Prometto di rispondere a tutte le vostre recensioni nei prossimi giorni, giurin giurello!
Gettando la sigaretta a terra e
spegnendola col piede, nonostante se la fosse appena accesa, Ryo
tornò nella
stanza con le mani in tasca, e stupito e sotto shock si
fermò sulla soglia,
fissando Kaori che sembrava stesse per svegliarsi, dal modo in cui si
muoveva
nel letto. Ma non
era stato questo a
scatenargli quella curiosa reazione- una reazione simile a quella di
Rui, che
con gli occhi sgranati si coprì la bocca per la
sorpresa… perché sì, nel letto
c’era una ragazza con corti capelli riccioluti tendenti al
rosso, labbra
sottili e decisamente alta per la sua età, ma quella stessa
ragazza aveva anche
il corpo più acerbo rispetto alla Kaori che Ryo conosceva ed
era leggermente
più bassa di lei, e la camicia da notte che le aveva fornito
Kazue era enorme
su quel gracile corpicino androgino.
Sì, quella era Kaori, Ryo lo sapeva, ma
quella non era la metà di City Hunter: quella
era…. Era la sua Sugar Boy,
studentessa del liceo di sedici anni.
Cristo
santo onnipotente!
Ryo e Rui fissarono, con il cuore in
gola ed il respiro mozzato, la giovane che si rigirava nel lettino,
lamentandosi della fastidiosa luce. Con la bocca impastata, infantile e
quasi
fosse una bimbetta, Kaori si stiracchio, sbadigliando con le fauci
spalancate
in quel modo poco elegante, che ricordò allo sweeper come
crescendo la ragazza non
avesse mai avuto attorno donne ma solo rozzi uomini.
“Ehm… Kaori?” la
chiamò lui un po’
spaventato. Cercò di ricordare come fosse Kaori a sedici
anni, quella l’età che
sembrava dimostrare, ma, in tutta onesta, il suo carattere –
e la vita di Kaori
in generale - in tutti quegli anni non era cambiato più di
tanto. Adolescente,
si era occupata di casa e fratello, metteva
l’incolumità degli altri innanzi
alla propria e aveva già allora un cuore così
grande che le aveva permesso di
vedere oltre l’apparenza, capire che Ryo non era il freddo e
cinico killer che
fingeva di essere ma un buontempone con un profondo senso di giustizia
e che
amava i bambini. Adulta, badava alla loro casa, a Ryo ed al loro
nutrito gruppo
di amici, conoscenti e clienti, continuando, causa il suo gran cuore, a
mettere
gli altri davanti a sé stessa, poco importava quanto
rischiosa fosse la
situazione.
Il suo corpo negli anni era cambiato:
la sua anima era rimasta immutata.
“Kaori, stai… stai
bene?” Le domandò
avvicinandosi al letto lentamente, con cautela. Secondo Rui chi veniva
colpito
dal potere del ciondolo non cambiava solo il proprio aspetto, ma anche
nella
mente e nella memoria: esisteva quindi la concreta
possibilità che lei non lo
riconoscesse, e spaventarla era l’ultima cosa che voleva.
“Sì, sì, sto bene,
sto bene!” Gli
rispose lei, sbuffando, chiaramente seccata. Sentire quella vocina,
bassa,
infantile, gli fece uno strano effetto, gli parve quasi che il cuore
avesse
perso un battito mentre, anche lui, veniva riportato indietro nel
tempo, e
l’uomo non poté fare altro che guardare con
tenerezza quella ragazzina,
desiderando darle una barretta di cioccolato e spettinarle i capelli
con
affetto e tenerezza.
Bentornata,
mia dolce Sugar Boy…
Kaori aprì gli occhi, ancora
impiastricciati dal sonno, ma dopo un attimo di esitazione quegli
occhioni
color nocciola dalle lunghe ciglia giù allora –
come facessero a
scambiarla per un ragazzo Ryo proprio non
lo concepiva – si spalancarono, e la ragazza si mise ad
urlare in preda al
panico. Reazione più che naturale: si era appena svegliata
in un luogo che non
conosceva con due sconosciuti che la fissavano nemmeno fosse stata una
cavia da
laboratorio.
