Caroline rise, slacciandosi un bottone del vestito. "Oh dunque... Due mesi fa Demelza, incinta, ha aiutato Bessie Smith a partorire. E l'ascesso della signora Tinghell è guarito e il suo dente è salvo. I bambini dei Tiggs hanno avuto lo scorbuto e io e Demelza abbiamo riempito la loro casa di arance per tutto l'inverno e poi...".
Dwight rise, si avvicinò e la bloccò baciandola. "Intendevo cosa è successo a te! Ai miei pazienti ci penserò domani".
Caroline lo fissò, maliziosa. "Oh, quindi l'ascesso della signora Tinghell non è stato il tuo primo pensiero in terra francese?".
"Il secondo... Il primo eri tu".
Soddisfatta, Caroline si sbottonò un altro bottone del vestito. "Oh beh, io mi sono... divertita a volte. Ho giocato a dadi con alcune amiche e a volte ho vinto e a volte ho sfiorato la povertà, poi ho aiutato Demelza in tutte le attività in cui vuole sentirsi coinvolta, ho giocato ovviamente con Horace, mi sono annoiata e ho ovviato alla cosa facendo compere e... E poi basta, dopo tutto sono una donna frivola!".
Dwight la baciò ancora era frivola e assolutamente irresistibile. "Molto frivola...".
Lei si avvinghiò a lui, cingendogli le spalle con le braccia. "E tu, dottore? Che hai combinato?".
Dwight si allentò la camicia, facendole notare un grosso livido sotto la spalla. "Mi sono quasi rotto una costola".
Caroline per un attimo sembrò entrare in allarme. "Ti sei cacciato in qualche guaio pericoloso, spinto da Ross Poldark?".
Dwight rise, pensando a quanto stupido fosse stato il suo infortunio. "In realtà sono scivolato dalle scale dell'osteria che mi ospitava a Parigi. Erano piccole, malmesse, era mattino presto e c'era poca luce e sono caduto a terra come un cencio vecchio".
Caroline scoppiò a ridere, di cuore. Poi tornò a indossare uno sguardo malizioso e con un gesto sensuale avvicinò le sue labbra al livido, baciandolo sulla pelle in un modo che fece sentire Dwight sull'orlo dell'estasi. "Che cosa poco virile, dottor Enys! Avrei preferito ti fossi ferito durante un combattimento corpo a corpo con un gendarme napoleonico" - sussurrò, con la bocca contro il suo petto.
Dwight, col fiato corto, affondò le mani fra i suoi capelli biondi. "La prossima volta" - sussurrò, baciandole prima il capo e poi il collo.
Caroline si stiracchiò come una gatta, coinvolta da quelle attenzioni che le erano mancate come l'aria. "Sono contenta che tu sia quì".
Dwight la strinse a se. "Anche io. Mi sei mancata! Sarebbe tutto perfetto se anche Ross fosse quì con la sua famiglia. Demelza sta bene ma sembra stanca e sta affrontando tutta la gravidanza da sola. Ross era molto in ansia per questo...".
Caroline si fece seria. "Demelza è forte, lei c'è sempre per tutti. Sarebbe ora che QUALCUNO venga ad esserci anche per lei".
"Ross sarà quì presto" - la rassicurò Dwight.
"Sarà meglio per lui...". Poi Caroline avvicinò le labbra a quelle del marito, finché i loro fiati si mischiarono. "Ma ora, dobbiamo per forza parlare dei Poldark?".
Dwight catturò le sue labbra. "No, decisamente no".
Erano stati lontani a lungo, tanto dolore li aveva divisi prima della partenza, c'era una culla vuota che Dwight voleva assolutamente riempire ed era certo che lo volesse anche Caroline. Ma prima di questo, voleva di nuovo respirare, vivere, immergersi in sua moglie.
Con frenesia si spogliarono e crollarono sul letto che a Caroline troppo a lungo era sembrato freddo e vuoto.
E il resto del mondo smise di esistere.
...
Nel letto, in una stanza illuminata dalle candele, circondata dai figli e con ai piedi Garrick, Demelza ripose il libro che aveva appena letto ai bambini. Anche se stavano crescendo, amava quel genere di passatempo serale con loro, soprattutto quando Ross non c'era e all'imbrunire la nostalgia diventava difficile da combattere.
"Mamma, papà torna davvero fra pochi giorni?" - chiese Jeremy che al ritorno dalla pesca era stato felicissimo di rivedere Dwight.
Demelza annuì. "Poche settimane, amore mio". Era consapevole che a Jeremy suo padre fosse mancato tantissimo e spesso si era trovata preoccupata per il rapporto fra i due ora che suo figlio non era più così piccolo da non fare domande.
"E ci porterà i regali!" - esclamò Clowance, stretta alla sua bambolina dai capelli rossi.
Demelza annuì, accarezzandosi il pancione dove il figlio minore, come ogni sera, aveva preso ad agitarsi dandole infiniti calci.
Clowance rise, appoggiando la manina sul suo ventre. "Anche lui o lei aspettano i regali di papà!".
"Può darsi!" - rispose Demelza. "Però la cosa più bella è averlo a casa, anche senza regali".
Clowance non sembrò molto convinta. "Ma coi regali, è meglio!".
"Mamma?" - la chiamò Jeremy.
"Dimmi".
"Perché papà sta sempre lontano da casa? Non gli piace stare con noi?".
