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Autore: fera_JD    08/03/2021    1 recensioni
Johanna Smith, una bambina senza famiglia si ritrova ad essere una strega nell’ Inghilterra del XX secolo. Avventure pericolose, amicizie improbabili e sconvolgenti verità la attendono tra le mura delle più famosa e famigerata scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
Dal capitolo 2: “SERPEVERDE!” finì di dire il cappello urlando il nome della casata.
Johanna senza battere ciglio, riconsegnò il cappello alla professoressa e camminò verso il tavolo Serpeverde mentre i suoi componenti l’accoglievano con un tiepido applauso. Era l’ultimo tavolo a destra. Esattamente l’opposto di quello di Potter.
Buona Lettura
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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La Foresta Proibita
 
19 maggio 1992
Era un bel primo pomeriggio di sole, i raggi filtravano tra le chiome della quercia che solitaria svettava in un angolo del cortile interno dell’Ala di Trasfigurazione.  Lo scalpiccio degli studenti faceva da sottofondo al canto di alcuni pettirossi che avevano fatto il nido tra quei rami.
Poteva essere un momento perfetto, peccato per il malumore di un certo Grifondoro seduto sulla panchina di pietra posta proprio sotto la chioma della quercia. Normalmente era un posto piuttosto affollato e decisamente troppo bello per non essere uno dei luoghi di ristoro preferiti di molti studenti. Per questo, difficilmente dei primini potevano sperare di trovarlo libero, ma da un paio di giorni a questa parte Harry Potter era evitato come la peste dai suoi compagni di casa e anche da parecchi Tassorosso e Corvonero, quindi era stato facile conquistare la panchina.
 Il motivo: aver praticamente assicurato la vittoria per la Coppa delle Case a Serpeverde. 
Johanna però, essendo di fatto una  Serpe, non aveva alcun problema a condividere la panchina con l’amico, nonostante le continue occhiatacce che il povero ragazzo continuava ad attirare.
“Che gran seccatura.” Disse Johanna più sdraiata che seduta sulla panchina dopo che l’ennesimo tizio li aveva fulminati con lo sguardo.
“Già.” Rispose mesto Harry senza spostare gli occhi dal libro di Trasfigurazione che stava consultando.
“Hey Potter!” urlò un ragazzo di serpeverde praticamente dall’altra parte del giardino. “Grazie per tutti quei punti persi! Ti siamo debitori!” urlò di nuovo prima di andarsene sghignazzando insieme ad altri suoi amici, ovviamente serpi.
 “Io odio la tua casata.” Sibilò Harry, cercando probabilmente di perforare con solo la forza dello sguardo la schiena del ragazzo.
“Lo so.” rispose serafica Johanna “La odiano praticamente tutti. Dopo un po’ ci fai l’abitudine.”
“Scusa…”  disse Harry sussultando,  accortosi della velata cattiveria rivolta all’amica. L’ultima cosa che voleva era quella di deludere anche lei.
“Ah non importa. Non ora almeno.” Disse la ragazza con noncuranza mentre si sedeva più composta sulla panchina “Comunque vuoi criticarli? Diavolo, Harry ci hai fatto davvero un gran bel regalo a perdere tutti quei punti!”
“Per favore Jo, non infilare anche tu il dito nella piaga.” Supplicò il ragazzo stroppicciandosi la faccia con le mani, come a volersi nascondere dietro di esse.
“ Va bene. Va bene non tornerò più sull’argomento…. “
Un paio di secondi di silenzio. Un cinguettiò da sopra alle loro teste e…
“Anche se in verità da te un po’ me l’aspettavo una cosa del genere…”
“Hey!” esclamò Harry indignato.
“È Hermione che  mi ha stupito! La credevo più assennata.” Ignorando del tutto l’amico.
“Cosa avremmo dovuto fare? Hagrid rischiava di finire nei guai e molto più grossi di noi, che abbiamo avuto soltanto un paio di punti persi e una punizione!”
“Solo un paio?” ghignò la serpe verso di lui.
“Jo!”
“Ok, scusa. La smetto.” Johanna alzò le mani ridacchiando in segno di resa. “E comunque ok, sì Hagrid rischiava, ma c’è finito lui da solo in questo guaio facendo schiudere quel maledetto uovo.  E mi sembra che l’adulto sia lui, non tre undicenni che si sono ritrovati a spacciare un cucciolo di drago dentro la scuola.”
“La fai sembrare quasi una cosa criminale.”
“Be’ un po’ lo era.”
Harry si rabbuiò e chiudendosi in sé stesso. Johanna lo lasciò fare, le sembrava quasi di vedere le rotelle del Grifondoro lavorare forsennate per trovare una risposta  da spiaccicarle in faccia.
Johanna si aspettava un riprovero o una rispostaccia e invece Harry semplicemente si aprì con lei.
“Uff non volevo che Hagrid venisse portato via, va bene. C’era la possibilità che finisse in prigione per colpa di Norberto… “
Johanna sorrise comprensiva. Hagrid per Harry era un vero amico, o una specie di zio acquisito per certi versi. In fondo era grazie al mezzo gigante che Harry era riuscito a scappare dai Dursley ed entrare a tutti gli effetti nel mondo magico. Capiva che il grifondoro ci fosse affezionato. Quello che a volte ancora la stupiva era di come Harry si aprisse in quel modo con lei, e a volte come lei stessa si sentisse così a suo agio a fare lo stesso con lui. Era una bella sensazione….
“Va bene, chiudiamo qui il discorso. Piuttosto sei riuscito poi a ritrovare il mantello di tuo padre?”
“No…” Harry era visibilmente abbattuto per quel fatto, forse molto di più che per quella valanga di punti persi. Perché sì, 150 punti erano una vera valanga. Lui ed Hermione avevano usato il mantello dell’invisibilità per portare la cassa dove avevano chiuso quel maledetto drago su per la torre di Astronomia, dove uno dei tanti fratelli di Ron era venuto a prenderlo. Tutto ovviamente di nascosto. Ma come degli scemi, nel scendere di nuovo le scale si erano dimenticati il mantello sulla torre, venendo così beccati da Filch.
Da allora il mantello era del tutto scomparso.
“Cazzo, abbiamo già controllato nell’ufficio di Filch e non c’è. Sulla torre nemmeno. Pensi che possa averlo preso la MacGonogall?” chiese Jo.
“Forse… e se fosse stato Peeves?”  chiese Harry con la paura negli occhi. Se lo avesse preso lui, sarebbe stato difficile recuperarlo…
“Be’ è un poltergeist quindi può interagire con gli oggetti solidi.” Ragionò Johanna ad alta voce.  “Però per farsi ascoltare da Peeves, non è semplice… Prova a chiedere aiuto a Fred e George, loro stanno simpatici a quel fantasma pazzo.”
“Ci proverò…” In effetti entrambi non erano molto convinti della riuscita dell’impresa… Peeves era un osso duro. Ma non era il caso di deprimere Harry maggiormente, doveva cercare di essere ottimista… almeno una volta nella vita.
“Dai vedrai che lo ritroviamo! Non può essere sparito nel nulla!” disse Johanna con il suo miglior sorriso incoraggiante e circondando con un braccio la schiena di Harry cercando di consolarlo almeno un po’.
“Grazie Jo. Sei una buona amica.” Abbracciandola di slancio, ma il bel momento venne rovinato dalle risatine di scherno di un capannello di ragazze verde argento che passarono di lì in quel momento.
“Anche se sei una di quelle maledette serpi!”
 
