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Autore: Star_Rover    04/03/2021    8 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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9. L’attentato


James si fermò sul ponte per osservare i battelli che navigavano placidamente sulle acque del fiume.
Il giovane prese un profondo respiro riempiendosi i polmoni di aria fresca e avvertendo la brezza che trasportava il profumo del mare. Era una tiepida mattinata autunnale, il sole splendeva nel cielo limpido e azzurro.
Donnelly proseguì la sua camminata in direzione del Castello, pronto ad affrontare un’altra lunga giornata in compagnia dell’agente Hart. Almeno poté confortarsi al pensiero che quella sera l’avrebbe atteso il suo appuntamento con Julia.   
Avvicinandosi alla sua meta il sottotenente percepì qualcosa di strano, inizialmente fu soltanto una sensazione, ma ormai aveva imparato a fidarsi del suo istinto.
James attraversò il cortile avvertendo un certo nervosismo, ben presto si accorse che doveva essere accaduto qualcosa di grave. All’interno del Castello sembrava che tutti avessero un gran da fare, nessuno si accorse della sua presenza.
Donnelly era intenzionato a raggiungere il suo ufficio, ma proprio in quel momento vide il tenente Hart scendere le scale con gran fretta.
«James! Eccoti finalmente!»
«Che cosa sta succedendo?» domandò il ragazzo con aria smarrita.
L’inglese si stupì: «Come? Non sai nulla?»
Il giovane scosse la testa.
«C’è stata un’esplosione questa mattina»
James trasalì: «dove?»
«Alle caserme McKee»
Il ragazzo si allarmò: «ci sono state delle vittime?»
«Non abbiamo ancora informazioni certe»
Donnelly si paralizzò di fronte a quella agghiacciante notizia.
L’inglese l’afferrò per un braccio trascinandolo lungo il corridoio.
«Forza, dobbiamo andare!»
Il giovane, ancora confuso, si lasciò guidare dal suo collega.
I due uscirono nuovamente nel cortile. Hart si avvicinò a un despatch rider [1] che stava per tornare in sella alla sua Norton.
«Hai degli ordini importanti?»
«No, signore. Ho appena portato a termine l’ultima missione. Devo consegnare qualcosa per lei?»
L’inglese fu lieto di aver trovato un irlandese collaborativo.
«No, a dire il vero abbiamo bisogno della moto»
James sbiancò nel sentire quelle parole: «non sarebbe meglio prendere una macchina?»
«Stai scherzando? Con questa confusione e le strade bloccate non arriveremo mai in tempo con una di quelle vecchie auto!»
Il motociclista rimase perplesso: «mi spiace, ma non posso…»
Hart lo interruppe: «abbiamo ordini del capitano Kerney, si tratta di una questione di massima urgenza!»
L’uomo esitò, ma alla fine fu costretto a cedere.
«Appena possibile la riporteremo indietro» promise l’inglese.
Il tenente si sistemò alla guida e incitò il suo compagno a prendere il posto del passeggero. Egli non poté far altro che obbedire. 
«Almeno conosci la strada?» chiese Donnelly con titubanza.
«Più o meno so in che direzione è Phoenix Park…»
«Per raggiungere le caserme devi seguire il fiume e attraversare Sherwin Bridge, poi svoltare a sinistra per Infirmary Road e proseguire dritto fino a Blackhorse Avenue»
«Sapevo che ti saresti reso utile»
James era troppo preoccupato per replicare.
Hart poggiò il piede destro sul pedale d’avviamento, dopo qualche tentativo riuscì ad attivare il meccanismo di compressione, infine con un colpo deciso accese il motore. La motocicletta ruggì.
«Reggiti forte, sarà una bella corsa!»
 
