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Autore: LazySoul    03/03/2021    2 recensioni
Hermione Granger, 45 anni, sposata con Ronald Weasley, è diventata, da poco più di un anno, Ministra della Magia e passa la maggior parte del suo tempo a lavoro.
Ginevra Weasley, 43 anni, è casalinga, nonché moglie dell'illustre Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico. Passa le sue giornate tra corse mattutine, visite a sua madre Molly e vino, litri e litri di vino.
Harry Potter e Ronald Weasley, 44 anni, hanno invitato le consorti a cena in un intimo ristorantino fuori Londra per annunciare loro una difficile verità.
Quale segreto avranno tenuto nascosto Harry e Ronald per vent'anni?
Hugo, diciotto anni, accetta l'invito della sorella, Rose, a passare due settimane a Granada. Con loro ci sono Lily, Albus e un paio di compagni di Hogwarts, tra cui Fred Weasley II e Scorpius Malfoy.
Quali avventure li attenderanno in Spagna?
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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14. Di quando Harry e Ron adottarono un gatto


 

Quel sabato mattina, Harry si svegliò a causa del frastuono proveniente dal piano di sotto.

Rigirandosi nel letto ebbe la conferma di non avere Ron accanto a lui e una punta di apprensione lo spinse a sollevare il capo e con gli occhi appannati dal sonno e dalla mancanza di occhiali, osservò la porta socchiusa della camera da letto: «Ron? Va tutto bene?»

Dal piano di sotto giunse la voce del rosso, particolarmente acuta: «Sì, ho fatto cadere un bicchiere... ops!»

Harry aggrottò la fronte e allungò il braccio, così da recuperare dal suo comodino gli occhiali e indossarli. La stanza si fece improvvisamente meno sfocata, mentre Harry si chiedeva cosa diavolo stesse succedendo al piano di sotto.

Considerò, per qualche secondo, l'idea di raggiungere il proprio compagno nello stato di semi nudità in cui si trovava in quel momento, un sorrisetto malizioso sulle labbra sottili, poi si chiese se al piano di sotto non ci fosse qualcuno e decise di indossara il leggero kimono rosso, che gli era stato regalato da Ronald qualche anno prima.

Ancora mezzo assonnato, rischiò di cadere per le scale, a causa dei gradini troppo stretti.

Il suo battito cardiaco raggiunse in pochi secondi una velocità preoccupante e dovette prendere qualche respiro profondo per farlo tornare alla normalità, mentre continuava la discesa, aggrappato al corrimano.

«Guarda che casino che hai combinato!»

Harry si bloccò ai piedi della scale e la sua espressione si fece ancora più sospettosa: con chi stava parlando il suo compagno?

Harry aprofittò della moquette grigia e triste, che gli permetteva di camminare verso il salotto senza produrre alcun tipo di rumore.

La scena che gli si presentò di fronte, gli fece aggrottare profondamente la fronte.

Ronal era inginocchiato a terra, in cucina, e stava raccogliendo i vetri rotti di un bicchiere, che si era sfracellato contro le piastrelle bianche.

Per qualche istante Harry si chiese se le parole che aveva pronunciato a bassa voce il rosso fossero in realtà un'autocritica, poi notò chi doveva essere l'interlocutore di Ronald e la sua curiosità aumentò.

«Quello è un gatto?»

La domanda di Harry spaventò Ron, che con un verso terrorizzato fece nuovamente cadere i vetri a terra e si voltò di scatto verso il compagno, sulla sogla del salotto.

«Harry, ciao, cosa fai già alzato?»

«Potrei farti la stessa domanda. È sabato mattina, tu odi svegliarti presto il sabato mattina».

Ronald abbassò nuovamente lo sguardo e tornò a raccogliere i vetri a terra: «Volevo prendere un bicchiere d'acqua, sai avevo sete...»

