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Autore: Star_Rover    25/02/2021    8 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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8. Questioni politiche
 

Il capitano Maguire era seduto comodamente nel suo studio con la sedia inclinata e i piedi poggiati sul tavolo. L’aria era intrisa dell’acre odore di fumo.
Il telefono squillò all’improvviso, Charles alzò la cornetta restando in silenzio, rispose soltanto dopo aver riconosciuto dall’altra parte del ricevitore la voce del suo compagno che prontamente proferì la parola d’ordine.
«Spero che tu abbia buone notizie» esordì con tono serio.
«Temo di no, signore. La situazione è piuttosto preoccupante»
«Hai scoperto perché gli inglesi sono tornati al Castello?»
«Si tratta della guerra, sono a Dublino per i tedeschi»
L’ufficiale si raddrizzò sulla sedia: «sei sicuro di questo?»
«Sì, ho avuto conferma dalla Sezione britannica»
«Che cosa sanno?»
«Purtroppo più di quanto potessimo immaginare»   
Maguire rimase impassibile.
«E questo misterioso agente dell’MI5?»
Trascorse un breve attimo di silenzio, dopo quell’esitazione la voce tornò a rispondere.
«Un ufficiale, tenente Radley Hart»
Il comandante trascrisse quel nome su un foglio.
«Che cosa hai scoperto su di lui?»
«Nulla, a parte il fatto che è stato trasferito da Belfast. Sembra che sappia muoversi bene qui in Irlanda, ma non ci sono prove che abbia esperienza con l’IRA. L’MI5 nasconde bene il passato dei suoi agenti, egli è come un fantasma»
«Se conosce così bene l’Irlanda deve esserci un motivo» constatò Maguire.
«È troppo giovane per aver combattuto sul fronte inglese durante la guerra»
«Continua a indagare, dobbiamo scoprire chi è davvero quell’uomo»
«Farò del mio meglio»
Charles avvertì una certa preoccupazione.
«Hanno dei sospetti su di te?»
«No, ma l’Unità Speciale sta interferendo con i nostri piani»
«Credi di poter gestire la situazione?»
«Sì, la Garda non ha in mano nulla di concreto»
«Stai attento e non abbassare la guardia, ricordati che hai soltanto una possibilità»
«Sì, signore. Attendo ordini su come procedere»
Maguire rifletté qualche istante prima di prendere una decisione.
«Porta avanti la tua missione, nessun cambio di programma»
«Questo significa che…»
«Fai quel che è necessario, è per questo che abbiamo bisogno di te»
«Sì, signore. Le prometto che farò il possibile per non deluderla»
«Di questo ne sono certo»
Il capitano riagganciò senza aggiungere altro. Quelle novità non erano affatto rassicuranti, ma per fortuna quella spia rappresentava ancora un vantaggio per l’IRA.
Charles era consapevole che le sue decisioni avrebbero avuto delle conseguenze, d’altra parte era disposto a tutto pur di proteggere l’informatore al Castello. Era un elemento troppo prezioso, l’IRA non poteva rischiare di perdere un infiltrato nei servizi segreti.
 
Il comandante era ancora assorto in questi pensieri quando avvertì dei battiti alla porta.
Prontamente diede il permesso di entrare, davanti a lui si presentò un ragazzino. Non poteva avere più di quattordici anni, dal volto arrossato e il respiro ansante era evidente che avesse appena terminato una lunga corsa per raggiungere la sua meta.   
Il nuovo arrivato esitò: «lei è il capitano Maguire?»
Egli annuì: «sono io in persona»
Il ragazzino restò a fissarlo con un misto di ammirazione e timore, il suo sguardo si soffermò sulla pistola che portava alla cinta dei pantaloni.
«Immagino che tu abbia qualcosa per me» lo incitò il comandante.
Il giovane si rianimò e freneticamente estrasse un pezzo di carta spiegazzato dalla tasca della giacca.   
Quella volta Charles fu più generoso del solito e ripagò il messaggero con una cospicua mancia.
«Sei stato bravo, ti sei meritato una ricompensa» affermò riponendo le monete nel palmo della sua mano.
Egli rispose con educazione: «grazie signore»
Maguire lo congedò con tono severo: «adesso torna a casa»
Il giovane obbedì, rapidamente uscì dalla stanza e corse giù dalle scale.
Il comandante richiuse la porta pensando che i suoi compagni non avrebbero dovuto affidare un compito così importante e pericoloso a un ragazzino.
Maguire tornò a sedersi al tavolo per leggere il contenuto del biglietto. Emise un sospiro di sollievo riconoscendo la calligrafia di Declan, il messaggio riferiva che l’agente dell’Abwehr era stato portato al sicuro e che tutto stava procedendo secondo i piani.
Charles era certo che l’amico non vedesse l’ora di liberarsi da quell’ingrato incarico, ma al momento non poteva rischiare, la spia tedesca doveva restare nascosta per il tempo necessario. 
 
