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Autore: Foxford_Welles    02/03/2021    0 recensioni
Quando Harry Potter giunge per la prima volta a Hogwarts, Galen sta per iniziare il suo secondo anno.
A prima vista sembrerebbe un ragazzo normale, ma sia lui che i suoi amici devono affrontare le conseguenze di un incidente misterioso avvenuto l'anno prima e di cui Galen è ritenuto da molti il responsabile.
Serpeverde, la casa dei quattro protagonisti, non è un luogo sicuro per loro, e presto emergeranno nuovi e inquietanti indizi che legheranno la loro storia a quella del ragazzo che è sopravvissuto.
Genere: Fantasy, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Capitolo 2
Sangue meritevole

 

L’aria della sera era fredda ma elettrizzante. Sceso da treno ancora intontito, Galen vide la stazione di Hogsmeade più brulicante di vita che mai. Enormi frotte di studenti, di cui il più delle volte si intravedevano solo le teste, scorrevano in un flusso immenso si persone, creando un traffico in tutto simile a quello di un formicaio, tranne che per il rumore, notevolmente più forte.

Talvolta, in mezzo alla folla spuntavano alcuni ragazzi più grandi: i Prefetti, riconoscibili, oltre che per l’età, a causa degli strilli che lanciavano, tentando di sovrastare il chiasso:

«Tutti gli studenti devono lasciare i propri bagagli sul treno, animali compresi!»

«Tutti gli studenti devono entrare a Hogwarts indossando la divisa ufficiale della scuola! Nessuna eccezione ammessa!»

«Tutti gli studenti devono raggrupparsi per anno prima di seguire i Prefetti! Gli studenti del primo anno attendano istruzioni!»

Galen girò su sé stesso cercando di individuare Allegra e Ozzy, senza successo, e poiché Rilo non sembrava ancora vicino a raggiungerlo, decise di partire alla ricerca dei suoi compagni, sperando almeno di riunirsi agli studenti del suo stesso anno.

Appena mosso il primo passo, Galen ebbe a stento il tempo di accorgersi dell’enorme figura di Rubeus Hagrid, il guardiacaccia, che si materializzava di fianco a lui.

L’omone non doveva averlo neanche notato, perché per poco non lo travolse, mentre si fiondava nella direzione del flusso di gente, urlando e agitando un campanaccio.

«Studenti del primo anno! Studenti del primo anno, seguitemi alle barche!»

Non appena iniziò a gridare, tutte le altre voci sembrarono poco più che dei sussurri, in confronto al rombo di tuono che usciva dalla sua bocca.

Evitato uno scontro che come minimo gli avrebbe fatto iniziare l’anno in infermeria, Galen scrutò incredulo il gigante allontanarsi a passi pesanti nel suo pastrano di fustagno, poi si incamminò verso la direzione seguita dai Prefetti.

Un lungo viale si snodava tra i piccoli e colorati edifici della cittadina, illuminati e decorati appositamente per l’inizio del nuovo anno a Hogwarts. In molti, maghi, streghe e qualche strana creatura, salutavano con gioia gli studenti, per strada o affacciati alle finestre. Un mago dalla barba lunga, nera e fumante per le bruciature, lanciava numerosi fuochi d’artificio a ritmo incessante, mostrando un largo sorriso dai denti non esattamente immacolati. Davanti a Mielandia, il negozio di dolci, una strega anziana dal viso smunto, ma con abiti inverosimilmente gonfi e tondeggianti, distribuiva a tutti dei dolcetti rosa, dai quali si staccavano e volavano in alto tante piccole bolle dello stesso colore.

La via era così affollata che Galen dovette camminare con molta attenzione per non inciampare rovinosamente mentre si guardava intorno. Mantenendo la direzione presa dal corteo, rammentò che dal secondo anno in poi, gli studenti non arrivassero più a scuola in barca, ma con un mezzo diverso, che ancora non conosceva.

Avanzando, Galen intravide finalmente Allegra, poco più avanti. Poteva riconoscerla anche da dietro, grazie alla forma che i capelli, simili a sterpaglia, davano alla sua testa. Fece uno scatto per raggiungerla.

«Ehi Ally! Eccomi!»

La ragazza si girò, facendogli un cenno con la testa dopo averlo individuato in mezzo alla calca. Lui le si affiancò e proseguirono.

«Ozzy? Non era con te?»

«Si, ma poi ha incontrato dei suoi amici del Quidditch e sono spariti insieme. L’unica cosa che sono riuscita a capire nelle loro urla confuse è che quest’anno Ozzy proverà a diventare battitore della squadra di Serpeverde» rispose lei, guardando avanti.

«Beh, non è una cattiva idea. L’anno scorso era tra i più bravi nel volo, e ad ogni partita lo vedevo sbavare all’idea di scendere in campo».

«Se è come dici, allora capisco perché tu abbia smesso di accompagnarlo».

