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Autore: dracosapple    19/02/2021    1 recensioni
La vita nelle campagne del Kansas scorre tranquilla e monotona per tutti, anche per il giovane Dean a cui non dispiace affatto essere un semplice ragazzo di campagna, gli va bene così, non pretende nulla di diverso per sé stesso, anche se vive negandosi la libertà per non deludere la sua famiglia.
Il destino però, anche se in modo crudele, certe volte presenta l'occasione di ricominciare, perché la vita è una sola, anche quando sembra distrutta e non resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Spazio autrice: ehilà! Eccomi di nuovo con un nuovo capitolo. Innanzitutto voglio ringraziare tutt* quell* che hanno recensito il primo capitolo e\o messo questa storia tra le preferite, seguite…mi fa molto piacere che vi piaccia! Spero di continuare ad aggiornare con questa frequenza anche se tra poco ricominceranno le lezioni all’università, nel caso vi avviserò.
Se vi va, lasciatemi una recensione per farmi sapere che ne pensate. Un abbraccio e (spero) a presto!
 
 
Capitolo 2: Thank God I’m A Country Boy
 
Lawrence, Kansas, 27 agosto 1988

Il sole batteva spietato sulla schiena nuda di Dean facendogli scottare la pelle, erano ore che stava piegato in quella posizione a togliere quelle dannatissime erbacce dall’orto.
Si era alzato presto, come sempre, ma quella mattina aveva una voglia matta di tirare fuori la sua chitarra dall’armadio e suonare un po’ per distrarsi ma John Winchester, puntuale come solo lui sapeva essere, l’aveva intercettato per le scale e spedito nell’orto a estirpare le erbacce da dove voleva piantare la nuova lattuga.
Si asciugò il sudore dalla fronte con la maglietta che aveva tolto un’ora prima, quando il calore del sole di fine estate era diventato insopportabile, poi si chinò nuovamente tirando con forza un ciuffo d’erba che proprio non voleva saperne di staccarsi dal terreno.
-Che cazzo!- imprecò mentre cercava di strappare con quanta più forza gli fosse possibile usare.
-Ciao Dean!- disse una voce femminile.
Il ragazzo alzò la testa e vide Lisa Braeden che gli sorrideva. –Ho chiesto a tua madre dove fossi e lei mi ha detto che eri qui a sistemare l’orto- aggiunse poi guardandolo e soffermandosi sulla pelle dorata del suo petto nudo.
-Oh…uhm…ciao Lisa- rispose Dean impacciato mentre cercava di rimettersi la maglietta, sentendosi a disagio sotto lo sguardo civettuolo della ragazza.
-Ci sarai anche tu stasera a cena dai miei genitori?- cinguettò lei lanciandogli l’ennesima occhiata languida.
-Mmmmm sì- disse lui senza un briciolo di entusiasmo nella voce, ma lei non sembrò accorgersene e sfoderò un sorriso civettuolo.
Lisa Braeden e Dean si conoscevano da sempre. Lei aveva quattro anni meno di lui, la stessa età di Sam, e, da quel che il ragazzo poteva ricordare, aveva sempre avuto un debole per lui, ma Dean non aveva mai osato provarci con lei, né prima né dopo. Aveva sempre avuto la strana sensazione che lei avrebbe potuto capire tutto e scoprirlo in un batter d’occhio se si fosse comportato come faceva con le altre ragazze e quindi si era sempre impegnato a tenerla alla larga il più possibile, ma lei non sembrava notarlo.
Dean aveva come il sospetto che suo padre le avesse detto qualcosa del tipo “saresti perfetta per mio figlio” a mo’ di battuta e lei doveva aver interpretato la cosa come una sorta di interesse di Dean nei suoi confronti.
-Allora ci vediamo stasera?- domandò Lisa speranzosa.
-Suppongo di sì- replicò Dean con un alzata di spalle, sospirando per poi tornare alle sue erbacce mentre lei si allontanava.
