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Autore: SheHadTroubleWithHerself    24/02/2021    1 recensioni
Elisabetta è in perenne lotta con se stessa.
Mentre si lamenta della sua vita monotona, trema al solo pensiero di un cambiamento che possa stravolgerla.
Nella sua testa non può fidarsi di nessuno, e questo l'ha portata a chiudere diverse amicizie, ma ciò che brama di più è poter cadere sapendo che qualcuno l'afferri in tempo.
“Che cosa pensi potrebbe aiutarti a farti sentire meglio?”
“Una persona che riesca a farmi pensare che valga la pena svegliarsi ogni mattina e vivere un'altra giornata.”
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO QUATTRO

 

Claudio ha passato gli ultimi giorni incollato ad uno schermo, ignorando i tre libri che avrebbe dovuto ripassare per l'esame imminente. Al posto di chiamare i suoi amici e organizzare il tradizionale gruppo di studio ha preferito guardare circa 720 minuti tutti riguardanti una cerca Rae.

Tutto solo per poterle entrare nella testa una volta per tutte e magari trovare qualche risposta.

Le avrebbe voluto scrivere ogni giorno, chiederle come stesse o presentarsi sotto casa sua, ma la verità è che quelle parole l'hanno davvero scioccato soprattutto perché il suo viso non mostrava tristezza. Solo consapevolezza.

 

Quando termina l'ultimo episodio è in lacrime ma con un piccolo sorriso di speranza che svetta sulle sue labbra. Quello che però non risulta chiaro è perché lei non abbia ricevuto la stessa spinta per combattere contro qualsiasi cosa la stia schiacciando.

E' ormai mezzanotte e i tentativi di mandarle un messaggio sono circa ventidue. Ventidue volte le ha chiesto scusa per il disturbo ma mai una volta ha premuto “invio”.

Non così lontano, lei è distesa nel letto e le coperte le lasciano a malapena la possibilità di respirare dal naso. Il caldo che la circonda fa sì che il suo battito cardiaco possa finalmente tornare a un bussare lento e costante. La sua mente, al contrario, non riesce a smettere di creare pensieri lasciati in sospeso per creare altrettanti dubbi.

La seduta non l'ha tranquillizzata come avrebbe dovuto, ha utilizzato il tempo disponibile pronunciando poche parole e cercando di credere alle parole di conforto della psicoterapeuta, fallendo miseramente.
Con tutto quello che succede nel mondo, non ha difficoltà a credere che non possa succederle niente di lievemente felice. Ma questo non l'ha detto, ed è colpa della sua ossessione nel rendere sempre le vite degli altri più semplici della sua.

Si sente in colpa al pensiero di far diventare più difficile il lavoro di Paola, anche se non è fatto di proposito.

Si sente in colpa quando qualcuno si ritrova a doverla aiutare, come se lei non fosse in grado di cavarsela da sola.

Le palpebre si fanno più pesanti ed Elisabetta è grata del sonno che la sta avviluppando permettendole così di spegnere i pensieri per qualche attimo.

 

Si sveglia sei ore e venti minuti dopo con il tradizionale suono della sua sveglia e dei miagolii prolungati del suo gatto che cammina lentamente per la sua stanza. Con gli occhi ancora incollati dal sonno inforca i suoi occhiali, e si munisce del cellulare infilandolo nel pantalone della tuta.

Comincia la giornata con lo stesso loop che ormai dura da circa due anni, con l'unica differenza che consiste nel fissare ossessivamente lo schermo del suo telefono.

Si illumina, ma solo per segnalare il messaggio “del buongiorno” di sua zia.

Si presenta in negozio e questa volta incolla al suo viso uno sguardo sereno tentando di vendersi come una persona allegra e tranquilla, se questo le evita una discussione con la sua collega. Non sa se effettivamente qualcuno ci abbia creduto, ma non fanno alcuna domanda e lei si accontenta di ciò.

E' l'ora di pranzo, e mentre i suoi colleghi sono in pausa Elisabetta è impegnata a sistemare il disastro creato da una cliente dopo essersi provata la metà di ciò che fornisce in negozio. E' particolarmente concentrata a snodare i lacci di un minuscolo top, quando una voce la fa sobbalzare.
L'ha riconosciuto nonostante lui sia ancora alle sue spalle, ma non riesce a credere che sia veramente lì. E se fino a quel momento sperava si facesse vivo adesso lei vorrebbe solo dissolversi nell'aria.
Si volta con lentezza estenuante e davanti a lei Claudio indossa il solito cappotto nero lasciato aperto con un maglioncino color panna. Per la seconda volta non riesce a decifrare la sua espressione totalmente neutra. Sembra agitato perché vede muovere i pugni dentro alle tasche e ogni tanto si guarda intorno come a voler eludere il suo sguardo.