Galen rise, ma Allegra, visibilmente infastidita al pensiero della bava di Ozzy, trovò il modo di cambiare argomento: «E Rilo invece? Hai dovuto tirargli il gatto in faccia per svegliarlo?»

«No, per fortuna. Ma per quel che ne so, potrebbe anche essere rimasto sul treno».

Con un’occhiata corrucciata, Allegra cercò di capire se Galen stesse scherzando. Lui allora le sorrise per tranquillizzarla, anche se in realtà covava a sua volta il leggero timore di aver intuito la verità.

La marcia degli studenti proseguì fino a una piccola radura, appena fuori da Hogsmeade. Gli alberi che circondavano quel luogo erano incredibilmente maestosi e nonostante le chiome fossero nascoste quasi del tutto dall’oscurità, le luci di molte lanterne permettevano di ammirare dei tronchi tanto immensi che sarebbe servita una catena di circa dieci persone per circondarne uno.

La cosa che però risaltava maggiormente in mezzo a quello spiazzo era una fila perfetta di moltissime carrozze, interamente coperte d’un nero lucido, ferme in attesa di passeggeri. Galen e Allegra le osservarono più da vicino: l’aspetto strano delle vetture era dato dal fatto che ognuna fosse munita di briglie e attacchi per cavalli sospesi nel nulla.

Non ebbero il coraggio di toccarle, ma dopo un po’ furono d’accordo nel dire che attaccato a quelle briglie non ci fosse proprio niente, anche se ogni tanto queste vibravano senza motivo. Galen ipotizzò che fosse un semplice incantesimo a trainare le carrozze, pur notando di sfuggita la strana reazione che ebbe alla loro vista una coetanea di Tassorosso, Mercy Stacke, che sobbalzò vistosamente a pochi metri di distanza.

La grande folla si divise riempiendo le vetture, e queste partirono subito.

Galen e Allegra si sedettero l’uno di fianco all’altra, insieme ad altri ragazzi che non conoscevano. Lei non lo guardò in faccia neanche per un istante, tentando di sembrare impegnata a sistemarsi la divisa.

Lui la osservò qualche secondo, come indeciso, poi si avvicinò per parlarle a bassa voce.

«Lo so che sei ancora arrabbiata, e io, beh… forse avrei dovuto darti retta. Mi dispiace».

Allegra non gli concesse ancora uno singolo sguardo, ma spostò l’attenzione sulla vista al di fuori.

«Lo sai che negli ultimi tempi ho sentito tante persone dire di tutto» insistette Galen, «e anche io certe volte non…»

«Lo so che ti dispiace» lo interruppe lei secca, «ma se vuoi che io non sia arrabbiata, devi ascoltarmi. Cosa sia successo davvero quel giorno è un mistero, visto che nemmeno tu lo ricordi con certezza».

Allegra lanciò un’occhiata furtiva alle persone nella carrozza, assicurandosi che non stessero origliando, poi a Galen, prima di tornare a guardare fuori.

«Io, Ozzy, e credo anche Rilo, vogliamo solo aiutarti a scoprire la verità, ma siamo tutti d’accordo su un punto: tu non faresti mai una cosa del genere, seppur a uno come Varan. Per questo ci fidiamo».
Stavolta Allegra lo scrutò fissa come se volesse entrargli nel cranio.

«Ficcatelo in testa per la prossima volta che avrai dubbi su di noi. Soprattutto su di me».

Quello doveva essere uno strano modo per fare pace, anche se Galen non si sentì più rilassato di quanto non fosse prima.

Dopo alcuni minuti dalla partenza delle carrozze, che percorrevano i sentieri in modo così leggiadro e silenzioso da dare la sensazione che vi levitassero sopra, dietro alcuni alberi apparve finalmente il castello di Hogwarts.

La scuola dominava il paesaggio come un gigante di pietra, eterna ed elegante, stagliandosi nella notte con fierezza. Da tutte le finestre si irradiava una grande luce, in grado di vincere le tenebre del cielo e di far brillare gli alti torrioni, più belli e imponenti di quanto non fossero già normalmente. Al di sotto, nella vallata, si intravedevano una moltitudine di minuscoli riflessi sulle acque increspate del Lago Nero, i cui contorni erano sfumati dal buio. Da lì passavano i nuovi allievi, in barca.

Il cuore, non solo di Galen e Allegra, ma di chiunque ammirasse quello spettacolo, si riempì di gioia e di eccitazione. Era impossibile che esistesse qualcosa di altrettanto magnifico. Era impossibile che alcun altro posto fosse come Hogwarts.

Lasciate le carrozze, fu il momento di attraversare l’enorme portone, le cui incisioni brillavano di luce magica come oro scintillante. Sia l’atmosfera esaltante, sia la grande soggezione che ogni parte di quel luogo suscitava, crescevano ogni secondo di più.

