Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: saitoxlouise    24/02/2021    0 recensioni
Che cosa faresti se ti chiedessero di scegliere fra la carriera dei tuoi sogni e la persona dei tuoi sogni?
Che cosa faresti se la tua immagine sociale, i tuoi amici, la tua vita, fossero incompatibili con qualcuno che ami?
Come gestiresti i primi amori, le amicizie, gli scontri, le forti emozioni di quel periodo frenetico e caotico della nostra vita che chiamiamo adolescenza? Chi ci vive dentro, quando si accorge, non lo apprezza. Chi lo ha già vissuto, lo guarda come ad un ricordo lontano e dal sapore agrodolce. Chi deve ancora passarci, ne vedrà delle belle. A queste ed altre domande, proverò a dare le mie risposte attraverso gli occhi e il cuore di diversi personaggi di knb. Un intreccio interconnesso fra le storie di tutti noi, fonte di gioia e al contempo di sofferenza, che si chiama vita sociale.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shintarou Midorima, Sorpresa, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Guardarlo dormire era bellissimo. Aveva una espressione così rilassata, sembrava un bambino. Certo, un bambino di un metro e novanta è difficile da trovare, ma il paragone calzava comunque bene.
Durante il sonno il suo cervello e la sua coscienza non erano riusciti a impedirgli di fare ciò che da sveglio invece gli proibivano categoricamente, ovvero avvinghiarsi ad Asia. Né il subconscio di Asia pareva aver disdegnato la cosa, visto che al suo risveglio non avrebbe saputo dire chi stesse abbracciando chi.
Nonostante non fosse la prima volta, non ci aveva ancora fatto l'abitudine: a causa del forte contatto fisico, era costretta a cominciare con un mini infarto già di prima mattinata.
Le sarebbe piaciuto continuare ancora un po' a fissarlo in silenzio, ma lo sguardo le cadde fortuitamente (e fortunatamente) sull'orologio a muro presente nella stanza
"Kagami-kun, siamo in ritardo!"
Lo dovette ripetere altre due volte, strattonandolo anche con molta violenza, prima che il ragazzone aprisse gli occhi e effettivamente comprendesse la situazione.
"Merda!"
I due si vestirono in fretta e furia. Ormai Asia non avrebbe fatto in tempo a passare da casa, e usare quel piccolo motorino in due con quel gigante di Kagami era fuori discussione. Mangiarono e si lavarono a velocità super sonica, e si incamminarono a passo spedito verso la palestra.
Dopo un buon quarto d'ora di maratona si accorsero che dietro di loro stava correndo anche Kuroko.
"Gyaw! Da quanto sei lì?" Urlò il rosso.
"Buongiorno, Kagami-kun, Suzuki-san. Da cinque minuti più o meno." Rispose, come al solito pacatamente, il celeste.
Anche lui chiaramente in ritardo.
"Dove è Nene?" Chiese Asia, stupendosi del fatto che non fossero insieme.
"Siamo partiti insieme, ma lei era troppo veloce e mi ha distanziato." Rispose Tetsuya.
"Kuroko, fai schifo!" Lo rimproverò Taiga, sbalordito che, con tutti gli allenamenti a cui erano sottoposti, si fosse fatto battere da una ragazza.

