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Autore: GReina    08/03/2021    1 recensioni
[sakuatsu]
La vita di Atsumu ha raggiunto una perfetta routine quotidiana insieme a Kiyoomi fin quando un uomo non bussa in casa loro con una notizia: Atsumu ha due figli di quattro anni e dovrà prendersi cura di loro.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 2

Kobayashi Ennosuke si ripresentò in casa loro la mattina successiva. Spiegò ad entrambi che visto il risultato del test del DNA – e considerato il fatto che Atsumu non aveva nessuna intenzione di mandarli in un istituto – un assistente sociale sarebbe passato a far loro visita per accettarsi che la casa fosse adatta a dei bambini. Gli diedero tre giorni di tempo per renderla tale.
Atsumu sospirò e si guardò intorno non appena la porta d’ingresso fu chiusa alle spalle dell’avvocato.
“Da dove cominciamo?” chiese quasi disperato. Quella casa non era affatto adatta a dei bambini. Prese elettriche esposte, vasi fragili e preziosi negli angoli o in bilico sui comò, spigoli appuntiti e nessuna stanza in cui farli dormire.
Decisero di iniziare comprando dei paraspigoli.
“Qui c’è scritto per neonati.” fece notare Sakusa leggendo la descrizione sulla confezione. “Credi che dovremmo prenderli comunque?” Atsumu scrollò le spalle.
“Zucchero non guasta bevanda, giusto?” ripeté poco convinto il detto che tanto piaceva a sua madre.
“La guasta se non è una bevanda dolce.” l’alzatore sbuffò una risata.
“Non stare a puntualizzare, Omi!” afferrò la confezione dalle mani del corvino e ne prese un altro paio dallo scaffale. Poi portò il tutto alla cassa.
Tornati a casa, aprirono i pacchetti e iniziarono a coprire tutti gli spigoli partendo dal salotto. Si resero conto di non aver comprato la plastica per coprire le prese elettriche, così Atsumu tornò al negozio. Poi si accorsero di aver dimenticato i lucchetti per chiudere i coltelli al sicuro ed uscì una terza volta. Infine, con i paraspigoli ancora in mano, arrivarono alla stanza della palestra. Atsumu guardò il bilanciere con i pesi, la cyclette, i kettlebell, il climber, l’ellittica e si accasciò già stanco allo stipite della porta.
“Se questa stanza la tenessimo semplicemente sempre chiusa?” propose, Sakusa non rispose, quindi si voltò a guardarlo. Lo schiacciatore stava fissando la stanza e sembrava non averlo sentito. Poi però rispose:
“Dovremo sbarazzarci di tutto.”
“Sbarazzarci di che??” urlò incredulo Atsumu. Solo allora il corvino si voltò a guardarlo. Sorrise divertito.
“Non intendo buttare gli attrezzi, ma quantomeno spostarli. È l’unica stanza di cui possiamo fare a meno. Se troviamo un posto a tutto potremmo comprare due futon e fare stare qui i bambini.” Atsumu sospirò e tornò a guardare la palestra. Quella era la stanza che amava di più, eppure non c’era altra soluzione.
“Ma dove metteremo tutto quanto? E poi come faremo a spostarli?”
“Potremmo fare spazio in lavanderia e anche nello sgabuzzino.” propose lo schiacciatore “I dischi e i kettlebell potremmo infilarli nel nostro armadio e potremmo mettere i manici per i piegamenti sotto il letto.” Atsumu annuì.
“Allora tu prepara la cena mentre io sistemo quel disastro di sgabuzzino.”
“Ti aiuto.” ma Atsumu rise.
“Tesoro, da quanto tempo non metti piede lì dentro? È sporco da far paura! Ci penso io, d’accordo?” glielo chiese, ma non aveva nessuna intenzione di accettare un no come risposta. Kiyoomi annuì ed Atsumu sorrise.
“Voglio sushi con tonno grasso per cena.” fece dandogli una pacca sulla spalla mentre si dirigeva in camera da letto per mettersi abiti più comodi.