Appena nell’atrio, la fiumana di gente si fermò di fronte a una scalinata, dove stava in attesa, più in alto di tutti, la professoressa Minerva McGranitt, una strega dai lineamenti scarni e dal portamento austero e autorevole.

Quando tutti furono radunati, con un gesto in aria, la professoressa fece calare il silenzio.

«Ben tornati miei cari, ragazzi e ragazze, per un nuovo anno a Hogwarts. A nome di tutto il corpo insegnanti vi comunico la grande gioia che proviamo nel rivedervi qui, e speriamo che sia per tutti un anno pieno di successi e soddisfazioni».

«Lo sta dicendo a noi che prova una grande gioia, o a sé stessa?» bisbigliò Allegra.

In effetti, l’espressione impassibile dell’insegnante mal si sposava con l’entusiasmo delle parole che pronunciava, ma queste a Galen suonavano comunque autentiche. La McGranitt portava un paio d’occhiali squadrati, e la sua posa slanciata era accentuata dai capelli neri, raccolti in un rigoroso chignon, e dal lungo mantello color smeraldo che indossava.

«Ora però» proseguì, scrutando curiosamente nella loro direzione, «prima che vi sistemiate nei rispettivi dormitori, vi chiedo di prendere posto nella Sala Grande, per attendere gli studenti del primo anno, ed assistere alla cerimonia di Smistamento, oltre, naturalmente, a partecipare al banchetto di benvenuto». Delle lievi increspature le comparvero intorno alla bocca, ricordando un sorriso.

Senza aggiungere altro, si voltò e cominciò a camminare a passo spedito, facendosi seguire dalla mandria di nuovo rumorosa.

La Sala Grande manteneva decisamente fede al suo nome. Era di gran lunga l’ambiente più imponente e spazioso dell’intero edificio, e questa sensazione era ampliata dalla coltre incantata che ammantava le grandi volte del soffitto, simulando un cielo notturno puntellato di stelle lucenti e di magiche candele sospese. Il centro della sala era percorso da quattro tavolate mastodontiche, già apparecchiate con piatti e posate d’oro scintillante, abbastanza grandi da dare posto a tutti gli studenti, una casa ciascuna. Il tutto era completato da enormi e pesanti arazzi, lunghi dieci metri e forse più, che percorrevano tutta la parete, sbucando dalla foschia del soffitto magico. Erano alternati regolarmente per colore: giallo, rosso, blu e verde.

Accompagnati dall’eco dei passi sicuri della McGranitt, Galen e Allegra entrarono con tutti gli altri per andarsi a sedere al proprio tavolo, esattamente sotto a un incombente stendardo verde malachite, su cui era rappresentato un serpente argentato dalle spire contorte e con le fauci spalancate.

Anche se solo pochi mesi prima Galen era solito entrare in quel luogo impressionante ogni giorno per mangiare, studiare e per stare in compagnia, in quel momento non riusciva ancora a riabituarcisi, e rimanendo estasiato col naso all’insù, ad un certo punto quasi si ribaltò da sopra la panca, lunga quanto il tavolo. Mentre esaminava rapito quei colori e quell’atmosfera elettrizzante, intravide la quinta grande tavolata in fondo alla sala, riservata agli insegnanti. Era ancora deserta. La stessa professoressa McGranitt, dopo averli accompagnati, si era dileguata. Al centro del tavolo, più appariscente di tutti, si ergeva il grande seggio vuoto del preside. Albus Silente.

Allegra notò Ozzy venire nella loro direzione a passo d’elefante, seguito a ruota da Rilo, che aveva la camicia della divisa sgualcita e fuori dai pantaloni. Lei fece ai due un saluto agitando la mano: «Ehi! Qui!»

Galen tornò quindi alla realtà, e li salutò a sua volta.

«L’ho trovato in fondo al gruppo degli studenti. Pensate che si era perso! Volevo lasciarlo lì, ma poi mi ha fatto troppa pena» esordì Ozzy alludendo al proprio accompagnatore.

«Al posto tuo non sarei così sgarbato, Oswald. Anche tu, se avessi cercato di riposare sul treno, in mezzo a tutto quel rumore, staresti un po’ intontito».

Rilo sembrava tornato in sé, per quanto possibile. Ozzy con indifferenza lo degnò solo di una risposta frettolosa: «Non lamentarti, che hai dormito come un morto, e poi Oswald non mi ci chiama nemmeno mio nonno».

«Va bene, abbiamo capito, Rilo dorme un sacco. Ma vi rendete conto che tra poco sapremo in quale casa verrà smistato Harry Potter? Credete che verrà da noi?» Allegra distolse l’attenzione dalle solite stupidaggini di Ozzy. I suoi occhi, tuttavia, brillavano di autentico interesse.

