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Autore: BeaterNightFury    25/02/2021    0 recensioni
Le riusciva persino difficile credere che una volta alzati tutti da tavola, Riku sarebbe andato finalmente a cercare la sua mamma… che ora gli era stato permesso. Che Sora sapeva dov’era Ventus e sarebbe andato a recuperarlo dopo che le Principesse fossero state al sicuro.
Che se avessero vinto quella guerra, Shiro avrebbe avuto di nuovo una famiglia, una casa.

Seguito di Legacy e Journey.
Sora, Riku e Kairi dividono le loro strade per proteggere le Principesse, salvare i Guardiani perduti, e prepararsi alla battaglia.
Lea si ritrova dopo undici lunghi anni a fare i conti con il proprio passato irrisolto.
Ventus e Roxas aspettano il momento in cui potranno tornare a fare qualcosa che non sia osservare...
Il momento dello scontro è vicino.
Sette contro tredici.
A volte, la differenza è tutto quello che un eroe può fare.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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La sessione invernale è sempre un mezzo incubo, ma che dire?, ce l’abbiamo fatta anche stavolta.
(quello, e anche un epocale blocco dello scrittore. Scrivere di Riku risulta un po’ difficile…)
Ci stiamo avvicinando alla battaglia finale… e anche a scene molto feels, e a un certo punto di questo capitolo c’è stato bisogno di ascoltare la canzone da marinai “Leave Her Johnny” per entrare nell’atmosfera.
Dite un po’ e leggete bene il capitolo: notate qualcosa di particolare? 😉
 

Guardians – Capitolo 9
Specchi Infranti
 
Di tutte le cose che Jack si sarebbe aspettato in quella battaglia, di certo non avrebbe previsto che un maelstrom, un enorme vortice marino, allontanasse la Perla Nera e l’Olandese Volante dal resto delle navi. Secondo le leggende, soltanto qualcuno con un enorme potere, come Calypso, sarebbe stata capace di… un momento. Barbossa doveva averla liberata.
Oh, beh, inutile farsi quelle domande. Probabilmente alla fine di quella battaglia non sarebbe nemmeno stato possibile ottenere delle risposte senza beccarsi una maledizione.
Elizabeth e gli altri contavano su di lui, . Trova il Forziere Fantasma. Strappa la chiave dalla barba tentacolata del Capitano. Pugnala il cuore e prendine il posto.
Facile come bere un bicchiere di rum, sì. La cabina del Capitano ormai era deserta – la ciurma era tutta ai cannoni e alle vele, e gli bastò distrarre i due marinai britannici alle spingarde per andarsene via con il Forziere.
Quanto alla chiave, la sua bussola indicava…
… una pozza d’ombra si allargò davanti a lui, e comparve uno di quei disgustosi stranieri in nero. Sì, era Luxord, quello che aveva cercato di maledire mezza Port Royal con il suo mostro mangiamedaglioni!
… e prima che Elizabeth ammanettasse Jack all’albero, lasciandolo alla mercé del Kraken, aveva anche cercato di seguirli ad Isla Cruces (non che Jack avesse disapprovato, Jones gli aveva chiesto cento anime in cambio della sua e…) e aveva leggermente scoperto da quel derelitto di Norrington cosa stavano cercando.
«E così hai ottenuto ciò che volevi!» Esordì quel rompiforzieri. «Forse sei più astuto di tutti noi. Tuttavia, devo chiederti di consegnarmela.»
«Come? Temo che ti sbagli, compare. Non ti darò proprio niente.» Era fuori questione. Se dovevano uscire vivi da quel pastrocchio, Jones doveva morire, e doveva essere Jack a farlo fuori.
«Allora invoco il diritto di parl…» Luxord cercò di richiedere il parlay, come aveva fatto ogni singola volta che aveva mostrato là il suo brutto muso. Ma col cavolo che Jack glielo avrebbe concesso – il parlay era solo per la Fratellanza, e gentaglia come Luxord ed Elizabeth qualche anno prima tendeva a scordarselo.
«Oh, no, niente parlay.» Senza pensarci troppo, Jack si avvicinò a Luxord, parlando ad alta voce. «Siamo un po’ indaffarati qui.» Sembrava che il vecchio trucco dell’alito fetido stesse funzionando, perché il seccatore aveva fatto un passo indietro, due… era fin troppo vicino al parapetto.
Jack fiatò di nuovo, e Luxord balzò all’indietro… cadendo fuori bordo, dritto nel mare.
Sì, quel trucco funzionava sempre. Infallibile.
La bussola puntò dritta dietro di lui.
Sentì la risata di Davy Jones alle sue spalle.
«Guardate qui, uomini! Un uccellino disperso… un povero passero che non ha mai imparato a volare!»
Si girò. Jones, in carne, ossa, tentacoli e chele, era davanti a lui con i suoi marinai maledetti, e aveva appena sguainato una spada.
La chiave doveva averla lui, ma c’erano decisamente troppi avversari per un duello leale. Doveva sfoltire le fila.
Volare sarebbe proprio servito, in quel momento.
«Con mio sommo dispiacere!» Jack prese a guardarsi attorno. Doveva esserci qualche cima… «Ma… non è mai troppo tardi, sai?»
Afferrò quella più vicina a lui, e colpì con il Forziere il nodo che la teneva ferma. La fune lo portò in alto, e Jack atterrò su uno dei pennoni.
Jones lo avrebbe sicuramente raggiunto, ma… uno contro uno? Si poteva fare.
 
