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Autore: Laisa_War    17/03/2021    1 recensioni
Questa storia nasce da una fantasia che accomuna, credo, ogni fan di Vikings (di cui faccio fieramente parte): esser trasportati nel mondo dei figli di Ragnar, per poter interagire con loro e combattere al loro fianco.
Hylde, una normalissima ragazza del 2020, viene spedita nella Kattegat dell'800 d.C. per volere di Odino in persona. Il motivo, per ora, è per lei un vero mistero.
Incontrerà i fratelli Lothbrok, intenti ad organizzare una grande spedizione punitiva ai danni di re Aelle e re Ecbert, colpevoli di aver contribuito alla morte del più grande re vichingo della storia: Ragnar Lothbrok.
Diventerà, col tempo, parte integrante della società vichinga, imparandone gli usi e i costumi. Quella diventerà casa sua, molto più di quanto lo fosse il mondo moderno.
Con questo racconto, i cui capitoli usciranno settimanalmente, spero di potervi trasportare con me in quella fantastica epoca, trasmettendovi le sensazioni che avevo io, durante la scrittura.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Il tempo volò via in un impercettibile battito di ciglia e la stagione calda arrivò prima che Hylde ed Ivar potessero rendersene conto. Le temperature si fecero più clementi e le giornate di sole si palesarono più frequentemente, portando i colori della primavera in quel territorio selvaggio. Le ampie vallate si tinsero di verde grazie ai prati rigogliosi, riempitisi di fiori profumati, e i piccoli corsi d’acqua delle alte montagne, prima ricoperti in superficie da uno spesso strato di ghiaccio, erano tornati a scorrere a pieno ritmo, ricchi di trote, lucci e tantissimi altri pesci d’acqua dolce. Gli animali selvatici tornarono a popolare le foreste coi loro numerosi branchi. I raccolti dei contadini di Kattegat dettero i loro frutti e le condizioni di vita si fecero per tutti più sostenibili.

Si respirava aria di cambiamento in città, accesa da una certa frenesia, mancando ormai solo una settimana alla partenza. Tutti i cittadini lavoravano febbrilmente per prepararsi al meglio per l’inizio di quella spedizione tanto attesa, così voluta per mesi e mesi.

In casa, Hylde percepiva l’entusiasmo di Floki e Brandr, desiderosi di far giustizia contro quei Sassoni che li avevano privati del loro sovrano e amico, coi quali sentivano di aver nulla in comune. Helga, invece, era di spirito più cauto, poiché conosceva perfettamente quali pericoli comportassero spedizioni come quella. Era preoccupata e faticava a nasconderlo, pur tentando di esser partecipe dello spirito generale della famiglia. La sua paura non l’avrebbe mai fatta allontanare dal proposito di rimanere al fianco delle persone a lei più care, avrebbe seguito Floki e Brandr ovunque.

I fratelli Lothbrok erano pervasi dall’adrenalina, che cresceva di pari passo con l’avvicinarsi del giorno in cui le navi avrebbero lasciato finalmente la baia di Kattegat. Erano come intrisi dalla sete di sangue e di vendetta, morivano dalla voglia di far crollare sulle teste dei Sassoni tutta la loro furia vichinga, di non lasciar loro alcuno scampo, esattamente come loro avevano fatto con Ragnar, torturato e lasciato marcire in una fossa piena di serpenti. I porcellini erano pronti a vendicare col sangue le sofferenze del vecchio cinghiale.

Pur cominciando ad essere partecipe dello spirito vichingo, essendoci ormai completamente immersa da mesi, Hylde manteneva ancora una solida parte di sé ben ancorata al modo di pensare moderno e non era facile portare avanti la propria vita avvolta in quella dualità: da una parte, iniziò a provare divertimento, talvolta anche gioia, durante i combattimenti, scontrarsi con Ivar, Brandr e gli altri le faceva provare proprio quell’esaltazione che in quei giorni manteneva energica la maggior parte della popolazione di Kattegat. Tornare a casa di sera, stremata dal lavoro di guaritrice e dall’addestramento, la faceva sentire viva, più di quanto lo fosse stata negli anni precedenti.

