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Autore: TheDoctor1002    28/02/2021    2 recensioni
Artemis conosce il mare. Lo ha solcato in lungo e in largo quando era in marina, vi ha disseminato terrore una volta cacciata e ancora oggi, dietro l'ombra del suo capitano, continua a conoscerlo.
Il suo nome è andato perduto molti anni fa: ora è solo la Senza-Faccia. Senza identità e senza peccati, per gli altri pirati è incomprensibile come sia diventata il secondo in comando degli Heart Pirates o cosa la spinga a viaggiare con loro. Solo Law conosce le sue ragioni, lui e quella ciurma che affettuosamente la chiama Mama Rose.
Ma nemmeno la luce del presente più sereno può cancellare le ombre di ciò che è stato.
Il Tempo torna sempre, inesorabile, a presentare il conto.
"Raccoglierete tutto il sangue che avete seminato."
//
Nota: trasponendola avevo dimenticato un capitolo, quindi ho riportato la storia al capitolo 10 per integrarlo. Scusate per il disguido çuç
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Pirati Heart
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 17 : Playfair 

Ana leggeva il giornale con interesse, nella calma del suo studio.
Non che fosse sua abitudine farlo, ma quel giorno in particolare era quasi certa che sua figlia stesse facendo altrettanto: non aveva avuto alcun dubbio al riguardo fin dal primo istante in cui i suoi occhi si erano posati sul titolo a grandi caratteri pece.
La notizia principale riguardava nientemeno che i recenti disordini nei pressi del sito interdetto di Punk Hazard.
Voci non confermate menzionavano l'intera ciurma di Cappello di Paglia e Trafalgar Law in persona tra le entità coinvolte, al punto che si stava già vagliando l'ipotesi di revocare a quest'ultimo il titolo di Shichibukai.
Proprio per questo aveva convocato Tamatoa appena avesse potuto, in modo da accertarsi che non ci fossero stati atteggiamenti strani da parte della sua protetta.
La donna non tardò a rispondere alla chiamata ed entrò silenziosamente nello studio di Sant'Ana solo pochi minuti dopo.
La nobile abbassò delicatamente le lenti fine e squadrate dei suoi occhiali, intercettando il volto spigoloso di lei.
"Come procede?" chiese, senza preamboli.
"La signorina Artemisa è tranquilla." dichiarò Tamatoa, adagiando una mano sull'altra davanti al suo ventre con fare posato "La situazione sembra essersi notevolmente semplificata, rispetto ai mesi precedenti. Credo sia entrata in una fase di accettazione.
Legge incessantemente e spaziando tra una quantità tale di argomenti che mi è difficile seguirla. Passa dalla geografia alla meccanica, studia trattati di filosofia, libri di fiabe e vecchi standard di comunicazione. La sua predilezione, tuttavia, sembra essere l'elettronica. L'altro giorno l'ufficio tributi accanto alla biblioteca aveva problemi con alcuni dei lumacofoni ed è intervenuta per assisterli."
L'ultima dichiarazione parve accendere un barlume di interesse nei sottili occhi di Sant'Ana. "Ha comunicato con l'esterno?" chiese, come se si trattasse di una blasfemia.
"No, ha lasciato ogni contatto in mano agli impiegati." chiarì la dama "Durante le operazioni ha rinvenuto una vecchia stazione di ricezione, tra ieri e ieri l'altro ha cercato di sistemarla e collegarla alle frequenze dei notiziari. Dice che così non le serviranno più i giornali."
"Assicurati che sia solo un dispositivo di ricezione." Si premurò "Se avessi dubbi, non esitare a richiedere un'analisi."
"Non temete, é già stato sottoposto a controllo: é tutto regolare."
"E quelle sue... crisi?"
Tamatoa sospirò, ricacciando una ciocca corvina dietro le orecchie.
"Ha ancora una forte tendenza ad alienarsi, mentre si occupa delle sue materie." disse "Tuttavia ha acquisito un ritmo sonno-veglia più regolare, anche se non sembra voler prendere l'abitudine di fermarsi per mangiare: spesso continua a studiare anche con il piatto davanti."
"Sono stati necessari altri calmanti?"
"Sempre meno spesso, fortunatamente."
"Ha avuto rimostranze?"
"No, nessuna. Si é lamentata solo quando ha terminato le letture nelle sezioni di suo interesse. Per compensare, ha chiesto un'introduzione al rammendo, che esercita solo sotto la mia personale supervisione, e ha preso ad analizzare anche gli archivi. Come le dicevo, non ha quasi altro scopo al di fuori dei suoi studi. L'unica eccezione pare essere Saint Mjosgard."
"Mjosgard?" le fece eco Ana con una nota di sorpresa, puntandole di nuovo addosso quei suoi occhi gelidi. "Elabora."
"Parlano molto. È l'unica persona con cui l'abbia vista scambiare più parole del necessario."
"Ci ha fatto... amicizia?" L'esitazione su quella definizione fu accompagnata da un'espressione di disgusto mista a scetticismo.
"Non userei un termine simile. Ma hanno sviluppato un'intensa collaborazione intellettuale. Credo che l'interesse di Artemis per le materie umanistiche sia volta ad avere argomenti di conversazione in comune."
"Altri eventi degni di nota? Reazioni insolite al giornale di oggi?"
La donna scosse il capo.
"L'ha a stento preso in mano. Diceva di voler finire una traduzione iniziata ieri. Non ha neppure acceso la radio."
"Allora torna da lei." La invitò la nobile "Non vorrei darle troppo tempo."
Tamatoa inclinò appena il busto in una reverenza silenziosa e abbandonò la stanza con falcate ampie e veloci, come se il demone del dubbio insinuatole da Sant'ana rischiasse di morderle i talloni.