Cercarono il mantello dell’invisibilità per i giorni successivi, ma non riuscirono a trovare nulla. Anche Peeves sembrava non saperne niente a quanto aveano detto i gemelli Weasley.  Jo stava cercando di escogitare un piano per entrare di nascosto nell’ufficio della McGonogall, ma incredibilmente fu Harry a fermarla. Non voleva finire maggiormente nei guai e far perdere altri punti a Grifondoro e non voleva nemmeno mettere nei casini l’amica. Johanna non era sicura di lasciar perdere e gli dispiaceva davvero per Harry;  il mantello era l’unico oggetto che Harry aveva di suo padre, e lei non accettava che si arrendesse così facilmente. Se lei fosse stata al suo posto avrebbe rivoltato l’intera scuola per ritrovarlo. Ma complice il fatto delle lezioni, e le continue ripetizioni a Goyle e i compiti che parevano infiniti, Jo aveva sinceramente poco tempo anche solo per pensare ad altro oltre alle lezioni scolastiche. Tanto che il weekend arrivò senza nemmeno accorgersene. Johanna stava facendo un elenco mentale dei libri da prendere in biblioteca per le ripetizioni del giorno mentre camminava da sola per il corridoio. Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse della persona che l’aveva ormai raggiunta da dietro le spalle.
 “Ehy Johanna.”
“Wa!” urlò la ragazzina presa completamente alla sprovvista.
“Tranquilla sono solo io!” esclamò Hermione con un sorriso stanco sul volto.
“Oh Ciao Herm. Cielo, mi hai fatto prendere un colpo!”
“Ho visto! Tutto ok, ti vedo stanca.”
“No, sono solo le poche ore di sonno.” Disse la serpe scrollando le spalle “Ho una buona resistenza di solito, ma sono settimane che io e il resto di noi serpi ripassiamo tutta la notte, sai Goyle è migliorato ma non diverrà mai una cima, quindi…”
“Sì immagino…” rispose lei con un debole sorriso.
“Tu invece che stai ripassando ultimamente? Spero che farai fare le ore piccole anche a quelle due teste di rapa di Ron ed Harry!” disse ridacchiando Johanna.
Hermione spostò lo sguardo verso i propri piedi, come se fosse abbattuta per qualcosa: “Normalmente sì…”
Jo ora era preoccupata: “Hermione va tutto bene? Sembri strana…”
“Stasera abbiamo la punizione.”
“Oh.” Fu la laconica risposta di Johanna. Era un po’ dispiaciuta per loro, in fondo volevano solo fare la cosa giusta, per quanto stupida ed avventata fosse.  “ Ve l’hanno detto tramite gufo per caso?”
“Sì, in effetti sì. È arrivata stamattina a colazione.”
“Allora deve essere arrivata anche a Draco.” Sapeva che il biondo li aveva seguiti quella notte perché doveva aver scoperto qualcosa riguardo a Norberto e nel tentativo di farli finire nei guai, ci era finito lui. Ma almeno Serpeverde aveva perso solo 20 punti e non 150!  “ Malfoy è stato di malumore  per tutta la mattina!” concluse Jo con una smorfia. Un Malfoy di cattivo umore era una lagna insopportabile…
 “Almeno una cosa positiva c’è allora.” Disse acida Hermione mettendo il broncio.
“Harry vi sta contagiando con questa rivalità con Draco.”
“Non era difficile. Malfoy è un idiota.” Sbottò Hermione.
Johanna si mise una mano sul cuore come se fosse estremamente scandalizzata : “Che linguaggio signorina Granger, mi stupisco di te!”
“Forse ho avuto un pessimo esempio da seguire, signorina Smith.” Le rispose per le rime la grifondoro con un ghigno rivolto al suo più che ovvio cattivo esempio.
Johanna scoppiò a ridere dicendo “Sì, credo di sì!”
Le due ragazzine continuarono a ridacchiare fino alle porte della biblioteca, dove dovettero calmare i toni prima di essere buttate fuori immediatamente dalla bibliotecaria che già aveva lanciato loro due occhiate glaciali da dietro gli occhialini rotondi.
“Allora che dovete fare?” chiese sottovoce Johanna “Pulire calderoni di vermicoli, strofinare quintalate di trofei…”
“Non lo sappiamo. “ rispose l’altra a voce altrettanto bassa “Il biglietto diceva di presentarsi da Filch nella Sala d’Ingresso alle 11 di stasera.”
“Di notte? Strano…”
“Già, sono un po’ preoccupata…”
“Andiamo Herm è una punizione, non una condanna a morte.” Rispose Johanna con il sorriso “Sarà sicuramente qualcosa di stupido e noioso. Niente di più.”
Johanna non poteva immaginare quanto fosse lontana dalla vera realtà dei fatti.
Quella sera il primo anno di Serpeverde si ritrovò come di consueto a ripassare in sala comune. Anche Draco rimase con loro finchè non fu orario di quella fantomatica punizione e il biondo era quasi contento di potersene  andare visto l’argomento di quella sera, ovvero Storia della Magia. Johanna sapeva quanto poteva essere  tediosa, ma dovevano ripassare anche quella e il ricordarsi di date e nomi era il tallone di Achille di Goyle, quindi Jo non aveva proprio avuto scelta. Avevano continuato a studiare per ore, Jo aveva anche improvvisato delle piccole interrogazioni per tutti, per controllare se lo studio stava andando bene- Alla fine si poteva ritenere piuttosto soddisfatta della sua ‘classe’, anche Goyle aveva azzeccato buona parte delle risposte. Forse aveva davvero un talento per l’insegnamento.
Erano ormai le tre di notte e sia Crabbe che Millicent avevano dato forfait, addormentandosi sui libri di scuola.
“Ok, è meglio chiuderla qui per stanotte.” Disse Johanna dopo un po’.
Nott sbadigliò rumorosamente stiracchiandosi “Per Merlino, Smith sei instancabile! Hai spiegato per ore!”
“Prego, non c’è di che Nott.” disse Johanna facendo ridacchiare i compagni.
Con degli stanchi buonanotte tutti si alzarono dal tavolo raccogliendo le proprie cose e andando dritti verso i propri dormitori, lasciando la sala comune ormai deserta. Johanna invece rimase per sistemare le pergamene e i vari libri che aveva preso dalla biblioteca… erano decisamente tanti ora che li vedeva tutti assieme.
“Tieni, ora dovrebbero essere tutti.” Disse Daphne recuperando appunto gli ultimi libri che erano finiti sui tavolini adiacenti.
“Oh, grazie Daphne! Non eri tenuta ad aiutarmi…”
“In due facciamo prima e poi volevo ringraziarti.”
“Eh?”
Daphne non era mai stata una persona che si potesse definire gentile o altruista, certo aveva i suoi modi per esprimere simpatia o accondiscendeza, ma era decisamente la prima volta che Johanna la sentisse dire grazie a qualcuno.
“Sì dai, per tutte le ripetizioni che ti stiamo facendo fare. Non ti stiamo nemmeno pagando.” Rispose la bionda mimando sicurezza.
“Io sto facendo le lezioni a Gregory come avevo pattuito con lui, se voi volete assistere non ho problemi.” Disse Jo anche se difatti stava facendo dei ripassi personalizzati per tutti, conoscendo ormai ogni loro punto debole  o di forza nello studio.
“Bè,  grazie comunque.” Sbuffò la purosangue quasi spazientita “È buona educazione ringraziare quando qualcuno ti fa un favore, disinteressato o meno.”
Ed ecco un’altra delle tante regole di buona educazione di Daphne Greengrass. Johanna avrebbe quasi voluto conoscere chi gliele aveva inculcate, almeno per ringraziarlo come si deve…  tranne per le regole sulla moda magica. Quelle erano pessime.
Johanna sorrise alla compagna, che ancora sfoggiava un piccolo broncio sul viso di perla.
 “Allora prego, Daphne.”
La bionda alla fine si sciolse, ricambiando il sorriso alla compagna.  Furono dei secondi di pura pace tra le due ragazze, che forse per la prima volta in un intero anno di scuola potevano confrontarsi senza avere qualcuno che potesse giudicarle o interromperle….
 “QUESTA SCUOLA è GESTITA DA PAZZI!!”
Fu l’urlo di Draco appena entrato improvvisamente nella sala gridando come un matto.
“Malfoy? Per Morgana cosa urli! È tardissimo!” urlò a sua volta Daphne.
“Ho tutti i motivi di urlare. Quella pazza della McGonogall ci ha spediti nella foresta proibita di notte!” sbraitò Malfoy con un diavolo per capello.
“COSA?” ora era Johanna ad avere urlato. 
“Sì, è stato… è stato…” Draco era visibilmente spaventato mentre guardava il vuoto come se avesse avuto davanti un mostro orribile. Cosa diavolo era successo in quella foresta?
 Ma non ci volle molto prima che il rampollo dei Malfoy riuscisse a riscuotersi per dire prontamente la sua classica battuta “Mio padre verrà a sapere di questo! Vedrete che salteranno delle teste!”
Subito dopo corse via scomparendo nel corridoio per i dormitori maschili, facendo così ricadere il silenzio in tutta la sala.
Le due ragazze si guardano stranite e forse anche un po’ preoccupate.
 “Ma che cosa sarà successo?” chiese Daphne con un filo di voce.
“Non lo so”
 