«Ron, che ci fa un gatto in casa nostra?», chiese Harry, gli occhi puntati sulla minuscola pallina di pelo grigio che spiccava sulle bianche piastrelle della cucina, ma che si sarebbe potuta facilmente mimetizzare sulla moquette del resto della casa.

Ron sospirò e con un colpo di bacchetta aggiustò il bicchiere, che posò sul piano della cucina, poi prese in braccio il gattino e si avvicinò al compagno: «L'ho trovato in una scatola di cartone vicino ai cassonetti dell'immondizia e non ho potuto lasciarlo lì».

Harry osservò il musetto del gattino, notò che uno dei due occhi era chiuso e ricoperto da sporcizia, mentre l'altro era grande e verde; faceva uno strano effetto vedere quella piccola e delicata creatura tra le braccia forti e ricoperte di lentiggini di Ronald.

«Dovremmo portarlo a far vedere da qualcuno, sembra malato», disse Harry, sentendosi immeditamente responsabile per la vita di quel fragile gattino: «Hai fatto bene a prenderlo, Ron», aggiunse, lasciando un bacio a fior di labbra al compagno.

Anche se nessuno dei due aveva esplicitamente parlato di tenerlo, entrambi sembravano convinti che non ci fossero altre alternative e di conseguenza si organizzarono per prendersi cura di lui; Harry decise di portarlo dalla veterinaria che aveva uno studio a qualche via di distanza, mentre Ronald si occupava di andare a fare la spesa e comprare tutto quello che poteva necessitare un gattino di pochi mesi.

Dalla visita veterinaria emerse che quella che Ron aveva salvato era una gattina, che doveva avere  tre mesi e mezzo, che doveva essere ancora sverminata e che c'erano alte probabilità che rimanesse cieca per sempre da un occhio. Dopo la sverminazione e una visita accurata, la veterinaria rispose a ogni domanda che veniva in mente ad Harry e lo riempì di opuscoli e informazioni utili, dicendogli che entro un mesetto avrebbe dovuto riportare la gattina per i primi vaccini.

Quando Harry tornò a casa, trovò Ronald in cucina che svuotava le borse della spesa.

Nutrirono subito la gattina, che mangiò voracemente le crocchette e il patè di tonno, poi si dedicarono a sistemare la spesa; Ronald aveva comprato una lettiera, tanto cibo da nutrire un esercito di gatti, dei giocattolini a forma di topolino e della lettiera biodegradabile.

Harry approfittò del momento per dire a Ron tutto quello di cui aveva parlato con la veterinaria, compresa la possibilità di portare la gattina al gattile, nel caso avessero deciso di non tenerla.

Ron non disse niente in un primo momento, limitandosi ad ascoltare mentre osservava con affetto e apprensione la gattina acciambellarci sul divano e addormentarsi in pochi secondi, poi, appena Harry finì di parlare, prese la parola: «So che non avevamo deciso di adottare un gatto e che potrebbe essere tutto troppo affrettato, infondo abbiamo detto a Herm e Ginny di volere il divorzio appena una settimana fa e la nostra convivenza è ancora agli inizi, ma non voglio portarla al gattile o darla via».

Harry sorrise e strinse la mano sulla spalla del compagno: «Sono d'accordo».

Il volto di Ronald si aprì in un'espressione di pura gioia e tra un grazie e l'altro iniziò a riempire di baci il volto di Harry.

«Dovremmo scegliere un nome», disse il moro, sedendosi con Ron sul divano, accanto alla gattina addormentata.

«Potremmo chiamarla Grigina», propose il rosso, pensieroso.

Harry scosse il capo: «Non mi convince molto... e se la chiamassimo Cenere

Ronald si sistemò sul divano in modo da sdraiarsi e appoggiare il capo sul grembo del compagno: «Cenere è carino», ammise, lasciando che le mani di Harry iniziassero a giocare con i suoi capelli corti: «Ma se le trovassimo un nome che non avesse a che fare col suo colore?»