"Sembrate molto presa, Artemisa" Commentò Mjosgard dal suo pianoforte, notando la velocità appena più marcata delle matite sui fogli "Niente radio, oggi?"
"No, non é giornata." Concluse lei, scrivendo rapida lettere su lettere in grafite luccicante, che si adagiava sul lato della sua mano come un guanto d'argento. "Preferisco tenere la mente piena."
"Ma come farete a guidarli?"
Quella domanda non aveva mancato di massacrarle le tempie un solo giorno, in quegli ultimi mesi.
Non aveva, alla realtà dei fatti, alcun modo per guidare i suoi figliocci, né Law né la ciurma a Zou. Poteva solo riservare loro una fiducia assoluta, cieca e irrazionale, contraria ad ogni sano principio di buonsenso. Quella fede era la sua unica arma e per fare sì che potesse ardere, non poteva far altro che soffocare i suoi fondati timori in un mare di lavoro talmente fitto da dimenticare perché lo stesse facendo.
"Caspita, che maestria! Io non ci riuscirei mai." esclamò Mjosgard, seguendo lo sguardo di Artemis che passava da un foglio di brutta copia a uno dei tanti libri della biblioteca, tornare al foglio di brutta e trascrivere rapidamente lettere a manciate su un terzo taccuino.
"È solo abitudine" mugugnò lei con fare concentrato, senza cedere di un battito.
WA. NO. KU. NI.
"Il difficile era trovare algoritmo e chiave. Ma i rapporti dei Marines usano password standardizzate e non più di una decina di algoritmi, anche questi sempre gli stessi. Con così tanta gente da coordinare, cambiare le regole è complicato.
Le chiavi solitamente erano combinazioni di luoghi e date. Questo algoritmo è solo alfabetico e, dato il fascicolo in cui era, il luogo non poteva essere che Wano Kuni. La vera domanda è cosa ci faccia qui una copia cifrata di un documento tanto personale."
Una parola dopo l'altra, le memorie di un vecchio samurai di quel regno lontano si dischiudevano davanti a lei.
Parlava di leggende del calibro di Barbabianca e di Gol D. Roger come fossero suoi vecchi amici, di quanto quelle persone e quei luoghi fossero diversi dalla sua terra, di quanto i confini di Wano avessero un bisogno disperato di essere aperti. Di quanta fame del mondo avesse e di quanto temeva che la sua assenza sarebbe stata una rovina, per tutta quella gente che vedeva in lui il leader che non voleva essere.
"Perché tanta attenzione per il diario di Kozuki Oden?" chiese Mjosgard, che l'aveva vista scervellarsi per giorni su quel singolo, striminzito rapporto. "Volete scoprire se contiene i segreti del One Piece?"
"Temo sarebbe chiedere troppo" rivelò Artemis "ma Wano è uno dei grandi misteri del mondo, conoscere qualcosa al riguardo sarebbe una ricompensa sufficiente. Tuttavia, finora questo diario mi ha molto delusa: parla di persone, di viaggi, ma raramente menziona casa sua, se non esprimendo il desiderio di aprirne i confini. Non apporta nulla di nuovo, sono informazioni a cui si arriva con qualche ricerca storica. In realtà, ho qualche dubbio sulla natura di questo manoscritto: sembra che alcuni passaggi siano totalmente mancanti, in alcune date fa riferimento a eventi di giorni precedenti che non ho letto. Temo sia stato censurato nella fase di cifratura."
"Oh no, niente di tutto questo" raccontò Mjosgard "Da che ricordo, i marines fecero del loro meglio per trascrivere il più possibile, ma quando scoprirono che Oden rivoleva il suo diario dovettero omettere molti passaggi. Questo é ciò che sono riusciti a trascrivere in fretta e furia dall'originale prima che il proprietario se lo riprendesse.
Fu cifrato con tutte le altre prove del suo fascicolo e archiviato alla sua morte, ma sono certo che questo lo sapete già. In effetti, non mi é difficile immaginare da dove venga la vostra familiarità con la crittografia." commentò l'uomo con fare esperto, a sminuire la smorfia infelice sul volto di lei, che chiuse il discorso con un deluso: "Una volta ero più brava."

