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Autore: Ladynotorius    27/08/2009    5 recensioni
Gliel'avrebbe pagata.
Poco ma sicuro, Bill avrebbe pagato col sangue tutte le sue disavventure.
E quella dinamitarda avrebbe presto capito, che fra di loro, chi avrebbe sempre vinto era LUI.
Bhè, più o meno...
Genere: Romantico, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato a:
la mia principessa chi mi stressa da giorni per avere l'aggiornamento.
la mia patata che ogni tanto fa qualcosa che mi commuove.
la mia pazzoide preferita che mi ha betato il capitolo
E infine ad Erika per la sorpresa di ieri...

2. Scontro

Arrivata a casa accese tutte le luci, avviò il riscaldamento e si stravaccò sul divano. Allungò le gambe per rilassarsi quel tanto che bastava, poi con noncuranza accese la televisione. 

Non l’avrebbe guardata, ma il sottofondo le avrebbe fatto compagnia... certo se fosse riuscita a portarsi a casa quel figo da pau... 

No! Assolutamente no! Non ci penso, non so chi sia, non l’ho mai incontrato. 

- Certo che è proprio scemo. -

 Si alzò dal divano e dopo essersi avvicinata al frigo, cominciò a tirare fuori il latte e il cioccolato.

Da una mensola pericolosamente alta prese le bustine per preparare le cioccolata e, dopo aver messo a bollire il latte, aspettò. 

La casa era ben riscaldata e il contrasto fra il fuori e il dentro era considerevole. Berlino in quel periodo era ricoperta di neve, mentre casa sua era un tripudio di colori e combinazioni più che discutibili.

Ma a lei piaceva così, con il camino pieno di riviste, la legna dentro la cesta di suddette riviste, i poster attaccati vicino all’unico quadro che si era concessa (un dipinto astratto i cui colori l’avevano folgorata e obbligata a spendere quasi tutto il suo stipendio) e lampade a forma di fiore che illuminavano il più sobrio dei divani.

 Una casa di contrasti, ma tutto sommato originale. 

La televisione continuava a borbottare parole che lei neanche sentiva mentre versava il contenuto della cioccolata nel bollitore. 

Poi prese due tazze, diede una grattugiata di cioccolato fondente sul fondo, aspettò che la bevanda si facesse più densa e la versò al loro interno. 

Solo quando si accinse a bere il contenuto della sua tazza si rese conto di quel che aveva fatto. 

E perché diavolo ho preparato due tazze di cioccolata?! 

***

 Niente da fare. Aveva messo un cartone animato e si distraeva, aveva messo un thriller e si distraeva, aveva messo un romantico e si demoralizzava, quando arrivò al giallo che non capiva comprese che era il caso di fare due più due.

 Doveva tornare indietro.

Non poteva, non esisteva, non era umanamente possibile lasciare Tom Kaulitz al freddo di Berlino sapendo che non sarebbe riuscito neanche a prendere un taxi. 

Sbuffando come una caffettiera prese i suoi stivali imbottiti, augurò ogni male al chitarrista e uscì di casa.

 Se ti trovo bene, se non ti trovo meglio. In qualsiasi caso i sensi di colpa non potranno assalirmi, la mia coscienza non si potrà lamentare, il mio IO di fan sfegatata non potrà suicidarsi e vissero tutti felici e contenti.

Tornò alla stazione della metrò borbottando ad ogni passo che faceva e quando si accorse di essere arrivata senza trovar traccia del ragazzo sbuffò più sonoramente. 

Se ne andava o lo cercava in zona?

 Metteva a tacere le urla isteriche da fan che arrivavano dal profondo del suo essere o seguiva le istruzioni che quella mentecatta le faceva arrivare dritte al cervello? 

Ovviamente seguì le istruzioni, sperando con tutta se stessa che dopo dieci minuti la lasciassero in pace e si arrendessero all’evidenza, e cercò tutt’intorno alla stazione. Scese pure fino alle rotaie e controllò ogni panchina libera, ma niente.

Tom non c’era. 

Fermamente decisa a tornare a casa, uscì dalla metropolitana e decise di tentare la strada opposta a quella di casa sua. 

Per fare questo doveva passare davanti al negozio di scarpe, al negozio di biancheria, al venditore ambulante di kebab e al museo dell’erotismo. 

Pensò che, se lei fosse stata sola e senza un riparo, si sarebbe messa sotto quella galleria per evitare quantomeno la neve.

Ma neanche lì c’era. 

Decisa a far suicidare la sua coscienza di fan, fece dietrofront e tornò indietro.

Giusto in tempo per notare un barbone seduto su un giornale per terra che somigliava stranamente al ragazzo che stava cercando. 