Harry annuì, d'accordo con la proposta di Ron, e iniziò a spremersi le meningi per trovare un nome che sarebbe potuto piacere ad entrambi.

Mia, Daisy, Kitty, Cleo, Tabby, Gypsy...

Dopo qualche lungo minuto di silenzio, fu Ron a prendere la parola: «Ok, forse ho trovato un nome, ma non so se...»

Gli occhi azzurri e impidi di Ron si fissarono in quelli verdi e intensi di Harry e un sorriso imbarazzato incurvò le labbra del rosso: «Se la chiamassimo Éire (1)? In onore del nostro primo bacio?»

«Éire?», ripetè Harry, aggrottando la fronte, poi un dolce sorriso gli incurvò le labbra: «Mi piace... Éire», ripetè, osservando la gattina addormentata.

«Dici che soffrirà quando la lasceremo a casa da sola durante la settimana?», chiese Ronald, chiudendo gli occhi, così da godere maggiormente delle carezze di Harry tra i capelli e sul viso.

«Ronald, siamo il capo Auror e il vice capo Auror, possiamo portarla al lavoro con noi», gli fece notare Harry, sporgendosi per lasciare un bacio sulle labbra del compagno.

Ron sorrise: «Astuto!» e ricambiò il bacio con maggiore intensità.

C'erano dei momenti in cui entrambi non potevano credere alla fortuna che avevano avuto, negli ultimi anni, di potersi conoscere intimamente tanto a fondo da trasformare la loro amicizia in amore.

C'erano volte in cui Ronald, si rendeva conto che se avessero vissuto in un mondo diverso, probabilmente lui ed Harry avrebbero capito le profonde emozioni che provavano l'uno per l'altro, prima di sposarsi con due donne stupende, ma sbagliate per loro.

Se avessero vissuto in un mondo che giudicava normale e sano per un uomo avere una relazione con un altro uomo, tanto quanto era considerato sano e normale avere una relazione con una donna; probabilmente lui ed Harry avrebbero capito prima il profondo legame che li univa.

Per anni Ronald non aveva compreso la stretta allo stomaco che sentiva ogni volta che Harry gli sorrideva; l'adrenalina che gli scorreva nelle vene ogni volta che le loro vite erano in pericolo e tutto quello a cui riusciva a pensare era all'incolumità del suo migliore amico; il dolore che aveva provato il quarto anno quando il nome di Harry era uscito dal Calice di Fuoco e Ron si era sentito tagliato fuori, come se Harry avesse volontariamente deciso di tenergli segreto qualcosa che avrebbe dovuto condividere con il suo migliore amico; la confusione che aveva provato quando Harry aveva raccontato a lui ed Hermione del bacio con Cho Chang e Ronald si era reso conto di essere l'unico a non aver ancora dato il suo primo bacio...

Aveva finito con pensare che la confusione che provava, il dolore che sentiva e ogni altra emozione che non riusciva a controllare e decifrare, fossero in realtà dovute ad Hermione; l'unica ragazza che avrebbe potuto convincerlo a fare qualcosa di folle e sconsiderato nell'intero pianeta.

Ronald aveva amato Hermione; aveva amato il modo in cui gli sorrideva ogni mattina, dandogli un bacio prima del lavoro, aveva amato la sua gelosia quando ad Hogwarts aveva avuto la sua prima relazione con Lavanda Brown, aveva amato la sua infinita bontà, il suo modo puntiglioso di fare ogni cosa e la sua intelligenza fuori dal comune.

Ronald aveva amato Hermione allo stesso modo in cui avrebbe potuto amare una divinità; Hermione era sempre stata difficile da comprendere per Ronald, una creatura nettamente superiore a lui e fisicamente distante.

Eppure si era lasciato convincere a fare il grande passo e aveva deciso di donare il resto della sua vita ad Hermione e ai loro figli...