Dall’altra parte, invece, non riusciva a comprendere fino in fondo la frenesia incontrollata nel voler far giustizia attraverso la violenza, attraverso la guerra. Non era stata presa in considerazione la via diplomatica, nonostante quella società ne fosse intrisa: Kattegat aveva fatto parecchi accordi per dare vita a quell’immensa armata, perfino con personaggi dalla dubbia affidabilità, come Harald Bellachioma.

Hylde dovette arrendersi all’evidenza, e cioè che quel mondo non si fondava sui principi a cui era stata abituata per tutta la sua esistenza, non le sembrava neanche giusto volerli per forza applicare a quell’epoca così diversa, nonostante le venisse naturale, certe volte. Era un mondo crudo, fatto anche di brutalità, conflitti, discordie. Prima o poi, avrebbe dovuto compiere quel salto che ancora non si sentiva pronta a compiere, per sopravvivere avrebbe fatto bene ad adattarsi a quella cultura che, per quanto l’amasse, sentiva ancora lontana.


A giudicare dal sole alto, doveva quasi essere mezzogiorno quando tutti i cittadini liberi di Kattegat e le personalità più importanti delle delegazioni straniere furono fatti radunare nella grande piazza davanti alla longhouse della regina, in attesa di assistere all’adunanza indetta da Bjorn in persona.

Hylde, Brandr, Ivar e gli altri fratelli Lothbrok aspettavano con trepidazione l’inizio di quell’affollata riunione, circondati da guerrieri e amici. C’erano anche parecchi bambini e ragazzini, figli di alcuni conoscenti ed altre shieldmaidens, costretti dai genitori a partecipare ed attendere insieme a loro. Hylde li distoglieva dallo snervante scorrere del tempo raccontando loro favole fantasiose su “misteriose scatole di metallo capaci di volare e trasportare gli uomini da una parte all’altra del mondo, in pochissimo tempo”, scatenando le risate di tutti, che si complimentavano con lei per la creatività. Tutto questo fece ridere sinceramente Hylde, immaginando quanto sarebbe stato esilarante vedere Ivar, Floki , o Brandr su un aereo.

All’improvviso, dalla longhouse uscirono Bjorn e la regina Lagertha, pronti a tenere un grande discorso. Hylde e gli altri raggiunsero Floki ed Helga in testa alla folla, a pochi piedi dalla regina e dal più anziano dei fratelli, talmente vicini che a lei sembrò di essere la loro diretta interlocutrice.

«Popolo di Kattegat e fedeli alleati...», iniziò Bjorn con tono autorevole, da vero comandante, con la fierezza ereditata dalla madre, la quale si ergeva al suo fianco con l’orgoglio degno della guerriera che era.

«Tra pochi giorni a quest’ora staremo solcando le acque del nostro mare in direzione del regno di Northumbria.». Camminava lentamente da destra a sinistra, cadenzando i passi, facendo ricadere lo sguardo da una persona all’altra, come se parlasse personalmente ad ogni donna o uomo presente.

«So che sarà un grande sacrificio per tutti noi, non sarà facile e ci scontreremo con un nemico contro il quale combattiamo da tanto tempo...». Respirava quasi affannosamente, come se tentasse di reprimere tutta la propria rabbia e risentimento.

«...Ma se il piano avrà successo, ci saremo vendicati di chi ci ha depredati del nostro re e delle terre che ci erano state promesse!». Urlò quelle parole con una furia travolgente, che scatenò l’euforia di chiunque lo stesse ascoltando. La sua voce profonda fece tremare il terreno, il suo carisma trasmetteva una sicurezza che Hylde invidiava molto.

«Siamo vichinghi e con la nostra Grande Armata ci vendicheremo col sangue dei Sassoni!». Bjorn si batté il pugno sul petto, gesto di grande potenza, che venne ripetuto da tutti, scandito da urla di assenso e gioia immensa.

Bjorn sorrideva e annuiva soddisfatto, senza arrestare i propri passi, ma dovette metter fine a quei cori estatici per aggiungere ancora qualcosa: «Insieme potremo farcela, ogni sforzo comune ci avvicinerà alla nostra vendetta, riusciremo a fare giustizia!». Concluse il discorso tra ulteriori urla di consenso, anche da parte dei vichinghi stranieri e dei loro sovrani, che lo guardavano con grande ammirazione. Dopodiché fece spazio alla madre, intenzionata a prendere la parola.