Maguire gettò il foglio nel fuoco del camino, poi con aria pensierosa si avvicinò alla finestra, a stento riconobbe il suo riflesso nel vetro opaco. Aveva il volto pallido e gli occhi infossati, quella situazione stava esaurendo tutte le sue energie, ma non era la spossatezza fisica a preoccuparlo. Il suo unico obiettivo era ottenere validi risultati, l’IRA aveva bisogno di una grande occasione ed era anche suo compito fare in modo che quell’opportunità non venisse sprecata.
Anch’egli era rimasto sorpreso quando i tedeschi si erano rivolti a lui, di certo non erano state le sue scelte politiche a renderlo un buon candidato per promuovere quell’alleanza. A differenza di altri comandanti dell’IRA Maguire non aveva mai mostrato alcuna simpatia per le ideologie naziste.
Apparteneva alla fazione di sinistra dell’IRA, aveva avuto rapporti con organizzazioni comuniste e aveva scritto diversi articoli per l’An Phoblacht [1] prima del divieto della censura. Aveva partecipato attivamente al confronto con le Camicie Blu e aveva apertamente sostenuto le Brigate internazionali durante la guerra civile in Spagna.
Tutte queste erano buone ragioni per escluderlo dalle trattative con la Germania, eppure i tedeschi avevano voluto offrirgli una possibilità.
I comandanti dell’Abwehr avevano deciso di fidarsi di lui per un solo motivo, ovvero il suo coinvolgimento nell’assalto alla fortezza di Phoenix Park. In quell’occasione le squadre dell’IRA avevano organizzato un’imboscata per le guardie, si erano introdotte all’interno del fortino ed erano riuscite a fuggire con un consistente bottino di armi, munizioni ed esplosivi.
Quel clamoroso successo aveva davvero impressionato i tedeschi, tanto da convincerli a voler dalla loro parte i valorosi ufficiali al comando della missione.
Così il capitano Maguire era diventato un collaboratore dell’Abwehr.
 
Ripensando al suo passato da fervente repubblicano Charles non poté evitare di ricordare le parole di Declan, le sue accuse l’avevano ferito nel profondo.
Anche se il suo compagno aveva scelto di continuare a combattere al suo fianco sapeva che difficilmente avrebbe potuto perdonare questo suo tradimento. La verità era che nemmeno per lui era stato semplice prendere quella decisione.
Maguire sentiva di non aver avuto scelta, dall’inizio della guerra il Governo irlandese aveva cominciato ad adottare provvedimenti sempre più severi contro i repubblicani. Sembrava assurdo, ma se aveva voluto accettare quegli accordi era stato anche per proteggere i suoi compagni.
La condanna di Blaine era stata soltanto l’ultima di una lunga serie di ingiustizie. Centinaia di militanti erano stati internati nel campo di Curragh. In quella lista di nomi c’era anche il marito di Helen.
Nelle prigioni di Mountjoy la situazione era ormai disperata, le vittime degli scioperi della fame aumentavano sempre di più.
Sembrava che nulla fosse cambiato dai tempi dell’occupazione britannica, per questo l’IRA aveva bisogno di un piano sicuro. Il supporto militare della Germania era davvero la loro unica speranza.
 