Rose e Hugo.

Se c'era qualcosa di cui Ronald era fiero e grato erano proprio i suoi figli, delle mezze dività ai suoi occhi, delle versioni leggermente imperfette di Hermione, dei giovani semidei che avevano nel DNA qualche gene di un comune mortale.

Anche con Harry, Ron si era sentito inferiore, durante gli anni ad Hogwarts, dove si era spesso trovato un passo indietro rispetto al famoso Harry Potter e alla brillante Hermione Granger.

Ora le cose erano cambiate, erano entrambi famosi a loro modo, avevano entrambi un lavoro che li soddisfaceva e non importava che Harry fosse Capo Auror e Ronald Vice capo Auror; Harry non si era mai comportato come se quella distinzione significasse qualcosa e Ron gliene era profondamente grato.

Malgrado anche Harry gli fosse parso come una divinità irraggiungibile per molto tempo, le cose erano cambiate, da quando avevano iniziato il corso di Auror insieme.

Tra gli aspiranti Auror non ricevevano trattamenti privilegiati e più volte Ronald potè dimostrare a se stesso e al resto del mondo di poter essere bravo tanto quanto Harry, o addirittura più bravo, a lanciare incantesimi e a nascondere la propria presenza con un incantesimo di disillusione.

Appena si era reso conto di essere sullo stesso livello di Harry e di non essere una persona di serie B, le cose erano precipitate.

Per prima cosa aveva iniziato a rendersi conto che la relazione con Hermione gli stava stretta; quel continuo sentimento d'inadeguatezza, il non sentirsi abbastanza per lei e il disagio che provava quando era messo di fronte all'intelligenza superiore di Hermione, avevano finito per mandarlo in crisi.

Sempre più spesso si era trovato a confidare a Harry i suoi dubbi e sempre più spesso Harry aveva confidato i propri a Ronald.

Era stato facile trovare conforto l'uno nell'altro i primi tempi dopo i loro matrimoni; facevano ore e ore di straordinari non necessari, pur di passare meno tempo possibile a casa, pur di passero più tempo possibile insieme; organizzavano uscite dopo il lavoro in qualche bettola di Diagon Alley per bere burrobirra e parlare di quanto le loro vite sembrassero meno felici e entusiasmanti di quanto avevano creduto sarebbero state un tempo.

Ron era stato più lento, rispetto ad Harry, a capire quello che stava succedendo.

Gli ci era voluto più tempo per cogliere il significato di quel bisogno quasi fisico di passare la maggior parte del suo tempo con il suo migliore amico e di parlare con lui, sentire la sua voce, vedere i suoi espressivi occhi verdi, sistemargli con un gesto scherzoso gli occhiali sul naso.

Eppure, quando Harry l'aveva baciato per la prima volta, durante quella stupida missione che avevano considerato più pericolosa di quanto fosse in realtà, era stato come trovare l'ultimo tassello di un grande puzzle e infilarlo nel posto giusto.

Le mani di Harry gli avevano avvolto in viso, in modo dolce e rude allo stesso tempo, e le loro labbra si erano incontrate e ogni timore e incertezza erano stati sostituiti da un sentimento di appartenenza, che Ron non aveva mai provato in vita sua.

Avevano poi sventrato lo spaccio illegale di uova di drago e denti di sirena con fin troppa facilità, immobilizzando i pochi maghi e le poche streghe coinvolti e la vittoria aveva avuto un sapore dolce amaro, quando si erano trovati nuovamente soli.

Ronald aveva avuto paura e aveva detto ad Harry di non voler rischiare il proprio matrimonio per un bacio, per un momento di debolezza che non si sarebbe dovuto ripetere.

Eppure era stato proprio Ronald, poche sere dopo, ad infrangere quel delicato accordo tra loro e a cercare le labbra di Harry, con la stessa necessità con cui un affamato cercherebbe del cibo e un assetato dell'acqua.

