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Autore: Slytherin_Divergent    15/02/2021    1 recensioni
In un mondo dove la popolazione ha tatuato sul proprio corpo il nome della propria anima gemella, quando si compie una certa età sul corpo di chi può rimanere incinta compare una macchia bianca.
Kenjirou tiene nascosta la sua da anni a causa del terrore dei genitori e quando scopre di aspettare due gemelli allontana Eita e tutti i suoi cari. Per tre anni lui e la sua anima gemella non si vedono e quando riprendono i contatti sembra andare tutto per il meglio, almeno fino a quando Kenjirou non trova il suo migliore amico svenuto in bagno e scopre che qualcuno ha rapito i suoi figli e vuole ucciderlo.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Taichi Kawanishi
Note: Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Violenza
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Il nome della sua anima gemella era comparso sulla sua clavicola quando Kenjirou aveva quattro anni, ma lui l'aveva incontrata solo a sedici. Era andata bene per il primo anno nonostante le controversie, poi la macchia bianca sulla fronte del castano era scomparsa e tutto era andato a rotoli.

In realtà, Kenjirou non ricordava di aver allontanato Eita fino al punto di non vederlo più dalla fine di ottobre, quando avevano perso alle finali della qualificazione per l'Interhigh, eppure a ripensarci a posteriori si rendeva man mano conto di aver passato gli ultimi mesi del suo secondo anno al liceo a girare per i corridoi con la costante paura di incrociare qualcuno di familiare, di sentire strane voci sul suo conto e di essere portato a casa dai suoi genitori per via di quelle dicerie. Nulla di ciò era ovviamente successo, ma quando la chiazza bianca era tornata a colorare la sua fronte avrebbe tanto preferito che qualcuno – dal suo ex capitano, al suo allenatore, ai suoi genitori, alla sua anima gemella – si fosse accorto di quello che stava succedendo.

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Il bollitore sul fornello emise uno sbuffo. L'acqua stava bollendo da quasi due minuti ormai, ma Taichi aveva lasciato che il pentolino restasse sulla fiamma senza curarsi del fatto che dopo il thè sarebbe stato bollente e quindi imbevibile. Lo sguardo del biondo rimase fisso sulla piccola figura che, seduta sulle sue ginocchia, muoveva per aria un piccolo aeroplanino.

Fuyuki aveva poco più di un anno e mezzo, sottili occhi marroni e una personalità un po' troppo iperattiva. Tutto il contrario era Yukine, il gemello minore, con i suoi capelli ramati, i grandi occhi castani e un carattere molto più tranquillo e gestibile.

Kawanishi aveva incominciato a trascorrere la maggior parte del tempo che non veniva catturato dall'università o dal lavoro nel piccolo appartamento che aveva aiutato Kenjirou ad affittare poco prima che incominciasse il suo terzo e ultimo anno di liceo. Il suo migliore amico aveva iniziato a lavorare part-time in un locale poco dopo la scomparsa della macchia bianca e ora, tra lavoro, università e bambini il suo ciclo sonno-veglia si era notevolmente accorciato, quindi Taichi aveva – quale buon amico che era – gentilmente accettato di badare ai due gemelli per qualche ora ogni settimana per permettere al suo coetaneo di riposare un po' gli occhi.

Fuyuki si alzò e si diresse con passo deciso verso il fratello, allungandogli il piccolo aeroplano e attendendo che l'altro lo prendesse per giocare. Il castano per tutta risposta gli diede le spalle e si raggomitolò ancora di più al petto del padre addormentato. Taichi approfittò di quel piccolo momento di distrazione per versare il thè caldo nelle due tazze e lasciarlo in infusione. In quel preciso momento il suo telefono trillò, attirando l'attenzione di tutti tranne che del neo-genitore ancora addormentato.

Il messaggio non era lungo né da qualcuno di particolare, tranne per il fatto che proveniva da uno dei colleghi del biondo che lo pregava di arrivare prima al lavoro per sostituire un collega. Kawanishi scosse con una mano la spalla di Kenjirou, facendolo svegliare un po' di soprassalto.

«Che succede?» il castano sbadigliò, stropicciandosi un occhio e mettendosi seduto. Yukine si rannicchiò contro lo schienale del divano, godendosi il calore emanato dal tessuto.

«Mi hanno chiamato prima a lavoro. Devo andare.» Taichi si era già allontanato per infilarsi la giacca. «Ti ho preparato il thè. Attento che scotta. Bevi anche il mio, se ti va.»

Il castano annuì e si alzò con un sospiro. «Grazie per essere venuto. Ci sentiamo dopo.»

Il biondo annuì. «Certo. Non studiare troppo.»

