Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: Little Firestar84    07/03/2021    9 recensioni
Dopo essere sparito dalla circolazione per oltre dieci anni, l'Occhio di Ebe, un gioiello dedicato alla dea della Giovinezza, oggetto che potrebbe rivelare alle sorelle Kisugi il luogo dell'eterno riposo del padre scomparso, ricompare sulla piazza per essere esposto a Tokyo, sotto la supervisione dell'Ispettrice Nogami... e quando Occhi di gatto avverte la polizia del suo intento, a chi rivolgersi per assicurarsi che le misure di sicurezza siano effettive? Ma a City Hunter, ovviamente!
Peccato che L'occhio non sia il semplice oggetto che tutti pensano, e nasconda un potere ben più particolare, che riporterà Kaori indietro, nel corpo e nella mente, al momento in cui la sua vista ha preso una svolta decisiva...
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: De-Aging | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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 Prometto di rispondere a tutte le vostre recensioni nei prossimi giorni, giurin giurello!

Gettando la sigaretta a terra e spegnendola col piede, nonostante se la fosse appena accesa, Ryo tornò nella stanza con le mani in tasca, e stupito e sotto shock si fermò sulla soglia, fissando Kaori che sembrava stesse per svegliarsi, dal modo in cui si muoveva nel letto.  Ma non era stato questo a scatenargli quella curiosa reazione- una reazione simile a quella di Rui, che con gli occhi sgranati si coprì la bocca per la sorpresa… perché sì, nel letto c’era una ragazza con corti capelli riccioluti tendenti al rosso, labbra sottili e decisamente alta per la sua età, ma quella stessa ragazza aveva anche il corpo più acerbo rispetto alla Kaori che Ryo conosceva ed era leggermente più bassa di lei, e la camicia da notte che le aveva fornito Kazue era enorme su quel gracile corpicino androgino.

Sì, quella era Kaori, Ryo lo sapeva, ma quella non era la metà di City Hunter: quella era…. Era la sua Sugar Boy, studentessa del liceo di sedici anni.

Cristo santo onnipotente!

Ryo e Rui fissarono, con il cuore in gola ed il respiro mozzato, la giovane che si rigirava nel lettino, lamentandosi della fastidiosa luce. Con la bocca impastata, infantile e quasi fosse una bimbetta, Kaori si stiracchio, sbadigliando con le fauci spalancate in quel modo poco elegante, che ricordò allo sweeper come crescendo la ragazza non avesse mai avuto attorno donne ma solo rozzi uomini.

“Ehm… Kaori?” la chiamò lui un po’ spaventato. Cercò di ricordare come fosse Kaori a sedici anni, quella l’età che sembrava dimostrare, ma, in tutta onesta, il suo carattere – e la vita di Kaori in generale - in tutti quegli anni non era cambiato più di tanto. Adolescente, si era occupata di casa e fratello, metteva l’incolumità degli altri innanzi alla propria e aveva già allora un cuore così grande che le aveva permesso di vedere oltre l’apparenza, capire che Ryo non era il freddo e cinico killer che fingeva di essere ma un buontempone con un profondo senso di giustizia e che amava i bambini. Adulta, badava alla loro casa, a Ryo ed al loro nutrito gruppo di amici, conoscenti e clienti, continuando, causa il suo gran cuore, a mettere gli altri davanti a sé stessa, poco importava quanto rischiosa fosse la situazione.

Il suo corpo negli anni era cambiato: la sua anima era rimasta immutata.

“Kaori, stai… stai bene?” Le domandò avvicinandosi al letto lentamente, con cautela. Secondo Rui chi veniva colpito dal potere del ciondolo non cambiava solo il proprio aspetto, ma anche nella mente e nella memoria: esisteva quindi la concreta possibilità che lei non lo riconoscesse, e spaventarla era l’ultima cosa che voleva.