I baci si erano trasformati ben presto in lunghe notti passate in stanze del Paiolo Magico o altri alberghi, sparsi nella Londra magica e in quella babbana, notti in cui lentamente, si erano esplorati con la frenesia del primo amore, e il sottile senso di colpa di due persone che avrebbero dovuto essere con le rispettive famiglie, invece che insieme.

«Terra chiama Ronald, terra chiama...»

Ron sbattè le palpebre un paio di volte e focalizzò lo sguardo sul volto di Harry sopra di lui. Erano ancora sul divano, Ron era ancora semi sdraiato e con il capo sul grembo del suo compagno.

«Hey», disse il rosso, sorridendo appena.

«Bentornato, a cosa stavi pensando?», chiese Harry, senza smettere mai di giocherellare con i capelli sottili di Ronald.

«Ricordavo».

«Ah, sì? Cosa?»

Ron allungò un braccio e allacciò la proprie dita alla nuca di Harry, sospingendolo verso di sé.

Fu un bacio molto dolce inizialmente, poi Ronald lo approfondì, deciso a trasmettere con quel semplice gesto d'affetto tutto l'amore e il desiderio che provava.

«Penso di aver capito cosa stessi ricordando», disse Harry, un sorriso malizioso sulle labbra e gli occhiali storti sul naso.

Ronald si sollevò a sedere, per poi sistemarsi comodamente su Harry, in modo da avere le ginocchia premute contro le cosce del compagno e le braccia intorno al suo collo.

Tornarono a baciarsi, persi nella familiarità dei rispettivi sapori, sicuri di ogni loro gesto.

Erano vent'anni che Harry e Ron facevano sesso; vent'anni di intima conoscenza.

Ron sapeva cosa faceva impazzire Harry e Harry sapeva cosa faceva impazzire Ron.

Era come giocare una partita di Quidditch sulla propria scopa, invece di prendere in prestito quella di qualcun'altro; era come avere la certezza di non poter sbagliare il compito di Trasfiguazioni perché si era appena ingerita una dose massiccia di Felix Felicis.

E Ronald era grato di poter provare qualcosa di così totalizzante nella sua vita, qualcosa che non aveva mai provato con Lavanda Brown, qualcosa che non aveva potuto sperimentare fino in fondo con Hermione.

Harry trasmetteva a Ron il coraggio di essere se stesso, senza scuse, senza restrizioni.

Il bacio s'interruppe quando i due uomini notarono l'occhio sano di Éire puntato su di loro con curiosità e, tenendosi per mano e ridacchiando, salirono al piano di sopra, entrambi a disagio sotto la vigile attenzione del felino.

Il materasso li accolse con un leggero cigolio, mentre si sfilavano i vestiti e si rotolavano giocosamente nel letto.

A entrambi piacevano i preliminari; la dolce impazienza, pelle che saggiava altra pelle, i baci, i sorrisi, i gemiti di piacere che sfuggivano dalla gola quando un gesto più avventato di quello precedente portava i loro bacini a scontrarsi.

Harry adorava baciare e mordere la gola esposta di Ronald, premere le dita sulla sua schiena forte e solida, sentire la pelle delle proprie cosce sfregare contro quelle del compagno.

Ronald invece era ossessionato dai capezzoli di Harry, e dai versi che l'uomo emetteva ogni volta che Ron prestava loro attenzione. Ronald impazziva ogni volta che il compagno gli mordeva appena il lobo dell'orecchio e gli sussurrava all'orecchio quanto lo desiderava e cosa avrebbe voluto fargli.

I primi tempi, quando ancora non sapevano tutte queste cose l'uno dell'altro, potevano passare ore intere ad esplorarsi, per poi prendere mentalmente nota di cosa piacesse a entrambi. Col tempo le cose erano cambiate, a volte seguivano uno schema fisso, quello che sapevano avrebbe portato al miglior risultato con il minimo sforzo, altre volte provavano qualcosa di diverso, sperimentavano e giocavano con entusiasmo e attenzione, attenti a non sorpassare i limiti e fare qualcosa che l'altro non gradiva.