«Non vedo cos'altro potrei fare per passare il pomeriggio.» borbottò l'altro in risposta. Kawanishi scollò le spalle.

«Potresti stare con i tuoi figli e avere una giornata tranquilla, per una volta?» come a dar conferma della frase Fuyuki allungò l'aeroplanino giocattolo al padre con un grosso sorriso stampato sul volto. «Vedi? Anche lui è d'accordo.»

Shirabu afferrò il giocattolo e prese in braccio il figlio. «Ciao, Taichi. Divertiti.»

«Ah-ah. Ti racconterò di quanti casi umani ho incontrato.»

«Ricordati di toglierti dalla lista.»

«A questo punto dovrò togliere anche te.» prima che il castano potesse rispondere Taichi uscì di casa e chiuse la porta, lasciando Kenjirou, Fuyuki e Yukine da soli. Per un attimo nell'appartamento regnò silenzio, poi Fuyuki si tolse il ciuccio di bocca e fissò il padre negli occhi, sentenziando con voce autorevole – per quanta un bambino di quasi due anni ne potesse possedere: «Pa-ppa.»

Shirabu levò gli occhi al cielo ma si diresse ugualmente verso il frigorifero.

«Hai mangiato letteralmente...» lanciò un'occhiata all'orologio che segnava le cinque di pomeriggio. Aveva dormito più di quanto avesse immaginato, anche se solitamente crollava alle tre e si destava alle sei, quando Taichi andava al lavoro. «Okay, sì, capisco che tu abbia fame, ma dovresti imparare a rispettare un po' di più gli orari umani, non credi? Non puoi mangiare ogni volta che il tuo stomaco brontola o andrai in giro rotolando.»

Guardò il figlio e alzò un sopracciglio alla sua espressione dubbiosa. «Non mi guardare così, sono tuo padre.»

«Pa-ppa.» ripeté Fuyuki. Yukine si avvicinò ai due e con una mano tirò i pantaloni di Kenjirou per attirare la sua attenzione, poi annuì solidale. Il castano levò gli occhi al cielo e aprì il frigo.

«Va bene, va bene, ma fate solo merenda.»

Fare solo merenda andò bene a tutti e due e mentre sbocconcellavano allegramente qualche biscotto al cioccolato – Kenjirou aveva provato dapprima con lo yogurt e poi con la frutta ma ambo i tentativi erano stati vani per i due piccoli pozzi senza fondo che si ritrovava in casa – Shirabu poté concentrarsi sulle e-mail ricevute mentre sorseggiava il thè non più così bollente. Aveva col tempo imparato a tenere in allerta tutti i suoi sensi e quando vide Fuyuki cercar di afferrare qualcosa tra il quinto e il sesto biscotto allontanò la confezione con un gesto rapido e gli mise davanti il bicchiere di spremuta d'arancia precedentemente preparato.

Fuyuki era la persona più simile alla sua anima gemella che Kenjirou avesse mai visto. Se per i primi mesi in cui aveva evitato Semi non era riuscito più a figurarsi il suo viso, ora lo vedeva per quasi tutto il giorno e da un certo punto di vista questa poteva essere definita una sorta di tortura. Rimase per qualche secondo ad osservare i capelli color biondo cenere del bambino di fronte a lui e una piccola parte della sua mente si domandò come sarebbe stata la sua vita se seduto a quel tavolo ci fosse stato anche Eita. Di certo chiassoso e irritante, rispose il resto del suo cervello, poi scacciò il pensiero.

La verità era che Shirabu non avrebbe mai voluto allontanare Semi, ma quando la macchia bianca sulla sua fronte era scomparsa il panico lo aveva assalito. Come obiettivo si era prefissato dapprima quello di nascondere l'ormai evidenza alla sua famiglia perché non voleva incontrare lo sguardo deluso dei suoi genitori solo per sentirsi dire "te l'avevo detto". Dopo la sconfitta alla finale delle qualificazioni dell'Interhigh però la parte più spaventata del suo cervello aveva capito di non poter più girare per la scuola come se nulla fosse e in un momento di panico aveva iniziato ad allontanarsi sempre di più dalla sua anima gemella fino a quando nessun contatto era diventato più necessario. Il castano lo aveva accettato, alla fine: Eita si era diplomato e lui non era andato alla cerimonia, così come Semi aveva fatto quando si era diplomato Kenjirou.

Dopo la fine del suo secondo anno di liceo Shirabu non era tornato a casa. Aveva seguito Taichi dalla sua famiglia convito che si sarebbe potuto preparare al meglio per il suo ultimo anno di superiori, ma dopo nemmeno dieci giorni di vacanze si era ritrovato ricoverato in ospedale e dopo pochissimi giorni a gestire una vita completamente nuova che lo aveva mandato in panico.