Perla Nera e Olandese Volante erano ormai fianco a fianco, e le ciurme delle rispettive navi erano intente all’abbordaggio.
Era soltanto questione di tempo, Ventus si disse… senza la sua ciurma e con la nave sotto assedio, Davy Jones sarebbe presto uscito allo scoperto.
La pioggia era talmente fitta che si faceva fatica a vedere a pochi passi di distanza, e i rumori della battaglia, del mare e della tempesta talmente forti che tutto risultava ovattato. La presenza dei marinai maledetti sembrava complicare ulteriormente il suo orientamento, ma la confusione durò poco – puzzavano maledettamente, un misto tra il pesce e l’odore di putrefazione, ed era facile distinguerli dagli alleati anche da come si muovevano e parlavano.
«Credevo di aver visto il massimo dell’orrido quando il Baubau ha perso tutti gli insetti!» Sora commentò, visibilmente pallido e disgustato nonostante il maltempo.
«Beh, vivi e impara!» Ventus gli rispose con un sorrisetto sbalzando i due pirati maledetti più vicini all’indietro con un Aeroga.
«Mettiamo in sicurezza la nave, poi si va ad aiutare Jack!» Will li affiancò, poi alzò una pistola e sparò ad uno dei marinai maledetti che si avvicinavano alla nave con l’ausilio di corde.
«Sì. Buona idea.» Sora annuì nervosamente. Stava correndo su e giù per la nave come un mozzo aspettato dal capitano, cercando di sfidare e vincere più avversari possibile.
Ma ne arrivavano ancora. Ventus era tentato di prendere Sora da parte, dirgli di risparmiare le energie per quando avrebbero dovuto arrembare la nave nemica, ma in quel momento Will fece qualcosa che distrasse la loro attenzione.
«Elizabeth, vuoi sposarmi?» Il giovane aveva preso la mano della ragazza.
Elizabeth guardò Will negli occhi un momento, poi venne distratta da un pirata ricoperto di spugne di mare che gli si stava avventando contro.
«Non mi pare il momento più adatto!» ansimò, respingendo l’aggressore.
«Potrebbe essere l’unico!» Will ribatté prendendo a sciabolate e a calci un altro pirata pesce. «Io ho preso la mia decisione. Qual è la tua?»
Un pirata dell’Olandese si stava avvicinando troppo con una spada incrostata di crostacei, e Ventus lo fece volare lontano, oltre il parapetto.
«BARBOSSA! SPOSACI!» Elizabeth si girò verso il castello di poppa e urlò.
Il pirata più anziano era impegnato nel difficile compito di reggere il timone e respingere un pirata interamente coperto di spine di riccio, mentre altri lo minacciavano a loro volta, ma ebbe il tempo di reagire all’urlo.
«Al momento sono un po’ occupato!»
«Ora ti disoccupo io!» Sora raggiunse il timone con un paio di balzi e lo affiancò a Keyblade alzato.
«Barbossa, adesso!» Will insistette, mentre altri nemici si iniziavano ad avvicinare.
Barbossa balzò sulla base del timone e si schiarì la gola.
«Amici carissimi, siamo qui riuniti oggi… per appenderti all’albero maestro, cane rognoso!» Allontanò via con un calcio uno dei marinai maledetti, che Sora bloccò con una magia di gelo.
Will guardò Barbossa, poi Elizabeth, poi gli aggressori, e sembrò aver deciso di andare avanti con la cerimonia nonostante tutto. Dopo un giro attorno alla base dell’albero maestro per respingere un altro pirata maledetto, prese Elizabeth per la mano.
«Elizabeth Swann, vuoi tu prendermi come tuo sposo?»
«Oh, sì!» Elizabeth sorrise.
«Bene…» Will stava dicendo, ma dovette rapidamente abbassarsi quando un pirata con la faccia interamente coperta di coralli lo aggredì. Ventus si avvicinò ai due e usò un Magnetega per togliere il brutto ceffo dalla circolazione, poi evocò una mina magica sotto di lui, per evitare che desse loro fastidio una volta caduto.
«Will Turner, vuoi tu prendermi come tua sposa… in salute e in malattia…» Elizabeth ansimò, senza lasciare la mano a Will. C’erano nemici da ogni direzione ed entrambi tiravano sciabolate con la mano libera. «… sempre che di salute ce ne resti?»
«Sì!» Will abbracciò Elizabeth.
Barbossa e Sora erano ancora impegnati a difendersi nell’area del timone, ma il capitano sembrava aver tenuto d’occhio tutta la cerimonia improvvisata.
«Come capitano, io vi dichiaro…» Cercò di annunciare, ma un marinaio inglese gli venne addosso.
«Non fermarti!» Sora allontanò il soldato.
«Puoi baciare…» Altri pirati maledetti e marinai inglesi arrivarono verso il castello di poppa, e Barbossa e Sora si ritrovarono circondati.
«Puoi baciarla!» Sora urlò a sua volta, ma Will non gli diede retta.
Barbossa si liberò degli aggressori e sbottò.
«E BACIALA!»
Attorno ai due, finalmente, non c’erano più nemici a minacciarli. Will ed Elizabeth abbassarono le lame, si guardarono negli occhi, e si scambiarono un bacio sotto la pioggia. Con la coda dell’occhio, mentre teneva loro guardia, Ventus riusciva a vedere Barbossa vedersela con l’ultimo avversario, mentre Sora aveva preso il timone e lo teneva fermo con una mano e una spalla, mentre con la mano libera aveva preso quella che sembrava una Granpozione dalle loro scorte mediche, e se la teneva vicina alla faccia per togliere via il tappo con i denti.
«Ne arrivano sempre meno!» Ventus indicò l’Olandese Volante. «Sora, come siamo messi?»
Il ragazzo bevve la medicina e lasciò di nuovo a Barbossa il timone, correndo verso Ventus. La pioggia gli colava in rivoli dal tricorno, ma non per la prima volta in quel giorno Ventus desiderò di essere altrettanto coperto.
«Jack! Lassù!» Will, appena liberatosi da un marinaio inglese, puntò il dito ai pennoni dell’Olandese. Davy Jones era sdraiato sulla trave, con alcuni tentacoli che gli mancavano dalla “barba” e la sua mano destra stretta alla maniglia di un forziere. All’altra maniglia, sospeso nel vuoto, era appeso Capitan Jack Sparrow.
«Ora di andare!» Sora fu il primo a cercare una cima e appendervisi, seguito a ruota da Will.
Non sarebbero arrivati mai in tempo così in alto… Ventus non ci pensò un momento. Lanciò il Keyblade in aria e lo fece mutare nel glider, poi ci balzò su e schizzò con quello verso l’alto… ora doveva solo raggiungere i pennoni.
E magari sperare che Sora non si facesse troppo male.
  