“Sì, sì, sto bene, sto bene!” Gli rispose lei, sbuffando, chiaramente seccata. Sentire quella vocina, bassa, infantile, gli fece uno strano effetto, gli parve quasi che il cuore avesse perso un battito mentre, anche lui, veniva riportato indietro nel tempo, e l’uomo non poté fare altro che guardare con tenerezza quella ragazzina, desiderando darle una barretta di cioccolato e spettinarle i capelli con affetto e tenerezza.

Bentornata, mia dolce Sugar Boy…

Kaori aprì gli occhi, ancora impiastricciati dal sonno, ma dopo un attimo di esitazione quegli occhioni color nocciola dalle lunghe ciglia giù allora – come facessero  a scambiarla per un ragazzo Ryo proprio non lo concepiva – si spalancarono, e la ragazza si mise ad urlare in preda al panico. Reazione più che naturale: si era appena svegliata in un luogo che non conosceva con due sconosciuti che la fissavano nemmeno fosse stata una cavia da laboratorio.

“Chi diavolo siete?” Lo accusò con tono sibilante, brandendo, già allora, uno dei suoi temibili martelli e lanciandolo all’indirizzo di Ryo che lo evitò per un soffio. Tentò di scendere dal letto, ma si immobilizzò, fissando il camice che aveva indosso e che le ricadeva, largo, sul corpo adolescenziale: quel capo sarebbe stato perfetto sulla Kaori adulta, più alta della ragazzina che Ryo aveva incontrato  che era ancora acerba nelle sue forme femminili. “Dove diavolo è la mia divisa? Cosa mi avete fatte? Maledetti, mio fratello è un poliziotto, ve la farà pagare cara!”

Rui si morse le labbra, sorpresa – non sapeva che anche il fratello di Kaori fosse un poliziotto- ma poi qualcosa nel comportamento di Ryo la colpì con la potenza di un pugno alla bocca dello stomaco. Lo sweeper, calmo e controllato, imperturbabile, sul cui volto le emozioni erano perennemente mascherate, si era improvvisamente incupito, rattristato, era durato solo una frazione di secondo, ma lei era certa di ciò che aveva visto. Sembrava quasi che, per un attimo, un velo fosse calato su quegli occhi solitamente irriverenti. La donna si portò una mano al cuore, e capì come mai non avesse sentito parlare del fratello di Kaori da quando si conoscevano: doveva essergli accaduto qualcosa. 

Kaori, intanto, era scesa dal letto e si era diretta verso la finestra, e stava tentando di aprirla, ma doveva essere bloccata o blindata, perché per quanto ci provasse, le fu impossibile riuscirci. Mentre cercava di formulare un piano di fuga, a denti stretti, lo sguardo le cadde sull’uomo nella stanza con lei, un tipo sui quaranta, ben portati, assolutamente, e decisamente… affascinante, per quanto avesse un’aria un po’ squinternata e trasandata, come se avesse bisogno di qualcuno per badare a sé stesso. Il suo cuore perse un battito, e mentre i loro occhi si incatenavano gli uni agli altri,  avvertì come uno sfarfallio alla bocca dello stomaco. Kaori non riuscì a comprendere cosa il suo corpo ed il suo cuore stessero cercando di dirle... Perché le sembrava che quell’uomo, che non aveva mai visto prima di allora, le fosse così famigliare? Perché le causava quella curiosa reazione?

“Statemi alla larga!” Sibilò, brandendo una sedia nella loro direzione mentre si appiattiva contro il muro, mentre Ryo, tutto sommato compiaciuto dal carattere battagliero della ragazza, si domandava cosa fare e cosa dire. Se fosse stato onesto- le avesse detto che un ciondolo magico l’aveva fatta ringiovanire, come avrebbe reagito Kaori? Spaventata com’era dal sovrannaturale forse ci sarebbe cascata, ma stressarla in quel momento era la cosa giusta da fare?