-//-//-//-

Artemis nascose i fogli uno sotto all'altro con una fretta imprecisa, rendendo vano ogni tentativo di far sparire le tracce del suo lavoro.
Le mani dell'uomo che aveva fatto irruzione nella sua stanza l'afferrarono per le spalle, voltandola verso di sè.
"Cosa stai facendo, De la Rose?" chiese ansimando, mentre la sua angoscia la inondava come per osmosi.
Lei non seppe rispondere, troppo confusa dalla reazione di chi l'avrebbe trascinata allo scoperto e, più probabilmente, condannata a morte per quella pila disordinata di carte.
Non era infuriato, né deluso, non aveva un'aria accusatoria.
Sengoku era disperato. Era spaventato come un bambino e, oltre gli occhiali a pinza, i suoi occhi trasudavano una fragilità che mal si abbinava ai simboli d'onore sul suo petto.
"La Lead Valley" riuscì a formulare la ragazzina "Volevo cercare cosa fosse successo, se qualcuno poteva saperlo non potevate essere che voi. Ho preso queste lettere in fretta e furia, dopo aver sentito dei passi dietro di me."
"Come hai superato le misure di sicurezza?" chiese il Grand'Ammiraglio, stupito nel vedere quanta della sua corrispondenza privata giaceva sul tavolo "Erano in un'area sorvegliata, in una cassaforte a combinazione."
"Con tutto il rispetto, signore, me l'avete insegnato voi." mormorò Artemis, distogliendo lo sguardo e fissando l'orlo ciano del fazzoletto di una divisa conquistata troppo in fretta "Riuscire ad entrare in un'area riservata fa parte del mio lavoro, così come saper cifrare e decifrare messaggi."
"Stavi già lavorando a decifrarli?" domandò Sengoku, riconoscendo schemi di lettere disposte in quadrati filtrare tra le falangi tremanti di lei. "Ci vorrebbero settimane, se non mesi, senza avere piste."
"In realtà ho capito fosse un algoritmo a blocchi notando il lieve scostamento regolare delle lettere. E se la corrispondenza é stata conservata, doveva per forza esserci un modo di riottenere la chiave dal solo contenuto del foglio, dato che sarebbe stato imprudente sfruttare sempre la stessa. Ho notato che alcuni caratteri avevano un serif leggermente diverso e ho provato ad applicarli, tutto qui."
L'uomo la scrutò con stupore, le labbra lievemente socchiuse e gli occhi resi appena vitrei da un'espressione d'incredulità. Quando si riprese, si passò con forza le mani sul volto, accartocciandosi sull'orlo della branda, mentre Artemis restava a fissarlo pietrificata dalla sua scrivania, una mano ancora sui fogli per proteggerli.
"Ma non c'era niente sulla Lead Valley. O almeno, niente che io abbia già decifrato. Alcune lettere le ho accantonate subito, ma altre hanno rallentato il lavoro. Non ho potuto ignorarle: ho decifrato il nome della mia isola e temevo fosse successo qualcosa di irreparabile. Andando avanti ho scoperto che si trattava di aggiornamenti su sua figlia e sulla necessità di nasconderla da una donna chiamata Santana. Ho scoperto che la bambina aveva fatto molte cose che avevo fatto anche io. Aveva partecipato a una recita scolastica insieme a me, aveva avuto il morbillo quando l'ho avuto anche io, compiva gli anni nel mio stesso giorno. E tutte le lettere erano firmate RDR, le iniziali di mio padre."
Il silenzio della stanza era scandito solo dal violento tic dell'uomo, il cui tallone sinistro picchiava forte, ritmicamente, sull'anonimo scendiletto grigio della stanza del comandante.