Il tenente accelerò percorrendo a tutta velocità il rettilineo del lungofiume. Ad ogni sobbalzo James s’irrigidiva temendo di perdere l’equilibrio, stringendo saldamente la presa sulle barre di metallo.
Hart aveva un buon controllo del mezzo, ma le sue manovre per le strade affollate di Dublino erano decisamente pericolose. L’ufficiale sorpassò ogni ostacolo cercando passaggi e scorciatoie per raggiungere la meta nel minor tempo possibile.
Superata la paura iniziale e riposta piena fiducia nelle abilità del guidatore James cominciò a trovare piacevole l’eccitazione della velocità, quando la Norton si fermò quasi fu dispiaciuto di aver terminato quella spericolata corsa.
Radley si levò il caschetto e si passò una mano tra i capelli corvini per sistemarli, anche se la sua pettinatura era ancora perfetta grazie alla brillantina.
«Dove hai imparato a guidare la motocicletta?» chiese Donnelly con curiosità.
«In Inghilterra, da ragazzo vivevo in campagna e per andare in giro usavo una di queste» 
James faticò ad immaginare la vita del suo compagno prima dell’esercito.
«Davvero il capitano Kerney ti ha dato degli ordini?» domandò poi, ripensando alla frase con cui aveva ottenuto il permesso di prendere il veicolo.   
L’inglese sorrise: «oh, tu hai ancora molto da imparare!»
 
I due agenti si avvicinarono alle caserme, i soldati avevano chiuso la via, l’ingresso era bloccato da una camionetta posteggiata davanti ai cancelli. 
Una guardia in divisa sbarrò loro la strada, il tenente Hart mostrò il suo tesserino di riconoscimento, l’uomo lo controllò più volte prima di riconsegnarlo.
James rivolse lo sguardo ai due soldati appostati vicino al furgone, entrambi erano armati di mitragliatrice.
Radley infilò nuovamente il documento all’interno della giacca.
«Sai, si dice che durante un bombardamento il luogo più sicuro sia un cratere ancora fumante»
«Per quale motivo?» chiese il giovane.
«Perché è meno probabile che lo stesso punto possa essere colpito una seconda volta»
 
Non fu difficile raggiungere il luogo del disastro, una folla di militari si era radunata intorno all’edificio crollato.
James si mosse cautamente tra i detriti, era la prima volta che si trovava sul campo in un’occasione del genere.  
Radley invece non sembrò particolarmente impressionato ed iniziò subito a ispezionare attentamente la zona in cerca di indizi.
Un uomo in borghese si presentò all’inglese con il titolo di sovraintendente.
Hart osservò l’enorme buco nel tetto sfondato.
«Deve esser stato davvero un bel botto»
«Non è stato un buon risveglio, questo è certo» rispose l’irlandese.
«Ci sono state delle vittime?»
«Sei uomini sono stati coinvolti nell’esplosione, alcuni di loro sono stati estratti dalle macerie in condizioni piuttosto gravi. Al momento non sappiamo se sono in pericolo di vita»
«Ci può dire esattamente che cosa è accaduto?»
«La detonazione è avvenuta all’alba, non c’è stato nessun allarme e nemmeno un colpo d’arma da fuoco»
Hart non si sorprese: «è probabile che i militanti siano entrati dalle scuderie»
«È l’ipotesi più plausibile»
«Qual era l’obiettivo principale?»
«Il Centro di Comando dell’Unità Speciale»
James ebbe un lieve sussulto.
«L’IRA non agisce mai senza una ragione» commentò Radley.
Il sovrintendente sospirò: «deve essere una rappresaglia per quel che è accaduto nel carcere di Mountjoy. L’altra notte sono morti due detenuti dell’IRA»
«C’è stata un’insurrezione nelle prigioni?»
«No, i repubblicani stavano protestando con lo sciopero della fame»
«Siete stati voi ad arrestare quei militanti?»
Il detective si limitò ad annuire.
«Allora credo che non ci siano dubbi a riguardo»
Donnelly continuò ad ascoltare ogni dettaglio con estrema attenzione. La questione, seppur preoccupante, sembrava non riguardare il loro caso.
«Sapete qualcosa sulla bomba?» domandò il tenente.
«Un ordigno artigianale, probabilmente a base di gelignite»
Hart terminò quel dialogo con evidente sconforto.
«Temo che non ci sia niente per noi qui» disse tornando dal suo compagno.
James si guardò intorno osservando gli effetti devastanti dell’esplosione, un intenso brivido percorse il suo corpo.
«Come mai questo silenzio? Non hai detto nemmeno una parola a riguardo di questa faccenda» notò Radley.
L’altro esitò prima di rispondere.
«Ad essere sincero sono un po’ turbato per quel che è successo»
«Una bomba dell’IRA non deve essere una novità per il G2» replicò l’ufficiale.
«No, ma…non ero mai stato coinvolto personalmente»
«È solo una questione di abitudine ed esperienza. Presto non ti farà più quest’effetto»
L’irlandese era certo che il suo compagno non avrebbe potuto comprendere la sua condizione.
«Mi sento comunque responsabile» rivelò.
Egli tentò di rassicurarlo: «non sei stato tu a innescare l’esplosione»
James non rispose restando tormentato dai propri dubbi. Prima di allontanarsi dalle caserme rivolse un ultimo sguardo alle rovine.
«Davvero credi che questi eventi non abbiano niente a che fare con il nostro caso?»
Radley confermò: «si tratta di un’azione isolata, una vendetta dell’IRA nei confronti dell’Unità Speciale»
«Quindi lasceremo perdere un attentato?»
Hart scosse le spalle: «è compito di quei detective trovare i loro terroristi, noi dobbiamo occuparci di questioni ben più importanti. Oppure quando i tedeschi invaderanno l’Irlanda non sarà una sola bomba a preoccuparvi»
 