«Già» convenne Galen. «È buffo, ma anche se Potter è famoso, non sappiamo assolutamente che tipo sia. Chissà, magari è solo uno come tanti, e magari non c’entra niente con Serpeverde».

Lanciò un’occhiata a Ozzy che, quando si concentrava, assumeva un’espressione di sforzo quasi doloroso, «Per certi versi, potrei addirittura augurarglielo…» aggiunse a quella visione.

«Che scemenza!» esplose il ragazzone, facendo vibrare così violentemente la panca da rischiare di sbalzare via Allegra accanto a lui.

«Harry Potter ha battuto Tu-Sai-Chi, no? Secondo me sarà un tipo pieno di sé, con un sacco di fan e con quella sua bella cicatrice! I vip sono tutti uguali…»

«I vip hanno tutti delle cicatrici?» intervenne Rilo, perplesso.

«Ma no! Brutta testa di legno! Volevo solo dire che… vabbè, a parte questo, avere uno come lui farebbe capire anche ai più tonti che i Serpeverde sono i più forti, e se è bravo quanto si dice, verrà da noi senza neanche pensarci!» sentenziò, ponendo fine alla discussione per quanto lo riguardava. «A me però interessa anche un’altra cosa: quel nanetto… Draco, giusto? Se davvero verrà smistato in Serpeverde… mi divertirò a dargli una bella lezione per oggi…»

Allegra era ancora aggrappata rigidamente al tavolo a causa dello scossone, coi capelli più ispidi e arruffati di prima, ma trovò la forza per scoccare a Ozzy l’ennesima occhiataccia della giornata.

«Come al solito, Ozzy, dici cose banali. Non tutte le persone famose sono vanitose come lo saresti tu al posto loro. Secondo me dev’essere un ragazzo segnato dal suo passato, e quindi anche più maturo di tanti altri… e poi magari è anche… carino».

«Tu lo sai che ha undici anni, vero?» intervenne Galen, «anche se è lui, è comunque più piccolo».

«Certo che lo so che ha undici anni! La mia era solo un’ipotesi!» Il viso di Allegra era tirato all’inverosimile, ma un leggero rossore era apparso all’istante su tutta la faccia.

Galen si girò allora verso Rilo, che dopo il suo intervento si era distratto guardando intensamente una forchetta: «E tu? Come pensi che sia Harry Potter?»

Rilo non sembrava nemmeno aver sentito la domanda. «Secondo voi, al banchetto ci sarà il pasticcio di Grugnospino e Prugne Barbute?»

«Dai su, rimani concentrato un secondo!» fece Galen, che gradualmente si stava appassionando all’argomento. Rilo sbuffò svogliato, proprio mentre Ozzy chiedeva ad Allegra cosa fosse il Grugnospino.

«Mah, non saprei. Molte persone sono convinte che farà grandi cose, ma lo dicono solo per un fatto, per quanto insolito, di cui non ci sono testimoni, vivi perlomeno, e di cui probabilmente non si capacita neanche lui». Rilo alzò di scatto gli occhi dal tavolo, con l’espressione di chi ha avuto una grande intuizione: «Un po’ come te, Galen».

Galen si pentì istantaneamente di avergli posto quella domanda, ma non si arrabbiò: c’era qualcosa nello sguardo assente di Rilo che lo faceva sembrare incolpevole per qualunque cosa dicesse.

«Ma dai! Vorresti davvero farmi credere che secondo te sarà solo uno studente comune?» provò a intervenire Allegra, consapevole che non fosse il caso di riaprire l’argomento già affrontato in treno, ma in parte anche volenterosa di scoprire dove Rilo volesse andare a parare.

Sul suo pallido volto si leggeva un’evidente indolenza per l’ostinazione degli amici, ma Rilo prosegui: «Dico solo che potrebbe avere ragione Galen. Potrebbe essere uno come tanti altri. Per quanto ne so io, Voldemort potrebbe avergli fatto quella cicatrice di proposito, per essere come le altre persone famose… credo».

Era incredibile. Nessuno di loro tre aveva mai sentito nominare apertamente il Signore Oscuro, nemmeno il giorno in cui, da piccoli, avevano imparato che quella parola poteva portare solo a terribili guai.
Erano tutti esterrefatti di fronte alla noncuranza con cui Rilo aveva pronunciato quel nome, ma mentre Ozzy stava alzando il pugno per colpirlo in testa a causa di ciò che aveva detto, e forse anche per non aver capito ancora la storia delle cicatrici, la McGranitt e gli studenti del primo anno fecero il loro ingresso nella sala.

I nuovi arrivati avevano quasi tutti la stessa faccia dei condannati sulla strada del patibolo. Galen ripensò per un attimo a quando si era trovato al loro posto, solo un anno prima, e si chiese se anche lui e gli altri avessero mostrato quella stessa espressione atterrita. In quel momento però, gli riusciva difficile ricordare cosa avesse provato esattamente.

