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Autore: crazy lion    08/03/2021    1 recensioni
Quando in casa di Taylor cominciano a sparire vari oggetti e cibo, la ragazza decide di investigare assieme ai genitori. Con il fratello Austin farà una scoperta sorprendente.
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare veritiera rappresentazione del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.
Genere: Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Austin Swift, Nuovo personaggio, Taylor Swift
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che cosa c'è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un'altra parola avrebbe lo stesso profumo soave.
(William Shakespeare)
 
 
 

CAPITOLO 3.

 

IL NOME

 
Quando il fratello si richiuse la porta alle spalle, il drago volò sulla spalla di Taylor e si nascose sotto i suoi capelli, anche se spuntavano il naso e la coda. La ragazza lo guardò e sorrise per l'ennesima volta.
"Ti serve un nome. Aspetta, guardo al computer."
Il drago si rimise sulle sue gambe e le mordicchiò la mano quando lei tentò di alzarsi per accendere la presa di corrente.
"Che c'è, cucciolo?"
Gli fece il solletico alla pancia e lui squittì felice, poi le morse di nuovo la mano, più forte stavolta, e le fece male. Taylor si lamentò, ma non si sottrasse ai suoi tocchi, ai morsi e alle graffiate. Usava gli artigli, ma li tirava fuori poco, per fortuna. Fu quando le morse il centro della mano e il braccio che cambiò tutto. Accadde tanto velocemente che la ragazzina non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stava succedendo. Una potentissima scarica di energia le si propagò per tutto il corpo, e dovette alzarsi e prendere a camminare per la stanza. Si sentiva molto in forze e desiderosa di muoversi. L'energia arrivò alla testa, che le vorticò come se si fosse trovata su una montagna russa, e la ragazza cadde all'indietro. Sbatté la testa a terra e il drago le si accoccolò vicino, pigolando come prima, ma lei non lo badò, sopraffatta da tutte quelle emozioni. Tutto il corpo prese a dolerle. Le braccia e le gambe erano inchiodate al suolo, non riusciva a muoverle e le faceva male in particolare la parte in cui il drago l'aveva morsa. Sembrava bruciare come fuoco vivo. La testa le pulsava e faticava a respirare. Sul suo petto sembrava essersi depositato un pesante macigno e la ragazza non riusciva a liberarsi di quella sensazione, nemmeno facendo respiri profondi. Si morse le labbra fin quasi a farle sanguinare per sopprimere un urlo di dolore e, madida di sudore, si trascinò verso il letto. Con uno sforzo immane vi salì sopra e affondò la testa nel cuscino. Ci mise sopra la bocca e gridò, soffocando così l'urlo liberatorio che non era più riuscita a trattenere. Poi, com'era arrivata, quella scarica di dolore sparì all'improvviso, lasciandola pervasa da un senso di leggerezza. La ragazza riprese a respirare normalmente, la testa sembrava fluttuare nell'aria e tutto il suo fisico era rilassato.
Sto bene pensò. È passato. Qualsiasi cosa fosse, è finita.
Sentì qualcosa, o per meglio dire qualcuno, sfiorarle i pensieri e si rese conto che stava succedendo tutto quello che era accaduto in Eragon. Anche il ragazzo aveva trovato un drago, benché ancora nell'uovo, che era nato davanti a lui, mentre il piccolo di Taylor era già venuto al mondo presumibilmente giorni prima. Ma il dolore era stato simile a quello del libro e ora la ragazza si accorse di una fiamma stilizzata che le partiva dal centro della mano e si diramava per tutto il suo avambraccio. A Eragon, invece, si era formato un ovale bianco sulla mano. Inoltre, anche il draghetto sembrava comunicare a libello mentale con lei, come accadeva nel libro. Tante volte Taylor aveva desiderato vivere avventure simili a quelle di Eragon, ma mai avrebbe immaginato una cosa del genere. C'erano somiglianze ma anche differenze fra la sua vicenda e le vicissitudini del romanzo ed era questo a rendere la situazione intrigante.
"Allora siamo connessi" disse la ragazza.
"Sì."