Per la seconda sera di seguito, Riku e i Big Hero 6 avevano fatto piazza pulita nel quartiere infestato. Riku era più che fiducioso che, una volta insegnato ai ragazzi e al robot come tenere a bada le creature del buio, avrebbe potuto salutarli sapendo che avrebbero tenuto la loro città al sicuro fino a quando i Guardiani della Luce non avessero affrontato Xehanort e i suoi Cercatori Oscuri.
Erano al margine dell’area pericolosa, e già sembrava di essere di nuovo in una città normale. L’altoparlante di un negozio di abbigliamento trasmetteva una canzone che faceva tipo: «I know I took the path that you would never want for me, I gave you hell through all the years… So I, I bet my life for you…»
Riku sentì Hiro tirare su col naso nell’ascoltare la canzone, e non riusciva a dargli torto.
«A cosa pensi?» Hiro chiese quasi subito a Riku. Il ragazzo si morse il labbro. Evidentemente, non era riuscito a rendere il suo volto illeggibile nel sentire quelle parole.
«Rilevo livelli anomali di neurotrasmettitori.» Baymax intervenne senza che nessuno glielo chiedesse. «Riku, ti senti. Triste. In colpa. Il tuo battito cardiaco è aumentato. I livelli ematici dei tuoi ormoni sono alti. Diagnosi: è innamorato
Riku avrebbe voluto sprofondare nell’asfalto. Perché proprio in quel momento il suo pensiero si era soffermato su Sora e Kairi, e su cosa avrebbe dovuto dire loro una volta a casa?
Hiro fece un sorrisetto imbarazzato sotto il casco.
«Mi dispiace per Baymax! Mio fratello non gli ha mai impostato la privacy…»
Riku stava per rispondere al ragazzino, ma intravide un’ombra scura dietro di lui.
«Ragazzi, c’è qualcosa!»
Evocò Via Per l’Alba mentre gli altri si giravano. La creatura che aveva intravisto sembrava un nero ammasso informe, fatto di più pezzi che brulicavano uno sull’altro, arrancando come una strana fanghiglia vivente verso di loro.
Nonostante il casco che gli celava il volto, Riku vide che Hiro era atterrito.
«I Microbot?» Stava boccheggiando.
«Sai cosa sono?» Riku si mise tra lui e il mostro, il Keyblade alzato pronto a parare.
«Erano il mio lavoro d’ammissione. Finirono in un portale dimensionale assieme al primo Baymax…» Hiro spiegò d’un fiato. «Ma il trasmettitore che li comandava venne distrutto…»
«Beh, qualcosa mi dice che l’Oscurità lo ha trovato!» Riku fece un balzo in avanti e tagliò in due il coso con il Keyblade. Fece appena in tempo a sentire Hiro urlargli che era inutile prima che i due pezzi di mostro si animassero e tornassero all’attacco, neanche fossero stati le scope incantate del Maestro Yen Sid quando qualcuno cercava di impedire loro di riempire la cisterna.
Una delle due montagnole scure prese la forma di un pugno, e prima di accorgersi che stava saettando verso di lui, Riku si sentì sbalzare all’indietro e sentì due mani forti che lo prendevano al volo.
«Ho eseguito uno scan del mostro!» Baymax annunciò, il suo tono impersonale quasi soddisfatto mentre teneva Riku in braccio. «Presenta analogie importanti con quelli che chiami Heartless
«Quindi non sono microbot?» Gogo inclinò la testa di lato. «Hiro, bisogna analizzare qualsiasi cosa possano essere. Credi che la Granville sarà ai laboratori?»
«Beh, dove altro potrebbe essere?» Hiro alzò le spalle. «Dovrei andare a confrontare i dati con lei?»
«Non “dovresti”. Vai!» Gogo lo prese per un braccio e gli indicò la strada laterale. «Baymax, portalo ai laboratori! Gli serviranno i dati che hai raccolto!»
«Ma… e voi come…?» Hiro fece per obiettare, ma Baymax, lasciato scendere Riku si era già messo in posizione per far salire Hiro sulla sua schiena.
«Vuol dire che per stasera, San Fransokyo sarà una delle mie cose che contano!» Riku si portò di nuovo alla mano il Keyblade e si rimise in guardia. «Hai sentito Baymax. Questi non sono microbot… sono Heartless!»
  


La Perla Nera e l’Olandese Volante erano bloccate, i loro alberi maestri incastrati tra loro l’unica cosa che impediva loro di venire trascinate in fondo al maelstrom.
Sora aveva tutti i muscoli che facevano male, ma teneva i denti stretti pur di resistere. Era già stato in battaglia – assieme a Paperino e Pippo, alla fine dell’estate, aveva tenuto testa a qualcosa come un migliaio di Heartless a Radiant Garden, ma questi non erano Heartless. Erano uomini adulti, combattenti addestrati, e mostri dall’intelletto umano.
Per giunta, girava tutto, pioveva come se non ci fosse un domani, e gli era dolorosamente evidente che Ventus se la stesse cavando meglio. Persino Will se la stava cavando meglio, era riuscito a recuperare il forziere dal ponte della nave in mezzo alla battaglia e…
… uno dei marinai maledetti! Stava andando contro di lui, spada in resta, ma Will, pur difendendosi, non contrattaccò.
«Fermati! Sono io… sono Will!» Urlò al pirata maledetto.
Sora si rese conto che l’avversario del suo amico, pur essendo coperto di coralli, cozze e stelle marine, manteneva ancora delle parvenze umane. Anzi, sembrava piuttosto avanti con gli anni… che fosse…?
Non c’era tempo per pensare, no, Will aveva il forziere, ma doveva difendersi… e bisognava trovare Jack e dargli il Forziere Fantasma perché quella battaglia finisse… cosa fare, cosa fare?
 
Se c’era qualcosa che poteva far sentire Will Turner completamente disarmato, era una situazione del genere.
Aveva trovato immediatamente il Forziere Fantasma quando era caduto dai pennoni, poi suo padre lo aveva aggredito.
Inizialmente era anche stato difficile riconoscerlo. Era già stato coperto di cirripedi, echinodermi e altre creature marine quando Will lo aveva incontrato, ma le sue condizioni si erano aggravate.
Quel che era peggio, aveva perso la propria lucidità. Sputafuoco Bill non lo riconosceva più come suo figlio, ma come un nemico.
Una botta più forte delle altre lo costrinse a lasciar andare il Forziere. Dov’era Jack? Vide la figura minuta di Sora con la coda dell’occhio. Il ragazzo esitò per un momento, poi si buttò verso la cassa come un bambino che afferra una palla, si rimise in piedi e schizzò via.
Questione di tempo, bene. Tutto quel che doveva fare Will ora era restare vivo.
 