In mezzo a quei ragazzi, tuttavia, notò di sfuggita una ragazza dall’aria sicura che, al contrario di tutti gli altri, sembrava impaziente di iniziare lo Smistamento.

Insieme agli studenti del primo anno e all’insegnante, fecero il loro ingresso i quattro fantasmi delle case, trapassando gli spessi muri di pietra. Il Barone Sanguinario si adagiò in alto, ad alcuni metri da loro, grondante una strana sostanza, simile a sangue argenteo, avvolto in catene e con gli occhi vitrei come suo solito.

Tra i quattro era quello che più corrispondeva all’ideale dello spettro spaventoso, e sicuramente era il meno loquace, soprattutto rispetto al Frate Grasso di Tassorosso e a Nick Quasi-Senza-Testa di Grifondoro.

Il piccolo corteo raggiunse il tavolo degli insegnati. Con meraviglia Galen notò che tutti i professori si erano come materializzati ai loro posti, senza che nessuno se ne accorgesse. Erano tutti volti già noti, salvo uno: uno strano omuncolo con in testa un turbante dal colore violaceo.

Immediatamente la professoressa McGranitt posizionò davanti a tutti un cappello macilento. I nuovi studenti lo guardarono, incuriositi ma prudenti, finché questo non cominciò improvvisamente a parlare, facendone trasalire la maggior parte.

Ozzy ghignò malignamente quando vide ragazzo paffuto che cercava il suo rospo sul treno cacciare un gridolino acuto.

Il Cappello Parlante iniziò a declamare la propria filastrocca:

«Forse pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete,
io ve lo giuro, mi scappello,
se uno più bello ne troverete…»

«Per caso voi sapete chi sia il professore col turbante?» Galen continuava a scrutarlo, cercando di non farsi notare.

«Quello? Quello è Raptor, da quest’anno insegnerà Difesa contro le Arti Oscure. Pochi giorni fa ho letto della sua nomina in un trafiletto sulla Gazzetta del Profeta» rispose Allegra.

«Vuoi dire che dopo che se n’è andato Gwald, hanno addirittura preferito un ex insegnante di Babbanologia a Piton? Silente deve proprio avercela a morte con lui!» commentò sorpreso Ozzy.

Nessuno di loro quattro, infatti, era un grande ammiratore né di Severus Piton, né della sua materia: Pozioni; ma come tutti, sapevano quanto l’arcigno professore aspirasse alla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, ed essendo egli anche il direttore di Serpeverde, provavano per lui un misto di rispetto e timore.

«Vi ricordate quando quel vecchio matto di Julius Gwald è andato da Silente a lamentarsi di tutte le cose strane che gli capitavano? Lo potevi sentir strillare da ogni punto del castello!» Ozzy ridacchiò di gusto, pensando a quell’episodio.

Il loro precedente insegnante di Difesa contro le Arti Oscure era fuggito da Hogwarts a metà anno scolastico, convinto che qualcuno stesse attentando alla sua vita. Dopo una lunga e plateale discussione per i corridoi della scuola, Silente si era trovato infine costretto ad accettare le sue dimissioni.

«…Forse è Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria,
fan di quel luogo uno splendore» continuava il Cappello Parlante in sottofondo.

«Incredibile. Quello è Quirinus Raptor…» Galen parve aver avuto una rivelazione. «È praticamente un’altra persona rispetto all’anno scorso! Non me lo ricordavo così secco e pallido, e soprattutto, non con quella cosa in testa».

A pensarci bene, ricordava di aver sentito alcune dicerie riguardo il professore e uno spiacevole incontro con un vampiro, ma prima di vederlo ridotto così, aveva rapidamente accantonato quelle notizie.

«…O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori,
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini e onori!»

«Sinceramente, la cosa che mi stupisce di più è che Madama Bumb sia ancora l’insegnante di Volo, dopo che l’anno scorso ci ha fatto perdere la partita con Corvonero in modo vergognoso: ogni due minuti dava un fallo contro Serpeverde! Come se il Quidditch fosse un gioco per mammolette che non devono farsi male». Ozzy, tanto per cambiare, finì per innervosirsi seguendo semplicemente il flusso dei suoi pensieri.

Intanto, il cappello aveva terminato la sua canzone, e l’intera sala esplose in applauso scrosciante: tutto era pronto per lo Smistamento.

La professoressa McGranitt, in piedi, srotolò una lunga pergamena, e dopo aver spiegato brevemente la procedura, iniziò a leggere:

«Abbott Hannah!»

Allegra e Rilo presero entrambi a giocherellare con le scintillanti posate davanti a loro. Mentre lui guardava la stessa forchetta di prima roteargli tra le dita, distratto da chissà quale pensiero e assolutamente disinteressato alla cerimonia, la ragazza era quasi sempre voltata in direzione del Cappello Parlante, e ogni suo movimento assomigliava più a uno spasmo nervoso.