Si assicurò che se ne fosse andata prima di togliersi di nuovo la t-shirt e sedersi sulla terra scaldata dal sole per riposarsi un po’ e bere un goccio d’acqua dalla bottiglia posata accanto a lui.
Non aveva la minima voglia di andare a quella maledetta cena, voleva solo starsene a casa e rilassarsi dopo aver passato una giornata a spaccarsi la schiena, non cercare di evitare gli sguardi di Lisa mentre teneva d’occhio il piccolo Jack. Si passò una mano tra i capelli biondo sabbia e poi riprese a lavorare finché sua madre non venne a chiamarlo per il pranzo.
-Mi faccio una doccia prima- disse approfittando del fatto che suo padre non era ancora rientrato.
-Va bene tesoro, ma cerca di fare in fretta-
Dean salì le scale per arrivare al bagno al piano superiore e aprì l’acqua della doccia. Si buttò sotto il getto ghiacciato sentendosi immediatamente rigenerato e pensò che Sam avrebbe chiamato quel pomeriggio, per fortuna, almeno avrebbe parlato con qualcuno.
Non aveva molti amici, solo Benny e Garth a dire la verità, ma non riusciva a confidarsi con loro come faceva con Sam, al suo fratellino era certo di poter dire tutto, beh quasi tutto.
Uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano attorno alla vita mentre si guardava allo specchio. Era bello Dean, glielo avevano sempre detto, sin da quando ne aveva memoria e soprattutto, da quando aveva iniziato a notare che le ragazze lo guardavano, le stesse ragazze che venivano puntualmente sedotte e poi scaricate dopo qualche giorno, ma lui di quella bellezza non aveva mai saputo cosa farsene, non gli interessavano né le ragazze né una carriera nel mondo dello spettacolo, come gli avevano suggerito una volta.
Una carriera nel mondo dello spettacolo… sorrise amaramente pensando alla faccia che avrebbe fatto suo padre se gli avesse detto una cosa del genere.
Lui era nato in quelle campagne e in quelle campagne avrebbe lavorato e vissuto fino alla fine dei suoi giorni, punto. Così gli era stato insegnato e così avrebbe fatto.
Si mise una maglietta e dei jeans puliti e scese di nuovo in cucina dove John era appena entrato e Mary stava finendo di apparecchiare la tavola.
-Hai visto Lisa stamani?- domandò sua madre sorridendo.
-Uh, sì lei è venuta nell’orto, mi ha detto che l’hai mandata tu- fece lui sedendosi.
-Lo sai che ha un debole per te, è una brava ragazza Dean- riprese Mary mettendo la pasta nei piatti.
-Lo so-
-È anche molto carina, non trovi figliolo?- chiese poi suo padre guardandolo di sottecchi.
-Credo di sì…- rispose Dean sperando che la conversazione finisse ora che sua madre aveva messo il cibo nei piatti, ma suo padre la pensava diversamente.
-Credi? Cos’è, sei diventato cieco? O frocio?-
-No papà è che…non è il mio tipo- rispose lui cercando di mantenere un tono civile per non esplodere.
-E com’è il tuo tipo? Sentiamo-
“Con un cazzo di venti centimetri” pensò Dean, ma poi si morse la lingua.
-Non lo sai neanche tu. Sei grande ormai, dovresti iniziare a pensare a qualcos’altro, cambiare mentalità, fare le cose sul serio- lo provocò John.
Dean chiuse gli occhi per un secondo massaggiandosi la base del naso, non doveva esplodere, non poteva, doveva cercare di mantenere la calma, per il suo bene e per quello di Mary.
Decise di ignorare il padre e prese a mangiare svogliatamente, mentre avvertiva una strana sensazione al petto, come se qualcosa ci gravasse sopra.
-Solo perché non mi piace una ragazza non vuol dire che non me ne piacciano altre- decise di ribattere.
Il padre non rispose, limitandosi a scoccargli un’occhiata obliqua mentre Mary mangiava a testa bassa.
