ci facevano più caso. Joe tirò fuori una scatolina decorata con motivi floreali e gliela mostrò, poi si inginocchiò davanti a lei lasciandola senza respiro.
"Taylor Swift," iniziò, con la voce che gli tremava, "sei la donna più incredibile che io abbia mai conosciuto. Sei dolce, sensibile, buona. Ne hai passate tante." Si riferiva al periodo nel quale la ragazza aveva iniziato a mangiare meno a causa dei commenti che leggeva sotto le sue fotografie. "Ma ti sei sempre rialzata e ce l'hai fatta, perché tu sei forte. Affronti le battaglie e le tempeste della vita e sai che non c'è niente di male a crollare, che non è sbagliato, che non è da deboli. Io ti amo così come sei, anche con i tuoi difetti come quello di russare."
Risero insieme.
"Io non russo" non poté non ribattere lei, anche se le dispiacque interromperlo.
"Invece sì. Comunque, stiamo insieme dal 2016, ormai sono passati più di quattro anni. Tu mi hai reso un uomo migliore, mi hai cambiato la vita."
Lei lo guardava con gli occhi sbarrati e il fiato sospeso.
"Ti amo più di ogni altra cosa al mondo e voglio trascorrere il resto della mia esistenza con te. È per questo che desidero che il mio destino sia intrecciato al tuo per sempre." La sua voce si spezzò come mille schegge di un bicchiere che si frantuma a terra. Aprì la scatola e le mostrò un anello d'oro con un piccolo diamante in cima. "Posso mettertelo?"
Lei annuì, incapace di parlare e con gli occhi lucidi di pianto, e quel gioiello scivolò sul suo dito medio come se fosse stato fatto apposta per lei.
"Taylor Alisson Swift, mi vuoi sposare?"
La ragazza spalancò la bocca e rimase senza fiato, mentre il suo cuore faceva le capriole.
"Sì" mormorò, così piano che Joe non dovette udirla, perché le chiese:
"Hai detto sì?"
Lei si schiarì la voce.
"Sì, sì, sì, sì, sì!"
Taylor urlò con tutte le sue forze quelle cinque affermazioni, tanto da spaventare i gatti che andarono a nascondersi, poi si gettò fra le braccia del suo amato. Le loro labbra si unirono in baci lunghi e passionali, mentre i looro cuori in tumulto battevano allo stesso ritmo. Ebbri di felicità, i due non is staccarono per minuti interi.
"Magari l'anno prossimo, così avremo il tempo di organizzare" disse Taylor.
"Sì, ma al massimo a gennaio. Non voglio aspettare troppo per sposarti."
Lei rise.
"Nemmeno io."
"Ti amo!" esclamarono insieme prendendosi per mano.
Quella sera, dopo cena, Taylor si rimise alla scrivania quando Joe se ne andò e in mezz'ora aveva scritto una canzone che parlava di due innamorati. Lui chiedeva a lei di sposarla e lei accettava ed era felice. Il brano era perfetto, intenso e profondo proprio come piaceva a lei, anche se non avrebbe mai scartato quello che aveva iniziato a comporre il pomeriggio, ripromettendosi di lavorarci il giorno successivo.
Una volta a letto, con i gatti vicino, si disse che presto sarebbe diventata la signora Alwyn. Quell'appellativo le piaceva, suonava bene, rotolava sulla lingua. Certo, sarebbero stati necessari mesi di preparativi e organizzazione, ma un giorno ce la'vrebbe fatta ad arrivare sull'altare e a dare inizio a un nuovo capitolo della sua vita. Era stato un San Valentino davvero speciale.
 
 
 
NOTE:
1. la canzone a inizio storia è inventata. Grazie a Emmastory per aver scritto le parole.
2. Merlin è inventato, è un gatto che Taylor trova nella mia fanfiction Benvenuto in famiglia.
3. Mi sono informata sulle regole dei Neko Café e su come sono fatti prima di scriverne.
   
 
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