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Autore: Serpentina    21/02/2021    1 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve salvino! Mi scuso per l’attesa, purtroppo (o per fortuna, a seconda dei punti di vista) quest’ultimo periodo è stato pieno di impegni lavorativi, lasciandomi pochissimo tempo per scrivere.
Come sempre, grazie ai lettori silenziosi e a chi recensisce la storia. * manda baci *
Chi shippa, o anche solo adora vedere interagire, William e Frida avrà parecchie soddisfazioni da questo capitolo. 😉
Vi lascio i link ai brani che mi hanno ispirata: "Mantra" e "Medicine" dei BMTH.
 
Williamsofia
 
“Ma l'amore è cieco e gli amanti non possono vedere le piacevoli follie che essi commettono.”
William Shakespeare
 
Cyril Wollestonecraft si era spesso chiesto se il suo unico figlio avesse qualche difetto della termoregolazione: non era possibile che avesse sempre caldo! Poteva capire in Australia, dove il clima tendeva al mite quasi tutto l’anno, ma non in Inghilterra, dove da settembre ad aprile imperava un freddo umido che penetrava fin dentro le ossa. Eppure, l’unica volta in cui non l’aveva sentito lamentarsi era stata quando, otto anni prima, avevano trascorso le festività natalizie in Finlandia.
Da quando abitavano sotto lo stesso tetto, ogniqualvolta William faceva una doccia rigorosamente gelida, o entrava nel suo campo visivo coperto soltanto dalle mutande, non poteva non pensare, con una punta d’invidia, “I miracoli degli ormoni” o “Beata gioventù”. Seguiva un mezzo rimprovero con annesso invito a coprirsi.
–Cristo santo, Will! Mettiti qualcosa addosso, non sei Tarzan! E se arrivasse all’improvviso un ospite?
Quella domenica lo aspettava al varco: era di pessimo umore, e non desiderava altro che una valvola di sfogo. Ormai conosceva abbastanza bene le abitudini di William da sapere che sarebbe rimasto chiuso in camera a fare non si sa cosa (sperava ardentemente che la musica ad alto volume - si complimentò mentalmente con se stesso per avergli trasmesso il suo buon gusto almeno in un ambito - servisse da catalizzatore per il suo estro artistico, non da copertura per “strani rumori” derivanti da attività disdicevoli) fino a mezzogiorno, per poi fare capolino in salotto e chiedere a che ora e cosa avrebbe pranzato, ché moriva di fame. Guardò l’orologio: erano le undici. “Meno uno”, pensò, prima di riprendere la lettura del giornale domenicale. Poco dopo, un insistente bussare alla porta interruppe la sua quiete.
–Dannazione! Chi osa rompere le scatole la domenica mattina?
 
***
 
–Sono qui per vedere Liam e lo vedrò, Mr. Wollestonecraft. Nudo, se necessario. Non mi scandalizzo mica! Ho visto di tutto e di più nei libri dei miei genitori… sono medici, nel caso se lo stesse chiedendo.  
William avrebbe riconosciuto quella voce tra mille. Rimase paralizzato, mentre una macchia di inchiostro di china si spandeva sul foglio, fortunatamente senza intaccare la sua ultima creazione.
“Com’è che si dice? Parli del diavolo e spuntano le corna”.
Nel suo caso, il diavolo era una diavolessa dai capelli neri e gli occhi di ghiaccio, che mai avrebbe sperato di rivedere così presto dopo la loro ultima discussione. Invece era lì, a casa sua, a scambiare convenevoli con suo padre, mentre lui, in preda al panico, si sforzava di mantenere un minimo di concentrazione e padronanza di sé.
Sentì dei passi in avvicinamento, e realizzò con orrore di non avere tempo a sufficienza per rendersi presentabile e occultare la sua ultima creazione. Diede quindi priorità a quest’ultima: non poteva assolutamente rischiare che la Weil vedesse quello che considerava, con ragione, il suo miglior lavoro finora; puritana com’era, lo avrebbe ammazzato di botte.  Lo aveva definito un pervertito solo per averla ritratta con una generosa scollatura e le gambe in bella vista; come avrebbe reagito, se avesse scoperto che stavolta l’aveva disegnata completamente nuda?