Vennero chiamati i primi studenti. Per il momento, l’unica nuova arrivata in Serpeverde era una tale Bulstrode Millicent, una ragazza dal volto perennemente deformato da una smorfia schifata e dal fisico imponente, soprattutto per quanto riguardava le spalle.

Un’altra studentessa, quella che Galen aveva notato per il suo modo di fare sprezzante, venne smistata in Grifondoro. Quando fu il suo turno, tutti seppero anche come si chiamava: Granger Hermione.

La ragazza, appena arrivata al cospetto del Cappello, se l’era infilato in testa con decisione, nascondendovi sotto quasi totalmente una lunga chioma castana. Nonostante il suo spirito deciso, sulle prime l’indumento magico sembrò molto combattuto nella scelta, richiedendo alcuni minuti per smistarla.

Altri studenti indossarono il Cappello, e, indipendentemente dal loro aspetto e dell’atteggiamento con cui si avviavano al giudizio, ognuno di loro venne accolto da grandi ovazioni nella propria nuova casa.

Per ciò che Galen ricordava, quella sensazione di calore che lo aveva assalito nell’unirsi ai suoi nuovi compagni era stato uno dei momenti più belli del tempo trascorso a scuola. In quell’istante di esaltante euforia ancora ignorava moltissime cose che successivamente non sarebbe riuscito più a togliersi dalla testa. Eppure, non era passato così tanto tempo.

«La vostra casa sarà un po’ come la vostra famiglia», così diceva sempre la McGranitt ai nuovi studenti; ma inevitabilmente, quella frase non avrebbe assunto per tutti lo stesso significato.

Col passare del tempo, la schiera degli studenti non ancora smistati andò assottigliandosi, ma fu quando la McGranitt chiamò ad alta voce: «Malfoy Draco!» che Galen e compagni divennero particolarmente attenti a ciò che stava accadendo, soprattutto Ozzy.

Malfoy si avvicinò con aria tronfia, e non appena il cappello gli sfiorò la testa, la sentenza fu immediata: Serpeverde!

Soddisfatto, il ragazzo raggiunse i suoi due amici Tiger e Goyle, che erano già stati smistati a loro volta in Serpeverde.

Tutti gli studenti in verde stavano applaudendo; ma Ozzy, come gli altri del gruppo, batteva le mani lentamente e con un’espressione fredda in viso. Allegra lo sentì sussurrare tra sé e sé: «Bingo…»

Vennero chiamati ancora una manciata di nomi, finché non giunse il momento fatidico.

Dopo un silenzio lungo qualche interminabile secondo, riecheggiò nella sala: «Potter Harry!»

Fu come se tutti i presenti fossero scattati sull’attenti. Anche Rilo, che fino a poco prima aveva prestato attenzione a qualsiasi cosa tranne che alla cerimonia, spiò di sottecchi la postazione del Cappello Parlante.

Allegra stritolava un tovagliolo per la concentrazione.

Un ragazzo minuto si avvicinò alla McGranitt. In testa aveva una selva di capelli scuri, completamente spettinati, e indossava un paio di occhiali a montatura tonda. Galen pensò aver avuto ragione: sembrava una persona ordinaria. Tuttavia, per qualche motivo non avrebbe mai potuto immaginarselo più diverso di così.

Una volta indossato il Cappello, questo gli inghiottì completamente il volto con la sua larga falda, ma non disse niente. Un denso chiacchiericcio serpeggiava tra i presenti, ed era l’unica cosa che scalfisse l’agitazione, ovunque palpabile.

Sembrava che fosse in corso una specie di conversazione mentale tra Potter e il cappello. Non era la prima volta che si vedeva una cosa del genere, ma ora tutti tentavano di carpire il più minimo movimento.
Alla fine, il Cappello si drizzò e gonfiò, prima di gridare: «Grifondoro!»

L’intera tavolata dei Grifondoro si alzò di scatto in un boato impressionante.

Galen allentò la tensione chinandosi sul tavolo, ma prima lesse una cocente delusione sul volto di Allegra. D’altro canto, Rilo già guardava da un’altra parte, e Ozzy alzò le spalle con indifferenza:

«Bah! È chiaro che non fosse all’altezza».

Anche se nella sua frase c’era una chiara punta di disprezzo, una volta tanto Galen concordava almeno in parte con lui, poiché a vederlo, Harry Potter non gli era sembrato un tipo da Serpeverde, nel bene e nel male.

Ormai lo Smistamento era giunto al termine. Tra gli ultimi vi furono Weasley Ronald, con buona probabilità il fratello minore di Fred e George, che a sua volta finì in Grifondoro e Zabini Blaise, che si unì ai Serpeverde.

Il Cappello venne portato via, e tutti gli alunni, decisamente più rilassati, non aspettavano altro che mettersi a mangiare. Prima però, si alzò in piedi Silente, il preside.