Quel sabato mattina, Ron fu piuttosto generoso nell'elargire attenzioni al corpo di Harry, tanto da guadargnarsi numerose approvazioni e apprezzamenti, e Harry non si fece pregare quando arrivò il suo turno di mettere da parte il pudore e fare tutto quello che Ronald gli chiedeva, con quel tono di voce roco e molto seducente che mandava Harry fuori di testa.

«Non abbiamo ancora fatto colazione», disse Ronald, dopo la sessione di sesso, osservando il soffitto della loro camera da letto.

Harry sorrise e si stiracchiò tra le braccia del rosso, poi tornò ad appoggiare il capo sul petto del compagno con un dolce sorriso sulle labbra: «In momenti come questi vorrei avere un elfo domestico, sai?»

«A chi lo dici...», borbottò il rosso, prendendo a giocare con i capelli di Harry.

«Potremmo ordinare d'asporto», propose il moro, chiudendo gli occhi, così da godere appieno di quelle dolci attenzioni.

«Lo sai che non mi fido troppo dei babbani», disse Ron, con una piccola smorfia.

Harry sorrise e iniziò a disegnare figure confuse sull'addome del compagno: «Lo so, ma potrebbe essere un'alternativa ad avere un elfo domestico».

Ron ci riflettè per qualche secondo, poi sospirò: «Cos'hai in mente?»

Ma Harry non ebbe modo di rispondere, dato che in quel preciso momento dalla finestra socchiusa della camera da letto entrò un gufo fin troppo famigliare, che si adagiò sul comodino accanto al letto.

Ron si allungò e recuperò la lettera legata alla zampa dell'animale, che rimase sul ripiano in legno, palesemente in attesa che gli venisse consegnata una risposta.

Nella lettera c'erano vergate poche parole nell'ordinata ma frettolosa calligrafia di Molly Weasley.

«Miseriaccia», disse il Ron, prima di passare la lettera a Harry, e far scorrere in un tic nervoso la mano tra i capelli rossi.

«Non credo di esser pronto ad affrontare Molly», ammise Harry, pallido in viso, mentre leggeva l'invito a cena che lui, Ron e consorti avevano ricevuto per quella sera.

Ronald emise un suono molto simile a un grugnito e annuì: «Benvenuto nel club».

 

 

 

(1) Éire (/ˈerə/ o /ˈeərə/) è la parola che in irlandese vuol dire "Irlanda" (dato che non sono irlandese e sono giunta a questa informazione grazie a Google potrei sbagliare, in caso fatemelo sapere e correggerò).

 

***

Buonsalve popolo di EFP!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, tanto quanto a me è piaciuto scriverlo!

Devo ammettere che inizialmente avevo pensato di non dedicare molto spazio alla coppia Harry e Ron, non perchè non mi stiano simpatici, ma semplicemente perché credevo che sarebbe stato troppo (dato che ci sono anche altre sottotrame che necessitano la mia attenzione); eppure, come mi capita spesso, sto finendo coll'affezionarmi anche a loro e quindi al diavolo le mie originali intenzioni, questa coppia necessità di profondità e momenti carini e colpi di scena come qualciasi altra!

Spero che la gattina Éire, il nuovo membro della famiglia, sia già entrato nei vostri cuori e che il momento di riflessione di Ronald sul suo percorso di maturazione sia stato abbastanza interessante.

Come sempre vi ricordo che potete trovarmi su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp, se foste interessatə a donarmi un caffè per sostenere il mio lavoro, vi invito ad andare sulla mia pagina Ko-fi, di cui trovate il link nella bio.

Spero che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa pensate della storia fino ad ora!

Un bacio,

LazySoul


 
  
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