Mise al sicuro il disegno e sorrise, autocompiacendosi del prodotto della sua creatività (e una notte insonne): il ritratto a mezzo busto di Frida sotto un getto d’acqua di ignota provenienza - il soffione di una doccia? Una cascata? - trasmetteva sensualità senza scadere nel volgare. La ragazza, girata di tre quarti, teneva il capo reclinato all’indietro, gli occhi chiusi, la bocca semiaperta, l’espressione estatica. Forse per la sensazione rinfrescante dell’acqua che scivola sulla pelle, forse per… altro.  Dei due arti superiori, infatti, solamente uno era visibile, poggiato al torace di modo che la mano potesse arrivare a coprire il seno controlaterale; l’altro si vedeva per metà, lasciando all’immaginazione indovinare se giacesse immobile lungo un fianco, o se invece avesse deviato verso zone del corpo più interessanti. Si complimentò con se stesso: si era davvero superato. 
Aveva appena nascosto l’opera d’arte, quando la porta della sua stanza si spalancò e sulla soglia apparvero Frida e suo padre. Sorrise sadicamente nel constatare che la Weil era rimasta a bocca aperta, e per dispetto si sedette scompostamente, a gambe larghe, lasciandone una penzoloni dal bracciolo della comoda sedia ergonomica che gli era costata un occhio della testa, ma gli aveva salvato la schiena. Il sorriso si allargò quando vide la sua faccia assumere il colore di un pomodoro maturo.  
“Guarda guarda, la principessina è imbarazzata! Ma come? Non si vantava di aver visto di tutto nei libri di mammina e papino?”
Lei, dal canto suo, era imbarazzata non tanto dalla reazione in sé, che reputava fisiologica, quanto dalla sua incapacità di dissimularla. Credeva, infatti, che aver spulciato gli atlanti di anatomia ihrer Eltern1 l’avesse anestetizzata a certi “panorami”; invece, accidenti a lei, suo malgrado era arrossita come una scolaretta (e poco importava che a tutti gli effetti lo fosse, una scolaretta), incapace di distogliere lo sguardo e mantenere un minimo di contegno.
“Smettila di fissarlo! Ha i boxer. Attillati, ma pur sempre boxer. È come se fosse in costume, e non c’è assolutamente niente di speciale in un tizio in costume, richtig? Inspira, espira. Inspira, espira. Di’ qualcosa, verdammt2, o sein Vater ti prenderà per pazza!”
Guten Morgen, Liam. Herrgott3! Hai un aspetto orribile!
“Ah, però! Dritta al punto!”
–Neppure tu sei una pesca, Weil. Vai da qualche parte? Hai un set di valigie sotto gli occhi da far paura!
Dall’espressione costernata di suo padre intuì da che parte stava e, sarcasmo a parte, non poteva dargli torto: da quale pulpito si era permesso di criticare l’aspetto della Weil, mille volte migliore del suo (sebbene lontano anni luce dalla consueta perfezione quasi ultraterrena)? Non solo aveva l’aria sbattuta di chi ha passato una notte in bianco (quando veniva colto dall’ispirazione la lasciava fluire liberamente, a prescindere dall’ora), non si era neanche dato pena di infilare la vestaglia e, dulcis in fundo, non si era ancora lavato e pettinato. Insomma, era l’opposto dell’immagine di Adone lindo e pinto che il genitore pretendeva di cucirgli addosso.
Avvertendo il peso della crescente tensione, Cyril pensò bene di svignarsela, ma non prima di aver lanciato al figlio uno dei suoi “sguardi parlanti”. Negli anni, infatti, i due - complice anche la necessità di tramare alle spalle della ex Mrs. Wollestonecraft -avevano raggiunto un’intesa tale da riuscire a condensare frasi intere in una sola occhiata.
Voglio fidarmi a lasciarvi soli, ma tu vedi di tenere addosso quei boxer!”.
William rispose alzando gli occhi al cielo.
Sì, certo! Come se tu non facessi di peggio, persino con me in casa!”
Cyril socchiuse minacciosamente i suoi.
“Will, sono tuo padre!”
William, per nulla intimidito, ricambiò con un’eloquente alzata di sopracciglia.
“Ho immaginato che lo dicevi con la voce di Darth Vader, sappilo!”
“Credimi, se avessi i poteri di Vader, li starei usando per strozzarti!”
Stufa di fare da tappezzeria, Frida si schiarì rumorosamente la gola. Cyril, sconvolto (ma, sotto sotto, anche un po’ divertito) dalla sfrontatezza della ragazza, acconsentì alla poco velata richiesta di sloggiare.