Dalla posizione che Ventus era riuscito a guadagnare sui pennoni, era facile capire cosa succedeva sulla nave.
Non era riuscito a impedire che Jack cadesse, ma era stato in grado di lanciargli una cima e fare in modo che tornasse sul ponte, e con un Thundara aveva fatto mollare la presa a Jones sul suo forziere maledetto.
Da lì in poi, i suoi amici sul ponte avevano fatto il resto: Will era stato il primo a recuperare la cassa, poi quando era stato bloccato da uno dei sottoposti di Jones – suo padre? – era stato Sora a prendere il forziere, e adesso cercava Jack con lo sguardo.
Dal canto suo, Jack stava ancora dondolando appeso alla fune, ma sembrava essere abbastanza vicino al ponte da poter scendere senza farsi male. Ora, Sora era sul ponte con il Forziere, Jack stava per arrivarci, come avrebbero aperto quella cassa maledetta?
E perché Ventus si sentiva osservato?
«Ci incontriamo di nuovo, ragazzino
Una voce. Un’ombra dietro di lui. Su una delle passerelle c’era una figura coperta da una cappa nera, ma la voce era familiare.
«Dovevo aspettarmelo.» Un angolo della bocca di Ventus si alzò in una smorfia. «Voi e la vostra abitudine di imbucarvi al momento peggiore!»
Piegò le ginocchia, pronto a scattare come una molla, e portò Evocavento alla mano.
«Alla faccia del cuore di luce pura…»  L’incappucciato in nero rise e si portò le mani al cappuccio, mostrando un volto appuntito, un naso adunco, lunghi capelli biondo platino, e un’aria quasi noncurante. «Qualcuno ha perso l’innocenza in mezzo ai ratti di mare?»
Ventus ricordava quel volto: era uno degli studiosi di Radiant Garden… quello che aveva cresciuto Ienzo. Era lo studioso che era sparito, quello che sapeva come creare le Repliche…
… se avesse potuto legarlo e portarlo al Castello…! Era la chiave per riportare Zack e Roxas… e forse se lo avessero interrogato… forse avrebbe saputo dov’era Terra…
In equilibrio sul pennone, corse verso la piattaforma, portando il braccio all’indietro per vibrare un colpo. Il suo nemico evocò dal nulla uno scudo di ghiaccio e parò, sbalzandolo all’indietro. Ventus sarebbe caduto sul ponte se una delle vele non avesse fermato la sua caduta. Se ne liberò planando di nuovo sul pennone, e si rimise in guardia prima di riprendere l’offensiva.
«Giurerei di stare combattendo Roxas se non fosse per la tua guardia rovesciata.» il Nessuno ghignò.
«Glielo dirai tu stesso, quando ti riporterò di peso a Radiant Garden perché tu lo salvi?» Ventus gli ruggì contro. Cercò di lanciare un Blizzaga contro il suo avversario, ma non sembrò neanche fargli il solletico. Evidentemente, il freddo doveva giocare a suo favore.
«E cosa ti fa pensare che verrò con te
«Beh, è per questo che ho Evocavento con me!» Ventus girò il Keyblade nella sua mano, rilassandosi per un momento. «Fa’ del tuo peggio, ho resistito più a lungo di così!»
Il Nessuno – Vexen, se i ricordi che aveva preso da Sora erano chiari – non fece una piega. Dal ponte, qualcuno emise un urlo.
«Tu forse,» Vexen indicò in basso. «Ma i tuoi amici?»
Ventus guardò giù. Elizabeth era rintanata in un angolo, la sua spada fuori dalla sua portata, Sora era appoggiato al suo stesso Keyblade, perdeva sangue dal naso e aveva l’aria esausta, e Jack… dov’era Jack? Doveva essersi nascosto…
… e Davy Jones era stato sul punto di colpire Elizabeth e Sora, ed era stato lui a urlare, perché Will lo aveva passato da parte a parte con la sua spada.
Ma Tia Dalma non aveva detto che…?
«Mastro, hai dimenticato?» Jones girò la testa verso Will. A parte il dolore, non sembrava minimamente disturbato dalla ferita. Con la mano sinistra mutata in chela, prima che Will potesse avere tempo di reagire, piegò la punta della spada perché Will non la potesse riestrarre. «Io sono senza cuore
Il capitano maledetto mandò all’indietro Will con un calcio e gli puntò contro la spada.
Senza il tempo di pensare ad altro, Ventus cercò con lo sguardo una cima che lo potesse portare rapidamente giù…
 
«Ah, l’amore… un’orrenda colpa. Eppure tanto facile da rinnegare!»
Mentre Sora, con le ginocchia che tremavano, cercava di rimettersi in piedi usando la sua stessa arma, Davy Jones passava lo sguardo da Elizabeth a Will. Sora poteva soltanto sperare che, quando Jack aveva visto la chiave strisciare via sul ponte, attaccata a uno dei tentacoli tagliati via della barba di Jones, fosse riuscito a prenderla e ad aprire il forziere mentre lui ed Elizabeth avevano duellato contro il mostro per prendere tempo.
Davy Jones non sembrava essersi stancato minimamente, eppure Sora ed Elizabeth gli avevano tenuto testa per parecchio – almeno fino a quando Sora non aveva ricevuto un calcio in faccia ed aveva battuto la testa nel cadere. Gli faceva male dappertutto, e non ricordava di aver mai provato tanto freddo, per quando era inzuppato.
Avrebbe avuto bisogno di un Elisir, ma durante la battaglia si era svuotato le tasche.
«Non è vero!»
Si sforzò nuovamente di raddrizzarsi e ci riuscì, nonostante non si azzardava a fare un passo. Jack, muoviti
Davy Jones si girò verso di lui.
«Ho ancora molto da imparare sull’amore, ma so cosa significa condividere il mio cuore con gli altri. E non basterai a spezzare un legame simile!»
Xehanort non era riuscito a dominare su Riku, o ad ottenere un vero controllo su Terra… cosa era un qualunque Davy Jones, a confronto?
«Cosa può sapere un moccioso come te del cuore?» Jones azzardò un passo. Sora strinse i denti… poi il calore familiare di un’Energiga gli rinsaldò le gambe.
«Ha parlato quello che ha preferito liberarsene!» Il ponte dietro Sora vibrò, e Ventus gli mise una mano sulla spalla. «Ma ne è valsa davvero la pena, mostro? Io davanti a me vedo soltanto un perdente!»
«E allora?» Jones voltò loro le spalle, poi puntò di nuovo la spada verso Will. «Dimmi, William Turner… temi tu la morte
«E TU?»
Era la voce di Jack. Sora e Ventus girarono la testa… Jack aveva aperto il forziere, e teneva nella mano destra una spada spezzata, e nella sinistra un qualcosa che poteva sembrare un’illustrazione da libro di scienze di un cuore, ma era coperto di patelle e altri molluschi. E stava ancora battendo.
 
Sulla coffa dove si era rifugiato, Vexen non poteva credere ai suoi occhi. E così quello che avevano inteso per “cuore” era il semplice muscolo cardiaco?
Aveva soltanto perso tempo in quel mondo dimenticato… e soltanto per un qualche tipo di vudù che non sarebbe servito per riportare No.i alla sua identità… non c’era più ragione di mantenere quella mascherata, no.
Non c’era più tempo.
 