«Benvenuti!» disse, «Benvenuti al nuovo anno scolastico di Hogwarts! Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. E cioè: pigna, pizzicotto, manicotto, tigre! Grazie!»

Il vecchio mago, con la sua lunga barba argentea e il naso aquilino, si risedette tra applausi scroscianti e sguardi interdetti degli studenti appena smistati.

In quell’istante, ogni tavolata si riempì di cibi e bevande di tutti i tipi, i piatti e i calici dorati vibrarono traboccando di leccornie. I presenti, meravigliati, si gettarono sul banchetto come lupi affamati. L’unico a non essere troppo entusiasta fu Rilo, che a quanto pare non vide traccia di alcun pasticcio di Grugnospino e Prugne Barbute.

Al tavolo dei Serpeverde, Ozzy attuò subito la sua prima rappresaglia nei confronti di Malfoy e dei suoi amici: convincendo in modo minaccioso un gruppo di studenti a non fargli posto, li obbligò a sedersi all’estremità della panca, sotto al tetro e inquietante Barone Sanguinario, che, coperto dalla sua disgustosa sostanza viscosa, gocciolava continuamente sul cibo di chiunque gli stesse troppo vicino. I tre sembrarono a pari merito seccati e inquietati dalla cosa.

«Non sapevo che questa scuola fosse così piena di Mezzosangue e Sanguemarcio! Hai sentito quanti nomi da Babbani sono stati chiamati? Bleah… mi aspettavo di molto meglio. La nostra casa come minimo ci tiene a mantenere il sangue puro nei suoi studenti. Almeno nella maggior parte dei casi…»

A parlare era stata Pansy Parkinson, un’altra nuova arrivata in Serpeverde.

«Ho sentito che addirittura in Serpeverde c’è qualche… indesiderato. Spero solo che certi “compagni” sappiano che se Salazar Serpeverde fosse ancora vivo, loro sarebbero la sua vergogna. Magari questo li convincerebbe ad andarsene».

Davanti a lei, proprio Malfoy, Tiger e Goyle ascoltavano, cercando nel frattempo di liberarsi del Barone. Draco stesso assecondò la tesi della ragazza parlando della sua discendenza, di suo padre e della sua grande influenza sia nel Consiglio di Hogwarts che nel Ministero della Magia, e di altri vanti, messi in fila come una lista della spesa.

Galen aveva sentito parte del discorso, ma più che rimanerne indignato, l’aveva trovato profondamente noioso. Lui era quello che chiamavano “un Mezzosangue”, e l’anno prima non gli era servita Pansy Parkinson per capire che essere un Serpeverde non Purosangue spesso non rendesse la vita facile.

Da quando esisteva Hogwarts, e probabilmente il Mondo Magico stesso, la questione della purezza di sangue era sempre stata al centro di un dibattito mai concluso. Per tanti anni, tuttavia, Galen non si era mai preoccupato della propria origine, e i suoi genitori lo avevano sempre protetto; tanto che non credeva esistessero persone nel mondo a cui questa cosa importasse davvero.

Invece, la convinzione di alcuni maghi, certi che la propria razza li rendesse superiori ad ogni altra forma di vita, li aveva resi superbi, spietati e sprezzanti nei confronti dei Babbani. Molti di loro pensavano che lo Statuto di Segretezza, che impone a ogni strega e mago di non rivelare l’esistenza del loro mondo, fosse più una protezione a vantaggio di questi esseri “inferiori” che degli stessi maghi.

Da secoli, le famiglie magiche che preservavano un sangue puro venivano considerate prestigiose e meritevoli di lode. Molte di queste famiglie condividevano un odio atavico per i Babbani, i Mezzosangue e i cosiddetti “Sanguemarcio”, ma per molto tempo questo astio era rimasto spesso sopito, fino all’ascesa di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, che aveva gettato il mondo nel caos.

Galen si fermava spesso a pensare che, come aveva detto Pansy, lo stesso fondatore della sua casa, Salazar Serpeverde, fosse famoso per il suo disgusto verso il Mezzosangue.

‘Se fossi vissuto ai suoi tempi, non sarei mai potuto finire qui’ si ritrovava a pensare. ‘Oppure avrebbe semplicemente provato a uccidermi’ diceva tra sé e sé, immaginando il volto terrificante di quel potente e antico mago, pronto a maledirlo.

Era già da tempo consapevole che se non fosse stato per Allegra, Ozzy e Rilo non avrebbe avuto alcun legame coi membri della sua casa. Durante l’estate, in alcuni momenti aveva addirittura pensato che non sarebbe più voluto tornare a scuola.

Al di là di come potesse sentirsi, sapeva però di non essere il primo studente non Purosangue a mettere piede in Serpeverde, tanto meno l’ultimo, anche se molti tentavano di nasconderlo.