"Se questo è una specie di test, la pregherei di sospenderlo." Dichiarò Artemis con tutta la fermezza che la soglia delle lacrime poteva concederle. Stringeva i pugni contro il fianco fino a far sbiancare le nocche, ma non bastava a darle neppure un briciolo della forza che le serviva.
"Non è un test." Rivelò Sengoku, senza sollevare il volto dal palmo delle sue mani "È la verità: sei mia figlia." Ammise.
Nel silenzio del dormitorio deserto, ad Artemis parve di sentire il suono del sangue scavare il suo percorso attraverso il corpo, denso come il piombo e altrettanto pesante.
"E non avete altre parole per giustificare tutto questo?"
"Speravo che non avrei mai dovuto farlo." Dichiarò l'uomo, alzandosi e cambiando istantaneamente l'aura che emanava. C'era risolutezza nelle ombre sul suo volto e lei parve accorgersi solo in quel momento di quanto suo padre la superasse in stazza.
"Ora, Artemis, tu dovrai sparire."
Quella sola frase trasformò il piombo in mercurio. Lo fece gocciolare dalle vene, abbandonare il cervello per radunarsi nello stomaco e sulle gambe, in una reazione di attacco o fuga che non prendeva il combattimento neppure in remota considerazione.
"Pensate che i miei uomini non si chiederanno che fine ho fatto?" chiese lei, la gola riarsa da una paura profonda che condensava ogni sensazione in un fischio nelle sue orecchie.
"Non potrei mai fare il tuo male." Replicò lui inginocchiandosi per essere all'altezza di sua figlia, senza riuscire minimamente a nascondere quanto quell'insinuazione lo avesse ferito. "Ma altri sì. È per questo che è necessario che tu sparisca: dobbiamo cancellare ogni traccia delle tue scoperte. La notizia di un'intrusione sarà già arrivata agli Ammiragli e alla Commissione Disciplinare, ma forse riusciremo a nascondere delle lettere."
"Io... Io non capisco."
"Io devo sostenere l'accusa." scandì con chiarezza, guidandola attraverso il panico che le bruciava i sensi "Se mi tirassi indietro sarebbe chiaro che nascondiamo qualcosa e tu saresti in un pericolo da cui nessuno al mondo potrebbe salvarti. I Cinque Astri di Saggezza ti hanno convocata, sanno tutto, é vero, ma nell'interesse di Sant'Ana non parleranno. Tuttavia, se le sfere più basse non vedessero provvedimenti sarebbe come ammettere ogni cosa. Puoi fidarti di me? Puoi credere che farò tutto ciò che é in mio potere per portarti lontana da qui e da chiunque voglia farti del male?"
Le mani di lei tremavano nel grande involucro di quelle di suo padre. Sembrava che non ci fossero due atomi disposti a stare fermi in quella figura minuta, i muscoli vibranti di una paura annichilente, fatta di ombre che riusciva a stento a immaginare, e sfiancati dall'improvviso peso di quella realtà.
"Che scelta ho?"
"Nessuna, temo." Ammise l'uomo, sollevandole il mento come si fa ai cadetti fin dal primo giorno di addestramento. L'ossatura di lei rispose meccanicamente a quel semplice stimolo, impostando una posizione di attenti quasi inconscia "Ho bisogno che sia forte, Comandante De La Rose. Ho bisogno che sia forte per farla uscire da qui. Pensa di riuscirci?"
"Certamente, Grand'Ammiraglio." annuì lei, con la sua solita precisione marziale, ricacciando un nodo alle corde vocali che fece suonare quella risposta come un vinile graffiato.