***
 
Hans attraversò la stanza avvertendo lo sguardo freddo e severo di Declan fisso su di sé. L’irlandese era rimasto sulla difensiva dopo il loro ultimo dialogo, tornando a mostrarsi distaccato e diffidente nei suoi confronti.
Schneider ormai non aveva più dubbi, l’IRA non l’aveva rinchiuso lì dentro solo per proteggerlo, ma anche per controllarlo.
Questa eventualità non lo turbò particolarmente, era certo che avrebbe potuto approfittare della situazione per scoprire qualcosa di più sui suoi alleati.
Hans iniziò a camminare avanti e indietro nel piccolo salotto, ogni tanto si soffermava davanti alla finestra e scostava le pesanti tende per dare un’occhiata alla strada. La tranquillità di una città in tempo di pace era sempre estraniante.
Schneider tornò sui suoi passi e prese posto sulla poltrona, sedendosi di fronte al suo compagno.
Declan rimase immobile, con i nervi tesi e i muscoli contratti.
Hans fu colpito dalla sua figura. Il suo atteggiamento riottoso l’aveva incuriosito fin dal primo momento, in quel giovane poteva ben riconoscere lo spirito dei ribelli d’Irlanda.
Di certo aveva trovato familiari quei tratti di aggressività, forza e coraggio che venivano spesso elogiati nelle teorie nazionalsocialiste. Non comprendeva come due popoli talmente affini potessero avere visioni così diverse della realtà, eppure era anche questo a stimolare il suo interesse.
«Posso farti una domanda?» chiese il tedesco con tono pacato.
L’irlandese restò in silenzio.
Hans interpretò l’assenza di negazione come una risposta affermativa.
«Che cosa significa essere soldati di un Esercito irregolare?»
Declan fu sorpreso da quel quesito: «che hai detto?»
«L’IRA è stata dichiarata un’organizzazione illegale dallo Stato d’Irlanda nel 1939, dunque ufficialmente voi siete soldati di un Esercito non riconosciuto»
«Non sapevo che fossi un esperto di politica»
«Come ti ho detto, sono ben qualificato per questa missione» disse con la stessa soddisfazione di uno studente che aveva svolto diligentemente i suoi compiti.
O’ Riley rispose con una smorfia.
«La mia domanda era seria» continuò Schneider senza perdersi d’animo.
Declan guardò il suo interlocutore negli occhi.  
«Essere un soldato dell’IRA significa decidere volontariamente di combattere per l’Irlanda. Bisogna essere convinti e determinati per scegliere di prender parte a questa battaglia. Non è la legge che ci obbliga a combattere, siamo noi che decidiamo di imbracciare le armi per ribellarci alle ingiustizie. È il senso di appartenenza a questa terra, la morale interiore e il desiderio di libertà e giustizia sociale a motivare il nostro animo»
Hans rimase impressionato dalla serietà e dalla fierezza con cui il suo compagno aveva esposto quei concetti.
«I vostri sono di certo nobili ideali. La fedeltà alla Patria, l’unità del popolo, la riconquista della propria identità…sai, sono temi abbastanza noti anche a noi tedeschi»
Declan s’irrigidì: «in questa Nazione crediamo nella democrazia»
Schneider non si scompose.
«La vostra forza di volontà è comunque ammirevole» ammise.
L’irlandese mostrò evidente disagio di fronte a quell’elogio.
«È così che hai intenzione di conquistare la fiducia dell’IRA? Con l’adulazione?»
Schneider scosse la testa: «no, affatto. La mia era una semplice considerazione»
O’ Riley non credette del tutto alle sue parole. I modi di fare del tedesco l’avevano alquanto spiazzato, egli si era dimostrato fin troppo accondiscendente. Nemmeno una volta aveva dato prova di essere una potenziale minaccia, e questo in fondo lo innervosiva. 
«Così voi siete l’Esercito repubblicano irlandese…» continuò Schneider.
Declan annuì.
«La Repubblica però possiede già un suo Esercito»
«L’IRA rappresenta l’Esercito del popolo, l’Óglaigh na hÉireann [2] invece è la Forza di Difesa al servizio del Governo irlandese» spiegò O’ Riley.
«Dunque quei soldati sono vostri nemici?»
«L’Esercito, la Garda, i servizi segreti…l’IRA ha molti nemici»
Hans tentò di comprendere la situazione.
«Se il vostro obiettivo è ribellarvi al Governo conservatore e liberare il Nord dal dominio britannico un’altra guerra civile sarebbe inevitabile»
Lo sguardo di Declan si incupì: «se così dovrà essere allora io e i miei compagni saremo pronti a combattere in prima linea»
Hans non fu sorpreso da quella risposta, ormai aveva imparato a conoscere il carattere forte e battagliero del suo compagno.
«La Germania vi sta offrendo un’altra opportunità»
«Forse un’altra guerra» precisò.
«Una guerra che potreste vincere»
O’ Riley, stanco di sentire quei discorsi, restò ad osservare il tedesco con aria perplessa.
«La Germania sta vincendo la guerra anche senza il nostro supporto» disse mantenendosi imparziale sul giudizio.
«Il nostro obiettivo è la disfatta dell’Inghilterra, non possiamo escludere alcun piano d’azione. Avere degli alleati in questa impresa è qualcosa di auspicabile»
In quel caso l’irlandese non poté ribattere. Schneider approfittò di quel suo momento di esitazione.
«Devi ammettere che questa collaborazione non è poi così irragionevole»
Declan rimase scettico: «l’IRA non accetterà mai di combattere per la Germania»
«L’IRA non dovrà combattere per la Germania, ma con la Germania. È questo il significato di un’alleanza»
O’ Riley comprese la differenza, ma restò irremovibile nelle sue convinzioni.
Schneider non insistette sulla questione, considerò un successo già il fatto di essere riuscito a terminare il discorso senza che il suo compagno decidesse di interromperlo o di andarsene bruscamente come era accaduto l’ultima volta.
Era un misero risultato, ma dovette accontentarsi.
 