“Chi diavolo siete?” Lo
accusò con tono
sibilante, brandendo, già allora, uno dei suoi temibili
martelli e lanciandolo
all’indirizzo di Ryo che lo evitò per un soffio.
Tentò di scendere dal letto,
ma si immobilizzò, fissando il camice che aveva indosso e
che le ricadeva,
largo, sul corpo adolescenziale: quel capo sarebbe stato perfetto sulla
Kaori
adulta, più alta della ragazzina che Ryo aveva incontrato che era ancora acerba
nelle sue forme
femminili. “Dove diavolo è la mia divisa? Cosa mi
avete fatte? Maledetti, mio
fratello è un poliziotto, ve la farà pagare
cara!”
Rui si morse le labbra, sorpresa – non
sapeva che anche il fratello di Kaori fosse un poliziotto- ma poi
qualcosa nel
comportamento di Ryo la colpì con la potenza di un pugno
alla bocca dello
stomaco. Lo sweeper, calmo e controllato, imperturbabile, sul cui volto
le
emozioni erano perennemente mascherate, si era improvvisamente
incupito,
rattristato, era durato solo una frazione di secondo, ma lei era certa
di ciò
che aveva visto. Sembrava quasi che, per un attimo, un velo fosse
calato su
quegli occhi solitamente irriverenti. La donna si portò una
mano al cuore, e
capì come mai non avesse sentito parlare del fratello di
Kaori da quando si
conoscevano: doveva essergli accaduto qualcosa.
Kaori, intanto, era scesa dal letto e
si era diretta verso la finestra, e stava tentando di aprirla, ma
doveva essere
bloccata o blindata, perché per quanto ci provasse, le fu
impossibile
riuscirci. Mentre cercava di formulare un piano di fuga, a denti
stretti, lo
sguardo le cadde sull’uomo nella stanza con lei, un tipo sui
quaranta, ben
portati, assolutamente, e decisamente… affascinante,
per quanto avesse un’aria un po’ squinternata e
trasandata, come se avesse
bisogno di qualcuno per badare a sé stesso. Il suo cuore
perse un battito, e
mentre i loro occhi si incatenavano gli uni agli altri,
avvertì come uno sfarfallio alla bocca dello
stomaco. Kaori non riuscì a comprendere cosa il suo corpo ed
il suo cuore
stessero cercando di dirle... Perché le sembrava che
quell’uomo, che non aveva
mai visto prima di allora, le fosse così famigliare?
Perché le causava quella
curiosa reazione?
“Statemi alla larga!”
Sibilò, brandendo
una sedia nella loro direzione mentre si appiattiva contro il muro,
mentre Ryo,
tutto sommato compiaciuto dal carattere battagliero della ragazza, si
domandava
cosa fare e cosa dire. Se fosse stato onesto- le avesse detto che un
ciondolo
magico l’aveva fatta ringiovanire, come avrebbe reagito
Kaori? Spaventata
com’era dal sovrannaturale forse ci sarebbe cascata, ma
stressarla in quel
momento era la cosa giusta da fare?
E poi, davvero avrebbe creduto a quella
storia, oppure lo avrebbe preso per un pedofilo pervertito che aveva
rapito una
ragazzina – già all’epoca piena di
ammiratori, tra l’altro - e adesso voleva
giocare al dottore? Se lo avessero chiesto a lui solo quella mattina, lo sapeva cosa avrebbe
detto, nonostante le
cose strane in cui si erano imbattuti nella loro carriera di
sweeper…
Stringendo i denti ed i pugni, Ryo,
sguardo nuovamente freddo e determinato, fece un altro passo verso di
lei.
Stava giocando sporco, forse lei non lo avrebbe perdonato, forse non si
sarebbe
perdonato neppure lui, ma Ryo voleva mettere
l’incolumità di Kaori al primo
posto, la sua tranquillità, e portarla su un terreno a lei
affine poteva essere
l’unica strada verso una parvenza di normalità e
la pace d’animo.