Finito il pranzo si ritirò nella sua stanza, il pomeriggio faceva veramente troppo caldo per fare qualunque cosa, quindi abbassò le tapparelle della finestra e si stese sul letto guardando il soffitto. Rimase sdraiato per un po’ poi si alzò e aprì l’armadio, scostò i suoi abiti e afferrò il manico della sua vecchia chitarra acustica.
Gliel’aveva regalata sua madre quando aveva compiuto tredici anni e da quel momento non se n’era più separato. Non coltivava il sogno di fare il musicista, l’aveva accantonato tempo fa quando aveva capito che non aveva abbastanza fegato per andarsene e soprattutto perché fare il musicista non era quello che suo padre aveva in programma per lui, però gli piaceva suonare e sapeva anche di essere piuttosto bravo.
Lo squillo del telefono lo interruppe e si precipitò in soggiorno a rispondere.
-Sam!- esclamò alzando la cornetta.
-Hey Dean! Come te la passi?- rispose dall’altro capo la voce del fratello minore.
-Beh non è cambiato molto da due giorni fa- replicò ridendo. –Com’è andato il viaggio?- aggiunse poi.
-Tutto bene, anche se c’è stata un po’ di turbolenza. Dov’è la mamma?- domandò Sam.
-È uscita in giardino, se vuoi vado a chiamarla-
-Non importa, posso richiamarla tra un po’. Papà?-
-Da quando hai tutti questi soldi?[i]- disse ridendo. -Papà dorme, per fortuna. Stasera siamo a cena dai Braeden…- aggiunse Dean con un sospiro.
-Papà continua a volerti fare combinare il matrimonio con Lisa?- fece Sam con una risatina.
-Vaffanculo Sam-
-Dai scherzavo, anche se sareste una bella coppia, lei ti adora- continuò Sam, ma Dean sapeva che stava scherzando, era come se sentisse il suo sorriso dall’altra parte del telefono.
-Che fai adesso?- gli chiese ancora Sam.
-Uhm…volevo uscire un po’, suonare sai…- rispose vago. –Sam, sei a posto con i soldi?- aggiunse poi a bassa voce.
-Sì Dean, non preoccuparti, dovresti iniziare a risparmiare anche tu, così potresti venire a trovarmi-
-Vorrei risparmiare ma si dà il caso che mio fratello sia una maledetta sanguisuga! Pensa se non avessi la borsa di studio e dovessi pagarti anche l’affitto, non potrei nemmeno permettermi una birra!- lo rimproverò ridendo.
-Fesso-
-Puttana-
-Mmmm Dean io devo andare, c’è Jessica che mi sta aspettando-
-Jessica? Chi è Jessica? Non puoi lanciare il sasso e nascondere la mano Sam-
-Te lo spiego la settimana prossima, ciao ciao!- Sam chiuse la telefonata sghignazzando e Dean sospirò. Sam probabilmente aveva una ragazza e non si degnava nemmeno di dirlo a suo fratello maggiore che, all’apparenza, aveva un discreto successo con le signore.
Sbuffò e tornò nella sua stanza, aveva voglia di suonare dal mattino così prese la chitarra e uscì nella calura estiva, dopo aver controllato suo padre fosse a riposare nella frescura della loro stanza.
Camminò per il vialetto di casa evitando accuratamente Mary che leggeva sul dondolo, poi superò il prato e arrivò alla collina dove si era incontrato con Chris ieri. Gli piaceva quel posto, era sufficientemente lontano da casa perché nessuno lo vedesse ma nel frattempo lui poteva vedere casa sua, un puntino bianco in mezzo al verde. Appoggiò la schiena contro un albero e si sedette, liberando lo strumento dalla sua custodia.
Le sue dita indugiarono qualche istante sulle corde non sapendo quale melodia comporre poi sorrise mentre le parole fluirono dalla sua bocca.