–Bene- disse. –Vi lascio soli.
Appena la porta si fu richiusa alle sue spalle, la Weil, dimentica del proposito della visita, chiese a William –Problemi di cuore o di lavoro?
–Di che parli?
–Presumendo non abbia raccontato deinem Vater del nostro, ehm, diverbio, non vedo altre giustificazioni al suo malumore. Perché si vede lontano un miglio che è di cattivo umore.
Dopo qualche secondo di boccheggiamento, arrivò la replica di William.
–Oh! Ehm, in realtà… nessuno dei due. Ha avuto una, uhm, accesa discussione con una tizia al supermercato, e la cosa lo ha, beh, fatto arrabbiare.
–Non mi stupisce- commentò Frida. –Dein Vater è un uomo da non contrariare.
–Al contrario: gli fa decisamente bene venire “messo a cuccia” di tanto in tanto- dissentì il suo interlocutore, che in cuor suo, ringraziava la sconosciuta almeno una volta al giorno, da quando suo padre era tornato a casa fumante di rabbia, sbraitando di una “frustrata polemica”, colpevole di avergli fatto perdere quindici preziosi minuti di vita. –Mia madre non ha mai avuto sufficiente spina dorsale da osare contraddirlo, specie quando era di cattivo umore, e il risultato non è stato dei migliori. Gli voglio bene, ma devo riconoscere che il suo ego va ridimensionato.
–Ne sei sicuro? Conoscendola, meine Mutter deve averlo ridimensionato, ai tempi, e guarda com’è andata a finire! Comunque, in che modo questa geheimnisvolle Frau4 avrebbe attentato all’ego deines Vaters?
–Lo ha costretto a farla passare avanti nella fila per la cassa perché lui aveva un carrello stracolmo e lei solamente tre articoli. Il supermercato era affollato, la scena si è svolta tra gli applausi generali. La tizia - che per inciso, si è pure beccata gli insulti di mio padre e dei suoi (pochi) sostenitori - è stata acclamata come un’eroina, e per me aveva perfettamente ragione: il tempo è un bene inestimabile in quanto limitato e irrecuperabile, perché sprecarlo in fila alla cassa di un supermercato? Far passare avanti chi ha meno articoli, dal punto di vista pratico, permette di risparmiare tempo; da quello etico, significa regalare minuti preziosi a un’altra persona, e cosa può esserci di più intrinsecamente aderente alla legge morale universale? A ruoli invertiti, mio padre avrebbe indubbiamente preteso di passare avanti; è giusto che, per una volta, sia toccato a lui cedere il passo.
“Ecco che esce fuori il kantiano - del cazzo - che è in lui!”
–Sarebbe ironico, oltre che molto romantico, se…
–Oddio, no!- ruggì William. –No, ti prego, non finire la frase! Non voglio nemmeno pensarci! Piuttosto, potrei sapere a cosa devo questa sorpresa, Weil?
La risposta fu un ceffone che avrebbe lasciato il segno per giorni. 
–Mi prendi in giro? Sei stato tu a mandarmi un messaggio fuori di testa, du Arschloch!
–Ahia! Fa male, cazzo!- sinceramente perplesso, William, massaggiandosi la guancia dolente, chiese –Quale messaggio?
–“Esiste un posto dal quale si esce senza prima esservi entrati: l’ospedale dove si nasce. Riflettici”- lesse Frida. –Puoi facilmente immaginare la mia faccia quando l’ho ricevuto. Ho pensato ti fossi ubriacato, o peggio, pur di non pensare alla discussione, ehm, poco civile che abbiamo avuto circa dodici ore fa, perciò sono corsa qui - mollando Mutti e Nate, tra l’altro - per vedere come stessi ed eventualmente farti passare la sbornia io stessa- fece due profondi respiri –Perché, nonostante tutto, mi… preoccupo per te. Ecco, l’ho detto!
Era un gesto tenero, insolitamente affettuoso per gli standard di Frida, eppure William non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere.