“Kaori, tranquillizzati. Sei in una
clinica, e… e hai avuto un incidente, hai sbattuto la testa.
Io sono Ryo
Saeba,” le disse tranquillamente, offrendole, con sguardo
carico di affetto, la
mano tesa. “E… e sono il partner di tuo
fratello.”
Mentre Rui sussultò, Kaori
fissò quella
mano tesa davanti a lei, alzando ora gli occhi a guardare quelli di
lui. Non
era una stupida, ammise arrossendo lievemente, il cuore che riprese a
fare
delle strane capriole nel petto, aveva avuto le sue…
simpatie, un paio di
giovani insegnanti che l’avevano fatta sospirare
segretamente, e capiva che era
quello che stava accadendo in quel momento: sì,
“Ryo” era molto più vecchio di
lei, e lei di certo non gli sarebbe morta dietro, però non
aveva problemi ad
ammettere che era un uomo decisamente affascinante.
E poi… poi, c’era qualcosa di
caldo nel
suo sguardo, come una tenera carezza ricolma d’affetto, che
le diceva che
poteva fidarsi di lui.
“Dov’è mio
fratello?” Si domandò,
guardandosi intorno, rifiutando di stringere la mano di Ryo.
“Se ho avuto un
incidente, perché non è qui?”
Rimpiangendo quella scusa inventata un
po’ tra capo e collo, Ryo strinse i denti, maledicendosi. Non
gli piaceva
mentire, ora avrebbe dovuto tenere conto di tutto quello che avrebbe
detto fino
a che la sua Kaori non fosse tornata da lui, facendo attenzione a non
contraddirsi o, peggio, lasciandosi scappare qualcosa che avrebbe
potuto
ferirla.
“Tuo fratello è sotto
copertura,” Ryo
ammise, mani in tasca; Kaori non aveva ancora sedici anni, altrimenti
si
sarebbe ricordata di lui senz’altro. Però, doveva
essere intorno a quell’epoca,
quando Kaori aveva iniziato a nutrire dubbi su cosa Makimura
effettivamente
facesse, e lui, nonostante avesse già abbandonato il
distintivo, con lei
fingeva di essere ancora in servizio. “Purtroppo il suo
è un incarico molto
delicato, ha impiegato molto tempo a guadagnarsi la fiducia del capo
della
banda in cui si è infiltrato, e ha ricevuto ordine di non
abbandonare
l’incarico, ma l’ho informato
dell’accaduto e mi ha chiesto di prendermi cura
di te.”
Sempre con la mano tesa, Ryo si abbassò
tanto quanto bastava per poterla guardare negli occhi, pregando che non
vi
leggesse quella menzogna che solo a raccontarla gli spezzava il cuore.
“Come posso sapere che non stai
mentendo?” lei gli domandò, e Ryo si morse il
labbro, chiedendosi a quale delle
tante menzogne che gli erano uscite di bocca la ragazza si riferisse.
“Come
posso essere certa che ti manda davvero lui?”
“Chiedimi
qualcosa,” le chiese, con lo sguardo pieno di speranza, quasi
la supplicasse di
fidarsi di lui. “Domandami qualcosa che solo lui avrebbe
potuto dirmi di te.”
Prima che lei
potesse aprire bocca, Rui afferrò Ryo per la manica del
giubbotto, e
strattonandolo, senza dire una sola parola, lo trascinò con
forza fuori dalla
stanza, e l’uomo glielo permise, non volendo fare una scenata
davanti a Kaori e
farla preoccupare inutilmente, immaginandola già abbastanza
stressata di suo
per quella peculiare situazione in cui si era ritrovata.
“Si può sapere
cosa credi di fare, Saeba?” Rui gli domandò,
chiaramente seccata dal suo
comportamento. “Hai davvero intenzione di raccontarle tutte
queste frottole?”