-//-//-//-

"Ascoltate le parole di questo vecchio pazzo", la invitò Mjosgard, posandole una mano su una spalla con fare paterno "Prendete una boccata d'aria. Uscite. Fatevi del bene, a maggior ragione se quest'oggi é una giornata complessa come dite."
Artemis annuì con poca convinzione, staccando la matita dal foglio ma operando sulle sue conversioni a mente.
"Vado a pranzo, tornerò come sempre dopo il mio sonnellino pomeridiano." La rassicurò con un sorriso e un cenno, già dirigendosi verso la porta "Se per allora non avrete fatto una passeggiata, sappiate che vi trascinerò di peso, parola mia."
Durante la breve dichiarazione d'intenti di Mjosgard, Tamatoa rientrò, riprendendo il suo posto sotto la finestra, non prima di aver dovuto fare i conti con un'eloquente espressione dell'uomo a rimarcare il palese buonsenso delle sue parole.

Ana non nascose neppure il suo disappunto, quando l'alta figura si affacciò al suo studio, bussando sul telaio della porta e rivolgendole un sorriso sornione.
"Per favore, non ti fermeresti nemmeno se ti cacciassi" sbuffò lei "a cosa devo il disturbo?"
"Non posso visitare una vecchia amica?" rise Doflamingo, avanzando con la sua postura ricurva. Senza fare complimenti, trascinò una delle belle sedie per accomodarsi, poggiando la caviglia sopra il ginocchio sinistro in una posa fin troppo rilassata.
"Mi mancava l'aria di questo posto" inspirò con fare teatrale.
"Non hai risposto." Gli fece notare la padrona di casa, accigliata.
"Dovevo spargere un po' di voci" si stiracchiò, allungando lo sguardo sul giornale ripiegato sulla scrivania della donna "Sai no, pubbliche relazioni, cose noiose del genere. Ma non parliamo di me, piuttosto dimmi: come sta la mia nobile preferita, mh? Come sta la mia garanzia?"
"Occupata." ringhiò lei stringata, ricacciando il reflusso che quei nomignoli le davano.
"Occupata? E da quando hai da fare?" sghignazzò l'altro, cercando altri pezzi di quel puzzle iniziato per non cedere ai convenevoli. Ne trovò uno sotto un bicchiere di vetro. L'aveva ignorato perchè a prima vista gli era parso un comune bicchiere, usato per bere e dimenticato o tenuto lì capovolto per ogni evenienza. Ma il pezzo di carta sotto di esso si agitava come mosso da un forte vento, trascinato verso una sola direzione come l'ago di una bussola. Riconobbe a colpo d'occhio il nome scritto sopra. "E soprattutto, da quando nei tuoi affari c'entra Trafalgar Law?"
Quella domanda la pietrificò, spingendola istintivamente ad allontanare la vivre card da lui, mentre osservava la sua espressione soddisfatta spaccargli il volto come una faglia.
"Lei è qui, vero?" chiese Doflamingo sottovoce, ma estatico "Il Tesoro Nazionale. Scommetto che ora ti somiglia ancora di più: ha sempre avuto così tanto di te che non ho mai capito chi fosse il padre."
"Non sono affari tuoi." soffiò la donna, livida in volto, con ancora la mano artigliata sul recipiente.
"Certo che lo sono, mia cara Ana." ghignò, nascondendosi dietro a una muraglia di disgustosi vezzeggiativi "Il nostro piccolo segreto è affare mio quanto tuo. E poi, l'ho quasi sposata, ricordi?"
Un vago, sepolto istinto materno la spinse a pensare che solo un dio benevolo potesse aver fatto in modo che ci fosse un quasi in quella frase agghiacciante. O forse, più probabilmente, era solo il sollievo di non doverlo chiamare genero.
"Toglimi una curiosità: dove l'hai trovata?" Incalzò ancora lui "Perché un'idea ce l'avrei, ma non ho fatto in tempo a verificarla: il moccioso a Punk Hazard è arrivato solo."
"Vattene." gli intimò Ana "Non hai più pretese da avanzare su Artemisa. Fai quel che devi fare e lascia Marijoa."
"Sicuro." replicò, facendosi indietro col busto, vagamente offeso "Non preoccuparti, conosco la strada. Ma tu sorridi un po' o ti riempirai di rughe."
Con quell'ultima, sarcastica raccomandazione, l'uomo si alzò in assoluto silenzio dalla sua postazione. Lo sguardo tagliente di Sant'Ana lo seguì lungo il corridoio e da lì fino a che non sparì dietro a una svolta che conduceva all'esterno.