–Fammi capire bene: ti sei precipitata qui sulla base di un messaggio? Tu non stai bene! Anche se devo ammettere che la tua apprensione è commovente. Sto ridendo, ma sono serio, giuro! Scusa, è che… è troppo divertente! Vedi, quel messaggio… non era per te- anche se a fatica, soppresse la risa e si spiegò meglio. –Io e il mio amico Freddie, una delle poche persone che ho rimpianto di aver lasciato in Australia, ci sfidiamo a colpi di cazzate pseudo-profonde. Ti ho inviato per sbaglio la mia cazzata del giorno- ignorò i borbottii di disappunto della Weil, che disapprovava il linguaggio triviale –Beh, ormai sei qui, posso approfittarne per chiederti ancora una volta scusa per essermi comportato da testa di cazzo - letteralmente: per trattarti in quel modo, dovevo stare ragionando col cervello nei pantaloni, sicuro come il marsupio di un canguro - e, se possibile, spiegarmi.
–Potresti cominciare mostrandomi il tuo ultimo capolavoro pornografico.
–Non so di cosa tu stia parlando, Weil.
Sentirlo mentire così spudoratamente le fornì la determinazione necessaria a spintonarlo mente gli riversava addosso un fiume in piena di rabbia repressa.
–Hai il coraggio di guardarmi negli occhi e mentire? Wirklich? Con chi credi di avere a che fare? No, non fiatare. Rispondo io per te: hai davanti la migliore detective della sua generazione, perciò non pensare di potermi prendere in giro. La tua scrivania è insolitamente caotica, tranne per quello spazio vuoto a misura del tuo album da disegno. Hai delle macchie di inchiostro sulle dita, e la tua preziosa china giace aperta e gocciolante. È evidente che stavi lavorando a qualcosa, quando sono piombata qui senza invito, qualcosa da tenermi nascosto a ogni costo, tanto che hai preferito usare il poco tempo a tua disposizione per occultarlo, piuttosto che vestirti. Ergo: è un altro mio ritratto a luci rosse. Esigo di vederlo.
Incapace di negare l’evidenza, William alzò le mani in segno di resa, recuperò l’album e lo porse alla sua (fastidiosamente) geniale socia.
–Ecco, dannata impicciona! Rifatti gli occhi con la mia arte!
La prima reazione di Frida fu sconcerto misto a irritazione (e un’insana voglia di picchiarlo): possibile non fosse penetrato a dovere in quella adorabile testolina bionda il concetto che soltanto il suo ragazzo aveva il diritto di pensare a lei in quel modo?
Eppure, non riusciva ad essere arrabbiata come forse avrebbe dovuto. Non lo avrebbe confessato neppure sul letto di morte, ma una parte di lei - per quanto microscopica - si sentiva stranamente compiaciuta.
Nochmal: du hast wirklich Talent, Liam. Nudità a parte, das ist… super toll. 5
–È un complimento, vero?- le chiese, occhieggiandola perplesso. –Perdona la domanda stupida, ma per chi non parla tedesco ogni parola suona come un insulto. Nel senso: per quanto ne so, “nochmal” potrebbe significare “puttana tua madre” o qualcosa del genere!
Frida socchiuse le palpebre e sibilò –Fingerò di non aver sentito, sia la frase che deinen schrecklichen Akzent6. Per tua informazione, comunque: era un complimento.
–Oh, ok. Grazie.
Bitte. A scanso di equivoci: vuol dire “prego”- soffiò la ragazza in tono grondante sarcasmo, salvo poi aggiungere, con sincera incredulità –Non posso credere che tu, ehm… sì, insomma… davvero mi vedi così?
William avrebbe potuto irriderla, replicare in maniera sprezzante; la consapevolezza che decidere il verso che avrebbe preso il resto della discussione era interamente nelle sue mani gli diede il coraggio di ammettere –Credo di averti dimostrato quanto ti trovi sexy, Weil. Probabilmente riceverò un pugno in faccia per averlo detto, ma non rimpiango di averti baciato alla festa dei gemelli; il mio unico rimpianto è di essere stato troppo ubriaco per ricordare cosa ho provato.
Frida dovette fare appello a tutto il proprio autocontrollo per reprimere l’istinto di annullare la (breve) distanza che li separava e rinfrescargli la memoria.
“Cosa mi succede? Herrgott, sembro Kimberly! Tutta colpa del maledetto saliscendi ormonale mensile e di quei maledetti boxer attillati! Oh, e del maledettissimo abitante delle colonie, natürlich! Riprenditi, Frida, tu sei meglio di così. Lasciarti andare può sembrarti la scelta giusta, invece è la scelta comoda, che ti farà stare bene sul momento e male nel lungo termine. Datti una regolata, ragazza!”