«Da alla testa, tenere la vita e la morte nel palmo della mano!» Jack continuava a tenere la spada e il cuore nelle mani, e da un momento all’altro avrebbe fatto l’unica cosa che avrebbe potuto uccidere Davy Jones.
Ventus sfruttò quel momento di fiato per controllare Sora: il naso aveva smesso di perdergli sangue e sembrava essere più saldo sulle gambe, ma era visibilmente provato. Doveva aver combattuto troppo, in quella battaglia.
«Sei la crudeltà in persona, Jack Sparrow!» Jones sbraitò, ma guardando il pirata, Ventus vedeva soltanto una persona che stava proteggendo i suoi amici.
«La crudeltà è un fatto di punti di vista!» Jack ribatté, rimanendo fermo. Cosa stava facendo? Perché non colpiva?
«Tu dici?» Jones gli rispose. Si mosse.
Sia Ventus che Sora balzarono in avanti, Ventus era il più veloce, riuscì persino a toccarlo con il Keyblade, ma quel mostro era persino più massiccio di Terra… era come attaccare un muro di mattoni, e lo sbalzò all’indietro con la chela… caduto di schiena, Ventus alzò subito la testa e…
NO!
… la spada di Davy Jones era infilata nel torace di Will.
Sora non aspettò nemmeno che Ventus si rimettesse in piedi, aveva iniziato a mormorare la formula di una magia di cura, ma Ventus lo fermò… troppe volte aveva sentito, dal Maestro, che una ferita del genere era al di là di ogni cura.
Elizabeth era china su Will, come Rapunzel lo era stata su Eugene soltanto alcuni giorni prima… eppure stavolta, nessuna magia avrebbe salvato il ragazzo… nessuna benedizione…
«William… mio figlio
Fu qualcun altro a urlare.
Il marinaio maledetto che aveva attaccato Will poco prima sembrava essere tornato in sé. Aveva un coltello in mano – lo stesso coltello che Ventus aveva visto in mano a Will sulla Perla Nera! – e aveva preso a tempestare Davy Jones di pugni e pugnalate alla cieca. Aveva ripreso il senno… sì, ma troppo tardi, e solo perché suo figlio stava morendo.
«Non possiamo fare niente? Ci deve essere un modo!» Sora girava la testa a scatti, guardando prima Ventus, poi Will, poi Jones. «Ventus…»
Ventus avrebbe voluto spiegare a Sora le complicatezze dietro alle magie di cura. Gli avrebbe facilmente fatto presente come Riku, dopo lo scontro con Xemnas, non si era completamente ripreso da quel colpo al fianco, ma dubitava che Sora sarebbe stato in grado di capire.
L’unica cosa che capiva era che un suo amico stava morendo, e Ventus probabilmente non era preso dal suo stesso panico solo perché sapeva di non poter fare niente…
«Spostati!»
La voce di Jack li scosse entrambi. Un momento dopo, il pirata li prese entrambi a gomitate, spingendoli di lato. Aveva ancora la lama in una mano, e il cuore di Davy Jones nell’altra.
«Chi pugnala il cuore deve sostituirlo.» Jack indicò Davy Jones, ancora occupato a resistere all’assalto, con la testa. «Chi pugnala il cuore non può morire.»
Posò l’organo sul ponte della nave, appena accanto a Will, e gli fece chiudere il pugno attorno alla spada rotta. Lanciò un’occhiata a Ventus e Sora, poi abbozzò un sorrisetto.
«L’eternità è lunga senza rum… ragazze allegre… e un amico
Lasciò andare la mano di Will. Il braccio del giovane ricadde verso il basso, e la lama che ancora stringeva andò a ficcarsi nel cuore coperto di patelle del mostro che lo aveva ferito a morte.
«Dici che ci perdonerà?» Sora chiese, tirando la manica a Ventus. Lui si strinse nelle spalle.
A pochi metri di distanza da loro, Davy Jones, ancora intento a combattere il suo stesso sottoposto, strillò nuovamente di dolore. Ma stavolta non rimase in piedi. Crollò esanime, e il vecchio Turner lo buttò immediatamente fuori bordo.
I marinai dell’Olandese iniziarono a reagire alla scomparsa del loro capitano. Smisero di combattere e iniziarono a marciare verso il punto in cui il cuore era stato pugnalato, Turner in testa, con il coltello di suo figlio in mano.
«Parte della ciurma, parte della nave,» continuavano a ripetere.
Senza più nessuno ai posti di manovra, la nave stava iniziando a inabissarsi nel maelstrom. Jack tirò via Elizabeth, in cerca di un modo per sfuggire alla nave in affondamento, Ventus mutò il suo Keyblade nel glider e prese Sora con sé, schizzando verso l’alto mentre l’enorme mulinello veniva lentamente riassorbito dal mare. Jack ed Elizabeth, con un paracadute di fortuna, erano riusciti a sfuggire anche loro al gorgo.
L’Olandese Volante sembrava essere sparito per sempre… così come Will.
«Vexen era sull’Olandese.» Ventus disse a Sora. «E anche se Luxord fosse stato lì, sicuramente ora non lo è più. Dobbiamo tornare a casa… fare rapporto… ad Aqua.»
Per poco, non aveva meccanicamente detto “al Maestro”. Si chiese se avrebbe mai perso l’abitudine.
Il mare era tornato calmo, ma la battaglia non sembrava finita. Una delle navi della flotta inglese stava veleggiando in avanti, pronta ad attaccare. La Perla Nera fece lo stesso, con Jack ed Elizabeth a comandare.
«No, dobbiamo aiutarli.» Sora evocò il suo Keyblade e fece un passo in avanti, quasi andando a sbilanciare il glider prima che Ventus lo prendesse per il cappotto.
«Credi davvero…?» Ventus iniziò un discorso – perché toccava a lui la parte dell’adulto? – ma il mare sotto di loro prese a incresparsi, quasi in risposta alle loro parole, e tre pali di legno… no, tre alberi emersero dall’acqua, seguiti da pennoni, vele, da un’intera nave che emerse dal mare e galleggiò sulla superficie.
L’Olandese Volante era di nuovo sul mare. Ma non era la stessa nave di prima.
Le alghe e i crostacei che lo coprivano stavano cadendo pezzo per pezzo, così come le raffigurazioni dei mostri, e al posto del verdastro viscido emergevano decorazioni in oro e in bronzo.
Anche la ciurma stava cambiando. Stavano perdendo l’aspetto mostruoso, e tornavano ad essere gli uomini che erano stati.
«Serve un passaggio?»
Will era al timone. Aveva ancora la camicia semiaperta, e gli si intravedeva una cicatrice ancora rossa sotto ai vestiti, ma era vivo ed era al timone.
Non era più una nave sola ad andare contro la Compagnia delle Indie e la sua ammiraglia. Erano due.
Sora balzò giù dal glider e atterrò sul ponte, seguito da Ventus. Per un momento, Sora parve voler andare subito al parapetto, o ad aiutare, ma invece adocchiò un angolo tranquillo e ci si appoggiò per riprendere fiato.
Ventus lanciò un’occhiata a Will e si strinse nelle spalle.
Mentre gli uomini liberati dalla maledizione si affaccendavano, pronti per un altro attacco, Ventus si affacciò al parapetto e cercò di capire la situazione. Soltanto l’ammiraglia nemica era in avanzata, e si avvicinava sempre di più.
Ma arrivati al punto in cui si riuscivano a vedere gli uomini sulla nave… non sembrava essere stata data alcuna disposizione di attacco.
In pochissimo tempo, la Perla Nera e l’Olandese Volante intrappolarono la nave nemica tra di loro e la crivellarono di cannonate. Dopo soltanto una batteria di cannoni, la nave nemica era ridotta a un mucchio di legno alla deriva sul mare.
La battaglia era vinta.
Dalle altre navi della flotta pirata si sentivano, anche da lontano, urla di gioia e festeggiamenti.
L’unica nave su cui regnava il silenzio era proprio l’Olandese, la cui ciurma stava ancora venendo a patti, presumibilmente, con l’essersi liberati della maledizione e del flagello di Jones.
«Voglio dormire per due giorni di fila…» Sora commentò, barcollando leggermente mentre raggiungeva Ventus. Sul castello di poppa, Will stava parlando con suo padre, poi scesero le scale e li raggiunsero sul ponte.
«Allora, chi di voi due sarebbe Ventus?» chiese l’uomo più anziano, che aveva il naso adunco e una specie di berretto sopra i capelli scuri striati di grigio.
«Potete chiamarmi Ven.» Ventus tese la mano. «Signor Turner.»
«E tu puoi chiamarmi Bill.» L’uomo sorrise. «Will mi ha detto che anche tu hai qualcuno da salvare. Vedi soltanto di non metterti nei guai come lui.» Poi guardò Sora. «Quanto a te. Sora, giusto? Will mi ha detto che ti sei battuto come una furia.»
«Immagino stiate per andare via.» Will ammise in tono triste.
«Torneremo a trovarvi.» Sora si incrociò le braccia dietro la testa.
«Non è così semplice, ragazzo.» Turner senior alzò una mano, ma Will scosse la testa.
«Le regole di questo mondo per loro non valgono.» Il giovane capitano sorrise. «Vedrai. Hanno tirato loro fuori Jack dallo scrigno. Li rivedremo presto.»
Fece un gesto di saluto e fece per andare verso delle scialuppe, poi si girò verso Ventus un’ultima volta.
«E quando accadrà, Ven, voglio conoscere tuo fratello!»
Ventus non ebbe letteralmente il cuore di ammettere davanti a Will che Terra soffriva tremendamente il mal di mare.
  