-//-//-//-

"Passaggi segreti?! Adesso mi stai prendendo in giro!" sbottò Artemis, vagamente risentita.
"Assolutamente no" rise Doflamingo, carezzandole i capelli sparsi sulle sue ginocchia "Chiedilo a Rocinante, se non mi credi: quando eravamo piccoli li conoscevamo come il palmo delle nostre mani. Credo che me la caverei ancora oggi."
"E dove portavano, questi passaggi?" chiese interessata, come ogni volta in cui potesse scoprire qualche frammento della sua vita precedente.
"Ovunque!" spiegò lui, gli occhi appena più lucidi dietro le sue lenti a specchio "Dalle camere blindate alle cucine, dalle torri ai sotterranei. Ma ce n'è uno che credo ti piacerebbe molto."
"Quale?"
"Parte dai giardini, sotto una statua del labirinto, ad est." prese a raccontare lui, tracciando una mappa invisibile sopra la testa della sua donna "Attraversa tutto il palazzo, sale scale, ne scende altre e poi termina con una grande parete di legno. Da lì, attivando un meccanismo a pressione, si sbuca dietro un enorme scaffale della Biblioteca."
"La Biblioteca di Marijoa?!" Esclamò rapita.
"Ti avevo detto che ti sarebbe piaciuto." sorrise compiaciuto Doflamingo "É la più grande, la più bella di tutta la Grand Line. Ci sono scritti dal valore inestimabile, le prime copie dei libri più letti del mondo e testi cifrati misteriosi. Persino tu potresti perderti."
"Avrei dovuto provare a entrare, quando ti hanno nominato Shichibukai" si rammaricò Artemis, mettendosi a sedere sulle lenzuola ferite da un sole già alto "Mi sarebbe piaciuto dare almeno un'occhiata a un posto simile."
"Perché accontentarsi?" avanzò lui, tracciando i contorni dei muscoli sulla sua schiena "Sarà tutta tua, quando ci riprenderemo la Terra dei Santi."
"Non starai sognando troppo in grande?" lo prese in giro, nascondendo dietro la spalla un sorriso rassegnato.
"Sognare in piccolo mi avrebbe reso Shichibukai? Ci avrebbe restituito Dressrosa? Avrebbe fatto di noi la Family che siamo?"
"Touché!" alzò le mani Artemis "Ma ora ci conviene alzarci, altrimenti inizieranno a chiedersi che fine abbiamo fatto. Non ho intenzione di litigare ancora con Diamante: gli ho spiegato troppe volte che non avrà il suo Piccolo Signorino finché questo anulare non avrà un anello."
Osservandola alzarsi e continuare a ridere e gesticolare con la mano sinistra nella luce soffusa della stanza, Doflamingo si ritrovò senza parole, dolcemente spiazzato da quel non-problema.
"Ma a questo si può rimediare facilmente." concluse, seguendola per abbracciarla. Chiuse gli occhi, percependo la struttura minuta di lei tra le sue braccia. Non era mai stato il tipo da prendere simili ipotesi in considerazione. Non aveva mai sentito il bisogno di formalizzare i legami nella sua famiglia, la fedeltà reciproca era sempre stato un collante sufficiente. Per anni interi aveva anche pensato che il matrimonio non fosse cosa per lui, escludendolo dai suoi piani come un ninnolo superfluo e immeritato. Ma erano pensieri fatti prima di conoscere la donna dipinta di bianco, prima che il suono della sua voce diventasse un bisogno. Per questo si sorprese di sé stesso, quando realizzò di non sapere quali fossero le parole giuste in una dichiarazione del genere.
"Artemis de la Rose." improvvisò, mentre il sorriso sulle labbra della sua donna si scioglieva come neve al sole dinanzi a quel tono solenne "Mi Reina. Mi Corazón. Mi vida. Vuoi diventare mia moglie?"

 

   
 
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