Era da tanto tempo che non si incontravano tutti insieme in una stessa palestra. Perfino Aomine e Murasakibara erano così su di giri da essersi presentati puntualmente.
Per quella settimana, e probabilmente mai più fino a un'eventuale nazionale giovanile, sarebbero stati nuovamente compagni di squadra.
Il coach Aida aveva ingaggiato uno staff di tutto rispetto per supportare i Vorpal Swords nella sfida contro i Jabberwock.
Momoi era chiaramente l'addetta all'intelligence e all'analisi dei dati sugli avversari. Riko era l'aiuto coach e Kotori aiutava a perfezionare la strategia e le tattiche di gioco.
Poi c'era Liz... beh, Liz era una semplice tifosa, non essendo esperta di basket, ma assolveva a un compito importantissimo. Visto che Kotori non era né brava né negata, ma Riko e Momoi erano entrambe un disastro, Liz, che invece ne aveva la passione, era l'addetta alla cucina. Preparava con estrema attenzione i pasti di tutti i giocatori seguendo una rigorosa dieta studiata e personalizzata nei minimi dettagli per ciascuno di loro.
Un proverbio inglese dice che "the best is the enemy of the good", ma quella pareva proprio essere l'eccezione che conferma la regola.
Unico ingranaggio poco oliato in quel complesso organigramma era la coordinazione fra i cinque miracoli, non più abituati a giocare insieme, e anzi, forse c'erano altri due problemi. Aomine e Momoi sembravano un po' impacciati fra di loro, e un gelo siberiano piombava nella palestra se Midorima e Kotori incrociavano lo sguardo.
"Dopo possiamo parlare? Sono molto dispiaciuto-nanodayo." Sussurrò il verde alla stratega della squadra. Per colpa sua, non aveva dormito benissimo, e il risveglio era stato anche peggio: Oha Asa aveva detto che il cancro era il segno più sfortunato quel giorno.
Fortunatamente si era portato dietro un pallone da calcio, che quel giorno era il suo oggetto fortunato.
"Avresti dovuto pensarci prima." Sibilò acidamente lei, girando i tacchi e andando a parlare con Satsuki.
Midorima sentì una strana fitta alla bocca dello stomaco. Se anche lo scopare e basta portava tutti questi problemi, allora perché diavolo lo faceva? Lui voleva solo soffocare le pene d'amore, ma in quel momento ebbe la paura di averle semplicemente scambiate con altre pene del tutto equivalenti.
C'era poi un altro problema, anche se marginale. Nonostante gli sforzi di Takao, che era riserva in quella squadra prestigiosa, i rapporti fra play e guardia dello Shutoku si erano un po' incrinati da quando Haruka gli aveva tirato il due di picche.
Takao stesso aveva allentato i rapporti con sua sorella, biasimandola molto per il suo comportamento, ma si sentiva comunque quasi un suo complice. Almeno all'inizio. Dopo un po', però, aveva cominciato a spazientirsi su quanto l'amico la stesse menando per una sola notte di passione. Shintarou sapeva che non fosse colpa di Kazunari, lo sapeva razionalmente, ma la sua componente più irrazionale fino a quel momento era comunque riuscita a dominare associando una leggera sensazione di fastidio ogni volta che si trovava in presenza di Kazunari. Non era nemmeno troppo difficile da capire: vedeva lui, che era uguale identico a lei, quindi pensava a lei, quindi si infastidiva.

"Scusate il ritardo!"
Kuroko, Kagami, Asia e Nene(che si era fermata all'ingresso ad aspettarli dopo aver avvertito il coach del ritardo) fecero il loro ingresso in campo.
Questo generò inevitabilmente altri problemi.

"Ciao Nene..." Bofonchiò Daiki, in evidente imbarazzo.
"Ciao, Daiki..." Replicò lei, altrettanto a disagio.
Si fissarono qualche secondo, in perfetto silenzio. Un silenzio piuttosto fastidioso, ma nessuno dei due sapeva cosa altro dire.
"Che ci fai qui?" Aomine tirò fuori dal cilindro questa domanda, complimentandosi per essere riuscito a spezzare il ritmo morto del discorso.
"Con le mie conoscenze sul basket, assisterò quei cervelloni di Asia e Kotori nella definizione delle migliori tattiche di gioco." Rispose lei sorridendo.
"Accidenti, siamo in buone mani allora!" Scherzò lui, e entrambi si misero a ridere. Sì, adesso poteva anche considerarsi una conversazione soddisfacente.

"Tetsuya... forse per questa settimana dovremmo sforzarci di parlare... per il bene della squadra..."
Kuroko la guardò dritto negli occhi, con un intensità così forte che avrebbe potuto scioglierla con dei raggi laser se solo avesse avuto questo potere, e di certo lo avrebbe fatto se davvero ne fosse stato capace.
Agli occhi degli altri forse era la stessa faccia inespressiva di sempre, ma, lei lo sapeva, quegli occhi stavano trasudando molta rabbia. Non gli era ancora passata, e come biasimarlo. Tutt'oggi continuava a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta a non dirgli tutta la verità.
Tetsuya sospirò pesantemente. Faceva ancora male, a guardarla negli occhi.
"Hai ragione."