La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era arrivata quando suo fratello maggiore, Akihito, lo aveva chiamato al telefono e gli aveva domandato in maniera abbastanza diretta, confusa e arrabbiata perché non si fosse presentato a casa per le vacanze di Natale né per quelle primaverili. Dopo aver ascoltato in silenzio la sclerata che il più piccolo gli aveva fatto al telefono, suo fratello si era accordato con il castano per incontrarsi qualche giorno dopo ed era grazie a lui che Shirabu aveva potuto concentrarsi quasi del tutto sulla scuola e sullo sport durante il suo ultimo anno di liceo.

Akihito si era rivelato essere un ottimo babysitter dal momento in cui entrambi i gemelli lo avevano adorato dal primo momento, sicuramente causa del fatto che la prima volta che si erano incontrati lui li aveva riempiti di complimenti, attenzioni e regali – Kenjirou lo aveva voluto uccidere quando si era reso conto che i suoi figli sarebbero cresciuti viziatissimi.

Il suono di qualcosa che crollava a terra tirò fuori Shirabu dai propri pensieri. Se poco prima si era fatto i complimenti da solo per la sua ottima attenzione, mentre osservava con un sopracciglio alzato il pacco di biscotti caduto a terra si diede uno schiaffo mentale. Spostò lo sguardo da Yukine a Fuyuki e tirò un lungo sospiro per calmare i nervi.

«Chi è stato?» i due s'indicarono a vicenda e Shirabu decise che dare una testata al tavolo sarebbe stato più produttivo.

3/Si alzò e sollevò Yukine dal seggiolone. «Ce la fate a stare tranquilli per cinque minuti mentre pulisco o mi farete esasperare?»

«E-sa-s... S... Se-pe... Ra-e.» ripeté Yukine. Kenjirou sorrise debolmente mentre faceva scendere anche Fuyuki dal seggiolone.

«E-sa-s-p-e-ra-re.» Yukine corrugò le sopracciglia e si guardò le mani.

«E-sa-s... E-e... E-sa-se-pe-ra-e.» ripeté, sedendosi sul tappeto e guardando in maniera interrogativa il fratello. «Esasepesare.»

«Esasesasesare.» lo imitò il biondo, afferrando una delle tante macchinine con cui prima aveva fatto piccole e innocenti gare di velocità assieme a Taichi, ora sparse e dimenticate sul pavimento.

Kenjirou buttò nel cestino le briciole appena raccolte da terra mentre una macchinina gli colpiva la caviglia. La afferrò e si andò a sedere di fianco ai due bambini, lasciando che la loro fantasia creasse gare e scontri tra le piccole auto.

Quasi sobbalzò quando il campanello suonò: non appena aprì la porta si ritrovò davanti Akihito e si fece da parte per farlo passare. Non appena il più grande mise piede nell'appartamento Fuyuki gli saltò addosso e si avvinghiò alla sua gamba, gridando "zio!".

«Sei in anticipo.» osservò il castano mentre chiudeva la porta d'ingresso. Akihito scosse la testa e indicò l'orologio. «No. Sono le sei e mezza come al solito.»

Dentro di sé Kenjirou si domandò quando il tempo fosse volato tanto velocemente, ma scacciò il pensiero e si passò una mano tra i capelli con un sospiro. «Mi vado a cambiare.»

Shirabu si chiuse in camera e mentre s'infilava la camicia bianca con sopra ricamato il nome del locale dove lavorava sentì il chiacchiericcio di Akihito e Fuyuki proveniente dal salotto. Con un sorriso si pettinò i capelli e quando tornò nella sala trovò Yukine seduto sulle gambe dello zio e Fuyuki a cavalluccio sulle sue spalle.

«Papà! Papà!» il biondo si sbilanciò verso il castano e lui si affrettò ad andargli vicino per sorreggerlo. Il bambino puntò lo sguardo sul padre e sorrise. «Oggi... Oggi dici... oggi dici la storia?»

«Racconti.» Kenjirou accarezzò i capelli biondi del più piccolo. «Oggi racconti la storia.»

«Oggi racconti la storia?» ripeté Fuyuki speranzoso. Il castano sospirò, ma forzò un piccolo sorriso sul volto e annuì.

«Se torno in tempo, certo, ma per sentirla non devi addormentarti.»

Fuyuki scosse la testa. «Non... Non lo faccio!»

Shirabu gli baciò la fronte e scompigliò delicatamente i capelli di Yukine, poi uscì di casa salutando il fratello e sapendo che quando sarebbe tornato dal lavoro avrebbe trovato già i bambini a letto e Akihito intento a lavorare sul proprio computer.

 

   
 
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