“Perché invece non prendi la cena da asporto da tuo fratello e non gli chiedi di aiutarti con lo sgabuzzino?” propose l’altro seguendolo. Atsumu si voltò verso di lui e valutò l’idea. Sapeva perché Kiyoomi glielo stesse suggerendo. Per quanto lo schiacciatore fosse ormai la persona più importante della sua vita, Osamu era Osamu. Faceva parte indissolubilmente di lui; c’era sempre stato quando più Atsumu ne aveva bisogno ed era in grado di leggerlo e capire come aiutarlo in meno di un minuto.
Annuì. Prese l’ordinazione di Kiyoomi, infilò scarpe, giubbotto ed uscì di casa.
La posizione del loro appartamento era perfetta: quindici minuti a piedi dalla palestra dei Black Jackals e dieci da Onigiri Miya. Camminare gli fece bene.
Entrò nel ristorante con non poco chiasso facendo tintinnare forte le campanelle in cima alla doppia porta. Si sedette sul suo solito sgabello e da lì si accasciò sul bancone. Osamu lo vide e sbuffò:
“Oi, Tsumu.” venne chiamato “Ho avuto un brivido lungo la schiena, ieri. Che cazzo hai combinato?” Atsumu sospirò rumorosamente prima di rispondere.
“La cazzata l’ho combinata quattro anni fa, Samu.” fece una pausa e poi si corresse a bassa voce: “Anzi cinque considerati i nove mesi di…” non riuscì neanche a finire la frase. Se Osamu aveva sentito l’ultimo sussurro non lo diede a vedere, tuttavia aspettò paziente che il fratello confessasse l’ultimo guaio in cui si era cacciato. I clienti erano pochi, quindi lo chef ebbe tutto il tempo di concentrarsi su di lui. Attese in silenzio preparando gli onigiri preferiti di Atsumu ripieni di tonno grasso e quelli di Sakusa con gli umeboshi, e fu solo quando ebbe finito ed incartato il tutto che finalmente Atsumu si decise a sollevarsi dal bancone e a guardarlo negli occhi.
“Ho scoperto di avere due figli di quattro anni, Samu.” sin da quando avesse memoria Atsumu era sempre stato un ragazzo ironico e sarcastico. Erano molti, troppi quelli che lo prendevano sul serio nel momento sbagliato e viceversa, ma non Osamu. Non suo fratello. Lui era sempre riuscito a capire con un solo sguardo quando diceva sul serio. Dopo aver pronunciato quelle parole, Atsumu poté vedere gli occhi grigi del suo gemello spalancarsi e poi congelarsi. Le labbra gli si allargarono leggermente e un sospiro incredulo gli sfuggì da esse. Fu la risata di Suna a distogliere l’attenzione del biondo dal viso pietrificato di suo fratello.
“Sono Bokuto e Hinata?” gli chiese divertito. Atsumu buttò fuori una breve risata isterica al pensiero che effettivamente se la sua vita non fosse stata sconvolta da un, o meglio due uragani quella di avere due bambini di quattro anni e identificarli nei suoi più scalmanati compagni di squadra sarebbe stata una buona e del tutto plausibile battuta.
“No,” rispose però con ancora mezzo sorriso isterico sulle labbra “in effetti si chiamano Kamiko e Akihiko e sono figli di Suzuki Isako. Ve la ricordate?” alternò lo sguardo dall’uno all’altro senza riuscire a decidere se essere disperato e sconvolto come loro o divertito delle identiche reazioni che stavano mostrando. Fu Suna il primo a riprendersi.
“Cazzo.” aveva esclamato per poi voltarsi verso Osamu “Sta dicendo sul serio?” volle chiedere conferma.
“È serio.” fu la risposta.
“Allora devo recuperare un bel po’ di numeri.” pensò ad alta voce Rintarou “Avevo scommesso una bella sommetta al liceo che tuo fratello avrebbe messo incinta qualcuna. Diventeremo ricchi, amore.” lasciò un bacio a stampo sulle labbra di Osamu che però ancora non si decideva a muoversi.
“Che cazzo hai fatto, Tsumu!” chiese per la seconda volta. Il biondo sospirò ed iniziò a raccontare. Mezz’ora più tardi Osamu aveva lasciato le chiavi del ristorante a Suna pregandolo di occuparsi degli ultimi clienti ed aveva seguito Atsumu nel suo appartamento. Grazie al suo aiuto, la mattina successiva lo sgabuzzino era pronto.