Ozzy era Mezzosangue come lui, e Allegra, pur essendo figlia di maghi, non si era mai vantata di essere più “pura” rispetto a chiunque altro. Anzi, era qualcosa che, secondo l’esperienza di Galen, non le interessava minimamente.

Per quanto riguardava Rilo, a dirla tutta, Galen non sapeva molto. Non era facile far parlare Rilo di un argomento che non gli fosse congegnale, benché meno se l’argomento era lui.

La cena proseguì nella baldoria così come era iniziata. Ogni tanto, qualche studente si alzava, passando vicino ai quattro, per andare a parlottare da una parte all’altra della tavolata, e nel viavai di persone, Galen e Rilo furono urtati almeno un paio di volte.

Quando tutti ebbero finito di chiacchierare, passeggiare, mangiare e bere, Galen non aveva più appetito già da diverso tempo, rimpiazzato da una discreta stanchezza per la giornata trascorsa. Da qualche minuto contemplava la fetta di torta di mele che non era riuscito a finire, sparsa sul suo piatto. Ozzy, di fronte, si teneva la pancia con soddisfazione. Aveva ingurgitato quasi metà di ogni portata al centro della tavola, e anche Rilo, pian piano e senza farsi notare troppo, aveva fatto piazza pulita del cibo nelle sue vicinanze.

«Che è successo? Non ti è piaciuta?» gli chiese Allegra, che si era appena divorata due grosse fette della stessa torta di mele.

Galen allora le porse il suo piatto, e Allegra sembrò rifletterci un secondo prima di rifiutare perché troppo piena.

Silente si alzò ancora una volta per parlare, placando il chiasso di tutta la sala. Il preside aveva degli annunci da fare.

Parlò della Foresta Proibita, di come nessuno, Prefetti inclusi, dovesse tentare di entrarvi. A Galen parve di carpire un cenno furtivo di Silente al tavolo dei Grifondoro, poi il discorso proseguì.

Gli avvisi più ordinari riguardavano il divieto di effettuare duelli e gare magiche, se non nei contesti in cui ciò era previsto, e l’inizio degli allenamenti di Qudditch a partire dalla seconda settimana di lezioni. Per ultima però, aggiunse una frase che lasciò tutti interdetti:

«E infine, devo avvertirvi che da quest’anno è vietato l’accesso del corridoio del terzo piano a destra, a meno che non desideriate fare una fine molto dolorosa».

Qualcuno tra gli alunni del primo anno ridacchiò, nella convinzione che si trattasse di un’altra stravaganza del preside, ma nessuno di quelli più grandi fece lo stesso. Silente amava scherzare, ma bastava guardare un attimo nei suoi profondi occhi azzurri per capire quando parlava seriamente, e non vi erano possibilità di fraintenderlo.

Nel silenzio, il vecchio mago impugnò la bacchetta, e con un gesto rapido ne fece scaturire una lunga scia dorata che attraversò tutta la sala, formando strofe di una canzone: era il momento dell’inno della scuola.

Nel gruppo di Galen, che canticchiava sottovoce, Ozzy intonò qualche verso sguaiato, sbuffando e strascicando le parole, Allegra iniziò a pronunciare distrattamente una parola ogni cinque, e Rilo rinunciò totalmente a cantare, anche se ondeggiando la mano faceva finta di dirigere un gigantesco e cacofonico coro, con aria deliziata.

Anno dopo anno, il leggendario inno era sempre rimasto terribile e mal eseguito, perciò nessuno si preoccupava di impegnarsi più di quanto non volesse realmente, ma Silente ne sembrava comunque estremamente compiaciuto, poiché a suo dire, la musica superava ogni forma di magia conosciuta.

Finalmente la cena era finita, e tutti, eccitati ma stanchi, furono felici di dirigersi ai dormitori. I membri delle varie case, vecchi e nuovi, si incamminarono in direzioni diverse.

I Grifondoro e i Corvonero si inerpicarono su per le scalinate che portavano alle loro sale comuni situate nelle torri. Chi alzava lo sguardo dalla base delle ripide gradinate poteva godere dello stupefacente spettacolo offerto dalle stesse scale, che lungo un’infinita salita verticale si muovevano e scambiavano di posto in completa autonomia, come guidate da una propria coscienza.

Tra i piani più bassi si intravedeva anche Pix, il poltergeist della scuola, che svolazzava qua e là, spuntando a volte con la testa tra i gradini per spaventare chiunque gli capitasse a tiro. Soprattutto i nuovi arrivati.

Serpeverde e Tassorosso, invece, scesero giù, verso i Sotterranei, dove la luce diminuiva sempre più, fino a dipendere da un’esigua fila di lanterne appese al muro. I Tassorosso si distaccarono presto per rimanere al livello del seminterrato, mentre Galen e gli altri, rimasti solo con i compagni della loro casa, proseguirono la discesa in fondo alla fila.
   
 
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