 
“Well the life on the farm’s kinda laid back
Ain’t much an old country boy like me can’t hack
It’s early to rise, early in the sack
I thank God I’m a country boy!
Well a simple kind of life never did me no harm
Raisin’ me a family and workin’ on a farm
My days are all filled with an easy country charm
Thank God I’m a country boy!
Well I got me a fine wife I got me ole fiddle
When the sun’s comin’ up I got cakes on the griddle
Life ain’t nothin’ but a funny funny riddle
Thank God I’m a country boy!”[ii]
 
Scoppiò a ridere da solo, ma era una risata amara, senza allegria. Si ricordava bene quella canzone. Suo padre faceva suonare continuamente quel terribile disco country quando lui e Sam erano bambini e diceva che era la storia della sua vita e anche della loro, così era stato e sempre sarà.
In fondo era vero, almeno per quanto riguardava suo padre, che faceva una vita semplice, con una moglie e due figli, lavorava alla fattoria e sua madre metteva i dolci a raffreddare sul davanzale.
Per lui aveva funzionato solo la parte della vita semplice, almeno per ora. Strimpellò un altro paio di accordi facendo uscire una melodia dolce e pensò che avrebbe voluto scrivere una canzone.
Volse lo sguardo verso la sua casa che tremolava nella canicola di fine estate e sentì la stessa sensazione di oppressione al petto che lo aveva colpito durante il pranzo ma la scacciò quasi subito.
Era davvero stanco così si distese sotto la fresca ombra dell’albero e chiuse gli occhi.
“Solo cinque minuti” disse tra sé e sé.
Si svegliò con il cielo che imbruniva.
-Merda!- esclamò guardando l’ora sull’orologio. Si mise la chitarra in spalla e cominciò a correre come un forsennato verso casa imprecando a ogni metro, inciampò un paio di volte finendo a terra e sporcandosi di erba i jeans puliti.
Arrivò ansante sulla porta e si precipitò all’interno dell’abitazione proprio mentre sentiva suo padre gridare contro la moglie:-Dove cazzo è quell’imbecille di tuo figlio?-
-Sono qui- esalò appoggiandosi allo stipite della porta per fare rallentare il battito.
-Muoviti- gli disse seccamente il padre prendendo le chiavi dell’auto.
La famiglia salì sul pick-up blu metallizzato parcheggiato accanto all’Impala di Dean e John accese il motore. Dean sapeva che al rientro avrebbe dovuto guidare lui, perché il padre sarebbe stato sicuramente troppo sbronzo e lui non ci teneva a morire a venticinque anni, anzi ventisette come Jim Morrison o Jimi Hendrix.
I Braeden abitavano in una grande casa verniciata di rosso ma talmente sbiadita da sole che ormai virava verso un pallido rosa, nell’ampio giardino, sotto il pergolato, il padre di Lisa insieme al reverendo era impegnato ad attizzare la brace.
-Dean!- trillò Lisa non appena lo vide scendere dal pick-up.
-Ciao- rispose lui senza entusiasmo.
-Dean!- ripeté un’altra voce, stavolta però il ragazzo alzò lo sguardo e vide un bambino di circa otto anni uscire come un missile dalla porta di casa e corrergli incontro per poi saltargli addosso.
-Jack! Ciao piccola peste!- disse scompigliandogli i capelli biondi. –Come stai? Sei pronto per ricominciare la scuola?- domandò facendogli il solletico.
Il bambino iniziò a contorcersi dalle risate e Mary appoggiò una mano sulla spalla del figlio. –Comportati bene stasera Dean, ti prego- gli sussurrò all’orecchio prima di entrare in casa per aiutare la signora Breaden e la signora Kline ad apparecchiare.
Sotto il pergolato, oltre alla griglia con la brace, c’era un lungo tavolo di legno coperto da una tovaglia bianca, Dean osservò il padre stappare la birra che gli aveva porto il signor Braeden e mettersi a scherzare con lui come se nulla fosse.