Lagertha si avvicinò alla folla ancora in visibilio, che si zittì immediatamente in un reverenziale silenzio, pronta ad ascoltare quella regina piena di fiero orgoglio: «Come regina, sono grata a tutti coloro che hanno deciso di far parte della Grande Armata, sia che facciate parte della città, sia che siate giunti da terre lontane. Io e le mie shieldmaidens rimarremo qui, a presidiare i confini di Kattegat, che amo e che ho giurato di proteggere quando l’ho riconquistata.». Per un secondo, il suo sguardo soddisfatto si posò su Ivar, il quale ricambiò con un’occhiata furente, mentre stringeva i pugni, per frenare quella rabbia che sembrava capace di ustionargli il petto.

Lagertha continuò come se nulla fosse: «A tutti noi servirà il favore degli dei, ed è per questo che organizzerò e celebrerò io stessa un grande sacrificio, che avrà luogo la notte prima della partenza.». Sul suo viso si disegnò un sorriso compiaciuto, quando la città ruggì di entusiasmo, e per nessuna ragione avrebbe spezzato quell’ondata di positività.

Dovette alzare la voce per sovrastare quell’incredibile baccano: «Partecipate, godetevi quella notte come se fosse l’ultima, inebriatevi della vicinanza dei nostri dei. Ci guideranno attraverso i tempi duri che ci attendono!».

La folla si disperse poco dopo quelle ultime parole, incendiata dal fervore più puro, tornando al lavoro con una forza rinvigorita dal sostegno della regina, del comandante e degli dei stessi.

Hylde ed Ivar seguirono gli altri e fecero per tornare alle proprie occupazioni, rimanendo però leggermente staccati dal resto del gruppo, intenti a scambiarsi in tutta tranquillità qualche sguardo complice, per promettersi d’incontrarsi verso sera e di passare così qualche ora insieme.

Ivar si trascinava a terra vicino a lei, tenendo il passo nonostante non potesse ancora camminare, e le rivolse un sorriso malizioso, dopo averle osservato e commentato il sedere, che dalla sua prospettiva riusciva ad ammirare molto chiaramente. Adorava provocare Hylde per vedere le sue reazioni, che passavano da un’iniziale punta d’imbarazzo alla piena complicità, cosa che la induceva a rispondere con lo stesso grado di malizia ed ironia. Infatti, la giovane allungò i propri passi ed ancheggiò di proposito, replicando: «Invidioso, eh?».

Il ragazzo scoppiò a ridere dalla stupidità di quel dialogo, ma dovette ammettere che fosse una bella distrazione alla mole di fatica che l’attendevano. Guardò Hylde con sincera tenerezza, non capacitandosi del perché una persona come lei potesse amarlo a sua volta, ma gliene fu grato con tutto se stesso.

Prima di avere la possibilità di dirsi altro, l’attenzione di Hylde fu richiamata da Bjorn, il quale li raggiunse per chiedere proprio a lei di seguirlo nella longhouse, per un colloquio privato con lui e Lagertha. Aveva un tono autoritario, che non avrebbe ammesso un rifiuto da parte della ragazza, la quale lanciò un’occhiata interrogativa ad Ivar, ancor più confuso di lei.

Entrando nell’accogliente edificio, fu accolta dalla regina e da Munin, che l’aspettavano sedute attorno al grosso tavolo centrale. Prese posto di fronte a loro e accanto a lei si sedette Bjorn, serio come sempre, completamente immerso nel suo ruolo di comandante.

Una giovanissima serva riempì i loro bicchieri con del vino rosso scuro, che Hylde assaggiò per educazione, pur non avendone particolarmente voglia. Aspettava con ansia che qualcuno parlasse, non era mai stata sola di fronte alle persone più importanti di Kattegat, anche se la presenza di Munin le trasmetteva una certa rassicurazione.

«Munin ci ha tessuto le tue lodi.», esordì Lagertha per metterla a suo agio, nessuno avrebbe mai potuto ignorare l’evidente tensione provata dalla ragazza. «So anche che moltissimi in città apprezzano il tuo operato come guaritrice e che gli altri curatori sono sempre alquanto felici di lavorare con te. Si fidano e ti affiderebbero la loro stessa vita.», continuò lei, le cui parole venivano supportate dall’annuire bonario dell’anziana seduta al suo fianco.