Doverosamente incazzata per tutto il tempo che aveva speso a cercarlo, gli si avvicinò e gli mollò un calcio sullo stinco, beandosi del gemito neanche tanto soffocato che Tom produsse.
- Ma io dico! Sei famoso? Sei ricco? Sei tedesco? Come diavolo hai fatto a perderti e ad essere seduto qui per terra come un patetico bimbo che ha perso la mamma? Alza le chiappe, muovi le gambe e sbrigati a venire con me, che ho freddo, ho fame e ho dovuto interrompere la mia liaison col televisore per te. - 

Quello che seguì non fu proprio uno scambio di convenevoli adatti ad un pubblico di minorenni, il cui sunto più o meno era riconducibile a:
Ma chi diavolo sei, cosa vuoi da me, chi ti ha chiesto niente, e scadeva sempre più nel triviale.

 Data la sua scarsa pazienza, Arc tirò fuori tutta la mamma chioccia che c’era in lei e col tono più ragionevole che era riuscita a trovare disse:
- Senti, Tom, non sono una maniaca, ma una fan normale. Tu sei qui fuori, al freddo, senza sapere come tornare a casa e deduco anche senza cellulare e senza soldi. Se vuoi venire da me per trovare una soluzione al tuo problema, ok. Se non vuoi, va bene lo stesso, ma io indietro non torno, quindi decidi in fretta, che io non ho nessuna intenzione di rimanere al freddo un momento di più. 

Tom la guardò dall’alto del suo metro e novanta. Stava valutando i pro e i contro quando lei si girò, lo salutò e iniziò ad incamminarsi fino a casa sua. 

A lui non restò altro che seguirla.

***

- Vedi di togliere le scarpe dal mio divano! - con malagrazia Arc prese le gambe di Tom e le spostò dalla sua parte di divano.

- Ma sono scomodo e mi fanno male le gambe! - la guardò male Tom come risposta. 

Arc non lo ascoltò nemmeno e porgendogli la tazza di cioccolata si sedette nel piccolo spazio che i vestiti di Tom lasciavano libero.

Si era messa il pigiama e andava in giro con i calzini, quindi si acciambellò e attese che quel debosciato accettasse la tazza che gli offriva.

 Tom guardò con aria di sufficienza. - Cos’è? - 

Arc alzò gli occhi al cielo e con tono acido gli rispose. - Veleno misto a cioccolata. Secondo te cos’è, pane e nutella? - E continuò a disquisire sull’evidente poca materia grigia del ragazzo.

- Va bene, va bene! Stai zitta che la bevo! - 

Tutto, basta che smetti di parlare! 

Sorseggiò la cioccolata calda che gli era stata offerta e occhieggiò la ragazza. Lei rimaneva seduta impassibile sul divano guardando la televisione.

Sembrava dimentica del fatto che aveva in casa nientemeno che Tom Kaulitz.

 Cioè. 

Lui era Tom Kaulitz. Il chitarrista più figo della Germania, il più conosciuto in Europa, il SexGott!
Non riusciva a capacitarsi di aver trovato una persona di sesso femminile che sapeva chi fosse e non gli saltasse addosso.

 Inconcepibile. 

- Oh, finalmente inizia “L’isola delle donne” - la ragazza lo distolse dalla sua autocelebrazione, giusto in tempo per vedere dieci donne, una più figa dell’altra, in un’isola deserta.
Quello si che era interessante.
- L’hai mai visto? - maliziosamente gli pose questa domanda prendendolo in contropiede. 

- No, cazzo, che non l’ho mai visto. Chi sono queste gnocche da paura? -
Arc rise come una pazza.

-Dieci donne che comandano a bacchetta dodici uomini. Loro parlano, i maschi obbediscono. -
Fu così che il sogno erotico di Tom si spense come una candela al vento.

- Che vorresti dire? - domandò preoccupato.

- Voglio dire che in questa isola comandano le donne e gli uomini, se vogliono vincere il montepremi di duecentocinquantamila dollari, devono per forza obbedire. Mica male come idea, eh? - 

Arc se la rideva neanche troppo sotto i baffi, mentre la faccia di Tom mutava dall’esaltato all’inorridito. 

- Donne... che comandano a bacchetta degli uomini? -  Come se l’idea fosse l’annuncio dell’apocalisse.

 Arc annui distrattamente, mentre la pubblicità la informava che poteva farsi una doccia lampo prima che il vero programma iniziasse. 

- Io vado a farmi la doccia. Non farti idee strane, non uscirò da quel bagno nuda come mamma mi ha fatto. Sentiti pure come se fossi a casa mia, il che significa che non devi urlare, sporcare, demolire, curiosare ecc ecc. Tutto quello che faresti nella casa dei tuoi probabili suoceri, come pulire e riassettare, è consentito. -

Pulire e cosa?! 