“Ciao” risponde finalmente Elisabetta con ancora l'indumento tra le mani. “Posso aiutarti?”

Claudio ignora la domanda, chiedendo a sua volta “Come stai?”

Passano diversi secondi in cui la ragazza si chiede quale sia la migliore strategia da attuare. Se mente lui lo sentirà, ma se risponderà con sincerità dovrà nuovamente affrontare quel discorso.
“Il solito.” borbotta abbassando lo sguardo e ritornando a disincastrare quei fastidiosi nastri.
Sente il ragazzo sospirare rumorosamente e compie qualche passo nella zona circoscritta mentre cerca le parole giuste.
“Ne possiamo parlare?” è una supplica quella che esce dalle sue labbra, Elisabetta può dirlo dai suoi occhi che finalmente rilasciano la loro solita espressività. La seguono in ogni impercettibile movimento e sono in attesa di una specifica risposta.
“Non ne vedo il motivo, e comunque sto lavorando.” sputa quella frase con freddezza sperando così di allontanare ulteriormente Claudio. Deluderlo magari, così che possa lasciare la presa su di lei.
“Se mi permettessi di parlare, forse lo vedresti. Che cosa ti prende?” il suo comportamento agli occhi di Claudio è un completo mistero. Non si aspettava di trovarla in guardia, né tanto meno di essere respinto.
“Io non ho vogl-”avrebbe voluto rispondere Elisabetta, se non fosse stata interrotta.
“Betta, vai in pausa?” le chiede senza preoccuparsi di aver troncato un conversazione. “Oh, Claudio giusto?”
Claudio la guarda mostrandole un piccolo sorriso di cortesia, “Ciao”.

Si insinuano tra loro attimi di silenzio disturbati solo dalla musica proveniente dalla casse del negozio. Elisabetta lascia andare senza più speranze il top sul tavolo lì vicino con l'unico obiettivo di uscire da quella situazione e dal negozio stesso.
Non si stupisce quando percepisce una figura dietro di lei che compie i suoi stessi passi. Si trova poi costretta a fermarsi davanti al semaforo, permettendogli così di farsi raggiungere.
“L'ho vista.” borbotta Claudio una volta si è posizionato al suo fianco. Lei non batte ciglio, nonostante voglia girarsi verso di lui e chiedergli di cosa stesse parlando. “La serie tv intendo.”
Elisabetta deglutisce lentamente e la mano che sta sorreggendo la borsa stringe con forza i manici in pelle.
Il semaforo torna verde, ma Elisabetta non si muove. Si ridesta dallo stato di trance solo quando qualcuno la urta per poter attraversare la strada al posto suo, si posiziona poi con la schiena alla colonna del portico.
“Quando ne abbiamo...” comincia Claudio posizionato davanti a lei, “Quando ne hai parlato io non sapevo cosa dire. Non avevo idea che pensassi una cosa del genere e ogni frase che formulavo in testa sembrava stupida.”
E' notevolmente a disagio Elisabetta che muove i piedi sul posto e ha intrecciato le braccia al petto, come se dovesse difendersi da una qualsiasi minaccia. Non sopporta di aver trasformato Claudio in quel involucro di insicurezza, lui che brillava di una luce talmente potente da non poterla scalfire in alcun modo. Forse perché ciò che più aveva apprezzato di lui era la sua gentile schiettezza, il suo riuscire a farla sorridere senza nemmeno doverci provare.
Vorrebbe farlo sentire meglio, annullare quel dolore e poter dire di essere serena. Ma non può, e il pentimento di essersi aperta con lui è sempre più forte.
“...pensavo quindi che, forse, guardando qualcosa di vicino a te avrei capito come ti senti.” Non si era accorta di essersi persa nei suoi pensieri, mentre Claudio continuava a parlare, il suo sguardo è leggermente calato sulle sue stesse mani che si attorcigliano nervosamente, mentre Elisabetta stinge così forte il suo petto da sentire il respiro mancare.
“Ed è così?” domanda lei, pur sapendo già la risposta.
“Neanche lontanamente. Però mi mancava la tua presenza, ed è stato doloroso non sentirti.”

Elisabetta guarda a terra mentre un sorriso fa capolino sul suo viso. E' quel tipo di sorriso che compare quando sente un complimento, o una cosa che la rende felice, ma allo stesso tempo non riesce mai a fidarsi.
A Claudio è mancata un Elisabetta che ha sempre cercato di frenare la sua tristezza, che non ha mai detto il cento per cento di ciò che pensava per non spaventarlo.

Claudio si è illuso di aver saputo tutto quella notte, ma non sa che quella è solo una goccia dell'oceano burrascoso che nasconde dentro.
“Come stai?” chiede la sua voce immersa tra i rumori della strada.
Comincia a non sopportare più quella domanda a cui non riesce mai a trovare una risposta soddisfacente.
E viva, respira, quindi sta bene. Ma non si trova dove vorrebbe essere, quindi sta male. Ma c'è chi sta peggio, quindi dovrebbe sentirsi bene.