Attraverso la Botola
24 maggio 1992
Johanna non riuscì a chiudere occhio per tutta la notte. Nella sua testa continuavano a vorticare i peggiori scenari che la sua mente era in grado di formulare. Non sapeva bene con esattezza quali creature potevano vivere nella Foresta Proibita, c’erano però storie di mannari, mostri e creature oscure, e queste bastavano a farle venire i sudori freddi. Draco era tornato evidentemente impaurito oltre che incazzato, quindi doveva essere successo per forza qualcosa. Non si era dovuto trattare solo di una normale passeggiata notturna nel folto della foresta, per quanto questa poteva essere già abbastanza spaventosa. Più ci pensava, più faceva fatica a pensare lucidamente. La sua amata logica le diceva che non poteva essere successo nulla di grave o Draco ne avrebbe parlato o non sarebbe neanche tornato come se nulla fosse in sala comune… eppure la preoccupazione e la paura per i suoi amici continuava a crescere.
Dopo quasi 5 ore di insonnia, alla fine Johanna stanca di rigirarsi nel letto inutilmente decise di alzarsi per andare a fare colazione, nella speranza di trovare del caffè che potesse darle una scossa. Era presto, non erano nemmeno le 8 di mattina ed era domenica. In pochi erano così mattinieri visto che quasi tutti a scuola facevano le ore piccole per studiare, quindi era più che normale che Harry e gli altri non ci fossero. O almeno era quello che Johanna continuava a ripetersi come un mantra, mentre osservava ossessivamente le porte della sala grande. Verso le 9 del mattino, comparvero i compagni di dormitorio di Ron ed Harry. Jo non ci aveva mai parlato, e a malapena si ricordava i loro nomi. Ma non le importava, quella era un’emergenza. A grandi passi si avvicinò ai due e senza troppi preamboli chiese: “Ciao, avere visto Harry e Ron stamattina?”
Il ragazzo di colore che aveva interpellato che forse di cognome faceva Thomas le rispose un po’ titubante:
 “No, penso siano ancora a letto, le tende del loro baldacchino erano tirate.”
“Grazie” disse Johanna atona e senza dire altro se ne andò tornando al suo tavolo.
Avrebbe dovuto inizare a ripassare già da più di un’ora ma non riusciva a pensare ad altro che ad Hermione ed Harry persi nella foresta proibita o sbranati da qualche creatura con fin troppi denti. Aspettò al tavolo per circa un’altra ora, ma del golden trio non ci fu nemmeno l’ombra.
Non poteva fiondarsi nel dormitorio di Grifondoro per avere le sue risposte, ma poteva farlo con quello di Serpeverde.
Nel giro di 10 minuti Johanna stava marciando per i dormitori maschili della sua casata ignorando totalmente alcuni dei ragazzi più grandi che la guardarono straniti. Non era una cosa nuova che la ragazza di qualcuno si aggirasse per i dormitori maschili, ma era strano vedere un undicenne con la fama di Johanna essere lì e con un cipigio decisamente incazzato.
Non le ci volle molto per trovare la stanza del ragazzi del primo anno e senza nemmeno bussare spalancò la porta del dormitorio. Al diavolo la buona educazione per una volta!
La camera era pressoché identica alla sua, con solo un letto in più rispetto al dormitorio femminile; forse si sarebbe aspettata più disordine da una camerata di 5 ragazzi, ma questo non era importante per ora.
Gregory si stava alzando proprio in quel momento, sfoggiando una camicia da notte dallo stampo ottocentesco.
“Johanna?!” esclamò il ragazzo tra lo stupito e l’imparazzato.
“Qual è il letto di Malfoy.”
Goyle parecchio stralunato, glielo indicò titubante con un dito. Era l’unico letto ancora chiuso dalle pesanti tende verdi, tende che vennero scostate con forza neanche pochi secondi dopo. L’occupante del letto inondato di colpo dalla luce della lampade a muro si svegliò di soprassalto e anche con un urlo molto poco virile. Draco si tirò le coperte a coprire la faccia in modo istintivo, ma queste gli vennero strappate via in mala modo da Johanna che senza mezzi termini chiede con voce perentoria: “Malfoy cosa è successo la notte scorsa?”
“Smith sei matta?! Cosa ci fai qui per Merlino?!” urlò Draco riconoscendo la compagna solo in quel momento e continuando a tirare le coperte verso di sé in uno strano tira e molla.
“Rispondi.”
“Ma anche no! Esci immediatamente dal mio dormitorio!!”
Johanna, abbandonando le coperte,  afferrò il bavero del pigiama di seta del ragazzo strattonandolo verso di sé e a pochi centimetri dalla sua faccia sentenziò con voce scura, e scandendo bene ogni singola parola.
“Cosa. è successo. la notte. scorsa.”
Draco quasi spaventato da quegli occhi glaciali o forse perché ancora rintronato dal sonno, buttò fuori tutto. Dell’unicorno ferito, del sangue color argento,  dello scherzo a Longbottom che li aveva fatti cambiare di gruppo, fino alla radura e a quella figura incappucciata che si era messa a succhiara il sangue dell’animale magico.
“Qualcuno si è fatto male?” chiese Johanna ormai praticamente seduta sul letto di Draco.
“No, ma avremmo potuto! Chissà che diamine era quella creatura incappucciata! Era orribile!”
Johanna tirò un sospiro di sollievo. Almeno sapeva che Harry ed Hermione stavano bene.
“Vorrei sapere chi ha avuto la brillante idea di mandarci a fare quella punizione! Per di più io non avevo colpa fin dall’inizio…” stava ancora blaterando Malfoy. Ma non tutti i suoi vaneggiamenti era tali, anche per Johanna quella punizione aveva avuto dell’assurdo.
“Questo me lo chiedo anch’io! Solo un idiota totalemente pazzo manderebbe quattro undicenni nella foresta proibita da soli con Hagrid e un cane!” sbottò Johanna.
“Giusto! O vedrai quando lo saprà mio padre!”
Draco si lasciò andare ad altre esternazioni e piani malefici per far licenziare quello o quella, ma Johanna aveva altro per la tesa. Quella notte avrebbe potuto perdere i due più grandi amici che avesse mai avuto solo per una stupida punizione, se le cose fossero andate male. Chi era quel mentecatto che aveva avuto la brillante idea di punire una violazione del coprifuoco con una cosa così pericolosa. Qualcuno doveva pagare.
“Fallo.”
“Cosa?” chiese Draco bloccando uno dei suoi tanti discorsi a senso unico.
“Manda una lettera a tuo padre. E che sia esaustiva su quanto sia stato assurdo e pericoloso e scellerato.”
“Certo che lo farò.” Esclamò Malfoy con un ghigno, felice che anche gli altri la pensassero come lui. Anche se in effetti era più che normale che lui avesse ragione! O almeno era quello che pensava lui.
“Bene… e scusa per il risveglio un po’ … improvviso…” disse Johanna alzandosi dal letto di Draco, un po’ imbarazzata per il suo comportamento di poco prima.
“Ah figurati anzi, mi metto subito a scrivere!” esclamò di nuovo Draco completamente dimentico dell’assalto alla sua persona e saltando giù dal letto afferrò subito pergamena ed inchiostro. Non vedeva l’ora di far licenziare qualcuno!
 
Johanna era decisamente più tranquilla ora e riuscì anche a studiare con Gregory e gli altri per il resto della mattina. Per quanto il desiderio di vedere Harry ed Hermione per sincerarsi con i propri occhi che stessero bene era ancora piuttosto impellente.  
Finalmente verso pranzo il trio comparì nella Sala Grande e appena li vide Johanna corse loro incontro, superando quasi senza accorgersi il professor Snape che stava entrando anche lui in quel momento.
“Harry, ragazzi!” li chiamò la serpeverde con un sorriso nel vederli tutti interi.
Harry si girò, verso di lei. Aveva due profonde occhiaie e non aveva una bella cera. La preoccupazione di Johanna ebbe di nuovo un’impennata.
“Draco mi ha raccontato quello che è successo ieri notte. Voi state bene?”
“Sì, noi… “ stava dicendo Harry quando si bloccò all’improvviso. Non sembrava nemmeno guardarla davvero, come se stesse fissando qualcosa oltre alla sua testa. Subito dopo il ragazzo agrottò la fronte e con tono sbrigativo disse a Johanna. “Stiamo bene. Non  è successo niente tranquilla. Ora andiamo a mangiare, ci vediamo dopo.” E quasi trascinando i due amici con sé, si diresse verso il tavolo di grifondoro lasciando lì Johanna.
“OK…” la ragazzina rimase ferma ad osservali stranita finchè non si furono allontanati. Non capiva il motivo  per quel comportamento, che avesse fatto qualcosa di male?
“Signorina Smith.”
Jo fece un salto per lo spavento. Odiava quando le persone la prendevano alla sprovvista alle spalle. Quella non era proprio giornata! Stava per prendere a male parole chiunque l’avesse chiamata, quando si accorse che in realtà si trattava del professor Snape.
“Oh professore, non l’avevo vista.” Disse Johanna cercando di dissimulare il malumore.
“Pensavo fosse stata pietrificata sul posto. Vada a mangiare è ora di pranzo.” Disse lui atono come suo solito.
“Sì, sì ha ragione.” Johanna concordò e con un rapido saluto si diresse a sguardo basso verso il proprio tavolo.
 
Severus  non era riuscito ad impedirsi di osservare tutta la scena. Quando era stato quasi investito da Smith che correva per la Sala Grande si era stupito del comportamento della ragazza, così ben educata normalmente. Per questo l’aveva seguita con lo sguardo, vedendola raggiungere di corsa Potter e compagnia. Era pronto a togliere punti e a fare un giusto rimprovero alla sua studentessa, quando aveva notato che qualcosa non andava.  Da dove si trovava non era riuscito a capire cosa si stessero dicendo, ma dopo neanche uno scambio di fredde battute, dove aveva anche avuto l’impressione che Potter lo stesse fissando, quest’ultimo se n’era andato trascinandosi dietro i due amici grifondoro. Smith era rimasta lì in piedi come uno stoccafisso a guardare la schiena di quei presunti amici allontanarsi. Doveva essere successo decisamente qualcosa e Smith non doveva averla presa bene.
Chissà, forse quell’amicizia assurda tra Smith e Potter si era finalmente conclusa? Severus avrebbe dovuto provare sollievo ad un pensiero simile, ma non riusciva a sentirsi felice per una cosa del genere. Smith non si meritava di essere offesa da uno come Potter.
Anche se a conti fatti era sempre stato sicuro che prima o poi una cosa del genere sarebbe successa.
Non ci si poteva fidare di un Potter o di un grifondoro.
Era contento infatti, che Smith si fosse avvicinata di più ai suoi compagni di Serpeverde e in un certo senso si compiaceva che in parte,  probabilmente, era anche merito suo. Aveva notato che da quando aveva praticamente obbligato Smith a dare ripetizioni a Goyle, la ragazza passasse molto più tempo con i suoi compagni di casa. Era quanto meno probaible che anche gli altri ragazzi della sua classe si erano uniti alle sue lezioni di ripasso. Prova, ne era che l’intera classe era migliorata in molte materie nell’ultimo mese e insieme al rendimento era cresciuto anche la complicità e l’unione tra le serpi del primo anno. Infatti, eccoli tutti insieme seduti vicini durante il pranzo a parlare e a scambiarsi notizie ed appunti.  Passando loro di fianco fece un cenno di saluto al gruppo che gli venne ricambiato con il giusto rispetto ed educazione, come si confaceva alle sue serpi. E, potendo vedere bene che Smith era ancora giù di corda, a malapena stava ascoltando la giovane Parkinson che le stava parlando seduta al suo fianco.  
Gli dispiaceva per lei… almeno un poco, ma  era meglio così. Troncare il prima possibile quell’amicizia era molto meglio che tirarsela dietro per troppo tempo e rimanere delusi e sofferenti per gli anni avvenire quando questa ti si sgretolava tra le dita. A fare quei pensieri una chioma rosso fuoco gli tornò prepotentemente alla mente…
NO, era  meglio  rimanere tra i propri simili… un’amicizia rosso e verde non aveva mai una lunga vita…
Comunque, Potter doveva ricevere una punizione adeguata per quello. Sarebbe stato il caso di togliere qualche punto a Grifondoro giusto per sicurezza.
 