-Com’è andata la giornata?- gli chiese Lisa distraendolo e guardandolo con i suoi occhi scuri.
-Bene- bofonchiò Dean lasciando andare la presa su Jack che iniziò a rincorrere il cane di Lisa, spuntato in quel momento da dietro la casa.
-Hai i jeans sporchi- gli fece notare lei.
-Già, sono caduto mentre correvo- le rispose storcendo le labbra in un sorriso sghembo prima che il padre della ragazza gli facesse cenno di avvicinarsi. Il ragazzo si diresse verso l’uomo mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni, felice di non dover continuare la conversazione con la ragazza.
-Allora Dean, mi ha detto tuo padre che lavori alla fattoria di famiglia! Come procede?- domandò il signor Braeden dandogli una pacca sulla spalla.
-Bene- ripeté Dean. –Me la cavo- aggiunse con un sorrisetto ricordandosi che la madre si era raccomandata con lui di fare il bravo.
Stava per dire qualcos’altro quando la madre di Lisa lo salutò.
-Dean Winchester! Ogni volta che ti vedo sei sempre più bello-
-Oh…salve signora Braeden, mmmm grazie- fece lui a disagio. I complimenti lo mettevano sempre in imbarazzo, specie sul suo aspetto. Tutti, da sempre, non facevano che dirgli quanto fosse bello, attraente, affascinante e lui ogni volta rispondeva con un’alzata di spalle. Non sapeva che farsene di quei complimenti.
-Sempre modesto il nostro Dean!- esclamò il padre di Lisa. –Dimmi ragazzo, tutto questo fascino ma nessuno con cui condividerlo, mi ha detto tuo padre che non hai una ragazza-
Dean scoccò al padre un’occhiata di fuoco, sapeva benissimo dove la conversazione sarebbe andata a parare e grazie ma no, grazie.
-Sì beh…non mi sento ancora pronto- rispose cercando di sviare l’argomento.
-Sicuramente avrai un sacco di ragazze che stravedono per te- disse l’uomo con un gran sorriso e lanciando uno sguardo fugace alla figlia che adesso stava aiutando la madre di Dean a portare fuori alcune teglie.
-Credo di sì- fece Dean distrattamente, giocherellando con lo spesso anello d’argento che portava all’anulare destro. Era un regalo di Sammy e non se lo toglieva mai.
-Dean! Vieni a prendere delle sedie da portare fuori!- lo chiamò da dentro casa la voce della signora Kline.
Sollevato, voltò le spalle ai Braeden e salì i tre gradini che lo condussero all’interno dell’abitazione.
C’era stato tante volte, era una grande casa di legno su due piani, come quasi tutte quelle delle famiglie che abitavano lì, con una enorme cucina, il soggiorno e la sala da pranzo al piano terra, camere e bagno al piano superiore e una soffitta.
-Puoi prendere queste due sedie per favore?-
La signora Kline era abbastanza giovane, non aveva neppure quarant’anni, con i capelli castano chiaro raccolti in una treccia e un sorriso gentile.
Non era molto apprezzata nella comunità perché secondo i loro standard aveva avuto Jack in età troppo avanzata e soprattutto non sapeva chi fosse il padre del bambino, ma il reverendo, sorprendentemente, aveva accolto la donna con gentilezza quando si era trasferita lì e così, anche le altre famiglie, avevano smesso di sparlare.
A Dean piaceva Kelly Kline, era una donna forte che stava crescendo da sola un figlio in quel posto e Jack sembrava diverso dagli altri bambini, gli ricordava lui da piccolo, irrequieto e pieno di domande.
Il ragazzo afferrò le sedie e uscì di nuovo in giardino, giusto in tempo per vedere suo padre e il padre di Lisa confabulare qualcosa. Roteò gli occhi e si ripromise di parlare con suo padre. Di certo non gli avrebbe confessato quella cosa, ma gli avrebbe detto di lasciarlo in pace e smetterla di cercare di organizzargli un matrimonio con Lisa Braeden.