“Beh, cosa
suggerisci?” Le domandò lui, sarcastico.
“Secondo te è più sensato dirle che ha
avuto un’amnesia ed attendere che se ne torni normale, oppure
raccontarle che
un gioiello vecchio di tremila anni l’ha fatta tornare
adolescente?”
Rui sospirò,
portandosi l’indice alla tempia. Immaginava che Ryo avesse
ragione, che
difficilmente qualcuno avrebbe potuto credere a quella storia assurda;
lei, di
certo, fino a che non aveva avuto davanti quella donna che conosceva,
adulta,
tornare ragazzina, aveva pensato ad una favoletta.
Beh, adesso
capiva cosa intendesse la gente quando diceva che dietro ogni leggenda
c’era un
briciolo di verità - solo che non avrebbe mai pensato che la
parte magica fosse
il briciolo di verità nascosto dietro la leggenda
dell’occhio di Ebe.
“Ho bisogno di
un favore, dì a Falcon e Miki di andare a casa mia e
togliere tutte le cose di
Kaori dall’appartamento, la terrò con me fino a
che questa cosa non sarà
passata e non voglio che si turbi perché si trova delle foto
di sé stessa
adulta in giro, o i biglietti di condoglianze che le hanno mandato
quando Maki
è morto.” Si massaggiò la mascella,
come per pensare. “Dovranno togliere anche
tutto ciò che potrebbe indicare in che anno ci
troviamo… niente libri, riviste,
radio o televisione.”
“Oh,” Rui
sussultò, dopo aver sentito lo sweeper parlare di
condoglianze. Ora capiva
perché, in tante discussioni, quel fratello non fosse mai
venuto fuori, perché
avesse incontrato, bene o male, tutti i membri della
“cricca” di Saeba meno
questo fantomatico Hideyuki Makimura.
Era morto.
E se lo sguardo
cupo e lontano di Ryo voleva dire qualcosa, era che, in un modo o
nell’altro,
si sentiva responsabile per quella perdita: che fossero stati soci,
colleghi?
Che, prima di Kaori, fosse stato lui City Hunter al fianco di Saeba?
“Credi davvero
che un’adolescente vorrà stare chiusa in una
stanzetta con te
per settimane?” Gli domandò, alzando
un sopracciglio.
“Qualcosa lo
troveremo, o mi inventerò un’altra balla. Le
dirò che deve stare nascosta per
il bene del fratello, e le farò avere libri usati in modo
che non abbia
sospetti.” sospirando, si grattò il capo.
“Porca miseria, devo chiedere a Mick
di gestire la lavagna al posto nostro fino a che sta benedetta faccenda
non si
risolve. Non voglio che la mia reputazione vada a farsi benedire
perché non ho
ricontattato dei possibili clienti!”
Rui ridacchiò, occhi luminosi pieni di
divertimento.
“Sai, in
un’altra occasione ti avrei chiesto se volevi tenerti la
piccola Kaori con te
per poterci provare con lei, ma devo dirtelo,
Ryo…” Con un gesto non dissimile
da quelli della bella Saeko, Rui sistemò un ciuffo che le
cadeva sul volto,
sorridendogli maliziosa. “Ti stai comportando in modo
stranamente adulto oggi…
non hai nemmeno provato a saltare addosso a me quando sono
arrivata.”
Sbuffando,
senza degnarla di una risposta, non volendo arrischiarsi a passare
troppo da
maleducato, Ryo tornò in camera, dove trovò Kaori
addormentata nel letto, sopra
le coperte; sembrava stranamente rilassata, ed i raggi del sole che le
colpivano
i capelli li accendevano di riflessi come se fossero stati sottili fili
di oro
rosso. Si sedette
al suo fianco, sulla
sedia che per ore non aveva vacato, e spettinandole i ricci,
poggiò la fronte
contro la sua, ispirando quel profumo che, nonostante i dodici, tredici
anni di
differenza era sempre lei, la sua dolce Kaori.
“Torna da me,”
la supplicò. “Ti prego, Kaori, torna da
me.”