26 maggio 1992
Le lezioni erano finite da circa un’ora e il primo anno di Serpeverde aveva occupato il solito tavolo della sala comune per ripassare assieme. Mancava meno di una settimana all’inizio degli esami e tutti non facevano che studiare e studiare nella speranza di ricordarsi tutto. Di solito c’era una bella atmosfera di cooperazione e sostegno reciproco, ma quel pomeriggio una strana aria di tensione pervadeva il gruppo. Johanna era un fascio di nervi quel giorno, come lo era stato quello precedente, parlava poco e non riusciva a concentrarsi come avrebbe dovuto, per Merlino era ferma sulla stessa pagina da più di mezz’ora!
Johanna, però sapeva bene di chi era la colpa della sua distrazione. Non poteva andare avanti così.
All’improvviso la ragazzina si alzò di colpo dal tavolo, facendo sobbalzare il resto dei compagni che la guardarono straniti.
“Torno subito.”
Johanna abbandonò la sala comune e i sotterranei salendo le scale a due a due, dritta verso la sala grande dove sapeva di trovarli. Infatti eccoli lì, Harry, Ron ed Hermione, seduti al tavolo di Grifondoro tutti e tre chini sui libri e pergamene.
Johanna raggiunse il trio a grandi passi  con un espressione decisa sul volto.
Loro non l’avevano vista arrivare, troppo presi dallo studio, ma Jo era stanca di essere ignorata.
La serpeverde sbattè le mani sul tavolo creando un bel frastuono che rimbombò nella grande sala e  facendo letteralmente salatare per aria i tre grifondoro dallo spavento.
“Voi tre mi state evitando.”
“No, noi…” stava provando a dire Hermione ma venne subito interrotta da Johanna. “Non sparate cazzate. È lampante. Quindi mi volete dire che vi ho fatto?”
“Jo, tu non hai fatto niente, davvero… è solo….” La ragazzina di grifondoro non sapeva bene come continuare, e nella sua indecisione spostò  lo sguardo verso Harry come a chiedere chissà cosa.
“Harry, mi devi dire qualcosa?” chiese Johanna fredda come il ghiaccio.
Il ragazzo sospirò stanco, aveva delle brutte occhiaie e sembrava pallido. Harry si alzò dal tavolo e senza guardare la serpeverde negli occhi le chiese di seguirlo. 
Harry portò Johanna fuori dalla Sala Grande in uno dei corridoi laterali che si aprivano dalla sala d’ingresso, dove sapevano di trovare un attimo di privacy.
“Quindi?”
“Jo, Hermione ha ragione tu non centri.” Disse stancamente il ragazzo, mettendosi le mani nelle tasche dei jeans..
“Ok, allora perché non mi parli da quando sei andato a quella maledetta punizione?”
“Sono solo i compiti, gli esami e….”
“E?  E cosa?”
“I miei sospetti su Snape.” Sbottò alla fine Harry. “Sono sempre più sicuro che lui voglia rubare la pietra e anche con un buon motivo.”
Johanna non potè che alzare gli occhi al cielo. “Harry ti prego…”
“Ecco visto! Volevo evitare appunto questo! Io so di aver ragione, ma tu non vuoi ascoltarmi!”
“Io ti ho ascoltato, più e più volte, ma quello che dici non ha senso!”
“Basta non ne voglio parlare… aaah!” Harry all’improvviso si afferrò la fronte quasi cadendo in avanti e mostrando un evidente smorfia di dolore sul viso. Johanna si avvicinò di slancio all’amico preoccupata.
“Harry! Che hai?!”
“Sto bene.”
“Certo e io faccio di cognome Malfoy. Harry sono giorni che hai un aspetto di merda, che cosa ti fa male?”
Harry sospirò di nuovo, ma alla fine decise di aprir bocca “È la cicatrice, non lo so. Ma è come se bruciasse…” disse il ragazzo togliendosi finalemnte le mani dalla fronte. La cicatrice sembrava normale a prima vista, ma forse era un male che non si poteva vedere ad occhio nudo.
“E poi  gli incubi sono tornati, anche peggio di prima…” continuò Harry abbassando però il tono di voce.
“Harry, perché non me lo hai detto subito! Dovresti andare da Madama Pomfrey, forse può darti qualcosa contro il dolore o per farti dormire meglio.”
“Non voglio.”
“Perché?”
“Non voglio che tutti sappiano dei miei incubi…” disse il ragazzo guardandosi intorno circospetto.
Toccò a Johanna a sospirare. Conosceva la ritrosia di Harry nel farsi notare e sapeva che non gli era mai piaciuto essere sulla bocca di tutti, soprattutto se si trattavano di cose personali o dei suoi errori.
“All’inizio ero disorientato. Mai nessuno prima mi aveva anche solo considerato degno di nota, figuriamoci famoso!” le aveva detto una volta che si erano trovati a chiacchierare da soli –prima che Jo partisse con il suo programma di ripetizioni intensive.  “Ed era bello, credo. Insomma è piacevole essere qualcuno, però…”
“è anche un po’ oppressivo?” aveva provato a suggerire Johanna.
“Sì! Insomma sono tutti lì a guardare quello che faccio o non faccio. Come se si aspettassero qualcosa da me, ma non ho idea di che cosa!”
“Harry, guarda che non devi niente a nessuno! Fregatene.” Gli aveva detto al tempo Johanna “Il miglior consiglio che ti posso dare è quello di ignorarli.”
Ma ora sapeva –dopo quello che era successo con quei 150 punti persi- che era parecchio diffcile ignorare un’intera scolaresca che sembrava non avere niente di meglio da fare che ficcare il naso nella vita del Bambino Sopravvissuto. Quindi poteva capire come Harry tenesse alla propria privacy e in un castello affollato e per di più pieno di quadri pettegoli che letteralmente non facevano altro che origliare le conversazioni altrui era quanto meno difficile.
“Uff, va bene.” disse Johanna tornando al presente “Ci vado io in infermeria.  Dirò che faccio fatica a dormire e che sogno in continuazione di fallire gli esami o una cosa del genere… non penso di poter essere la prima a fare richieste simili.”
Harry ridacchiò debolmente. “Sei sicura?”
“Sì, ma tu devi far vedere quella cicatrice. Non ho idea di cosa possa farla bruciare in quel modo. Una cicatrice normale non dovrebbe farlo soprattutto se così vecchia…”
La ragazza sapeva di parlare per esperienza, ma non pensava di aver parlato con un tono particolarmente rivelatore o altro. Ma appena aveva concluso la frase, Harry spalancò gli occhi con fare sorpreso e allo stesso tempo allarmato, come se avesse appena avuto una sconcertante illuminazione.
“Jo, ne hai anche tu…”
Johanna era esterrefatta. Come diavolo ci era arrivato?!
“Sì, ne ho una, o due. Non è importante adesso…” disse la serpeverde cercando di cambiare discorso.
“Jo…”
“Harry, tranquillo. È roba vecchia e adesso abbiamo problemi più impellenti. Devi andare in infermeria.”
Harry aggrottò la fronte corrucciato “Non usarmi come scusa per favore.”
“Non lo sto facendo Harry!” sbottò Johanna “Sono solo dei vecchi regali di tutori merdosi che stanno marcendo in prigione al momento quindi chissene frega ora. Adesso io sono preoccupata per quella cicatrice, che dopo quasi 11 anni non dovrebbe bruciare affatto! Devi farla vedere a qualcuno!”
“Va bene, va bene andrò in infermeria.” Si arrese alla fine il ragazzo alzando le mani in segno di resa.
“Ti faccio controllare da Hermione, che sia chiaro.” Disse Johanna puntando il dito verso l’amico.
“No dai, Hermione no!”
“Invece sì. Per la pozione per dormire fatti trovare all’ingresso del viadotto stasera dopo cena.  Penso di riuscire a recuperarla per quell’ora.”
Il duo intanto era tornato sulle porte della Sala Grande, pronto a tornare dai loro amici con un umore decisamente migliore di quando se n’erano andati.  Però, a quanto pare  Harry non aveva ancora finito.
Il ragazzo bloccò Johanna  che erano ancora sull’ingresso, poggiandole una mano sulla spalla. “Jo… grazie per insomma… quello che fai… e scusa per… bè…”
Johanna bloccò la serie di balbettii prendendo la mano dell’amico ancora appoggiata sulla sua spalla. “Sì, ho capito Potter. Rilassati.”
I due amici si scambiarono un ultimo sorriso comprensivo, per poi tornare da Ron ed Hermione che li stavano aspettando ancora seduti al tavolo di Grifondoro. Johanna rimase giusto il tempo di incaricare Hermione di  sincerarsi che Harry vada davvero in infermeria, cosa di cui la ragazza fu ben felice di fare e dopo dei rapidi saluti Jo tornò dritta nei sotterranei dove l’aspettavano le sue serpi e tutti quei dannati libri. Però almeno ora aveva un peso in meno sullo stomaco.
Peso però, che era solo diventato ancora più pressante nello stomaco di Harry.
 
“Harry, ma le hai davvero raccontato tutto? Anche di Tu-sai-chi?” sussurrò Ron all’amico, quando Johanna era ormai sparita alla vista.
“No. Non so nemmeno se mi crederebbe…” disse con amarezza il ragazzo.
“Ma Harry, Johanna potrebbe aiutarci!” esclamò sempre a bassa voce Hermione “Se sapesse che sei in pericolo, penso che rivedrebbe le sue idee.”
“E se non lo facesse? E se andasse dritta da Snape a dirgli tutto?” esclamò a sua volta Ronald.
“Non lo farebbe mai!” sbottò la ragazza sbattendo nel frattempo un libro sul tavolo per l’irritazione. Era stanca della sfiducia di Ron nei confronti della sua amica. Johanna non aveva mai fatto niente di male e li aveva sempre supportati ed aiutati quando poteva!
“Ron ha ragione.” Disse lapidario Harry.
“Cosa? Anche tu!” quasi gridò Hermione  ormai dimentica di dover tenere bassa la voce.
“Non sto dicendo che Jo sia una traditrice, ma si fida troppo di Snape. Potrebbe rivelargli qualcosa pensando di fare la cosa giusta,  che potrebbe metterlo in allarme o peggio... No, meglio non dirle niente di questa storia. È anche per il suo bene, ho paura di quello che potrebbe farle Snape se scoprisse che sappiamo della presenza di Vol…”
“Non dire quel nome!”
Harry alzò gli occhi al cielo davanti alla paura di Ron del semplice nome di Voldemort. Che senso aveva avere paura di un semplice nome?
Un nome  non poteva fare del male, una persona fisica sì. Come Snape o come quella figura incappucciata nella foresta, sempre se non fosse stato Voldemort stesso… Si sentiva in colpa a non averne parlato con Johanna e dopo tanti mesi a raccontarsi di tutto era difficile tenere quei segreti. Ma quella situazione era troppo pericolosa ed Harry non voleva mettere in repentaglio anche la sua vita, non per colpa sua…
 