Quella domanda in un certo senso la ferì perché in passato era successo tanto, c'erano state ferite profonde inferte fra loro e la lontananza era stata la cura necessaria a guarirle... Ma questo non poteva raccontarlo ai bambini, non avrebbero capito e ormai quelle ferite erano scomparse e il motivo che portava Ross lontano era tutt'altro. "Jeremy, tuo padre ci ama più di qualsiasi altra cosa e quando è via, non pensa ad altro che al momento in cui potrà riabbracciarci tutti".
"E allora perché?".
Gli accarezzò i capelli, quei boccoli tanto simili a quelli di suo padre. "Perché tuo padre è un uomo eccezionale, unico, un eroe... E ad uomini così spettano compiti importanti, che solo in pochi possono portare a termine. E ci manca quando non c'è, ma dobbiamo solo essere orgogliosi di lui e di quello che fa".
Clowance la fissò, curiosa. "E che fa?".
Demelza strinse a se i bambini. "Quello che aveva promesso per i suoi figli quando è nata vostra sorella Julia, rende il mondo un posto migliore per voi, per quando sarete grandi".
Jeremy rimase un attimo in silenzio, pensieroso. "Io sono bravo quando lui non c'è? Sono bravo come lui?".
"Certo! Anzi, spesso sai anche essere più galante".
Jeremy rise. "Glielo dirai a papà quando torna? Che sono stato bravo?".
Demelza lo strinse a se, comprendendo il desiderio di Jeremy di essere apprezzato da Ross. Quando era nato, suo marito era stato emotivamente lontano da suo figlio ed ora era come se il bambino lo percepisse e tentasse di ottenere, con la sua approvazione, la ricucitura definitiva di quello strappo. "Certo! E lui sarà fiero di te".
"E di me?" - intervenne Clowance.
"Anche di te".
"Da grande sarò anche io un eroe?" - domandò ancora Jeremy.
"Sono sicura di sì!".
"Come papà?".
Demelza sorrise dolcemente. "Se c'è una cosa che mi auguro per te, è che tu diventi come lui. E so che lo farai, che sarai un grande uomo, gentile, buono, che lotterà per le cose giuste e saprà amare la donna fortunata che avrà la fortuna di averti". Era davvero il più grande augurio che potesse fare a suo figlio perché Ross era un uomo a volte complicato, a volte sfuggente, spesso fumantino, ma era buono, aveva un animo a suo modo candido e sì, aveva sbagliato e le aveva spezzato il cuore il passato e lei aveva fatto altrettanto con lui, ma era stato proprio tramite questi errori che avevano capito di appartenersi e avevano scelto di lottare per loro e per stare insieme, invece che separarsi. Nessuno sarebbe stato ai suoi occhi come Ross, mai, nessun poeta, nessun aristocratico, nessuno. E sapeva che per Ross era la stessa cosa e che nessuna ai suoi occhi sarebbe mai stata come lei.
Incurante di quei pensieri, Jeremy ragionò sulle parole della madre. "Io sposerò Mary Lennex?".
"Non lo so Jeremy. Lei... O un'altra! Sei ancora piccolo, chissà cosa ti riserverà il futuro".
"Ma io voglio sposare Mary sul serio!".
Gli diede un pizzicotto sulla guancia, dolcemente. "D'accordo! E allora perché oggi hai preferito uscire a pesca coi tuoi amici invece che stare con lei?".
Jeremy rise, come se sua madre avesse appena chiesto una cosa ovvia. "Ma dai, è una cosa da maschi!".
"Io so pescare!" - lo corresse sua madre.
"Ma tu sei la mamma! Sai fare tutto".
"Anche Mary! Esci a pesca con lei e lo scoprirai!".
Jeremy sbuffò. "Va bene, qualche giorno la porterò con la nostra barca".
Clowance si mise seduta, ritta come un fusto. "Vengo anche io!".
Demelza la spinse scherzosamente sul letto. "No, non si va coi fidanzatini". Insomma, anche se erano bambini Jeremy e Mary meritavano la loro privacy e per ora era meglio non pensare ai discorsi sull'amore fatti da Dwight poco prima e sul fatto che dovesse stare all'erta. Anche se aveva deciso di chiedere a Ross di fare un discorso sull'amore al figlio, appena fosse tornato a casa.
Clowance si imbronciò. "E allora io vado con papà, quando torna".
"Ottima idea" - la tranquillizzò Demelza. Poi spense le candele, si stava facendo tardi... "E ora, a nanna!".
"Ma il fratellino in pancia, scalcia ancora" - fece notare Clowance.
Demelza sospirò. "Smetterà e dormirà anche lui".
Jeremy rise. "A papà farà ridere sentire i calci che da!".
Il cuore di Demelza si strinse al pensiero di Ross. Era così lontano e aveva perso tanto dei suoi figli ed era certa che ne stava soffrendo... Eppure, erano due cuori e un battito, come si erano detti alla partenza... Ed era certa che in cuor suo poteva sentire tutte le emozioni che lei viveva sulla sua pelle attraverso i loro figli. Mancava poco, era stanca e aveva bisogno di lui ma sarebbe stata forte finché non lo avesse riabbracciato.
"Buona notte, mamma" - sussurrarono i bambini.
E lei si sentì in pace col mondo, nonostante tutto, quando Jeremy iniziò a canticchiare la ninna nanna che lo tranquillizzava da piccolo e che anche il bimbo in arrivo sembrava apprezzare...
Il silenzio calò poi e lei, prima di addormentarsi, si sentì la donna più fortunata del mondo.