Sei still7! Smettila di atteggiarti a paladino senza macchia. Nulla potrà mai cancellare il tuo schifoso comportamento di quella sera. Hai avuto la faccia tosta di ficcarmi la lingua in bocca e palpeggiarmi, prima di ammettere che mi vedi come- in mancanza di espressioni più raffinate, riciclò quella usata dalla madre –Un pudding da farcire!
–Potresti usare un’altra metafora? Mi piacciono i pudding, vorrei continuare a mangiarli- ribatté lui. –Ehi, so di non averti trattato da gentiluomo, ma almeno sono stato onesto con te. Avresti preferito che mentissi? Per essere chiari: all’inizio non ti sopportavo; eri così…- “Piena di te, distaccata, supponente.” –Non ha importanza. Quello che conta è che, conoscendoti, ho imparato ad apprezzarti. Sei la persona più pazzesca che abbia incontrato finora. Ci tengo a te, credo di avertelo provato in ogni modo possibile, come, ripeto, credo di averti dimostrato quanto ti trovi sexy. Questo non significa che provi dell’interesse romantico. Sarebbe contrario alla Williamsofia.
Frida storse il naso: da quale perverso meandro del labirinto della mente il suo socio aveva pescato un nome tanto ridicolo?
–Vediamo se ho ben capito: la Wil… la tua filosofia considera esclusivamente i bassi istinti?
–Non li definiresti “bassi” se avessi scopato in vita tua.
Verdammter Schweine! Ich schwöre, ich werde dich töten!8
Repressa la marea di imprecazioni, più qualche bestemmia, che avrebbe voluto riversare sull’australiano, Frida si costrinse a un sorriso tirato e gli tese un ramoscello d’ulivo.
–Potresti aiutarmi a capire. Prometto di ascoltare senza giudicare.
–Ormai ti conosco, Weil: tu vuoi capire per poter giudicare. Tutto sommato, perché no? Potrei addirittura persuaderti a pensarla come me! Innanzitutto, voglio precisare che non è vero che non credo nell’amore. Non credo in un certo tipo di amore, è diverso. Secondo me il romanticismo è il vero oppio dei popoli, la monogamia a vita un’invenzione, e chiunque sostenga il contrario è un povero illuso- rispose lui, per poi ridere dell’espressione imbronciata di Frida, che replicò con la consueta (scarsa) sensibilità.
–Parli così perché i tuoi hanno divorziato!
Incassò quel colpo basso con ammirevole compostezza; provò anzi una sorta di perverso divertimento nel sentirsi sbattere in faccia uno degli avvenimenti peggiori della sua vita. Tempo due frasi, e avrebbe avuto la sua vendetta, smontando pezzo per pezzo l’ultimo baluardo dell’innocenza della Weil: la sua cieca fede nella forza dell’amore.
–Delicatissima come sempre. Spiacente di contraddirti, ma il divorzio dei miei genitori ha semplicemente confermato una  convinzione che avevo maturato da tempo.
–Come puoi negare l’esistenza di qualcosa che tu stesso hai provato? Isla, la ragazza della porta accanto. Il modo in cui parlavi di lei, il linguaggio non verbale … Tu l’amavi!
William gettò il capo all’indietro ed emise un sospiro scocciato, osservandola attraverso le palpebre semichiuse: non si capacitava che fosse pronta a sostenere una tesi ai limiti del surreale.
–Credevo di amarla, come credo in tante altre cose. Non sono senza cuore, ho un ricco mondo interiore. Credo nell’amoroso abbraccio dell’universo, che penetra persino i buchi neri; credo nell’affetto universale, nella solidarietà intra- e inter-specie, nell’imperativo morale- sciorinò, infervorandosi: voleva discutere con lei, scontrarsi, se necessario; qualunque cosa, pur di dissuaderla dal suo insensato romanticismo. –È un peccato mortale pensare che l’amore di coppia sia una pericolosa mistificazione, che ha come unico aspetto positivo ispirare gli artisti? Rifletti: se non ti fossi fatta incantare dall’idea romantica di Aidan, avresti evitato di soffrire e ti saresti concessa dei piaceri che invece ti sei negata. E per cosa? Per uno che ti vede come la sua sorellina, che ti tratta come la sua sorellina!