1 giugno 1992
Era il primo giorno di esami e faceva un caldo infernale. Quella mattina tutto il primo anno aveva avuto l’esame teorico di Incantesimi: erano stati tutti ammassati in una grande aula, ognuno seduto su un banco distanziato dagli altri e avevano potuto usare solo delle penne d’oca stregate  con l’Incantesimo Antimbroglio. Non che a Johanna servisse copiare da qualcuno. Infatti per lei l’esame era stato semplice e veloce, ma non lo era stata l’afa che si respirava in quella stanza. Tutti si erano tolti i mantelli, rimanendo in maniche di camicia, ma se fosse stato per lei si sarebbe tolta pure quella, talmente si sentiva sudata letteralmente ovunque. In più la trepidazione e l’ansia sua e dei compagni non aiutava a migliorare la situazione, soprattutto in quel momento, mentre erano tutti in fila davanti alla porta chiusa dell’aula di incantesimi ad attendere il proprio turno per svolgere l’esame pratico. Aveva dato il buona fortuna a Goyle e dopo averlo visto scomparire oltre la porta Johanna tornò al suo posto nella fila, proprio di fianco ad un Harry irrequieto che si grattava la cicatrice.
 “Nervoso?”
“Un po’, ma penso che almeno la teoria sia andata bene.” rispose il ragazzo togliendo immediatamente la mano dalla fronte, come se fosse stato colto in flagrante di reato.
Jo non potè che roteare gli occhi al cielo, almeno però non aveva più quelle occhiaie chilometriche.
“Ti vedo più riposato, la pozione funziona vedo.”
“Sì, dormo meglio grazie. A volte…..” disse abbassando la voce e guardandosi intorno per vedere se qualcuno li stesse ascoltando  “…succede ancora, ma molto meno di prima.”
“è già qualcosa. Anche se avrei preferito che fossi andato in infermeria per farti vedere di persona per la tua… per la testa.” Disse la serpe guardandolo storto.  Era molto delusa da Hermione, la credeva molto più insistente e coriacea...
“Sto bene.” ripetè Harry ormai quasi in automatico.
“Uhm, dove l’ho già sentita questa?”
Harry le rifilò una gomitata che fece ridacchiare la ragazza.
“Dai ora pensiamo a questi maledetti esami, poi potremo finalmente rilassarci… spero…”
“Harry. Sicuro che vada tutto bene?”
“…. Sì, certo. Dai che tra poco tocca a noi.”
Johanna non era per niente convinta dalle parole dell’amico, era evidente che c’era qualcosa che lo preoccupava e poteva giurare che non fossero gli esami. Aveva il dubbio che i suoi amici credessero ancora a quell’assurda storia che Snape volesse rubare la pietra filosofale, ma quelli erano i suoi primi esami magici e ci teneva a farli bene. Così volente o nolente chiuse in un cassettino della mente le stranezze di Harry pensando che non fossero niente di serio.
 I giorni passarono  e così gli esami di ogni materia.
Erbologia: fu facile e senza sforzo.
Trasfigurazione: ostico, ma fattibile.
Astronomia: più facile di così si muore.
Pozioni: uno scherzo. La pozione Obliviosa ormai le riusciva ad occhi chiusi.
Difesa: noiosa.
Così arrivò l’ultimo giorno di esame. Al mattino ebbero l’esame di Volo  che seppe di averlo passato a pieni voti. Ormai poteva dire di essere capace di volare discretamente, certo non avrebbe mai battuto Harry in una partita di Quidditch, ma poteva dire di saper volare come ogni strega e mago cresciuto nel mondo magico.
 Mancava solo Storia della Magia e più che per sé stessa era preoccupata per Gregory, date e nomi era quello che faceva più fatica a ricordarsi. Aveva passato tutta la notte precedente a fare un mega ripasso con lui e gli altri, ma orami poteva solo sperare che fosse bastato. L’esame durò un’ora, sempre nella solita aula asfissiante e sotto il caldo sole di giugno che filtrava dalle finestre ad arco.  Johanna finì il proprio esame in mezz’ora e il resto del tempo lo passò con gli occhi puntati su Goyle. Il ragazzo sembrava scrivere sulla sua pergamena e pareva concentrato, quindi era un buon segno. Qualche volta si fermava come a cercare di ricordarsi qualcosa, ma poi tornava a scrivere. Jo sperava solo che non stesse di nuovo mischiando le epoche storiche…
Appena l’ora finì e consegnate le pergamene, Johanna si fiondò letteralmente su Goyle.  
“Come hai risposto sul creatore del calderone autorimestante?”
“è stata fatta da Plinius il Moro nel 1170?”
“Giusto il nome, sbagliato l’anno. Che data hai messo alla guerra dei Goblin nel mediovevo?”
“Iniziata nel 687 e finita nel 1004? Ed è stata vinta dal clan delle montagne.”
“Sì e no, ma può andare.  Ma ti prego, dimmi che non hai sbagliato la domanda sul Re dei Troll!”
“Smith, ti prego basta! Gli esami sono finiti, credo che Goyle sia stanco delle tue interrogazioni.” ridacchiò Malfoy ancora stravaccato sulla sedia d’esame.
Johanna ridacchiò a sua volta, in effetti non aveva tutti i torti.  “Te lo concedo Malfoy. Va bene, la smetto.” Disse Jo per poi rivolgersi direttamente a Goyle “Penso che almeno la metà del test  tu l’abbia azzeccato. Credo che ce la farai Gregory.”
“Dici sul serio. Pensi che sarò promosso in tutte le materie?” chiese speranzoso.
“Lo spero. No. Lo penso. Sì, sono sicura che ce la farai.” Disse fiera la ragazza.
Goyle sorrise sincero ricambiando l’espressione sicura ed orgogliosa della sua maestra con uno sguardo di gratitudine.
“Bene, ora che abbiamo finito di fare questi discorsi smielati, che ne dite di andare a festeggiare al lago. È una splendida giornata e voglio rinfrescarmi. Fa troppo caldo qui dentro!” si lamentò Pansy sopraggiunta in quel momento con il resto della combriccola di serpeverde.
“Volevo vedere Harry e gli altri prima…” disse Jo ma venne interrotta dalla stretta poderosa di Daphne che senza mezzi termini l’aveva afferrata per le spalle, spingendola verso le porte dell’aula.
“No, fino a stasera sei nostra Jo.” Disse Daphne “Dobbiamo ringraziarti tutti per l’aiuto che ci hai dato, quindi si fa festa tra noi serpi oggi. Domani potrai stare con i tuoi grifoni se proprio ci tieni.”
“Ma davvero non serve…”
“Vuoi scherzare! È la fine degli esami e mio padre mi ha scritto che sono giunti ad una svolta con Silente per la questione della punizione nella foresta proibita!” esclamò Malfoy affiancando le ragazze  “Stiamo vincendo su tutta la linea, chissà magari riusciamo pure a liberarci di quel mezzo gigante!”
“Malfoy.” lo redarguì bonariamente Johanna…. Non aveva voglia di litigare in quel momento.
“Che c’è? Per me è una doppia vittoria!”
“Su, su al lago. Godiamoci l’estate e la libertà adesso!” disse Dapne trascinando via Johanna mentre Pansy pensava a fare lo stesso con Draco.
Fu un bel pomeriggio. Quei tediosi e altezzosi purosangue sembrarono voler dimenticare per un po’ quella rigida etichetta  con cui erano cresciuti divertendosi come ogni altro ragazzino della loro età, schizzandosi a vicenda con le fresche acque del lago, prendendosi in giro e beandosi del sole e della reciproca compagnia. Johanna non avrebbe mai pensato all’inizio di quell’anno scolastico che sarebbe riuscita a legare in quel modo con tutti loro, era qualcosa di incredibile.
Chissà cosa avrebbero detto Ron ed Harry quando avrebbe raccontato loro della faccia di Draco completamente bagnato ed inzaccherato di fango dopo un tuffo a bomba di Crabbe nel lago. Si sbellicheranno dalle risate, pensò Johanna mentre lei stessa si contorceva dal ridere praticamente abbracciata a Daphne anche lei nella medesima situazione. La festa venne protratta  fino a sera, ben dopo la cena. Si riunirono tutti nel dormitorio dei ragazzi con i dolci di Malfoy- che incredibilmente condivise con tutti- a fare da banchetto, e con chiacchiere e alcune partite a spara e schiocco e gobbiglie si fece quasi mezzanotte.  Prima che scoccasse, erano già tutti nei loro letti, volenterosi di farsi una vera dormita dopo tante settimane a dormire poche ore a notte per colpa del nervosismo e del troppo studio.
 Johanna si addormentò con il sorriso e dopo neanche un minuto era già tra le braccia di Morfeo, stanca e felice per la bella giornata appena trascorsa e non vedendo l’ora di rialzarsi il mattino seguente per potersi rilassare anche con i suoi amici di Grifondoro…
Quando Johanna si svegliò era incredibilmente tardi per lei. Erano già  le 10 del mattino, ma in fondo ora era davvero in vacanza. Non c’erano ripetizioni, compiti, ripassi, lezioni. Niente di niente. Avrebbe potuto sedersi, prendere uno dei suoi libri e leggere solo per il piacere di farlo. Johanna sospirò felice ancora sdraiata nel suo letto al solo pensiero.
“Sarà meglio metterlo in pratica” pensò la ragazzina scostando le coperte.  Le altre ragazze dormivano ancora, cosa che non la stupì. Anche nei weekend erano solite dormire fino a tardi, soprattutto Pansy! Con un sorriso Jo, si vestì con uno degli abiti babbani che tanto facevano storcere il naso a Daphne, si diede una rinfrescata e raccolti i capelli in una coda scomposta andò in sala comune con un buon libro in mano.
Era appena entrata nella sala,  diretta ad una poltrona vuota pregustando una bella mattinata tranquilla e serena quando le sue orecchie sentirono qualcosa che le fece gelare il sangue nelle vene.
“Hai sentito l’ultima. Il Signore Oscuro era qui ad Hogwarts questa notte!”
A parlare erano due ragazzi più grandi seduti ad un tavolino poco distante da lei. Non li conosceva, se non di vista… dovevano essere del quarto o quinto anno…
“Quirrell era un suo complice a quanto pare,  in qualche modo lo ha fatto entrare nel castello, credo… Comunque  Tu-Sai-Chi voleva prendere la Pietra Filosofale, sai quella di Flamel, ma si dice che Lui sia stato fermato di nuovo da Harry Potter! Incredibile non trov..”
Johanna afferrò il braccio del ragazzo che stava parlando, con una forza che non credeva di avere.  E con occhi sbarrati e il terrore nel cuore…
“Harry ha fatto cosa?!”
8 giugno 1992
Harry si era svegliato nell’infermeria il giorno precedente, ma per quando dicesse che stava bene Madama Pomfrey non gli aveva ancora permesso di lasciare il letto. Così dopo la visita del preside e quella dei suoi due amici, Harry era stato lasciato solo ai suoi pensieri.
 Aveva sconfitto Voldemort in qualche modo.  Era riuscito a proteggere la Pietra e tutta la scuola lo sapeva. Grazie a Silente, a quanto avevano detto Ron ed Hermione…  Per fortuna loro stavano bene… si era davvero spaventato quando aveva visto Ron privo di sensi dopo quella partita a scacchi nelle segrete.
Grazie a Godric, alla fine era andato tutto bene.
Certo il volto smunto e deformato di Voldemort sulla testa di Quirrell ancora gli tornava alla mente come un’orrendo sogno ad occhi aperti, ma era anche rincuorato dal sapere che ora che non aveva più un ospite Voldemort era ancora più debole di prima. Forse non sarebbe tornato per molto tempo… o almeno lo sperava. Aveva così tanti pensieri in testa, così tante domande senza risposta che pensava di impazzire… avrebbe tanto voluto parlarne con…
“Harry.”
Il Grifondoro venne richiamato al presente da una voce che conosceva bene. Esattamente la persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. Era la prima volta che Johanna passava a trovarlo in infermeria, la ragazza se l’era decisamente presa comoda!
“Jo ciao! Sono contento… di vederti….”
“Bene.”
Il sorriso radioso sul volto di Harry si spense in fretta appena il ragazzo spostò lo sguardo sull’amica.  Era ovvio che c’era qualcosa che non andava. La ragazza non mostrava l’ombra di un sorriso e lo stava guardando con due freddi occhi glaciali. E quello sguardo era tutto per lui.
“Sei arrabbiata?”
“Secondo te?” chiese sarcastica la ragazza arrivando ai piedi del suo letto “Sai è stato così bello la mattina dopo la fine degli esami svegliarmi e venire a sapere da perfetti sconosciuti che il mio amico era in infermeria incosciente dopo aver combattuto Voldemort in persona.”
“Jo ascolta…”
“No ascoltami tu. Stupido grifondoro che non sei altro!” sbottò lei facendo il giro e praticamente urlandogli addosso a pochi centimetri dalla sua faccia “Ti rendi conto del pericolo che hai corso?! Di tutte le cose che sarebbero potute andare storte?!”
“Ma non è successo!” urlò a sua volta il ragazzo arrabbiandosi a sua volta.
“Sì, ma per mera fortuna Harry. Saresti potuto  morire e poi per cosa? Per fare l’eroe?!”
“Se non ci fossi andato, Voldemort avrebbe preso la pietra e ora saremmo stati tutti in pericolo!” esclamò Harry sicuro in quello che stava dicendo. Lui sapeva di aver fatto la cosa giusta!
“Avresti potuto chiamare qualcuno! Un professore o un prefetto!”
“Ci abbiamo provato, nessuno ci credeva!” sbottò di nuovo Harry. Avevano provato ad avvisare la MacGonogall ma non gli aveva neanche voluti ascoltare. Perché avrebbe dovuto chiedere aiuto di chi non si fidava di lui!?
“Avresti potuto chiamare me!”
“Ma se nemmeno tu mi credevi!” urlò di nuovo Harry, sentendo la rabbia e la delusione riempirgli il petto. Aveva odiato sapere che la sua amica non gli credeva, che non si fidava di lui e di quello che diceva. Era una cosa che faceva ancora male…
“Non importa! Ti avrei seguito comunque, idiota!”
“Cosa…”
Harry strabuzzò gli occhi, mentre la rabbia e il dolore scomparivano come neve al sole.
“Che credi che vi avrei lasciati andare da soli se l’avessi saputo?! Cristo santo Harry!”
Johanna cadde a sedersi sulla sedia posta vicino al letto come se un sacco vuoto. “Mi hai fatto morire di paura… e il solo pensare che, mentre tu rischiavi la vita, io stavo festeggiando come una cretina la fine di quegli stupidi esami…” disse la ragazza prendendosi il viso tra le mani.
A vederla così, Harry  questa volta si sentì davvero in colpa…
“Mi dispiace Jo… non volevo mettere nei guai anche te. Avrei voluto tenere fuori anche Ron ed Hermione, ma non me l’hanno permesso.”
“E io ringrazio il cielo per questo. Se non fossero stati con te, saresti morto al tranello, stritolato a morte.”
“Già…” su questo Jo aveva pienamente ragione. Le prove per raggiungere la pietra erano state difficili e se fosse stato da solo Harry sapeva che non se la sarebbe mai cavata. Cavolo sarrebe davvero morto come un vero idiota…
“Scusami Jo, io…” Harry non sapeva come continuare quella frase…
“Promettimi solo una cosa. Se mai ti metterai in testa di nuovo, di fare una cosa così stupida e pericolosa, prima avvertimi.” Disse Johanna guardando fisso negli occhi l’amico.
“Per cercare di fermarmi?” chiese Harry con  un sorriso.
“Sì e se non ci riuscissi, conoscendo la tua testardaggine, verrò con te. Così sarò sicura che tornerai tutto intero.”
“Grazie Johanna.”
La ragazza in risposta gli diede un secco pugno sulla spalla, facendo gemere di dolore.
“Ahi!!”
“Te le meriti.”
 