Prompto si appiattì con la schiena contro la quercia più grossa del boschetto e disattivò il sonoro del suo telefono. Nessuno conosceva la foresta come lui, Noctis, Ignis e Gladio… a parte forse Hayner, Pence e Olette, ma loro presto sarebbero stati i proverbiali allievi, se già non lo erano. Avessero avuto altri due ragazzi nella loro comitiva, avrebbero potuto essere la loro “seconda stagione”. E adesso, il mistero che loro avevano scoperto aveva molto a che fare con la ragione per cui Prompto, Noctis e gli altri avevano lasciato il loro mondo.
Prompto scattò in silenzio una foto ai due uomini vestiti in nero che attraversavano il sentiero del boschetto e la mandò subito a Noctis, che era appostato con Luna nel tunnel che portava dal bosco alla città. I due uomini si stavano dirigendo verso la villa, ma uno sembrava quasi condurre l’altro. Il ragazzo si nascose dietro il cancello e rimase in ascolto e osservazione.
«Ti prego. Ho creato abbastanza vittime.» Quello più anziano, che probabilmente era stato forzato ad essere lì, sembrava riluttante a proseguire. «Te l’ho detto. Non l’ho presa io. Ho interrotto la mia ricerca proprio a causa della sua scomparsa!»
«E saresti nel giusto allora? Hai usato Roxas e Naminé e poi li hai gettati via. Dubito che ci sia una briciola di compassione in te!»
Roxas. Sì, erano le persone che dovevano tener d’occhio. Quell’uomo sapeva cosa fosse accaduto a Roxas, dovevano portarlo via da lì!
Sentì dietro di sé il sibilo che accompagnava l’apertura dei portali, e Noctis e Luna comparvero dietro di lui.
«Credo che il vecchio sia stato rapito.» Prompto bisbigliò a Noctis. «Gli ho sentito nominare Roxas.»
I due stavano ancora parlando. Il più giovane stava esigendo dei dati che il più anziano teneva nascosto, e chiedeva informazioni sul fato di una ragazza.
«Non sai quanto ti sbagli, Xehanort!» L’anziano sbottò. Vicino a Prompto, gli occhi di Luna divennero due fessure.
«L’orribile essere umano…» Prompto mormorò, poi Luna gli diede di gomito e gli fece gesto di uscire allo scoperto.
«Signori! Questa villa è proprietà del patrimonio comunale!» Prompto cercò di inventarsi una frottola, puntando il dito verso i due. «Risponderete al Sindaco Regis di sconfinamento se fate un altro passo!»
Forse era anche vero che la villa fosse proprietà del comune, ma era una vita che i ragazzini vi si infilavano senza che nessuno se la prendesse veramente – e Prompto ne sapeva qualcosa, era stato uno di quei ragazzi.
«Cosa?» Xehanort fissò Prompto, incredulo. «Sparisci, seccatore!»
«Lo sto dicendo per voi, signore!» Prompto fece appello a tutto il suo sangue freddo per mantenere la calma e sperare che l’uomo davanti a lui non lo trasformasse in un rospo o qualcosa. «Conosco il sindaco, e non è una persona che vorreste contrariare!»
Dietro Xehanort, si aprì un portale e Luna prese l’uomo per una manica e lo tirò via. A quanto pareva, Noctis stava aspettando quel segnale, perché prese Prompto per il dietro della giacca, lo tirò via e buttò verso Xehanort una bomba fumogena.
Un enorme colosso nero emerse dall’ombra di Xehanort e intercettò la bomba in una mano, ma quella scoppiò lo stesso, riempiendo il giardino della villa di fumo grigiastro. Non c’era tempo da perdere – Luna aprì un altro portale e riemersero nel vecchio covo di Noctis, quello che adesso era letteralmente in possesso della banda di Pence.
«Non dovrebbe poterci rintracciare.» Luna chiuse il portale dietro di sé, indicando il vecchio divano cigolante all’uomo perché si sedesse. «Perché quell’uomo ce l’aveva con voi?»
L’uomo alzò a malapena lo sguardo. «Chi siete?» I suoi occhi arancioni passarono da Prompto, a Noctis, per poi indugiare su Luna. «Io so cosa sei tu. Ti sei messa in un immenso pericolo, ad avvicinarti tanto a un Cercatore Oscuro.»
«Meglio noi, che mio fratello e i suoi amici. Troppi ragazzini in questa storia.» Prompto si sedette sulla vecchia caldaia. «Vi abbiamo sentito menzionare un Roxas. Mio fratello Pence è suo amico. Sapete qualcosa su… se esiste un modo per riportarlo a casa?»
L’uomo alzò la testa, e guardò di nuovo i tre. C’era quasi un barlume di speranza nei suoi occhi.
«Va’ a chiamare tuo fratello, allora. E tenete pronte delle sedie. Questa potrebbe essere una lunga storia.»
 