***
 
Il tenente Hart percorse i lunghi corridoi del Castello avvertendo soltanto l’eco degli stivali che battendo sul pavimento scandivano il ritmo dei suoi passi. Quel solenne silenzio gli suggerì che aveva preso la giusta direzione per raggiungere gli uffici dei comandanti.
Radley svoltò l’angolo ritrovandosi davanti a un paio di guardie, soltanto una di loro si portò la mano al berretto per porgergli il saluto militare.
L’ufficiale non diede troppa importanza a quell’episodio e passò oltre. A Dublino aveva ricevuto una fredda accoglienza, quel soldato non era stato l’unico a rifiutarsi di riconoscere la sua autorità. In quel contesto anche una semplice formalità aveva un forte significato politico.
Hart era consapevole di non essere il benvenuto al Castello, la sua presenza era stata accettata dal G2, ma non tutti avevano visto di buon occhio il ritorno di un agente britannico tra quelle mura.
Il sottotenente Donnelly aveva ragione, probabilmente non erano stati presi in considerazione molti candidati per quella collaborazione.
La Guerra d’Indipendenza era terminata da più di vent’anni, ma secoli di dominio britannico non erano stati cancellati dal Trattato, quelle ferite sanguinavano ancora.
Hart non era fiero di come la sua Patria aveva oppresso quel popolo. Non giustificava la dura repressione messa in atto dalla crudele Divisione dell’Essex e dai corpi speciali dei Black and Tans dopo la Grande Guerra, ma come ufficiale dell’Esercito britannico poteva comprendere le ragioni per cui l’Inghilterra aveva preso provvedimenti così severi in una violenta guerriglia combattuta senza regole dagli avversari.
Radley non aveva particolare interesse per la questione irlandese, il suo unico obiettivo era proteggere l’Inghilterra, indipendentemente da chi fossero i suoi nemici.
Il solo motivo per cui si trovava a Dublino era catturare quella spia tedesca e nulla avrebbe potuto interferire con la sua missione, nemmeno i vecchi rancori dei suoi collaboratori.
 