Quella sera era previsto il banchetto di fine anno. Quando Johanna entrò nella sala grande rimase ferma sulle porte per un attimo ad osservarla: la sala era addobbata con i colori verde argento e un enorme stendardo di Serpeverde era appesa dietro al tavolo degli insegnanti.
“La Sala Grande  non è mai stata così bella!” disse trionfante Draco arrivato in quel momento con Crabbe e Goyle al seguito.
“Sì, devo dire che non c’è male.” concordò ghignando Johanna.
Era il settimo anno di fila che serpeverde vinceva la coppa delle case, e Jo era felice per la propria casata. Per di più anche Snape era decisamente soddisfatto, visto il ghigno gongolante che aveva mentre parlava  con la professoressa MacGonogall al tavolo degli insegnanti. Purtroppo, Grifondoro era ancora ultimo, notò la ragazza osservando le clessidre. Per Johanna era piuttosto strano che Harry dopo tutta quell’impresa con la Pietra non avesse guadagnato nemmeno un punto. Vero anche che se fosse stato per lei glieli avrebbe tolti ulteriormente più che regalarglieli, ma lei non era Silente.
Aveva pure saputo che era stato il preside a raccontare a praticamente tutta la scuola delle imprese di Harry,  motivo per cui Draco e molti altri serpeverde non volevano credere che fosse successo davvero una cosa del genere. Per questo quel pomeriggio avevano avuto una specie di discussione.
“Mi stai davvero dicendo che Potter  ha sconfitto il Signore Oscuro da solo! Certo come no!” aveva esclamato Malfoy stravaccato su uno dei divani della loro sala comune.
“Non ho mai detto che Harry non abbia avuto un culo della miseria. Ma sì è successo per davvero, anche se possiamo dire che abbia battuto Quirrell più che Vold…
“Non dire il suo nome!”
“Tu-sai chi. Chiedo scusa.” Si affrettò a correggersi Johanna.
“Comunque  visto che Lui era appioppato sul retro della testa di Quirrell, non penso che avrebbe potuto, non lo so fare un vero combattimento…  credo…” continuò la ragazza prima di arrivare ad una sconcertante rivelazione “Mio Dio, al solo pensiero che praticamente abbiamo avuto Lui davanti per tutte le lezioni di difesa, mi sembra una cosa così strana…”
“Sempre se è vero.” Rincarò il biondo.
“Draco, io ci rinuncio.”
Johanna abbandonò lì Malfoy spostandosi dal divano e sedendosi di fianco a Daphne e Zabini che stavano facendo una partita a scacchi poco distante.
“Dio, la pazienza che ci vuole! Perché deve essere così testardo?”
“Lascialo perdere Smith. Non vuole ammettere che Potter possa aver fatto una cosa tanto trionfante… di nuovo.” Disse Blaise, senza staccare gli occhi dalla scacchiera.
“Però voi gli credete ad Harry, giusto?” chiese Johanna speranzosa.
“Più che a Potter, crediamo a te Jo.” Disse Daphne esortando il proprio alfiere ad avanzare.
“Eh?”
“Non essere così stupita Smith. Potter, non lo conosciamo e non abbiamo molto fiducia in chi ci ha sempre denigrato.” Disse Zabini –era ovvio che alludesse a Silente- “Tu invece sei una persona intelligente e non credo che ti faccia abbindolare da degli idioti, quindi sì, crediamo in quello che dici.”
Johanna c’era rimasta. Non se lo aspettava quella fiducia nei suoi confronti, non da loro. In fondo avevano passato più di metà dell’anno praticamente ad ignorarsi se  non addirittura ad insultarsi. Si erano avvicinati solo negli ultimi mesi e Johanna non credeva,nonostante tutto di poterli considerare degli amici o delle persone di fiducia… però per loro, lei lo era. Era bello e strano allo stesso tempo…
In effetti, non era riuscita ancora ben ad interiorizzarlo. Diavolo ci stava pensando pure in quel momento che stava per partire l’ultimo banchetto dell’anno!
“Un altro anno è passato!” iniziò Silente con tono allegro dal suo scranno dorato  “E io devo tediarvi con una chiacchierata da vecchio bacucco, prima che possiamo affondare i denti nelle nostre deliziose leccornie. Che anno è stato quresto! Si spera che adesso abbiate la testa un po’ meno vuota di quanto siete arrivati… E ora, avete tutta l’estate davanti a voi per tornare a vuotarvela, prima che cominci un nuovo anno…”
Johanna non voleva pensare all’estate, né non voleva tornare nel mondo babbano. Aveva sinceramente timore della casa dove avrebbe passato quei mesi…
“Speriamo che sia una di quelle buone…” si ritrovò a pensare involontariamente la ragazzina.
“Ora, se ho ben capito.” Proseguì  il preside “Deve essere assegnata la coppa delle case, e la classifica è questa: al quarto posto Grifondoro con 312 punti; terzo Tassorosso con 342 punti, secondo Corvonero con 426 punti e primo Serpeverde con 472.”
Un boato di applausi e scalpitii partì dal tavolo serpeverde cosa di cui anche Johanna con un certo orgoglio fu felice di partecipare.
“Sì, sì molto bene, Serpeverde” continuò Silente “Ma ci sono alcuni recenti avvenimenti che vanno presi in considerazione”
Il silenzio calò sulla sala e a Johanna arrivò un piccolo e pericoloso pensiero alla mente.
“Ehm… ho dei punti dell’ultimo minuto da assegnare. Vediamo un po’ …”
“Oh no.” Sospirò Jo appoggiando la fronte sulle mani puntellate sulla tavola.
“Smith cos’è quel ‘oh no’? Che sta facendo quel vecchio pazzo?” chiese Draco a denti stretti.
“Aspetta e vedrai.” Esalò Johanna senza cambiare posizione.
“Primo, al signor Ronald Weasley per la migliore partita a scacchi che si sia vista ad Hogwarts da molti anni a questa parte, attribuisco a Grifondoro 50 punti.”
Grifondoro esplose in grida esultanti.
“E uno.” Sentenziò Johanna invece lapidaria al tavolo serpeverde.
“Secondo, alla signorina Granger, per avere usato freddamente la sua logica di fronte al fuoco, attribuisco a Grifondoro 50 punti.”
“E due”
“Terzo, al signor Harry Potter, per il suo sangue freddo e l’eccezionale coraggio…”
“Io quella la chiamo idiozia, ma va be’ e siamo a tre.” Disse Johanna praticamente a sé stessa.
“Attribuisco a Grifondoro altri 60 punti!”
La sala era esplosa in grida di esaltazione e gioia, tutti erano felici di strappare la vittoria a serpeverde.
“A quanto sono ora quei maledetti?” sibilò Draco mentre stringeva così forte una forchetta che le mani erano diventate rosse.
“Siamo pari.” Rispose Johanna “Ora mi chiedo cosa si inventerà Silente.” Spostando lo sguardo sul preside.
“Esistono molti tipi di coraggio” stava dicendo il vecchiaccio sorridendo come un beota “Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici. E pertanto… attribuiscono dieci punti al signor Neville Longbottom.”
“Uhm, ok. Questa non me l’aspettavo.” Disse Johanna incrociando le braccia al petto con amarezza.
“Ma non ha il minimo senso!” escalmò Pansy esterefatta e disgustata.
“Assolutamente vero Pansy, ma le cose stanno così.”
Johanna era amareggiata, mentre vedeva gli stendardi della sua casa cambiare in quelli rosso e oro di Grifondoro. L’intera sala era letteralmente esplosa nei festeggiamenti, tutti erano felici di strappare la vittoria alle infide serpi. Chissene frega delle loro fatiche nel raccogliere punti, nel loro impegno nello studio, nelle partite e nei vari ambiti scolastici. Grifondoro doveva vincere perché Silente voleva fare un regalo ad Harry o un qualcosa di simile.
 Ma quello che la faceva incazzare di più era la felicità di Tassorosso e Corvonero. Che cazzo centravano loro? Per colpa di Grifondoro erano ancora di più scesi in graduatoria, ma sembrava che non gli importasse. L’importante era vedere Serpeverde perdere! Perché tutti odiavano la sua casata?!
Johanna poteva ben capire il motivo per cui molti, se non quasi tutti i serpeverde non facevano amicizia con tassi, corvi o grifoni. Anzi in molti non si facevano problemi a dimostrare odio per tutti coloro che non vestivano i colori verde argento. In fondo era difficile non odiare, chi ti odiava per primo e che ti denigrava e ti abbatteva solo perché si sentivano migliori o più buoni e bravi di te.
Johanna volse uno sguardo di disprezzo verso quel vecchio preside che batteva le mani con un sorriso soddisfatto sul volto. Tanti lo decantavano come un genio e un uomo illuminato. Un uomo giusto.
Ma sti’ cazzi!
 