Pensò che se avesse avuto più fegato avrebbe potuto evitarsi quella cena e incontrarsi con Chris, per rilassare i nervi tesi non c’era niente di meglio che una sana scopata ma pensò che avrebbe dovuto rinunciarci, almeno per quella sera.
-Mamma, che sta facendo papà con il padre di Lisa?- domandò nervosamente.
-Dean tesoro, tuo padre è così preoccupato per te. Alla tua età dovresti avere una ragazza, sposarti…- disse Mary a bassa voce.
-Preoccupato? Gesù, mamma! Non si fa gli affari suoi, non è preoccupato per me, vuole solo che io diventi come lui!- sussurrò rabbiosamente.
-Dean, ti prego, non fare niente di avventato- lo supplicò Mary.
Il ragazzo fece un profondo respiro guardando intensamente la madre negli occhi. A volte avrebbe voluto che lei facesse con lui quello che aveva fatto con Sam, che si impuntasse, che lo proteggesse.
Sospirò e andò a sedersi accanto a Jack, mentre il padre di Lisa toglieva la carne dalla brace.
Fu una cena stranamente tranquilla, John si regolò con l’alcool e il signor Braeden smise di fare domande troppo invadenti.
Alla fine della cena, mentre le donne sparecchiavano, andò a sedersi sul prato con Jack.
-Perché hai tutti quei puntini sulla faccia?- domandò il bambino alludendo alle lentiggini di Dean, che con l’abbronzatura risaltavano ancora di più.
-Ce li ho da sempre Jack, si chiamano lentiggini e non ce le ho solo sulla faccia, vedi, guarda qui sono anche sulle braccia, sulle mani…-
Jack osservò affascinato la pelle di Dean.
-Perché io non ce le ho?-
-Mmmmm forse ti verranno quando sarai più grande- rispose il maggiore con una risata.
-Si dice che lentiggini siano i baci degli angeli- intervenne una voce femminile. Dean alzò gli occhi e si ritrovò Lisa di fronte che gli sorrideva.
-Lo so, me lo diceva anche mia madre- replicò Dean. Non voleva essere scortese ma quella ragazza faceva in modo e maniera di capitargli sempre tra i piedi.
-Dean, mi suoni qualcosa?- chiese Jack salvandolo inconsapevolmente da una situazione altrimenti imbarazzante.
-Suoni?- domandò Lisa sgranando gli occhi.
-Sì, ma non ho la mia chitarra qui…-
-Puoi usare quella vecchia di mio padre, vado subito a prendertela!- esclamò lei.
-Uhm…okay grazie- mormorò mentre la guardava allontanarsi ed entrare in casa. Gettò un’occhiata fugace ai tre uomini, suo padre, il padre di Lisa e il reverendo, che se ne stavano seduti sotto il pergolato parlando di qualcosa che non riusciva a sentire.
-Che vuoi sentire?- si rivolse a Jack non appena Lisa gli mise in mano una chitarra classica un po’ rovinata.
-Quello che vuoi!- fece il bambino guardandolo adorante.
-Ah ragazzo! Tuo padre non mi aveva detto che hai anche velleità artistiche!-
La voce del reverendo si avvicinò assieme ai suoi passi, seguito dagli altri due uomini e dalla signora Kline.
-Ogni tanto suono sì- rispose lui alzando le spalle.
-Ed è anche molto bravo- disse dolcemente la voce di sua madre, che nel frattempo era ritornata in giardino assieme alla madre di Lisa.
Dean mosse nervosamente le mani, non gli piaceva stare così tanto al centro dell’attenzione, soprattutto mentre Lisa lo guardava in quel modo, aveva praticamente gli occhi a cuoricino e lui si sentiva in imbarazzo da morire.
-Su facci sentire qualcosa!- lo incitò John.