 
“Hai un aspetto da far schifo, Tsum-Tsum!” lo prese in giro Bokuto quando si presentò con Kiyoomi agli allenamenti del pomeriggio.
“Lo so, Bokkun!” fu la sua risposta risentita “Stiamo facendo alcuni lavori in casa.”
“Ah sì?? E quali?” avere amici così tanto estroversi a volte poteva rivelarsi essere un fardello. Lanciò un rapido sguardo verso Sakusa, infine decise di rispondere con sincerità:
“In effetti potrebbe servirci una mano per spostare qualche attrezzo…” disse, sicuro che tutta la squadra da lì a poco si sarebbe proposta volontaria “dobbiamo liberare la palestra per renderla la stanza di due bambini.”
Se dirlo ad Osamu aveva fatto abbassare la temperatura della stanza, farlo adesso fu come sganciare una bomba. Atsumu sapeva bene che il tono perennemente alto di Bokuto avrebbe fatto in modo che la loro conversazione fosse ascoltata da più persone, eppure non si aspettava che “più persone” volesse dire “l’intera palestra MSBY”. Bokuto spalancò gli occhi e urlò di sorpresa. Il secondo fu Hinata che corse rapido verso di loro urlando:
“Bambini? Quali bambini? Avete dei bambini?” presto tutti i titolari, le riserve, gli allenatori e gli addetti alle pulizie li stavano circondando. Atsumu si ritrovò a sollevare le mani in segno di resa mentre Kiyoomi sbiancava sempre di più per l’improvvisa confusione.
“Calmi, calmi tutti!” provò senza ottenere successo.
“Congratulazioni!” gli arrivò l’urlo di Inunaki;
“Sono felice per voi!” quello di Tomas;
“Ve ne pentirete presto!!” le risate di Barnes. Atsumu provò ancora a chiamare il silenzio, ma fu solo supplicando Meian con lo sguardo che riuscì ad ottenerlo.
“D’accordo, d’accordo adesso basta. Sentiamo cos’hanno da dire i nuovi papà!” l’intera palestra si zittì e Atsumu poté sospirare.
“Grazie, Capitano.” osservò gli occhi curiosi e brillanti della squadra e si grattò la testa imbarazzato. “La situazione è questa…” iniziò “non adotteremo dei bambini. Bokuto, abbassa quel telefono!” Atsumu era più che certo di averlo detto troppo tardi e che quindi ormai almeno Akaashi fosse stato informato della novità.
“La situazione è complicata, ecco… diciamo che dovremo ospitarli solo per qualche settimana.” si sarebbe spiegato meglio una volta a casa. Non aveva voglia che gente con cui aveva poca confidenza sapesse nel dettaglio quello che stava passando.
“Quindi? A qualcuno va di darci una mano?” non si stupì affatto di sentir dire a Hinata, Bokuto, Meian, Inunaki, Tomas e Barnes che potevano contare su di loro.
 
“Ora ci spieghi da cosa vi è venuto di prendere in affidamento due gemelli?” Tomas aspettò giusto il tempo che la porta di casa fu chiusa alle loro spalle per tornare all’attacco. Atsumu sospirò e guardò verso Sakusa. Indossava ancora la mascherina, ma ormai al biondo bastavano i suoi occhi per capire cosa stesse pensando. Si prese del tempo prima di rispondere al centrale; disse gentilmente a tutti di igienizzarsi le mani e chiese chi volesse il caffè e chi il thè. Fu solo quando tutti furono in salotto che lui e Kiyoomi raccontarono come stavano le cose.
“Cazzo.” fu il commento poco fine (e subito ripreso da Meian) di Barnes “E a te sta bene, Sakusa?” Oriver – insieme ad Atsumu – era sempre stato quello con meno peli sulla lingua tra loro. L’alzatore sapeva bene a cosa si stesse riferendo con quella domanda: la misofobia. Avere in giro per casa due bambini di quattro anni non era certo come avere a che fare con due neonati, ma era innegabile che anche a quell’età avrebbero urlato e sporcato ovunque. Atsumu lo sapeva; una parte di lui non aveva smesso di pensarci da quando Kobayashi aveva lasciato quell’appartamento per la prima volta, eppure non aveva avuto il coraggio di affrontare l’argomento.