Hylde arrossì con vistoso imbarazzo nell’essere elogiata così esplicitamente dalla regina, che mai si era esposta in maniera tanto positiva nei suoi confronti, senza l’intermediazione di Floki. Per lei fu un vero e proprio onore, poiché per Lagertha provava un profondo senso di rispetto, pur partecipando al dolore di Ivar, pur essendo consapevole di come avesse ripreso possesso della città. Ammirava la sua risolutezza, il suo modo di favorire le donne, spronandole a ricercare la loro strada in un mondo che le vedeva (e che le avrebbe viste ancora per molto tempo) soprattutto come curatrici del focolare domestico. Certo, era un femminismo imperfetto, ben lontano dalla sua concezione moderna, ma rappresentava un bell’inizio.

Prese la parola Bjorn: «Hai mai partecipato ad una spedizione, Hylde? Sei mai stata in guerra?».

La ragazza lo guardò, ancor più dubbiosa di prima, e scosse il capo: «No, mai.».

Il comandante annuì, spiegandole: «Di solito, prima di attuare qualsiasi attacco, costruiamo un accampamento, in cui viene allestita una zona di cura per eventuali feriti, capisci?».

«Certo.», rispose Hylde prontamente, cercando di non dar peso allo sguardo indagatore di Lagertha, che non si perdeva una singola espressione della giovane.

«Avremmo chiesto a Munin di dirigere quella zona...», riprese a parlare Bjorn, «... ma ci ha riferito di non essere incline alla partenza, il viaggio e la tensione sarebbero troppo difficili da sopportare, alla sua età.».

Hylde spostò lo sguardo verso la sua mentore, che come al solito non era di molte parole, ma che si sbrigò subito a ricambiare con un rincuorante sorriso, facendole capire che era tutto vero, che era stata lei a decidere così.

Bjorn, mantenendo la sua autorevolezza, concluse: «Per questo, ci ha consigliato di affidarla a te.».

Lo sguardo di Hylde iniziò a balzare da Munin, a Lagertha, tornando poi su Bjorn, a ripetizione.

Comprendendo quella reazione più di quanto volesse ammettere, Lagertha la rassicurò con voce calma: «Munin ti aiuterà ad organizzare il carico dei materiali da portare sulle navi. Provvederemo a procurarti tutto ciò che ti serve.». Munin confermò la sua disponibilità ad aiutarla per tutto il tempo prima della partenza, parlando con quella sua caratteristica voce roca.

Intervenne Bjorn: «Non ti avrei mai designato per questo ruolo se non fossi assolutamente sicuro della mia scelta. Ho visto come hai curato mio figlio, come hai rimesso in sesto i miei guerrieri durante l’inverno. So per certo che si sentirebbero al sicuro, sapendoti a capo dell’ospedale da campo.». Hylde non aveva mai visto Bjorn così umano, senza quel perenne filtro di autorevolezza a renderlo freddo e distaccato, forse pensava davvero ciò che aveva detto.

La ragazza si fece convincere, anche perché sentiva di non avere troppe possibilità di rifiutarsi: «Accetto. Sarebbe un onore per me.». Si sentiva già persa, schiacciata dal peso di quella responsabilità più grande di lei. Cercò però di non darlo a vedere, davanti a loro, e come al solito mostrò una sicurezza che non le apparteneva. Si trattava di un compito che andava ben aldilà delle sue aspettative.

Prima che le permettessero di congedarsi e raggiungere Munin, che la precedette recandosi già da quel momento alla piccola bottega in cui i guaritori conservavano gli intrugli medici e vari ingredienti curativi, fu bloccata da Lagertha, intenzionata a parlarle in privato. La prese da parte, guidandola lontano da orecchie indiscrete.

Si rivolse a lei con tono calmo, con una sfumatura differente rispetto a poco prima, come se parlasse ad una figlia, come se Hylde facesse parte della sua famiglia: «Ho sentito di te ed Ivar.».