–Puoi provarci quanto ti pare, non mi convertirai alla tua visione cinica!
–Esistenzialista, più che cinica. Nel linguaggio comune, il termine cinico si riferisce a  chi ostenta disprezzo e beffarda indifferenza verso gli ideali o le convenzioni della società in cui vive, ma è un errore concettuale. In realtà, la scuola cinica esaltava il rigore morale e l’autarchia, sostenendo la disobbedienza ai costumi di una società corrotta. Parecchio lontano dal concetto esistenzialista di uomo "condannato a essere libero"- sciorinò William, felice di essere, per una volta, il più ferrato sull’argomento. –L’amore è un atto sadomasochistico, che ha come motivo e fine possedere l’amato. Per questo è anche conflitto, perché l’amante vuole imprigionare la coscienza dell’amato, essere tutto il suo mondo; non una delle tante cose del mondo, ma l’universo all’interno del quale l’amato vive. Una sorta di dolce prigione, costruita dalle mani dell’altro. L’amante è prigioniero della sua stessa esigenza di essere amato ad esclusione di qualsiasi altro, diventare il limite oggettivo della libertà dell’altro. In altre parole: nella coppia, ciascuno ha la pretesa di essere l’oggetto per il quale la libertà dell’altro si aliena, e qualora così non dovesse essere, ne soffrirebbe terribilmente. In pratica, ognuno dovrebbe alienarsi nella persona amata; l’amato e l’amante diventano mutuamente indispensabili per la realizzazione dell’impresa, la quale, tuttavia, a causa della sua intrinseca contraddittorietà, è inesorabilmente votata al fallimento. Proverò ad essere più chiaro: lasciate ogni speranza, o voi che vi innamorate. Quell’amore assoluto e totalizzante che insegnano ad agognare, soprattutto a voi ragazze, non può esistere, perché si fonda sulla pretesa egoistica di essere il centro dell’universo dell’altro, e, poiché l’amore può considerarsi tale soltanto se il fine è possedere l’amato senza lederne la libertà, allora si può affermare che nessuno ama davvero. Ergo, l’amore non esiste.
Frida, che aveva ascoltato senza battere ciglio il lungo e verboso monologo, completamente rapita dall’abilità oratoria di William, si adirò con se stessa per essersi lasciata irretire, anche solo per pochi istanti, da quella concezione anticonvenzionale dell’amore. L’abitante delle colonie era decisamente più pericoloso di quanto pensasse: non ricordava di aver mai incontrato qualcuno in grado di farla pendere dalle sue labbra; ma non avrebbe dato a nessuno, men che meno a lui, il privilegio di metterle idee in testa.
In mancanza di valide argomentazioni con cui controbattere, si affidò all’espediente più vecchio al mondo per sfuggire da una situazione scomoda, senza dichiararsi esplicitamente sconfitta, dopo la fuga: cambiare argomento.
–Molto interessante- sbuffò. –Ma veniamo a questioni più serie della giustificazione al tuo goffo tentativo di sedurmi: dobbiamo elaborare una strategia per riuscire a interrogare quante più persone possibile alla commemorazione in onore di Aisling Carter.
–Facile: coinvolgi anche il resto della gang. Cinque persone coprono più terreno di due.
–Giusto! Perché non ci ho pensato io?-  esclamò Frida, rivolgendogli un cenno di approvazione. –Tu, però, sei e rimani l’unico a cui potrei mai affidare un compito fondamentale: escogitare un diversivo che mi consenta, durante il memoriale, di sgattaiolare nella stanza di Aurora e parlarle.
Pur conscio della gravità della conversazione, William non perse l’occasione per deriderla.
–Aurora Carter? La tentata suicida, sorella della tossica presunta suicida e del lombrico con il complesso d’inferiorità? La bella allettata nel bosco? Quella Aurora Carter? Se dovessi riuscirci fai un fischio a Stoccolma, il prossimo Nobel per la Medicina sarà tuo di sicuro!
Frida, di fronte a cotanta immaturità, stralunò gli occhi, per poi replicare –Sei kein Narr9! So benissimo che Aurora Carter non può parlare. È un miracolo che sia viva!
–Ammesso che quella si possa chiamare vita- commentò l’altro, ancora piccato per la rigida presa di posizione della socia nei confronti di una delle problematiche bioetiche più controverse.