La voce non era stata nella sua testa, ma fuori. Il drago, quindi, sapeva parlare a differenza di quello di Eragon. La sua voce era simile a quella di un bambino piccolo, dolcissima e delicata come il petalo di un fiore.
"Sai parlare?"
La ragazza era consapevole del fatto che fosse una domanda stupida, visto che ne aveva avuto la prova, ma ora tutto era ancora più strano.
"Un po', e ti capisco. Ti ho sempre capita."
"Hai un nome?"
Stava davvero parlando con un drago? Spalancò gli occhi. Era assurdo. Le piaceva parlare agli animali, era una cosa bella, ma quelli non rispondevano, questo invece sì.
"No." La voce del drago si era intristita. "Dammene uno tu, mamma."
L'aveva appena chiamata mamma? Okay, questa era la cosa più bizzarra.
"Non sono la tua…"
"Per me sì, non conosco la mia vera mamma. Non vuoi?" le chiese il piccolo, strusciandosi contro la sua mano.
Prese a fare un verso strano. Forse doveva essere un ruggito, ma per il momento assomigliava più a un mormorio simile alle fusa di un gatto.
Se gli avesse detto di no l'avrebbe fatto star male, e poi non voleva abbandonarlo al suo destino. Il pensiero era così orribile e ripugnante che non ci rifletté nemmeno per un secondo. Lasciarlo da solo sarebbe stato disumano, soprattutto finché era ancora così piccolo e indifeso. Ma se gli avesse detto di sì, avrebbe fatto una promessa che non era sicura di poter mantenere. Non aveva idea di quanto il drago sarebbe cresciuto e, se fosse diventato troppo grande, nasconderlo sarebbe stato impossibile, ma anche viverci insieme. E come avrebbero reagito i suoi genitori?
"Divento grande come un coniglio adulto, non di più" disse il piccolo leggendole la mente.
Taylor si accorse che lo stava facendo a causa di un leggero dolore alle tempie, che però scomparve subito.
"E come fai a saperlo?"
"Lo so."
La ragazza si accontentò di quella risposta vaga e sperò che il draghetto avrebbe avuto ragione.
"Non abbandonarmi!" esclamò il piccolo.
Mio Dio, se poteva leggerle la mente aveva saputo ogni cosa, ciascun suo singolo pensiero riguardo la situazione. Come aveva fatto a non pensarci prima? Ora l'aveva ferito, poco ma sicuro.
"No, piccino, non ti abbandonerò mai. Stavo pensando quelle cose solo perché a volte i grandi fanno ragionamenti complicati che i piccoli non possono capire, ma non ti lascerò da solo. E sì, sarò la tua mamma."
Si sentiva onorata di avere un simile compito. Il drago la guardò con i suoi occhi azzurro ghiaccio e lei vi lesse una profondità incredibile, coe se il piccolo fosse stato già molto saggio. Chissà quante cose avrebbe potuto insegnarle crescendo.
"Mamma, mamma, mamma!" esclamò il piccino, svolazzandole intorno e sbattendole le ali sul viso.
La fece ridere.
"Va bene, ho capito, sei felice. Ora, però, devo trovarti un nome. Io sono Taylor, a proposito."
"Allora Taylor."
"No, questo è il mio nome ed è femminile, tu sei un maschio. Fammi cercare qualcosa che sia adatto a te, d'accordo?"
"Cos'è?" chiese il draghetto quando notò il computer.
"Serve a leggere, scrivere e cercare cose importanti, è un oggetto che usiamo noi umani."
"E quelle cose con gli spaghi che ho preso?"
"Le scarpe? Le infiliamo per tenere i piedi caldi e al sicuro, come se tu le mettessi sulle zampe."
"Ma non mi servono."
"Lo so, era un esempio."
Taylor cercò su internet Nomi per draghi e trovò vari siti in cui la gente chiedeva consigli su un nome da dare a un drago, di solito perché stava scrivendo un romanzo fantasy.
"Che ne dici di Spike?”
"No" disse il piccolo.
Un no secco, quindi Taylor non insistette.
"E ti piace Crimsyn? È un nome che in gallese significa cremisi, secondo me suona bene."
“No, è brutto.”
A Taylor piaceva, ma non protestò.
“E Sorin? Deriva dal rumeno sole.”
"Sì, lo adoro!"
Taylor sorrise.
Sorin era un nome dolce, gli si addiceva.
"Che ne dici se dormiamo un po'?"
Si misero entrambi a letto e il drago si accoccolò fra le gambe della sua nuova mamma, addormentandosi quasi subito. Taylor si mise a sedere e gli fece una carezza sul muso, poi lo lasciò stare.
   
 
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