Gli unici che non creavano problemi in quel dannato buco erano Kagami e Asia, in pratica. Ah, e anche Murasakibara. Il suo unico problema era reperire i fondi necessari per comprarsi tutti i maiubo di cui il suo stomaco aveva bisogno.
Allenarsi con la generazione dei miracoli era certamente estenuante, ma se Takao, Hyuga e Wakamatsu avessero dovuto cercare di descriverlo a qualcun altro di esterno, si sarebbero di sicuro concentrati su un aspetto completamente diverso da quello della semplice fatica nello stargli dietro.
C'erano due sentimenti, due sensazioni completamente in conflitto fra di loro, eppure, paradossalmente, tutti e tre le stavano provando entrambe nello stesso momento.
La prima era eccitazione. Era elettrizzante vedere in prima persona di che cosa erano capaci quei mostri, a che livello si stesse consumando il gioco. C'era anche l'orgoglio di essere stati chiamati a supportare ed eventualmente sostituire questi ragazzini beneddetti dal Dio del basket.
La seconda era sconforto. Giocare con loro era demoralizzante. Ogni cosa tu provassi a fare si rivelava completamente inutile. Venivi subito stoppato, o ti rubavano il pallone prima ancora che arrivasse. Se provavi a stoppare un tiro di Midorima, non solo non ci arrivavi minimamente, ma commettevi pure fallo regalandogli un altro punto o due. Aomine ti dribblava lasciandoti letteralmente sul posto, forse non si accorgeva nemmeno di averti superato, forse per lui eri solo un oggetto immobile, uno di quelli che usano i bambini alle prime armi per allenarsi nel dribbling. Ecco cosa eri per Aomine, uno stupido esercizietto per bambini neofiti. Se Murasakibara provava a schiacciare, ti veniva istintivo di scappare il più lontano possibile per evitare che ti distruggesse. Perfino Wakamatsu, dopo Kiyoshi il centro più forte di Tokyo e fra i migliori del paese, non solo non reggeva il confronto con il centro dei Miracoli, ma, perfino sottocanestro, era completamente inutile e soverchiato anche da Aomine e Kise, e probabilmente sarebbe stato schiacciato anche da Midorima e Akashi se ci avessero provato. In poche parole, non solo ti demoralizzavi per la serie infinita di errori e figuracce, ma ti rendevi anche conto di quanto inutili fossero i tuoi sforzi. Se anche tu ti fossi allenato per tutta la vita, non avresti mai raggiunto il loro livello, neanche lontanamente.
Eppure c'era qualcosa che non andava, e non era solo dovuto al fatto che i Miracoli non riuscissero ancora a coordinarsi alla perfezione. Alcuni di loro non avevano mai giocato così male. Intendiamoci, guardando le statistiche non si sarebbe assolutamente detto.
Midorima aveva come sempre riportato il 100% dei tiri segnati, ma, e se ne accorsero tutti, il pallone aveva più di una volta toccato il ferro o la tabella prima di entrare. Perfino al suo debutto ai nazionali, questa cosa gli era successa solo una volta.
Aomine aveva segnato da ogni direzione e posizione, e i suoi dribbling avevano lasciato con le chiappe a terra i difensori. Ma aveva ricevuto fin troppe stoppate da Murasakibara, che certo era uno dei pochi a riuscire a difendere contro di lui e a limitarlo, ma non era mai riuscito a intercettare addirittura metà dei suoi tiri.
I passaggi di Kuroko raggiungevano ogni volta il bersaglio, superando la difesa e sorprendendo tutti. Qualche volta Akashi o Kise riuscivano a intercettarlo (stranamente, non Aomine), ma non era questo il problema. Generalmente, il pallone ti pioveva con precisione millimetrica fra le mani, rendendoti agevole la mossa successiva. Nonostante il numero di assist era sostanzialmente allineato con la sua media, la ricezione dei giocatori era assai peggiorata, e vi erano molte palle perse. La palla arrivava sprecisa, nella direzione o nella forza. O in entrambe, talvolta.
Soltanto sul finire dell'allenamento, quando la fatica fisica ottenebrò lo stress mentale, le prestazioni migliorarono, riportando a convergenza con la media le statistiche. Anche l'intesa fra Takao e Midorima, inizialmente un po' arrugginita, sul finale ricominciò ad affinarsi.
"Tetsu-kuuuun! Cosa ti è preso?" 
Momoi corse ad abbracciare l'amico, preoccupata per il suo atteggiamento in campo.
"Momoi-san, non respiro." Rispose lui, glissando però sulla domanda della manager.
Il coach Aida si mise le mani nei capelli. Ormai non poteva cambiare la carte in tavola. Ma quella organizzazione della squadra, se da un lato potenzialmente poteva permettere di ottenere il miglior risultato possibile, indispensabile per avere una speranza contro i Jabberwock, dall'altro al momento era una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Se i ragazzi non avessero velocemente risolto i loro, tanti, problemi personali, la partita sarebbe stata un disastro.
E c'era un'altra cosa che nessuno aveva notato. Com'era possibile che Momoi avesse raccolto così pochi dati utili su una squadra famosa come i Jabberwock?