***
 
Donnelly si sentì un po’ meglio dopo esser rientrato nel suo ufficio, il Castello sembrava essere tornato alla normalità dopo l’agitazione di quella mattina.
Il tenente Hart si presentò nella stanza con una cartella tra le mani.
«Di che si tratta?»
«È il caso a cui stava lavorando l’agente Ryan» spiegò il suo compagno.
«Potrebbero esserci degli indizi utili?»
«Sarà nostro dovere scoprirlo, ma non adesso»
Egli si stupì: «credevo che avessi intenzione di tornare subito al lavoro»
Il tenente si posizionò sul lato opposto del tavolo.
«Prima vorrei affrontare un’altra questione»
James si insospettì: «di che stai parlando?»
Radley assunse un’espressione seria e severa: «vorrei parlare con te del tenente Liam Donnelly»
Il giovane sbuffò e distolse lo sguardo, consapevole di non poter sfuggire da quella conversazione.
Hart pose la sua domanda pur conoscendo già la risposta.
«Egli era tuo padre, vero?»
«È stato il capitano Kerney a dirtelo?»
«Be’, non è il tipo di segreto che si può nascondere a lungo. Prima o poi l’avrei scoperto comunque»
James restò in silenzio.  
«Per quale motivo non mi hai detto nulla?»
«Qui tutti mi considerano solamente come il figlio di un eroe di guerra. Non volevo che anche tu mi vedessi unicamente attraverso la figura di mio padre»
L’inglese scosse la testa: «che stupidaggine!»
«Forse per te non significa nulla, ma per me è importante»
«Intendevo dire che sarei un pessimo agente se mi fermassi alle apparenze e giudicassi le persone soltanto dal loro nome»
James parve tranquillizzarsi.
Il tenente si mostrò comprensivo: «ascolta, tu sei un buon agente e questo dipende soltanto dalla tua volontà. Hai le capacità per dimostrare chi sei realmente senza doverti preoccupare di quel che gli altri si aspettano da te»
Il giovane si stupì di sentire quel discorso da parte del suo compagno, in altre circostanze avrebbe apprezzato quell’incoraggiamento.
«C’è solo una cosa che mi preoccupa» continuò Hart.
James tornò a guardare il suo interlocutore dritto negli occhi.
«Questa indagine non deve diventare una questione personale» affermò freddamente l’ufficiale.  
«Lo so»
«Stai dando la caccia a persone che credono negli stessi ideali di coloro che hanno ucciso tuo padre. Non è un fatto irrilevante»
«Non ho deciso di diventare un agente del G2 per ottenere vendetta e nemmeno per prendere il posto di mio padre»
«Probabilmente è così, ma non puoi ignorare la verità. Il tuo passato è parte di te e le tue scelte sono condizionate da questo»
«Le cose sono diverse da come credi»
Radley era stanco dei segreti del suo collega: «allora come stanno realmente?»
James sospirò: «non ho mai conosciuto mio padre, dico di avergli sempre voluto bene, ma non sono nemmeno certo di questo. Per me lui è soltanto un volto nelle foto di famiglia, niente di più»
«Eppure una parte di te non l’ha dimenticato»
Il ragazzo restò impassibile.
«Io credo che tu abbia deciso di arruolarti anche per sentirti più vicino a lui» continuò Hart.
«Perché pensi questo?»
«Perché tu non disprezzi tuo padre, rimpiangi solo il fatto di non aver avuto l’occasione di conoscerlo veramente. In fondo quando indossi questa divisa hai modo di condividere i suoi ideali e combattere per la sua stessa causa»
James avvertì una fitta al petto, aveva gli occhi lucidi. Provò sensazioni contrastanti, per lui non fu semplice reprimere i sensi di colpa.
Forse un tempo aveva davvero provato quei sentimenti, ma ormai aveva preso la sua decisione. Anche se il suo ricordo continuava a tormentarlo il famigerato genitore restava solo un fantasma del passato. 
«Mio padre non ha niente a che fare con le mie scelte. Adesso basta, non voglio più parlare di lui, soprattutto con te!»
Hart non si sorprese per quella reazione.
«Va bene, come vuoi. Però devi promettermi che rinuncerai per sempre a quella parte di te che considera ancora quei militanti come gli assassini di tuo padre. Il tuo lavoro non è una questione privata»
James mantenne lo sguardo fisso davanti a sé.
«Non preoccuparti per questo, quella parte di me è morta già da molto tempo»
 