 
«Ce l’ho ancora sul radar! Avanti, ci siamo quasi!» Riku era alle calcagna dei Cuboscuri (era quello il nome che Fred aveva dato all’Heartless informe… avevano iniziato a usarlo perché non sapevano come altro chiamarlo realmente).
Dire che la caccia era stata pura pazzia era un eufemismo. Quel coso poteva dividersi, e così aveva fatto, intrappolando da soli tutti i membri della squadra prima che Riku potesse trovare un modo per liberarli.
Dopo che Riku ne aveva sconfitto ogni pezzo, ogni volta in maniera diversa, Hiro aveva annunciato loro via radio che doveva esserci una sorta di punto debole – un nucleo che dava gli ordini, come per i Microbot.
«Qualsiasi cosa siano questi cubi oscuri, in un qualche modo stanno imitando i Microbot. Sono con la prof, stiamo cercando di indagare. Continuate a riprendere, ce la stiamo mettendo tutta!»
Erano di nuovo davanti alla Krei Tech, e i Cuboscuri si erano radunati, formando qualcosa di simile alla sagoma di un cuore che girava.
«D’accordo, gente, se non sono io a vibrare il colpo potrebbe anche solo riapparire da un’altra parte.» Riku evocò il suo Keyblade e caricò il mostro. «Lasciatelo a me!»
Scattò verso la cosa. Uno dei software di Hiro gli indicò di colpire dritto verso il centro. Era vicino… vicinissimo…
… e una figura umana in nero, con addosso la cappa, gli apparve davanti…
Aveva un Keyblade – e non un Keyblade qualunque.
«Sora…?»
La figura lo aggredì con un fendente. Riku fece appena in tempo a puntare i piedi e chiudere la guardia, e poi…
CRACK.
La Catena Regale nelle mani del suo avversario sfarfallò per un secondo in un’arma diversa mentre si scontrava con Via per l’Alba. Riku sentì la sua arma vibrargli pericolosamente in mano, poi un’onda d’urto lo spinse all’indietro.
Non di nuovo… si trovò a pensare, e stavolta non c’era nemmeno Baymax… qualcosa di soffice gli attutì la caduta, e riconobbe una delle bombe chimiche di Honey Lemon, che in quel caso si comportava da airbag.
«Avete finito di giocare?» Una voce venne dalla cima dell’edificio. In un qualche modo sembrava familiare… ed estranea.
«Ma che…?» Go Go si guardò in giro. Non era non-Sora ad aver parlato.
Qualcuno era comparso vicino a Non-Sora. E quel qualcuno era il riflesso di Riku – se fosse stato in uno specchio rotto. Era più basso, con i capelli più lunghi, aveva una cappa nera e i suoi occhi erano gialli.
«Ohi, Riku, il cattivo è il tuo mini-te!» Fred scattò al fianco di Riku.
«Ma che…» Riku si rimise in piedi. Il Keyblade sembrava più leggero nella sua mano… si era rotto? Come era potuto accadere?
«Sorpreso di rivedermi? L’ultima volta era al Paese dei Balocchi, ora non mi dire che hai finalmente deciso di andare a scuola a fare il ragazzo modello.» Il doppio di Riku lo schernì.
Sparì ancora una volta, e quando riapparve con una scheda elettronica rossa nella mano, i Cuboscuri si smembrarono davanti a loro, crollando al suolo.
«Sei falso.» L’altro Riku lo irrise nuovamente. «Proprio come quella patetica scusa per un Keyblade. Siete falsi tutti voi! Perdenti che giocano agli eroi. Insomma, guardatevi attorno!»
Indicò la città attorno a loro.
«Buttate via la vostra vita per degli ingrati. Voi smanettoni state buttando alle ortiche le vostre carriere così una biologa svampita può scrivere ficcine su di voi mentre lavora in un posto che poteva essere vostro. Quanto a te, Riku? O dovrei dire, quanto a me? Non penso che ritornare sui tuoi… sui miei passi… ti abbia portato da qualche parte. Se il mio futuro è qui, da solo, con un’arma scassata, mentre Sora e Kairi magari si scambiano un paopu, beh, non penso che sia qui che voglio andare!»
«… che accidenti?» Wasabi guardò prima Riku, poi l’altro Riku.
«Oh, non glielo hai detto.» L’altro Riku ghignò. «Sapevate che è stato lui? È stato lui ad aiutare gli Heartless a invadere i mondi un anno fa… il povero bimbo voleva diventare forte. Voleva trovare il suo mentore. Voleva essere quello che salvava la ragazza. Ma non è per te che sono qui adesso.»
Mostrò loro di nuovo il chip. Qualcuno vi aveva disegnato sopra un teschio con tibie incrociate con un pennarello da due soldi. Gli altri sembravano quasi spaventati nel vederlo, ora che lo vedevano chiaramente.
«Il mio nuovo amico qui combatte bene, ma fa soltanto quel che gli viene ordinato.» L’altro Riku si strinse nelle spalle. «Avremmo potuto avere Sora o Shiro, ma no, voi volevate fare gli eroi dell’ultimo minuto, quindi abbiamo creato un corpo… e ora gli serve un cuore.»
«Quell’affare è pericoloso!» Wasabi sbottò alle figure in nero. «Non sapete che state facendo…»
«Oh, quindi volete che io lo rimetta dove l’ho trovato?» L’altro Riku aprì un Corridoio Oscuro, e fece gesto a non-Sora di entrarvi. «Bene, perché intendo proprio farlo.»
Sparirono. Un momento più tardi, i Cuboscuri svanirono nel nulla.
«Grandioso.» Go Go commentò in tono piatto. «Siamo morti.»
 