"Ohe" Aomine si avvicinò a Momoi, porgendole una lattina di cola.
Non aveva, lui, una gran bella cera, ma non si poteva nemmeno dire che fosse di cattivo umore.
Lei, invece, lei era incazzatissima. Perché con lei era diventato così taciturno, ma con Nene aveva tanta voglia di fare conversazione? Si sentiva troppo insicura, soprattutto alla luce di come stavano andando le cose fra di loro da quando avevano iniziato a frequentarsi. Sapendo anche che invece con Nene ci davano dentro, il suo orgoglio di donna era rimasto gravemente ferito.
Non aveva voglia di evitare il problema. Lei era una persona molto schietta, e i problemi preferiva affrontarli subito. Glieli espose con un certo nervosismo ma senza alzare la voce.
"Che c'è, sei gelosa?" La provocò lui.
"Beh sì," ammmise lei, "soprattutto quando il solo parlare con lei ti turba così tanto da giocare da schifo!" 
"Ohe, calmati. Non sono io che mi sono arpionato a Tetsu come una gallina in calore!" Si pentì subito di averlo detto. Satsuki non era una tipa manesca, per cui si evitò almeno lo schiaffone. Ma lo sguardo sprezzante che gli lanciò fu anche più doloroso.
"Ti chiedo scusa, Satsuki, ho esagerato..."
"Tu chiedi sempre scusa, ma non ci pensi mai prima di aprire bocca. Se ti importasse di noi, staresti più attento." Replicò lei a muso duro.
"Ma certo che mi importa..."
"Da come mi tratti, o meglio non mi tratti, non si direbbe. Mi eviti come se fossi lebbrosa." Satsuki girò i tacchi e se ne andò.
Daiki si maledì per la seconda volta in quel minuto. La prima volta si era maledetto per aver detto troppo, questa volta per non aver detto tutto.

Quel vecchio materasso nella taverna di Kuroko era ormai quasi sfondato, non soltanto per l'età ma anche per il perpetuo su e giù che lui e Nene stavano intraprendendo abitudinalmente ormai da un po' di mesi.
Quella volta, però, nessuno dei due sembrava particolarmente trasportato. Era quasi come se si muovessero meccanicamente, con tutt'altro nella testa a cui pensare.
Fu Nene la prima a vuotare il sacco.
"Non pensavo che provassi ancora delle emozioni tanto intense per lei. Significa che non ti è ancora passata per niente."
"Non è vero. Anche se non la amo più, mi farà sempre schifo per quello che ha fatto." Quella volta, Kuroko non era riuscito a mascherare particolarmente bene le sue emozioni.
"Certo, ma figuriamoci. E io dovrei crederci?" Lo schernì lei. "Adesso è da un po' che stiamo insieme. Posso capire all'inizio, ma dovresti cominciare a lasciarti alle spalle questa cosa."
"Forse facendo la gatta morta come hai fatto tu con Aomine-san dimostrerei di aver superato la cosa? Perché neanche a me hai dato l'impressione di averlo dimenticato."
Tetsuya si morse la lingua. Non era un tipo geloso, e non gli capitava mai di pentirsi di ciò che diceva, visto che diceva sempre quello che gli frullava per la testa. Il problema è che aveva detto una cosa che non pensava. Quando si parlava di quella persona, non ragionava più.
"Forse è meglio che me ne vada." Sentenziò lapidaria Nene, rivestendosi.