E poi, davvero avrebbe creduto a quella storia, oppure lo avrebbe preso per un pedofilo pervertito che aveva rapito una ragazzina – già all’epoca piena di ammiratori, tra l’altro - e adesso voleva giocare al dottore? Se lo avessero chiesto a lui solo quella mattina,  lo sapeva cosa avrebbe detto, nonostante le cose strane in cui si erano imbattuti nella loro carriera di sweeper…

Stringendo i denti ed i pugni, Ryo, sguardo nuovamente freddo e determinato, fece un altro passo verso di lei. Stava giocando sporco, forse lei non lo avrebbe perdonato, forse non si sarebbe perdonato neppure lui, ma Ryo voleva mettere l’incolumità di Kaori al primo posto, la sua tranquillità, e portarla su un terreno a lei affine poteva essere l’unica strada verso una parvenza di normalità e la pace d’animo.

“Kaori, tranquillizzati. Sei in una clinica, e… e hai avuto un incidente, hai sbattuto la testa. Io sono Ryo Saeba,” le disse tranquillamente, offrendole, con sguardo carico di affetto, la mano tesa. “E… e sono il partner di tuo fratello.”

Mentre Rui sussultò, Kaori fissò quella mano tesa davanti a lei, alzando ora gli occhi a guardare quelli di lui. Non era una stupida, ammise arrossendo lievemente, il cuore che riprese a fare delle strane capriole nel petto, aveva avuto le sue… simpatie, un paio di giovani insegnanti che l’avevano fatta sospirare segretamente, e capiva che era quello che stava accadendo in quel momento: sì, “Ryo” era molto più vecchio di lei, e lei di certo non gli sarebbe morta dietro, però non aveva problemi ad ammettere che era un uomo decisamente affascinante.

E poi… poi, c’era qualcosa di caldo nel suo sguardo, come una tenera carezza ricolma d’affetto, che le diceva che poteva fidarsi di lui.

“Dov’è mio fratello?” Si domandò, guardandosi intorno, rifiutando di stringere la mano di Ryo. “Se ho avuto un incidente, perché non è qui?”

Rimpiangendo quella scusa inventata un po’ tra capo e collo, Ryo strinse i denti, maledicendosi. Non gli piaceva mentire, ora avrebbe dovuto tenere conto di tutto quello che avrebbe detto fino a che la sua Kaori non fosse tornata da lui, facendo attenzione a non contraddirsi o, peggio, lasciandosi scappare qualcosa che avrebbe potuto ferirla.

“Tuo fratello è sotto copertura,” Ryo ammise, mani in tasca; Kaori non aveva ancora sedici anni, altrimenti si sarebbe ricordata di lui senz’altro. Però, doveva essere intorno a quell’epoca, quando Kaori aveva iniziato a nutrire dubbi su cosa Makimura effettivamente facesse, e lui, nonostante avesse già abbandonato il distintivo, con lei fingeva di essere ancora in servizio. “Purtroppo il suo è un incarico molto delicato, ha impiegato molto tempo a guadagnarsi la fiducia del capo della banda in cui si è infiltrato, e ha ricevuto ordine di non abbandonare l’incarico, ma l’ho informato dell’accaduto e mi ha chiesto di prendermi cura di te.”

Sempre con la mano tesa, Ryo si abbassò tanto quanto bastava per poterla guardare negli occhi, pregando che non vi leggesse quella menzogna che solo a raccontarla gli spezzava il cuore.

“Come posso sapere che non stai mentendo?” lei gli domandò, e Ryo si morse il labbro, chiedendosi a quale delle tante menzogne che gli erano uscite di bocca la ragazza si riferisse. “Come posso essere certa che ti manda davvero lui?”

“Chiedimi qualcosa,” le chiese, con lo sguardo pieno di speranza, quasi la supplicasse di fidarsi di lui. “Domandami qualcosa che solo lui avrebbe potuto dirmi di te.”

Prima che lei potesse aprire bocca, Rui afferrò Ryo per la manica del giubbotto, e strattonandolo, senza dire una sola parola, lo trascinò con forza fuori dalla stanza, e l’uomo glielo permise, non volendo fare una scenata davanti a Kaori e farla preoccupare inutilmente, immaginandola già abbastanza stressata di suo per quella peculiare situazione in cui si era ritrovata.