“Io non lo so.”

 


Sono passati altri tre giorni, Elisabetta cammina verso lo studio della sua psicologa e per la prima volta fa fatica a riordinare i fatti successi.
Non sa se parlare di Claudio, del lavoro soffocante o della fastidiosa presenza di sua madre.
A circa metà seduta si è resa conto di aver tirato fuori tutti gli argomenti senza riuscire a concentrarsi davvero, cercando di credere che la sua psicologa ha ragione.
Che deve darsi del tempo, che prima o poi tutto si aggiusta e che lei è una persona speciale.

La pelle delle sue mani è martoriata dai denti che hanno tirato decine di pellicine, lasciandole doloranti anche solo nel muovere le dita. Si è sforzata di non lasciare andare quelle lacrime, di non ripetere sempre la stessa scena, ma non è riuscita a prevalere su se stessa.

 

Claudio le ha scritto un paio di volte, chiedendole di vedersi. Ed è stato molto semplice per lei inventare una scusa la prima volta e fingere di non aver visto il messaggio in tempo la seconda. Spera che tutto questo lo spinga ad arrendersi al fatto di non poter fare niente, ma i messaggi continuano ad essere inviati giorno dopo giorno.

Sai qual è la mia frase preferita fra tutte?

Non puoi spendere la tua intera vita ad aver paura che le persone ti rifiutino.

Devi smettere di rifiutare te stessa, non lo meriti.”

 

Un colpo basso, usare una delle sue serie tv contro di lei. E non ammetterà mai di aver sorriso leggermente una volta letto il messaggio, eppure non riusciva a trovare una risposta da poter scrivere.
Non poteva lasciarsi andare con facilità, non dopo aver costruito una corazza così resistente. E se lui iniziasse a pensare che fosse una bugia? Il suo essere così riservata e silenziosa.
Opta quindi per spegnere definitivamente il telefono e collegare le sue auricolari al computer, in modo tale da poter annullarsi tra le note delle sue canzoni preferite.

 

Il mattino dopo è un delirio tra la sveglia che suona e le cuffie incastrate ai suoi lunghi capelli.
Prima di affrontare un periodo così turbolento, Elisabetta era solita definire l'andamento della giornata in base al suo risveglio. O forse lo fanno tutti.
E se dovesse giudicare quella giornata l'avrebbe intitolata “un disastro annunciato”. La suoneria sommata agli occhi pesanti e la difficoltà di liberarsi dalle dannate cuffiette sono esattamente gli ingredienti che possono attivare in lei una vera e propria esplosione.

E non sarebbe male in quel momento fare un rumoroso BOOM e far sì che di lei rimanga della semplice polvere.

Abbandona quel pensiero mentre compie l'ennesima routine con la sola differenza che al messaggio di ieri se n'è aggiunto un altro.


where did I go wrong?

I lost a friend somewhere alone in the bitterness...”

Utilizzare questi mezzi non ti porterà a niente
se non ad una incazzatura più elevata.

 

Ah, quindi hai ritrovato la facoltà di rispondere ai messaggi, ottimo!
P.s. La rabbia è comunque una reazione, la prendo come una conquista.

 

Dici di volerti comportare diversamente dagli altri,
ma lo stai facendo esattamente come loro.

 

Sai cosa? Hai ragione, mollo tutto.
E' chiaro che tu non voglia alcuna compagnia e sto solo facendo la figura di un povero disperato
(che non sono). Buona giornata.

 

Un sorriso vittorioso spinge sul suo viso godendo della soddisfazione di aver raggiunto l'obiettivo. Ha allontanato Claudio per il suo bene, continua a ripeterlo nella sua testa come un mantra per tutta la giornata e sembra quasi cominciare a crederci davvero.

Ma quando ritorna a letto e rilegge quei messaggi il peso di quelle parole crolla dritto sul suo petto, lasciandola senza fiato.

Avrebbe potuto accettare il suo aiuto, ma per poterlo fare avrebbe dovuto ammettere ancora una volta di avere un problema.



Dopo due settimane di attesa, eccolo! 
E a questo punto spero che chi lo stesse aspettando ne rimanga (almeno lievemente) soddisfatto. 
Non è stato semplice concentrarmi per scriverlo, la mia mente spesso e volentieri cercava ogni scusa per non continuarlo vista la scarsa creatività.
In ogni caso, come al solito chiedo a chi ne ha voglia di farmi sapere cosa ne pensa.
(anche se essendo una persona con ben poca autostima mi accontento delle visite.)
Alla prossima, spero presto.

 

   
 
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