 
9 giugno 1992
“Jo sei ancora arrabbiata?”
“Ronald Weasley se non ti togli quel sorriso stupido dalla faccia te la faccio mangiare quella scacchiera.”
“è ancora arrabbiata.”
“Pensa alla partita Ron.”
“Tanto ti batto comunque Hermione.”
Il quartetto era disteso sotto un grande albero del parco di Hogwarts e mentre Hermione e Ron stavano facendo una partita a scacchi, nonostante con le continue sconfitte della ragazza, Johanna ed Harry erano distesi sul manto erboso a godersi il sole di giugno. Harry, in realtà non era molto interessato alla natura rigogliosa che lo circondava; la sua attenzione era invece tutta sull’album fotografico dei suoi genitori. Glielo aveva regalato Hagrid, poco prima che Harry venisse dimesso dall’infermeria. Il mezzo gigante aveva raccolto tutte le foto di Lily e James Potter, che i loro vecchi amici e conoscenti di scuola aveva conservato negli anni. Erano tutte foto magiche, quindi ogni cosa presente in quelle foto era animato come se fossero dei piccoli video che mostravano alcuni secondi di un movimento; come un sorriso, un abbraccio, un saluto che si ripetevano all’infinito.
Johanna non si stupiva affatto che fosse diventato il nuovo tesoro di Harry, e doveva ammettere che ne era anche un po’ invidiosa. Per quanto continuasse a ripetersi che non aveva bisogno di una famiglia o che il desiderio di scoprire chi fossero i suoi veri genitori fosse solo una perdita di tempo,  anche lei avrebbe voluto qualcuno che all’improvviso comparisse nella sua vita, sfondando la porta  per poterle dare un indizio, una foto, un qualcosa, per dirle chi era...
Ma come sempre Johanna scacciò dalla mente quel pensiero molesto, tornando a sorridere vedendo  la foto che Harry stava accarezzando con un dito:  James e Lily Potter che sorridevano alla macchina fotografica, mentre lei si accarezzava il pancione.
“Certo che siete proprio due gocce d’acqua. Tu e tuo padre.” Disse Jo incrociando le braccia dietro alla testa e chiudendo gli occhi per godersi solo il sole e il caldo liberando la mente dai pensieri.
“Già, a quanto pare lo specchio ci aveva azzeccato! Forse anche a te lo specchio ha fatto vedere i tuoi veri genitori alla fine!”
“Chissà.”
Johanna per certi versi ne dubitava, quella che aveva visto era l’immagine di una famiglia perfetta e lei di certo non preveniva da una di quelle…
“Comunque Jo. Ti posso parlare di una cosa.” Chiese Harry mettendosi a sedere e  voltando le spalle ad Hermione e Ron, che ad ogni modo erano troppo impegnati nella partita per prestare loro attenzione.
“Sì certo” rispose Jo senza cambiare posizione.
“Quando ho incontrato nei sotterranei Quirrell, lui mi ha detto una cosa  che continua a tornarmi in testa.”
“Ovvero?” chiese la ragazza aprendo un solo occhio curiosa.
“Snape ha tentato di salvarmi.”
“Cosa? Quando?” Johanna era saltata su a sedere quasi incredula. Ora Harry aveva tutta la sua attenzione.
“Alla partita di Quidditch,quella volta che la mia scopa è come impazzita, in realtà lui stava contrastando il malocchio di Quirrell, invece che be’… volermi uccidere.”
“Ma dai. Quindi significa che gli devi la vita?” ghignò Johanna.
“In un certo senso.”
“Perciò sei pronto magari a rivalutarlo?” chiese la ragazza ampliando il ghigno.
“Ora non esageriamo! In fondo lui…”
“Lui?”
Harry si grattò la massa di capelli prima di avere il coraggio di rispondere, come se ne fosse imbarazzato o fosse nervoso…
“Odiava mio padre.”
Jo strabuzzò gli occhi stupita. Questo non se l’aspettava.“E questo dove l’hai sentito?”
“Me l’ha detto Quirrell e anche Silente lo ha confermato. Ha detto che Snape e mio padre si detestavano ai tempi della scuola, un po’ come me e Malfoy… però…”
“Harry ti prego, non farti tirare fuori a forza le parole di bocca.”
“Silente ha detto che mio padre ha salvato la vita a  Snape una volta, e per questo lui non l’hai mai perdonato.” Spiegò il ragazzo rigirandosi per l’ennesima volta l’album in mano. “Perché? Non ha senso.”
“Be sì, ci sono un sacco di cose che non hanno senso…. “ sbuffò Johanna ributtandosi sull’erba e ripensando all’ingiusta vittoria di Grifondoro. Al solo pensiero le saltavano ancora i  nervi… stava quasi per ricominciare ad insultare Silente nella propria mente quandi  si accorse che Harry la stava ancora guardando, aspettando che continuasse. “Ah tu vuoi davvero che ti risponda seriamente! Merlino, non lo so… ho fin troppe poche informazioni per darti una risposta coerente.”
“Andiamo Jo, fai funzionare il tuo magnifico cervello!” cercò di pregarla il grifondoro.
“Piantala con i complimenti, sono ancora arrabbiata con te, anche se me no sto qui tranquilla…”
“Per favoooore!”
Harry ora la stava letteralmente pregando, con tanto di mani giunte e due maledettissimi occhi da cucciolo bastonato che brillavano di quello smeraldino rifulgente. Jo sapeva che non sarebbe riuscita a resistere.
“Chi diavolo ti ha insegnato a fare quegli occhioni si può sapere?! Maledetto Potter!” sbottò la ragazza tornando a  sedersi mentre il suddetto Potter si lasciava andare ad un enorme sorriso compiaciuto.
Johanna sbuffò a vederlo così, ma non riuscì a rimanere arrabbiata.“Ok, aaaah… fammici pensare… forse semplicemente l’odio di Snape è troppo grande…”
“Cosa?”
“Insomma, anche se tu sai che Snape ti ha quasi salvato la vita alla partita, tu non lo odii di meno giusto?”
“Be’ sì, perché lui si comporta come uno stronzo con me e continuerà a farlo sicuramente.” Disse Harry con una totale nonchalance. Ormai si era abituato.
“Touchè, ma il punto è: se odi una persona per ragioni, come magari il suo comportamento o per un grosso torto o molteplici torti che ti ha fatto in passato, il fatto che quella persona ti salvi la vita, non può farti piacere…” disse Johanna per poi sbottare con un mezzo sorriso. “Non è vero che non ha senso, anzi ha del tutto senso invece! Bravo cervello!” si complimentò da sola la ragazza.
Harry invece era più confuso di prima. “Eh no invece…”
“Ok te la faccio semplice.  A te piacerebbe avere un debito con Malfoy?” chiese Johanna.
“No, certo che no.”
“Ecco appunto, e un debito di vita è un debito gigantesco!” esclamò la corvina  “Ci credo che Snape odii a tal punto tuo padre da trasferire il suo odio anche su di te. Ma  allo stesso tempo si ritrova a sentirsi in dovere di proteggerti… caspita che gran casino.”
“Sono ancora più confuso… perché gli adulti devono essere così complicati!”
Jo ridacchiò davanti alla faccia corrucciata dell’amico. “Non è così astruso Harry. Snape si sente in dovere di proteggerti per risanare un debito di vita con la persona che odiava da ragazzo. Odio che ora che tuo padre non c’è più, ha passato su di te perché vista anche la vostra somiglianza rivede James Potter in te.”
“Ah. Ok, sì ha senso.”
“Visto.” Disse Joganna risdraiandosi di nuovo sull’erba.
“Ma io non sono mio padre….”
“E tu vallo a dire a Snape.”
“…. No, grazie. Ci tengo alla vita.”
Jo non potè che ridere di gusto.
 