“Si può sapere cosa credi di fare, Saeba?” Rui gli domandò, chiaramente seccata dal suo comportamento. “Hai davvero intenzione di raccontarle tutte queste frottole?”

“Beh, cosa suggerisci?” Le domandò lui, sarcastico. “Secondo te è più sensato dirle che ha avuto un’amnesia ed attendere che se ne torni normale, oppure raccontarle che un gioiello vecchio di tremila anni l’ha fatta tornare adolescente?”

Rui sospirò, portandosi l’indice alla tempia. Immaginava che Ryo avesse ragione, che difficilmente qualcuno avrebbe potuto credere a quella storia assurda; lei, di certo, fino a che non aveva avuto davanti quella donna che conosceva, adulta, tornare ragazzina, aveva pensato ad una favoletta. 

Beh, adesso capiva cosa intendesse la gente quando diceva che dietro ogni leggenda c’era un briciolo di verità - solo che non avrebbe mai pensato che la parte magica fosse il briciolo di verità nascosto dietro la leggenda dell’occhio di Ebe.

“Ho bisogno di un favore, dì a Falcon e Miki di andare a casa mia e togliere tutte le cose di Kaori dall’appartamento, la terrò con me fino a che questa cosa non sarà passata e non voglio che si turbi perché si trova delle foto di sé stessa adulta in giro, o i biglietti di condoglianze che le hanno mandato quando Maki è morto.” Si massaggiò la mascella, come per pensare. “Dovranno togliere anche tutto ciò che potrebbe indicare in che anno ci troviamo… niente libri, riviste, radio o televisione.”

“Oh,” Rui sussultò, dopo aver sentito lo sweeper parlare di condoglianze. Ora capiva perché, in tante discussioni, quel fratello non fosse mai venuto fuori, perché avesse incontrato, bene o male, tutti i membri della “cricca” di Saeba meno questo fantomatico Hideyuki Makimura.

Era morto.

E se lo sguardo cupo e lontano di Ryo voleva dire qualcosa, era che, in un modo o nell’altro, si sentiva responsabile per quella perdita: che fossero stati soci, colleghi? Che, prima di Kaori, fosse stato lui City Hunter al fianco di Saeba?

“Credi davvero che un’adolescente vorrà stare chiusa in una stanzetta  con te per settimane?” Gli domandò, alzando un sopracciglio.

“Qualcosa lo troveremo, o mi inventerò un’altra balla. Le dirò che deve stare nascosta per il bene del fratello, e le farò avere libri usati in modo che non abbia sospetti.” sospirando, si grattò il capo. “Porca miseria, devo chiedere a Mick di gestire la lavagna al posto nostro fino a che sta benedetta faccenda non si risolve. Non voglio che la mia reputazione vada a farsi benedire perché non ho ricontattato dei possibili clienti!”

Rui ridacchiò, occhi luminosi pieni di divertimento.

“Sai, in un’altra occasione ti avrei chiesto se volevi tenerti la piccola Kaori con te per poterci provare con lei, ma devo dirtelo, Ryo…” Con un gesto non dissimile da quelli della bella Saeko, Rui sistemò un ciuffo che le cadeva sul volto, sorridendogli maliziosa. “Ti stai comportando in modo stranamente adulto oggi… non hai nemmeno provato a saltare addosso a me quando sono arrivata.”

Sbuffando, senza degnarla di una risposta, non volendo arrischiarsi a passare troppo da maleducato, Ryo tornò in camera, dove trovò Kaori addormentata nel letto, sopra le coperte; sembrava stranamente rilassata, ed i raggi del sole che le colpivano i capelli li accendevano di riflessi come se fossero stati sottili fili di oro rosso.  Si sedette al suo fianco, sulla sedia che per ore non aveva vacato, e spettinandole i ricci, poggiò la fronte contro la sua, ispirando quel profumo che, nonostante i dodici, tredici anni di differenza era sempre lei, la sua dolce Kaori.

“Torna da me,” la supplicò. “Ti prego, Kaori, torna da me.”

   
 
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