–Non ho intenzione di discutere con te di questo argomento. Eigentlich10, non ho intenzione di discuterne affatto. Credo fermamente nella giustizia e nel rispetto delle legge, e tanto basta- ribatté la Weil in un tono che non lasciava adito a dubbi sul fatto che per lei la questione era chiusa. –Comunque, non esagero: ho dato una letta alla documentazione clinica; Aurora nella caduta ha riportato un grave politrauma prevalentemente cranico, con ematoma subdurale in sede parietale sinistra, focolai lacero-contusivi cerebrali biemisferici, prevalentemente in sede occipitale, multiple fratture ossee sia del neuro- che dello splancnocranio, frattura del processo trasverso della vertebra D1, con concomitante lesione della radice nervosa, e fratture costali multiple. C’è chi stira le zampette per molto meno!
–Sì, beh, non mi pare se la sia cavata con poco: è praticamente imprigionata nel suo corpo!- osservò William. –Non può camminare, non può alimentarsi da sola, non può parlare…
–Non è un vegetale, Liam! Posso comunque ricavare da lei informazioni utili. Ricordi cosa disse il lombrico, alla festa? Che Aurora aveva supplicato la sorella di, cito, “liberarla da quell’esistenza infelice”. Aisling aveva trovato un mezzo di comunicazione alternativo; non mi resta che trovarne uno anch’io.
 
***
 
Nonostante i buoni propositi, nelle settimane successive divenne evidente che la rottura tra Nathaniel e Kimberly aveva causato una spaccatura nella gang. Nei rari momenti in cui capitava si trovassero nella stessa stanza, l’atmosfera era talmente tesa da potersi fendere con un coltello; altrimenti, lei trascorreva la maggior parte del tempo libero con Bryce, lui nell’aula di teatro a provare e riprovare le battute insieme alla co-protagonista dello spettacolo, Dany Jones, oppure appiccicato a William e Frida, che aveva eletto, rispettivamente, guru e valvola di sfogo per superare presto e bene la batosta sentimentale.
William, in particolare, si era guadagnato la sua simpatia rimproverando in malo modo Kimberly per aver “frantumato i coglioni a tutti flexando il suo nuovo boyfriend chirurgo”. Secondo Frida, il seppellimento dell’ascia di guerra da parte di William e Nate poteva considerarsi l’unica nota positiva della situazione.
Reduce da una sfiancante sessione di bartitsu, la ragazza si illuminò alla vista di William, che contro ogni previsione l’aveva aspettata, e non poté non pensare - vuoi perché dotata di due occhi funzionanti, vuoi perché l’allenamento l’aveva lasciata con un eccesso di testosterone in corpo - che anche in tuta faceva la sua figura, ma avrebbe preferito di gran lunga vederlo senza.
–Finalmente soli. Senza offesa per Nate, da quando ha smesso di detestarmi è un’ottima compagnia… però, cazzo, è praticamente la nostra ombra!
Frida ridacchiò, lo salutò con un bacio sulla guancia, quindi sospirò –Ho una buona e una cattiva notizia, socio.
–La cattiva è peggio del tuo occhio?
–Intendi questa bazzecola?- celiò, indicando l’area tumefatta, rosso-violacea, che contornava la metà laterale dell’occhio sinistro.
L’australiano non poté credere alle sue orecchie.
–Bazzecola? È un occhio nero, cazzo! Devi… devi metterci sopra del ghiaccio, e… e… come si chiama?… quella pomata che fa sparire i lividi in metà tempo.
–Carino da parte tua preoccuparti per me. Inutile negarlo, Nate stasera ci è andato giù pesante - da quando è tornato single è più aggressivo del solito  e a volte gioca sporco - ma ti assicuro che mi sono difesa bene: è più malconcio di me!
William, che fino a quel momento aveva tenuto la lingua stretta tra i denti per evitare un commento acido di cui pentirsi, sbottò –La cosa dovrebbe farmi piacere? Sono sedute di allenamento, Weil, non il fottuto Mortal Kombat! Il tuo presunto migliore amico ti ha fatto un occhio nero, te ne rendi conto?
–Naoko prova a impartirgli un po’ di disciplina affibbiandogli penalità su penalità, ma lui se ne sbatte altamente. Comunque, tranquillo, appena arrivo a casa metto il ghiaccio e NoBruise, promesso!
–Un vero peccato: speravo avremmo cenato insieme, stasera. Tanto più che, miracolo dei miracoli, non abbiamo la palla al piede tra i piedi.