“Comunque andranno le cose ci siamo dentro insieme.” gli era bastato quello per convincersi che sarebbe andato tutto bene, ma era solo un auto-inganno atto a non farlo impazzire.
“Me la caverò.” rispose un attimo dopo il corvino cercando di infondere sicurezza nella propria voce. Atsumu gli sorrise fiero e riconoscente.
“E io lo aiuterò.” disse.
“Lo fai sempre.” si persero l’uno nello sguardo dell’altro per qualche secondo, poi Inunaki si schiarì la gola e loro tornarono alla realtà. Finirono chi il thè chi il caffè tra risate e battute poco sottili sulla paternità. Spiegarono meglio a Bokuto come Atsumu facesse ad avere dei figli biologici mentre lui ed Akaashi non potevano. Infine, si trasferirono in palestra e iniziarono a smontare gli attrezzi.
“Ogni vite tolta è un colpo al cuore.” si lamentò Atsumu.
“Rifletti su questo la prossima volta che andrai a spargere sperma in giro!” continuavano a sprecarsi le battute. L’alzatore guardò Barnes e gli rispose con una molto matura linguaccia. Poi si voltò verso Sakusa e gli sorrise teneramente. Nessuno di loro poteva seriamente pensare che Atsumu sarebbe di nuovo andato in giro a spargere sperma.
Continuarono a smontare pezzo dopo pezzo la palestra. Conservarono i pesi nell’armadio, il tapis-roulant e la cyclette smontati nello sgabuzzino e così anche il bilanciere e il climber. Infine, furono costretti a chiedere agli amici di tenere il resto.
“Quindi va bene se portiamo l’ellittica a casa tua, Capitano?”
“Nessun problema.” fu la risposta di Meian “Ho ancora un po’ di posto in casa dove metterla.” fu allora che Bokuto e Hinata si infervorarono:
“Cosa?? Allora io voglio la panca multifunzione!!” urlò il più grande.
“E io prendo il vogatore!!” il più piccolo.
“Ragazzi! Non stiamo regalando gli attrezzi! Dovete solo tenerceli per qualche settimana.” Atsumu smontò subito il loro entusiasmo facendo afflosciare i capelli di Bokuto e mettere il broncio ad Hinata.
“Voglio dire…” aggiunse sentendosi in colpa “potete anche montarli ed usarli, nel frattempo, ma poi-”
“Davvero?” non lo lasciò finire Shoyo “Davvero possiamo, Tsum-Tsum?” l’alzatore si ricordò della battuta di Suna e si chiese se due bambini di quattro anni potessero essere peggio di loro.
“Nessun problema.” confermò sorridendo.
“State scherzando, vero??” arrivò il commento di Inunaki “Non voglio neanche immaginare quante volte ci abbiano scopato sopra.” Atsumu arrossì violentemente e fece finta di non sentire in modo da non dover rispondere. Tutta la squadra si ammutolì e dopo pochi secondi iniziò a ridere sotto i baffi.
“Be’, sono bravo a pulire.” mormorò Kiyoomi facendo definitivamente scoppiare tutti a ridere. Hinata e Bokuto, comunque, non si lasciarono convincere dal loro libero e si portarono a casa un paio di attrezzi ciascuno. Entro la sera successiva la palestra fu sgomberata del tutto e i futon messi al loro posto al centro della stanza.
Atsumu guardò la camera e sospirò.
“Domani verrà l’assistente sociale.” disse sovrappensiero. Con la coda dell’occhio vide Sakusa annuire. “E poi dovremo andare a prendere i bambini…” continuò con più ansia nella voce. Sakusa annuì ancora. Atsumu si voltò verso di lui.
“Ho così paura, Omi.” l’altro lo abbracciò.
“Cosa pensi che dovrei dire io?” rispose alleggerendo le parole con una risata. Atsumu sollevò le braccia e lo strinse forte di rimando.
“Possiamo farcela.” sussurrò.
Possiamo farcela.
   
 
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