La giovane annuì con naturalezza, anche se non avevano ufficializzato la loro relazione pubblicamente. Non perché ci fosse qualcosa di male, semplicemente non c’era motivo di farlo, c’erano così tante cose di cui preoccuparsi in quel periodo che, per loro, non era necessario mettere i manifesti. In fondo, avevano sperato che quell’amore potesse rimanere ancora un po’ solo per loro, come un piccolo segreto da tenere al sicuro. Non dovevano dimostrare niente a nessuno.

«Lui ha molti lati oscuri difficili da gestire...Ho paura che ti trascini con sé, in quell’oscurità.», continuò Lagertha, prendendosi una confidenza che Hylde trovò sia lusinghiera, sia fuori luogo.

La ragazza incrociò le braccia sul petto, mettendosi sulla difensiva ed assumendo un’espressione corrucciata, non riusciva a capire dove la regina volesse andare a parare con quel discorso.

«Sai, a volte le donne forti come noi non possono fare altro che prendere atto delle azioni dei loro uomini, a cui viene data tutta l’attenzione.». Lagertha fece una pausa densa di significati non detti, era fisicamente lì, ma col pensiero sembrava lontana anni luce, immersa in ricordi che pian piano stavano riaffiorando. «Li inseguiremmo fino in capo al mondo, seguendo i loro sogni che siamo convinte siano anche nostri... Per poi rimanere da sole, senza più uno scopo, derubate di ciò che ci rendeva felici.», proseguì la regina con aria malinconica, cosa che a Hylde fece uno strano effetto di sorpresa, mai le era capitato di sentirla parlare in modo così intimo, chiaramente riferendosi a qualche importante evento della sua vita.

«Con tutto il rispetto, mia regina, posso comprendere i vostri dubbi nei confronti di Ivar. Sono a conoscenza dei vostri trascorsi e del perché tra di voi non scorra buon sangue...». Hylde fece una pausa, calibrando bene le parole, per non superare un certo limite di fronte a colei che rimaneva sempre la sovrana della città: «Detto questo, vi ringrazio della vostra preoccupazione e per l’opinione benevola che avete di me. Forse non sarò la persona più sicura di questo mondo, ma se c’è una qualcosa a cui ho giurato di tener fede sempre sono i miei ideali, le mie vocazioni ed il mio orgoglio. Nessuno, nemmeno Ivar, potrà portarmeli via.». Aveva stretto i pugni, cercando di mantenersi calma parlando di un argomento che l’aveva oltremodo agitata.

Lagertha annuì con serietà, prendendo atto del punto di vista della giovane ragazza davanti a lei: «Spero con sincerità che tutto questo non sia un errore, ma ho fede nelle tue parole, Hylde.». Fece per allontanarsi, ma rimase ad ascoltare Hylde.

«Sapete, mia madre è stata abbandonata da mio padre, suo marito, quando più era vulnerabile. So di essere ancora molto fragile, ma per fortuna ho qualche consapevolezza in più e so per certo che non capiterà a me, sarò io ad allontanarmi da qualsiasi cosa capace di ferirmi.», rivolse una sguardo pieno di forza alla regina, che parve convinta da quel discorso, ma anche abbastanza scossa da come Hylde si fosse concessa di rivelare alcuni dettagli del suo passato.

Allontanatasi dalla longhouse, la ragazza poté finalmente raggiungere Munin, che parve molto orgogliosa di aiutarla a realizzare un inventario di tutto l’occorrente adatto all’allestimento di un ospedale da campo e a stilare una lista di precise disposizioni da consegnare a chi si sarebbe occupato del riempimento delle stive delle navi. Lavorarono duramente affinché tutto risultasse perfettamente organizzato.



--- Note Dell'Autrice ---

Ciao a tutti! Grazie infinitamente per essere arrivati fino a qui!

A meno che non mi prendano colpi di testa improvvisi, questo era il penultimo capitolo prima della partenza per l'Inghilterra. Manca pochissimo alla fine del primo arco narrativo e per ora godiamoci gli ultimi attimi che i nostri protagonisti passeranno a Kattegat. Chissà quando e se ritorneranno...

Se la storia vi sta piacendo o se avete delle critiche costruttive da fare, lasciate una recensione, fatemi capire cosa ne pensiate!

Un Abbraccio gigantesco,
Laisa_War
  
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