***
 
Il caso dell’agente Ryan si rivelò essere un altro buco nell’acqua. In quei rapporti non era presente nessun riferimento alla Germania, le indagini non riguardavano niente di particolarmente sospetto. Il ritrovamento di quelle prove nell’appartamento di Drumcondra era stato solo un colpo di fortuna.  
«D’accordo, per oggi può bastare. Abbiamo sprecato anche troppo tempo!» concluse Hart esternando la propria frustrazione.
James richiuse il fascicolo che aveva tra le mani: «è difficile portare avanti un caso basandosi soltanto su delle supposizioni»
L’ufficiale britannico accettò quel fallimento, ma ovviamente non era intenzionato ad arrendersi.
«I messaggi in codice sono stati tradotti?»  
Donnelly scosse la testa: «non è ancora arrivato alcun risultato»
«Chi si sta occupando della questione?»
«Il dottor Hales è il nostro crittografo, lavora alla National Library»
«Ormai è tardi per andare a controllare, a questo penseremo domani» disse il tenente abbandonando con rammarico la sua postazione.
«Mi spiace, avrei voluto fare qualcosa di più…»
Radley si infilò il cappotto: «per questa sera pensa solo a rimetterti in sesto. Hai bisogno di staccare un po’ da questa storia, è stata una giornata impegnativa»
Egli annuì: «ci proverò»
L’inglese recuperò la pistola e indossò il cappello.
«Divertiti a quel ballo!» concluse prima di scomparire oltre la soglia.
James sospirò, ovviamente Hart aveva capito tutto senza che egli avesse detto una parola.  
 