Shintarou era stato con Takao dopo gli allenamenti. Non avevano affrontato il discorso Haruka, si erano semplicemente limitati a far finta di nulla. Ma fra amici va bene anche così: avevano ritrovato perfettamente la loro intesa. Non serviva che si dicessero altro, ognuno di loro aveva capito e perdonato.
Sicuramente anche il lavoro dietro le quinte di Liz e Kotori aveva aiutato a velocizzare le cose.
E a proposito di Kotori, c'era proprio lei ad aspettare Shintarou davanti casa. Intuendo che qualcosa stesse bollendo in pentola, Kazunari si dileguò rapidamente con una banale scusa.
Il verde si fermò esattamente davanti a lei, guardandola con sguardo severo. Sembrava che si fossero invertite le parti rispetto a prima.
"Ho un po' esagerato, so che ti sei subito dispiaciuto per quello che avevi detto. Mi dispiace." Esordì lei.
"No, avevi ragione tu-nanodayo. Sono stato un completo idiota. E sai che ti dico, di Haruka non mi importa più." Le rispose lui. Sembrava sinceramente convinto di quanto appena affermato.
"Sono molto contenta di questo."
"Già, quindi vuol dire che possiamo finirla qui. Ti ho vista oggi mentre parlavi con Kuroko. Beh, in realtà lo sapevamo già che lo amassi ancora. Non ha senso ormai continuare con una farsa unilaterale, non voglio più essere il suo rimpiazzo. Scusami."
Kotori lo guardò dritto negli occhi. Probabilmente, anche lui stava osservando in lei quella stessa tristezza che lei poteva notare fuoriuscire dalle sue iridi colorate.
Era stato un bellissimo sogno, ma purtroppo era l'ora di svegliarsi. Shintarou non aveva più bisogno di lei, e non si sarebbe mai permessa il lusso di comportarsi da egoista proprio con lui e dirgli che invece lei aveva ancora un fottutissimo bisogno di averlo. Non sapeva nemmeno più se lo considerasse un semplice rimpiazzo. Ci si era davvero affezionata tanto, e faticava a immaginarsi una quotidianità senza di lui. E non sapeva nemmeno più che cosa sentisse per Kuroko, a parte un profondo senso di colpa per come erano andate le cose, e la grande frustrazione per non essere stata completamente sincera con lui.
"Non scusarti, Shin-kun. Non devi."
Lo guardò da dietro mentre rientrava in casa. Avrebbe tanto voluto urlagli di restare con lei, ma proprio non poteva. A differenza sua, lui poteva rifarsi una relazione nuova e lasciare il passato alle spalle. Non poteva condannarlo in quel limbo eterno in cui si erano cacciati da soli.

Ancora incazzato, il giorno dopo Kuroko compì quel gesto memorabile che sarebbe stato ricordato per sempre da tutti. Andò da solo nel night in cui i Jabberwock stavano recando disturbo per insegnare a Nash un po' di buone maniere.
Dopo aver incassato un bel destro in faccia, Tetsuya fu soccorso dai suoi compagni di squadra. C'erano quasi tutti: Taiga, Asia, la Generazione dei Miracoli, Kotori e Liz.
Nene, Momoi e Riko erano rimaste ad allenare ulteriormente Hyuga, Takao e Wakamatsu affinché aiutassero in maniera più efficace i titolari a colmare le loro debolezze prima della partita.
Si sfiorò quasi la rissa, non fosse stato per i nervi d'acciaio di Akashi e la perseveranza di Kuroko.
Quando fecero per andarsene, però, Jason rincarò la dose di provocazione, rivolgendosi direttamente a Kotori.
"Hey, ma io ti conosco. Hai imparato a scopare senza frignare come una bambina?"
Gli altri Jabberwock si misero a ridere di gusto. Kotori rimase paralizzata sul posto. Come poteva non averlo riconosciuto subito? 
"Kotori, che cazzo sta dicendo quello scimmione?" 
Kotori non avrebbe saputo dire se fosse stata più turbata dal tono così aggressivo di Kuroko, o sorpresa dal fatto che per la prima volta dopo quasi due anni la aveva chiamata per nome.
Akashi ordinò la ritirata strategica, non dopo aver risposto per le rime a tutti i giocatori avversari. La avrebbero risolta sul campo. Se fossero rimasti un solo secondo in più, qualcuno sarebbe finito all'ospedale.
Quando rientrarono in palestra, gli altri se ne erano già andati.
"Kuroko, fatti medicare la guncia da K...anzaki." Bofonchiò Midorima, rivolgendo un'occhiata neutra a Kotori. Lo stava facendo per aiutarli a chiarire, dedusse lei.

In quel night devastato dalla furia euforica dei Jabberwock, una ragazza attese che i membri della Generazione dei Miracoli se ne fossero definitivamente andati per fare il suo ingresso.
Aveva dei bellissimi e lunghi capelli corvini, un'espressione insicura e poco determinata in volto, e tanta agitazione in cuore.
"Oh, guarda chi si vede!" Esclamò Silver allargando le braccia e sorridendo in maniera quasi minacciosa. Nick e Nash erano fuori a fumare (era lunedì), mentre Zack e Allen stavano ancora in panciolle sul divano, molto più ubriachi di Silver, che, data la sua mole, reggeva molto meglio l'alcool. 
"Ciao, Jason. Vorrei parlar-"
"No." La interruppe il gigante. "Non c'era niente di più che attrazione fisica. Dopo un po' la stessa caramella viene a noia, capisci?"
Zack e Allen ridacchiarono, ma Jason li fulminò con lo sguardo.
"Dai, vattene." Insistette lui.
Haruka si girò in silenzio, e abbandonò il locale. Per avere una risposta sincera doveva approcciarlo da solo, o avrebbe continuato a fare lo spaccone.
 
   
 
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