Nei laboratori di robotica dello SFIT le luci erano ancora accese. Hiro li attendeva davanti allo schermo di un computer, una tazza di cioccolata calda poggiata vicino alla tastiera, il casco abbandonato su una scrivania assieme al resto dell’armatura, ed al suo fianco c’era una donna nera di mezza età con abiti scuri e i capelli tagliati corti.
«Mi state seriamente dicendo che esiste un altro Riku e gli Heartless c’entrano con lui?» La professoressa Granville sbottò prima che Riku o chiunque altro potesse dire “Buona sera, prof”.
«Per l’esattezza, è Riku che c’entra con gli Heartless, non il contrario.» Baymax precisò da una stazione di ricarica in un angolo.
«Beh, non è l’unico doppio che ci ritroveremo tanto presto.» Hiro sembrava quasi arrabbiato. «Il falso Riku ha detto che avrebbe rimesso il chip dove lo aveva trovato… se ha trovato il chip, ha trovato anche…» Fece una smorfia. «Baymax
«Io sono qui.» Il robot obiettò.
«Già, ma esiste un altro te con licenza di distruggere.» Go Go commentò, prendendo una sedia.
«Distruggere?» Riku si tolse il cappello e il visore.
Hiro andò verso Baymax e gli premette uno sportello circolare. Comparve un cassettino che conteneva tre chip.
«Vedi quel chip verde? Quello è ciò che rende Baymax… Baymax. È la sua programmazione originale. Il suo carattere, il suo istinto di proteggere e curare, quello che gli impedisce di fare del male a chiunque. Era il chip che ha programmato mio fratello. Il secondo, quello rosso, è opera mia. Programmazione di combattimento, e soprattutto istinto da eroe. Anche se il primo venisse rimosso, anche in questo ci sarebbe un impedimento dell’aggressione. Il terzo è il programma overdrive, ma non è importante adesso. Prima del chip eroe, c’era quello che hai visto nelle mani del tuo doppio.»
«L’altro me ha detto di aver trovato quel chip…»
«Se ha trovato quel chip, ha trovato il corpo originale di Baymax, quello che è andato perso nel salvataggio di Abigail Callaghan.» Hiro richiuse lo sportello dei chip. «Dobbiamo distruggere quel chip prima che venga reinserito.»
«E fin qui ci siamo.» Wasabi annuì.
Ma sembravano tutti preoccupati. Visibilmente.
«Riku, chi era quello davanti alla Krei Tech? Perché aveva detto di essere te?» Honey Lemon gli chiese.
Riku tirò un sospiro.
«Perché molto probabilmente lo era.» Abbassò lo sguardo. «Un anno fa ero un imbecille. Il mio amico Sora dovette letteralmente suonarmele perché riprendessi a vedere la ragione… e anche così, passai tutto l’anno successivo a fare del mio meglio per rimediare ai miei errori.»
Prese a raccontare quanto poteva dell’Organizzazione, e di come il loro scopo fosse riportare nei mondi un’antica guerra che aveva cancellato tutti i mondi e fatto ripartire tutto da zero. Parlò dei Guardiani della Luce e della loro missione, e mostrò loro dal telefono le foto dei suoi amici, sorridenti nonostante l’aria stanca e delle ferite recenti. Dei presenti, Hiro lo fissava, occhi negli occhi, captando ogni parola, quasi attonito.
Sembrava già aver sentito una storia del genere.
Riku sapeva che non avrebbe dovuto rivelare tutti quei dettagli – Paperino non sarebbe stato contento – ma dovevano sapere. Era come con Leon, Aerith, Yuffie, Cid, Tifa e Cloud a Radiant Garden. Stavano difendendo la loro città da Xehanort, e se non conoscevano un nemico contro cui già da soli avrebbero avuto poche chance, che possibilità avevano di proteggere ciò che per loro era importante?
La professoressa Granville lasciò la stanza alla fine del racconto, raccomandando ai ragazzi di andare a letto presto, con lo smartphone sul comodino nel caso qualcosa dovesse accadere.
«Riku, posso fare qualcosa per la tua arma?» Hiro fermò Riku prima che lasciasse la stanza. «Ho visto quel tipo in nero spezzartela…»
«Questa è magia, Hiro.» Riku evocò Via per l’Alba. La punta era monca di un grosso pezzo, così come la guardia. «Non credo che tu possa farci molto.»
«Forse, ma…» Hiro estrasse una cassa da sotto la sua scrivania e la aprì, rivelando quello che sembrava un ammasso di capocchie di spillo a due punte.
«Questi sono Microbot. Faranno qualsiasi forma tu pensi… sono molto pochi, ma ho visto come si comportava la tua lama. Non dico che sarà la stessa cosa, ma… può essere un tentativo di riparazione.»
Collegò il visore di Riku al computer e iniziò a programmare qualcosa. Riku riconobbe delle riprese dei suoi movimenti.
«Ti fidi ancora di me?» Riku gli chiese.
«Riku, io…» Hiro alzò lo sguardo. «Non è il te del passato che conosco, è il te di adesso. E se non ci avessi salvati sul ponte, se non ci avessi aiutati a ripulire i quartieri dagli Heartless… non sarei qui, ora, a preoccuparmi se fidarsi è bene o non fidarsi è meglio.»
Abbassò lo sguardo un’altra volta.
«E poi, un anno fa avresti dato anche a me dell’imbecille. Avrai anche aiutato gli Heartless, ma chi ha creato il chip che stavano cercando? Io
Staccò il visore e lo mise in mano a Riku.
«Quando si rifaranno vivi, saremo pronti a riceverli. E allora vedremo chi è il vero perdente.»
  


Luna aveva il cuore in gola mentre attraversava il portale. A stento riusciva a credere a quello che i due uomini – Ansem e Vexen – le avevano detto nel locale caldaie.
Il suo apprendistato con Stephen Strange le aveva insegnato a non dubitare di nulla, e probabilmente avrebbe visto di peggio, si fosse trovata a vivere con lui nella linea temporale in cui gli Avengers avevano affrontato il Titano Pazzo… ma questo… da studentessa di medicina, questo sembrava follia.
La tecnologia medica, o almeno quella del suo mondo, non era sufficientemente avanzata per creare un corpo umano da zero, men che meno quello di un adolescente, identico all’aspetto che aveva avuto alla sua scomparsa!
«Radiant Garden? Di nuovo?» Noctis emerse dal cerchio di scintille accanto a lei. Erano nella sala del computer di Ienzo, che sembrava stare parlando con i programmi Otto e Nove al microfono del computer.
«… adesso è il piano di riserva o niente. Ma… il piano di riserva non è una vera soluzione.»
«Ienzo, abbiamo novità!» Luna annunciò immediatamente la sua presenza. Il giovane sussultò sul posto, sorpreso dalla loro presenza e dall’involto di coperte a misura umana che Noctis aveva tra le braccia.
«Luna? Noctis? Che succede?»
«Succede che questo coso pesa come una persona.» Noctis mugugnò, lasciando l’involto di coperte su di una sedia.
«Capitan Ovvio.» Luna gli lanciò un’occhiata, poi si voltò verso il portale ancora aperto sul locale caldaie di Crepuscopoli. «Ienzo, il castello è al sicuro?»
Lo studioso la fissò in silenzio, poi fece sì con la testa.
«Bene.» Noctis riprese il controllo della situazione. «Ragazzi, via libera!»
Prompto fu il primo a passare il varco, poi a farlo furono il signor Ansem, Ignis, e infine Gladio a chiudere la fila.
Ienzo fece un passo indietro, quasi appoggiandosi al computer per lo stupore.
«Maestro Ansem!»
L’uomo anziano sembrava quasi sollevato, se non felice… da quanto tempo non vedeva quella che doveva essere casa?
«Ah… ben ritrovato, piccolo Ienzo.»
Il giovane stava quasi tremando, quasi fosse scosso dai singhiozzi.
«Mi avevano detto che era impazzito. Che ci aveva abbandonato…» Si avvicinò ad Ansem, abbassando lo sguardo come avrebbe fatto un bambino.
«Cosa succede qui dentro? I sistemi di confine…» Un giovane con irti capelli biondi entrò di corsa, uno spadone in mano, ma si fermò sulla soglia quando vide chi era arrivato. Genesis in persona, di nuovo con una divisa, la stessa del ragazzo, si fermò appena dietro. Sgranò gli occhi quando vide Noctis e Luna, ma fu ancora più sorpreso dal ritorno del padrone di casa.
«Dilan! Aeleus! Venite qui!» Genesis chiamò verso il corridoio. «Cloud, chiama il giudice…»
«… chiamare Ilyas? Io chiamerei Sora semmai…»
Sembrava che nessuno in quella stanza, se proprio non avevano capito cosa stava succedendo, sapesse cosa fare. Genesis sembrava quasi adirato, l’altro ragazzo, Cloud, era confuso ma sembrava quasi speranzoso, e le altre due guardie che arrivarono dopo di loro, che avevano un’uniforme diversa (Genesis aveva menzionato di essere stato una guardia cittadina… evidentemente dovevano anche esserci delle altre guardie!) sembravano non sapere nemmeno cosa dire.
«Cloud ha ragione. Dovreste chiamare Sora, e anche in fretta.» Luna ruppe il ghiaccio. «Abbiamo una Replica.»
   
 
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