Dean nascose un sorriso sarcastico abbassando la testa. Com’era gentile con lui suo padre adesso, con di fianco il reverendo e il padre di Lisa. Quanto gli piaceva apparire un padre e un marito amorevole in quei momenti.
-Sì Dean, suona!- disse Jack con entusiasmo.
-Okay, okay. Che volete?-
-La prima cosa che ti viene in mente guardandoti attorno- rispose ridendo il signor Braeden.
Dean accordò la chitarra e si guardò attorno.
Il vasto giardino, il tavolo ormai sparecchiato, la brace morente, i campi in lontananza, la luna pallida e luminosa in cielo. Era bello lì, era familiare, in un qualche suo modo era accogliente.
Nonostante quello che Dean provava amava quel luogo, ci era cresciuto e gli aveva regalato anche dei bei ricordi, come quando lui, Benny e Garth, da adolescenti avevano preso l’auto di Dean ed erano andati a nascondersi proprio sulla collina per fumarsi un po’ d’erba per la prima volta, mentre bevevano birra e ascoltavano le cassette degli AC\DC sull’autoradio.
O quando John aveva portato a casa quel rottame di auto e aveva detto a Dean che se fosse riuscito ad aggiustarla sarebbe stata sua. Aveva solo quindici anni all’epoca e non aveva idea di come aggiustare una macchina ma la voleva dannatamente, soprattutto perché di lì a pochi mesi avrebbe compiuto sedici anni e un’auto tutta sua gli sarebbe tornata davvero utile.
Così si era ingegnato e Dio se gli era riuscito. Ci aveva impiegato mesi ma alla fine eccola lì, la sua Baby, dopo dieci anni ancora splendida come il primo giorno.
Oppure ancora quando all’inizio di giugno mietevano il granturco e Dean vedeva quella sconfinata distesa dorata sparire pian piano…
-Sei con noi Dean?- ridacchiò Lisa agitandogli una mano davanti agli occhi.
-Oh sì sì, stavo solo pensando a cosa suonare-
Ritornò con la mente a poche ore prima e sul suo viso spuntò di nuovo quel sorriso amaro e pieno di rimpianto.
 
“When the work’s all done and the sun’s slettin’low
I pull out my fiddle and I rosin up the bow
The kids are asleep so I keep it kinda low…”
 
-THANK GOD I’M A COUNTRY BOY!- cantarono tutti in coro. Mary lo guardò dolcemente, Dean ricambiò lo sguardo della madre mentre gli altri continuavano ad andare avanti con la strofa della canzone.
 
“Well I wouldn’t trade my life for diamonds and jewels
I never was one of that money hungry fools
I’d rather have my fiddle and my farming tools
Thank God I’m a country boy”
 
Dean negli ultimi tempi non era così sicuro di non voler scambiare la sua vita per un po’ di soldi. Si sentiva un maledetto codardo, anche ora mentre stava lì seduto a suonare sul prato di casa Braeden.
Se fosse stato sempre così, con John che non cercava di capire cosa ci fosse di strano in lui, sua madre che lo guardava con quella dolcezza e quella sensazione di spensieratezza che sa dare una canzone allegra suonata alla chitarra mentre tutti cantano stonando un po’…era una bella sensazione. Forse avrebbe dovuto smetterla di vedere Chris, di vedere i ragazzi in generale, avrebbe dovuto sposare Lisa, fare un bel marmocchio e continuare a mietere il granturco con suo padre e ogni tanto suonare in compagnia come stava facendo adesso.
Poteva farcela? Poteva farsi di nuovo amare da suo padre come quando era piccolo?
Non ne era così sicuro ma avrebbe potuto provarci, sforzarsi, ancora di più di come aveva fatto fino ad ora, seguire la tradizione di famiglia e basta.
Scacciò quelle idee mentre continuava a suonare, ci avrebbe pensato domani.
 
[i] Le chiamate interurbane erano a pagamento
[ii] Thank God I’m A Country Boy, John Denver
  
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