–Non essere troppo severo con lui: ha bisogno di affetto, sta passando un momento difficile.
“Ha avuto un trauma cranico oltre all’occhio pesto, non c’è altra spiegazione. Adesso la acchiappo e le faccio sbattere la testa contro il muro finché non rinsavisce!”
–Non giustifica il suo atteggiamento. Passi l’accollo, l’occhio nero però no! Domani gli parlo, non può passarla liscia!
–Apprezzo la galanteria, ma non è necessaria: se c’è una principessa in grado di affrontare i mostri da sola, sono io.
–Mi arrendo. Fa’ come credi- esalò William, rassegnatosi all’ostinazione della Weil. –Allora, quali notizie mi porti? Prima la buona, per favore.
Meine geliebter Vater ha pubblicato un lavoro sul New England Journal of Medicine. È l’uomo del momento, tutti vogliono un pezzo del celebre dr. Weil. È stato invitato a vari simposi, congressi eccetera, tra cui uno molto importante a fine novembre in California. Mutti lo accompagnerà.
–Complimenti a tuo padre. Cosa c’entra con noi?
–Non capisci, Liam? Il giorno del memoriale di Aisling Carter, meine Eltern saranno dall’altra parte del mondo!
–Eccellente- rispose lui, tentando di imitare la voce e l’atteggiamento di Monty Burns. –Tuo padre ti ha vietato di indagare; sarai senz’altro più tranquilla, sapendolo lontano nel giorno fatidico.
–Non solo: niente mamma e papà a casa uguale niente coprifuoco. Possiamo concludere degnamente la giornata scatenandoci col resto della gang al Tipsy Crow! Ce lo meritiamo, non sei d’accordo?
–In effetti, dopo il dovere un po’ di piacere ci starebbe bene.
–E qui arriva la cattiva notizia: Nate, Kimmy e Kev hanno acconsentito a fare nottata al Tipsy Crow… ma non saranno dei nostri al memoriale. Dovremo cavarcela da soli.
–Ce la faremo. Siamo un duo pazzesco, io e te- asserì William, sperando di trasmettere positività, prima di realizzare che il piano, a questo punto, presentava una falla non di poco conto. –Ehi, un momento: Nate è l’unico patentato. Chi ci scarrozzerà?
Frida scrollò le spalle e rispose –Io, natürlich.
William eruppe in una sonora risata: era convinto che la sua socia scherzasse. Si accorse quasi subito che invece era serissima.
–Tu non sai guidare, Weil- osservò. –Non hai la patente.
Provò un brivido lungo la schiena nel vedere un sogghigno diabolico sul volto di Frida, che replicò con naturalezza –La tua asserzione è concettualmente sbagliata, perché parte dal presupposto che soltanto chi ha la patente sappia guidare, il che non è assolutamente vero. Nicky, un’amica meiner Mutter, ha la patente, ma guida malissimo, mentre Meine Mutters Oma11 non ha mai preso la patente, eppure guidava le camionette durante la seconda guerra mondiale. Fidati di me, sono la nuova Susie Wolff: ti porterò a destinazione tutto intero!
 
Note dell’autrice
Allora, che ve ne pare di papà Cyril? Pensate se Faith lo avesse sposato! F&C invece di F&F, riuscite a immaginarlo?
La gita a villa Conworthy, che avrebbe dovuto avere luogo in questo capitolo, è rimandata al prossimo. Mi sono lasciata prendere la mano da Will e Frida, e quando me ne sono resa conto era troppo tardi. Perdonatemi, ma non me la sono sentita di tagliare il loro dialogo, era necessario un confronto.

Alla prossima! Vi assicuro che ne vedremo delle belle, tra cui Frida al volante (non mente sulla sua abilità alla guida), perciò stay tuned.
Serpentina
PS: i pensieri di William sull’amore sono liberamente ispirati all’opera di Jean-Paul Sartre, e Susie Wolff è una pilota inglese di Formula Uno.
1I suoi genitori
2Dannazione!
3Cristo santo!
4Donna del mistero.
5 Lo ripeto: hai davvero talento. È stupendo.
6 Il tuo terribile accento.
7 Sta’ zitto!
8 Porco schifoso! Giuro che ti ammazzo!
9 Non essere sciocco!
10 Anzi
11 La nonna di mia madre
   
 
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