13 giugno 1992
Quando Severus Snape arrivò quella mattina nella Sala Grande, entrando dal passaggio riservato ai professori e al personale scolastico –una porticina che si apriva alla sinistra del tavolo degli insegnanti- tutti gli occhi dei suoi serpeverde erano per lui. Accadeva tutti gli anni nello stesso giorno, il giorno della consegna dei risultati degli esami.
Infatti, l’intera scolaresca era stata più che puntuale quel giorno a colazione. Ogni studente sapeva che alle 9.00 in punto  del mattino i capi casa avrebbero consegnato le buste con i loro voti, motivo per cui tutti gli occhi erano puntati  sui suddetti capi casa e sulle quattro piccole montagne di buste poste impilate  su dei  banchetti davanti ai rispettivi tavoli. Lì dentro c’era scritto il loro destino scolastico…
Quando i sussurri e le chiacchiere degli studenti si placarono e la sala fu in un doveroso silenzio, Severus comandò alle lettere di librarsi in volo e consegnarsi magicamente da sole ad ogni studente.
Una miriade di piccole buste volarono diretti ai diretti proprietari, così come stava avvenendo negli altri tavoli. Freneticamente tutti i vari studenti aprirono le buste rivelando come erano andati i loro esami.
C’era chi  guardava sconfortato la propria pagella , chi invece era soddisfatto e chi era decisamente euforico. Goyle si era alzato in piedi esultando come un matto, prendendo subito dopo tra le braccia Smith sollevandola da terra di peso, tra le risate di praticamente tutti i presenti. Goyle fece volteggiare la ragazzina per un paio di volte prima che quest’ultima riuscisse a convincerlo a posarla a terra seppur con il sorriso. Smith era riuscita nell’impresa impossibile di far superare gli esami a Goyle e anche con alcune materie con un bel ‘Oltre ogni previsione’. Severus non poteva che essere soddisfatto dai suoi allievi. Anche il restante della classe del primo anno di Serpeverde, avevano superato egregiamente tutti gli esami e nella sua materia erano stati davvero molto bravi. Solo Crabbe si era preso un misero Accettabile… ma doveva immaginarlo. Con un mezzo sorriso compiaciuto, immediatamente nascosto, mentre si voltava per tornare al tavolo degli insegnanti, Severus si concedette la sua solita colazione: una fumante tazza di tè nero.
Quello era stato un anno particolare, e alla fine decisamente stressante. Pensare poi che lo spirito dell’Oscuro Signore aveva risieduto per tutto il tempo sotto il turbante di Quirrell era una cosa che gli faceva ancora gelare il sangue nelle vene. Aveva minacciato, circuito, sbeffeggiato Quirrell per tutto l’anno per cercare di scoprire i suoi piani e in un certo senso era come se lo avesse fatto anche con Lui. Instintivamente si afferrò l’avambraccio sinistro, quasi poteva vedere il marchio anche attraverso i vestiti come a ricordargli ogni errore della sua vita. Se mai il Signore Oscuro sarebbe tornato ad avere un corpo suo, non sarebbe riuscito a scamparla dalla sua ira… quasi sicuramente nessuna parola o azione avrebbe potuto migliorare la sua immagine ai suoi occhi. Severus sapeva che non avrebbe mai potuto tornare ad essere un mangia morte fedele come lo era stato da ragazzo, il suo senso di colpa e in fondo la presa di coscienza del male e del dolore che Lui portava sempre con sé,  glielo impedivano. Ma ora dubitava anche che  sarebbe riuscito a tornare come spia… sarebbe stato difficile convincerlo che  il suo lavoro come insegnante a due passi da Albus fosse solo una copertura…
“Speriamo che non si arrivi mai a quel momento…” si ritrovò a pensare Severus cupamente.
Ma presto le sue nere riflessioni vennero distratte dal vedere Smith camminare allegra verso il tavolo grifondoro e da quel mentecatto di Potter e amici. Purtroppo aveva visto male, quell’amicizia era tutt’altro che finita. La cosa lo disgustava, soprattutto da quando quell’idiota di un Grifondoro aveva voluto fare l’eroe e andare a salvare la pietra, facendo più caos che altro.  Oltre ovviamente al mettersi in pericolo nel  modo più stupido possibile. Ma ovviamente Silente non la pensava così, visto che invece di redarguire e punire quello scapestrato gli aveva regalato una montagna di punti  e rubandogli  da sotto il naso la vittoria dei suoi Serpeverde. Gli saltavano ancora i nervi al solo pensarci.
Potter e la sua superbia ed arroganza condita con un’incoscienza senza freni . Come diavolo doveva fare a proteggere quell’insulso ragazzino se a lui per primo non gli importava un fico secco della sua vita o di quella dei suoi amici?!
Era solo contento che Smith non ci fosse finita in mezzo, probabilmente doveva ringraziare il suo cervello se non veniva plagiata da Potter. Pure la Granger che, per quanto insopportabile, doveva essere quanto meno sveglia - vista la sua bravura negli studi- si era lasciata abbindolare da quell’imbecille con gli occhiali.
L’insolito quartetto intanto se la stava ridendo confrontando le varie pagelle, come se non avessero un solo pensiero al mondo. Come se quei tre mentecatti non avevano appena rischiato la vita giusto una settimana addietro, o come se non avessero messo in pericolo tutti se il Signore Oscuro fosse riuscito a mettere le mani sulla pietra. No, loro semplicemente ridevano.
Stupido Potter, esattamente come il padre. Folli nel loro egocentrismo, nel credere che il mondo debba per forza girare tutto intorno a loro.
Mai avrebbe smesso di odiare James Potter e il suo dannatissimo figlio.
 
14 giugno 1992
Johanna aveva salutato i propri amici sulla banchina babbana di King’s Cross, dopo un allegro e spensierato viaggio in treno. Stava ancora ridendo per la battuta di Harry di minacciare il proprio stupido e grasso cugino con la magia anche se non avevano il permesso di usarla fiuori da scuola, quando incrociò lo sguardo con il signor Carter , il suo assistente sociale. Eccolo lì, nel suo colpleto di tweed di scarsa qualità e la vecchia Volkswagen beige che la stava aspettando spazientito nel parcheggio della stazione. Fine dei castelli arroccati sulle montagne, alle bacchette e ai calderoni fumanti, si tornava alla realtà di tutti i giorni. Una realtà di colore beige…
 Ma almeno sapeva che quella realtà sarebbe durata solo due mesi e mezzo. 
Due mesi e mezzo di noia e di sopravvivenza in una casa piena zeppa di bambini che non conosceva, con tutori annoiati e mal organizzati, a trovare un attimo di tempo per cercare un modo di fare i propri compiti senza essere vista da nessuno. Questo sarebbe stato il pronostico migliore che si augurava.
Ma, quando il signor Carter parcheggiò l’auto davanti alla casa che l’avrebbe ospitata quell’estate Johanna capì in fretta che non era per niente come si era aspettata. Sbarre alle finestre, giardino poco curato e recintato con un’alta rete. Edificio vecchio dall’intonaco bianco e scrostrato e due ragazze più grandi di lei seduti sul portico con un’aria molto poco raccomandabile.
“Scendi Smith siamo arrivati.”
“Signor Carter, ma questo è…”
“È la casa famiglia dei Barnes. È una casa di riabilitazione. So che non è il tuo caso, ma non c’è altro posto.” Disse l’uomo apatico mentre recuperava dal bagagliaio il suo baule.
Johanna spostò di nuovo lo sguardo verso quella casa, notando un tizio nerboruto che si stava avvicinando a grandi falcate al cancello d’ingresso, probabilmente per accoglierla. Era vestito con una uniforme bianca, molto simili a quella dei secondini carcerari o degli infermieri dei manicomi.
Ora Johanna era spaventata. Ma a Carter sembrava non importare.
“ Ci vediamo a settembre.”
Fu l’unica cosa che le disse consegnandole in mano i suoi documenti e risalendo subito dopo in auto. Abbandonandola difatto lì. 
Johanna non potè che rigirarsi di nuovo verso quell’edificio a tre piani che svettava su di lei come una condanna a morte, perché quella non era una casa famiglia, era un cazzo di riformatorio!
 
FINE LIBRO PRIMO
 
Nota dell’autore:
Siamo arrivati all fine della prima parte della storia di Johanna. Grazie a tutti coloro che hanno seguito la sua storia fino ad ora. Spero che continuerete a leggere le avventure che la nostra piccola Johanna dovrà affrontare durante il secondo libro della saga.
Al prossima con “Johanna Smith:  l’Eredità di Serpeverde”
  
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