L’agente Hart si presentò nell’ufficio del capitano Kerney, dopo aver oltrepassato la soglia richiuse la porta alle sue spalle.
L’ufficiale irlandese gli porse la mano.
«Tenente, sono lieto di vederla»
Egli rispose alla stretta e accettò il suo invito ad accomodarsi.
«Spero che la collaborazione con l’agente Donnelly stia procedendo al meglio» disse il capitano ritornando dietro alla scrivania.
Per questo l’inglese non poté lamentarsi: «non ho riscontrato alcun problema»
«Il sottotenente le sembra abbastanza qualificato per l’incarico?»
Radley rispose sinceramente: «è ancora giovane, ma di certo è un ragazzo sveglio»
L’irlandese parve soddisfatto.
«Ero sicuro che egli avrebbe reso onore alla memoria del padre»
L’agente britannico si incuriosì: «anche il genitore era un militare?»
«James è figlio del tenente Liam Donnelly, un eroe della Guerra Civile»
Hart fu sorpreso da quella notizia, ritenne che fosse opportuno approfondire la questione.
«Egli doveva essere un uomo molto stimato…»
«Era un ufficiale delle Guardie di Dublino [3], è stato ucciso dai ribelli dell’IRA durante la Battaglia di Kilmallock [4]» raccontò Kerney.
«È strano, il mio collega non mi ha detto nulla a riguardo»
Il capitano lo rassicurò: «non si preoccupi per questo, di certo non si tratta di sfiducia nei suoi confronti, egli è un ragazzo molto riservato»
Radley pensò che il carattere introverso di James non fosse la sola ragione del suo silenzio e iniziò a sospettare che il compagno avesse deliberatamente scelto di non rivelargli quel fatto non indifferente.
Il capitano Kerney tornò al motivo di quell’incontro.
«Mi hanno riferito che lei non è qui solamente per condurre le sue indagini»
L’inglese annuì: «i miei superiori mi hanno incaricato di occuparmi anche di un’altra questione di massima sicurezza»
L’ufficiale irlandese tentò di mascherare il nervosismo. 
«Di che si tratta?»
«Accordi per un piano di emergenza» disse Hart poggiando un fascicolo sulla scrivania.
Kerney espresse la sua perplessità: «questa Nazione si trova in uno stato di Emergenza da ormai un anno»
«Già, da quando la Germania ha invaso la Polonia trascinando la Francia e l’Inghilterra in questa guerra»
«Ero certo che fosse qui per la guerra» commentò il capitano.
«Voi irlandesi pensate di affrontare questa crisi soltanto con una nuova politica economica e con l’utilizzo della censura?»
«Di quale crisi sta parlando?»
«Un Governo instabile, una Pace precaria, la carestia, gli attentati dell’IRA, il pericolo di un’imminente invasione tedesca…la vostra amata Neutralità vi ha portato a questo»
«Il Presidente de Valera ha preso le sue decisioni per salvare l’Irlanda dalla guerra»
«Temo che per questo sia troppo tardi»
L’irlandese deglutì a vuoto, ma tentò comunque di salvare le apparenze.
«Suppongo che non abbia intenzione di discutere di politica»
«No, non voglio criticare il partito al potere, avete già abbastanza problemi con i sostenitori dell’IRA. Inoltre non ho bisogno di convincere lei o i suoi superiori, questo piano è già stato approvato da chi di dovere, io sono poco più di un umile messaggero»
Il capitano Kerney incrociò lo sguardo severo dell’inglese, poi si decise ad aprire la cartella.
Sul primo foglio era ben evidente una scritta: Plan W.
 
 
 
 
Note
 
[1] Giornale repubblicano pubblicato dal Sinn Féin. A causa degli articoli considerati sovversivi dal Governo la stampa del quotidiano venne interrotta nel 1937.
 
[2] Dal 1924 l’Esercito irlandese non fu più riconosciuto come National Army, ma prese il nome di Óglaigh na hÉireann (letteralmente: Soldati d’Irlanda). Questo cambiamento avvenne sia per non creare continuità con la Guerra Civile appena conclusa sia per sottolineare l’identità nazionale. 
 
[3] Unità dell’Esercito irlandese (National Army) che ebbe un ruolo rilevante durante la Guerra Civile (1922-1923). I militari arruolati nelle Guardie di Dublino erano fedeli seguaci di Collins.
 
[4] La Battaglia di Kilmallock (luglio-agosto 1922) fu uno dei più violenti episodi della Guerra Civile irlandese. Dopo dieci giorni di feroci scontri nelle campagne i ribelli dell’IRA si ritirarono e le truppe del National Army riuscirono ad occupare la città di Kilmallock.
 
 
   
 
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