***
 
Dopo gli eventi di quella giornata Donnelly non era dell’umore adatto per presentarsi a una festa, l’unica ragione che lo convinse a uscire di casa fu Julia. Non avrebbe mai potuto deluderla, e poi non aveva intenzione di sprecare quell’occasione.
James attraversò O’ Connell Street stringendosi nella giacca per ripararsi dal freddo. Si soffermò davanti al General Post Office per contemplare il simbolo della Rivolta [2]. Istintivamente alzò la testa per osservare la bandiera tricolore che sventolava nell’oscurità, sembrava che gli spettri del passato non avessero mai abbandonato quel luogo.
Il giovane distolse lo sguardo e con rassegnazione passò oltre.
Riconobbe facilmente la maestosa facciata del Metropole Hotel, illuminata e decorata per l’occasione.
Provò una strana sensazione nel ritrovarsi in un ambiente così lussuoso e appariscente, circondato da giovani borghesi allegri e spensierati. Il ragazzo si posizionò in un angolo della sala in modo da poter controllare l’entrata e aspettò pazientemente. Osservò l’orologio, era in anticipo, dunque non aveva motivo di preoccuparsi.
Durante quell’attesa pensieri più opprimenti tornarono a vagare nella sua mente. Inevitabilmente ricordò la conversazione avuta con Hart, avrebbe preferito che il tenente non avesse mostrato il suo lato più umano e comprensivo. Era consapevole che egli stesse soltanto cercando di aiutarlo, ma aveva le sue ragioni per voler mantenere le distanze dall’inglese.
James avvertì il peso di tutto ciò che stava accadendo alla sua amata Irlanda: l’attentato alle caserme, i militanti morti di fame in carcere, l’invasione tedesca, gli accordi con l’Inghilterra, i sospetti sul G2…
Avrebbe dovuto ricorrere a tutta la sua forza di volontà per non crollare, ma sapeva di non avere altre possibilità. Voleva dimostrare di essere all’altezza della situazione, non poteva tradire coloro che avevano deciso di fidarsi di lui. Fino a quel momento non aveva mai esitato a compiere il suo dovere, in quelle condizioni non poteva far altro che rispettare la sua promessa.
Donnelly abbandonò quei tormenti quando riconobbe la figura di Julia davanti all’ingresso del salone. Per l’occasione aveva indossato un abito color pesca stretto in vita, semplice ed elegante.
James si avvicinò presentandosi con un galante inchino.
Ella fu sorpresa da quel gesto: «allora sei un gentiluomo anche senza la tua divisa»
«Avevi forse dei dubbi?»
Julia sorrise: «no, affatto»
La ragazza si guardò intorno con stupore e meraviglia, ammirando le sfarzose decorazioni che adornavano l’enorme sala da ballo.
«Non ero mai stata in un posto così»
«A dire il vero nemmeno io…volevo che questo appuntamento fosse speciale»
Il giovane infilò una mano all’interno della giacca ed estrasse una piccola scatola con un fiocco rosso.
«È solo un semplice dono, per tradizione avrei dovuto portarti dei fiori, ma ho pensato che non sarebbe stata la scelta migliore»
Lei aprì il pacchetto con le mani tremanti, all’interno trovò un grazioso fermaglio argentato. Per dimostrare il suo apprezzamento lo sistemò immediatamente tra i capelli castani.
James restò incantato ad ammirarla: «sei bellissima»
Julia abbassò timidamente lo sguardo, un lieve rossore comparve sulle sue guance.
Egli le porse la mano: «ti ho invitata a ballare, quindi credo di dover rispettare la mia promessa»
La ragazza accettò la proposta e si lasciò accompagnare al centro della sala.
L’orchestra si stava esibendo con un allegro swing.
La giovane coppia iniziò a saltellare tra la folla. James esitò sui primi passi, ma Julia si trovò subito a suo agio a ballare in sua compagnia. Il ragazzo osò di più, la fece girare su se stessa e la riaccolse tra le sue braccia. Ella dimostrò di starsi divertendo, naturalmente tra i due si instaurò una bella sintonia.
 
La musica cambiò, questa volta fu il turno di un lento. James non ebbe bisogno di chiedere un altro ballo, fu Julia ad accostarsi a lui, riducendo le distanze. Il giovane le cinse i fianchi, lei poggiò le mani sulle sue spalle. Restarono così, stretti l’uno all’altra, oscillando lentamente intorno alla stanza.
Egli la guardò negli occhi: «sono felice che tu sia qui con me»
Julia sfiorò delicatamente il suo volto con una leggera carezza: «anche io sto bene con te»
James la strinse ancor più a sé, lentamente si avvicinò al suo viso e la baciò. Lei ricambiò dolcemente.
Quando si distaccarono non ebbero bisogno di dire nulla per esprimere i loro sentimenti.
La ragazza poggiò la testa sul suo petto, lasciandosi avvolgere dal calore di quell’abbraccio.
James avvertì una profonda sensazione di pace. I timori e le preoccupazioni non erano svaniti, eppure mentre stringeva Julia tra le sue braccia sentiva solo il desiderio di credere che sarebbe andato tutto bene.
 
 
 
 
 

Note
 
[1] Corriere militare.

[2] Durante la Rivolta di Pasqua del 1916 l’edificio del GPO fu preso d’assalto dai patrioti irlandesi che con le armi si ribellarono al dominio britannico. L’insurrezione fallì e venne repressa violentemente dagli inglesi, ma l’evento fu fondamentale per l’inizio della Guerra d’Indipendenza.
   
 
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