Tom la vide sparire oltre la porta che dava sul corridoio e sfrecciare da una camera (presumeva fosse la stanza da letto della ragazza) fino a quello che poteva essere il bagno. 

Sentì il rumore dell’acqua che scendeva e avvertì che la ragazza cantava sotto la doccia.

Esattamente dopo cinque minuti era di ritorno con un pigiama semi distrutto e un asciugamano in testa. 

Neanche io sono così veloce! 

- Oh, che brava che sono! Ha appena ripreso. - si acciambellò di nuovo sul divano e non lo degnò di uno sguardo. 

Continuava a passarsi l’asciugamano sui capelli e le rare volte che la sua capigliatura fuoriusciva la ciocca fucsia catturava la sua attenzione.

Inoltre non stava un attimo ferma.

Prima dimenava gli alluci da dentro i calzini. Poi muoveva tutto il piede. Poi cambiava posizione. Poi si strofinava di nuovo i capelli. Poi alzava il volume della televisione. Poi...

Troppi poi.
- Non riesci a stare ferma un attimo? - completamente dimentico di non essere in casa sua Tom sbuffò sonoramente, aspettandosi come minimo delle scuse da parte della ragazza. 

- Senti, palla al piede, sono a casa mia e mi muovo quanto caspiterina mi pare e piace! - Che non arrivarono.

Palla al pi…

- Senti testa bicolore, non so se hai recepito, ma tu al momento... - 

- Sono in compagnia di un buzzurro, cafone E maleducato, che sto ospitando a casa mia e non si è ancora degnato di ringraziarmi. Se non vuoi finire per direttissima fuori dalla finestra ti conviene fare silenzio e non stress... - 

E la pancia di Tom decise che quello era il momento più opportuno per farsi sentire. 

Arc sbiancò.

 Dopo qualche minuto di imbarazzatissimo silenzio, La domanda.

- Tu hai fame? - pose la domanda con lo stesso tono con cui si chiede al proprio ragazzo se ti ha tradita. 

Tom la guardò male. Stava per annunciarle che, sì, aveva fame, e che, no, lei non era una buona padrona di casa, quando lei lo prese per il braccio e lo trascinò di peso in cucina. 

- Accidenti a te, Tom, dovevi dirmelo che avevi fame. Io non ci ho minimamente pensato. Lavoro in una tavola calda e il cibo è l’ultimo dei miei pensieri, soprattutto a quest’ora, in cui, per inciso, si ingrassa, perché tutto ciò che mangi lo assimili, ma di certo la tua costituzione ti permette di fare questi spuntini fuori pasto a questi orari impossibili. Allora, dimmi subito cosa ti posso dare da mangiare, perché sebbene la mia persona desideri con tutta se stessa andare a letto, il mio IO di fan mi impone di non farti venire i crampi per la fame. -

 Tom assistette allibito a quello sproloquio di parole, di cui riuscì a capire soltanto l’ultima parte, poi vide la ragazza alta un metro e un fagiolo cercare di arrivare ai ripiani in cui palesemente non sarebbe arrivata neanche con un trapianto di gambe e si spostò per aiutarla. 

- Stai cercando di prendere questo? - le domandò, cercando forse di fare il gentile.
Le porse un pacco di pasta integrale che guardò con faccia palesemente schifata ma lei lo prese e senza degnarlo di uno sguardo lo poggiò sul ripiano della cucina.

- Niente pasta integrale, messaggio ricevuto. Se Sua Altezza si degnasse di dirmi cosa vorrebbe mangiare, risparmio un po’ di fatica. - 

Sua alt…

- Oltre che ti aiuto, mi tratti pure male? - lo sguardo che le rivolse era puro odio.
- Oltre che ti preparo da mangiare, hai pure le pretese? - lo rimbeccò piuttosto facilmente lei. 

Si guardarono in cagnesco per qualche minuto, poi Arc si calmò e con voce più pacata gli chiese se preferisse dolce o salato. 

- Allora, pertica, mi dici cosa vuoi mangiare, si o no? Dolce o salato? Complicato o semplice? Caldo o freddo? MUOVITI e dammi qualche dritta, che voglio andarmene a letto! -

 Pert… 

- Senti un po’, dannatissima ragazzina, ho un nome! Vedi di usare quello e non nomignoli improbabili. Se non vuoi che ti chiami... -
E, finalmente, si rese conto che lui non sapeva il nome della nanerottola. 

- Guarda, sei impallidito. Ti sei, per caso, reso conto che non sai ancora come mi chiamo e che in tutto questo tempo non ti sei degnato minimamente di interessarti a me? - 

Brutto stronzo che non sei altro! 

Ma questo non glielo disse.
Il suo ego le imponeva di mantenere un certo stile. Il suo IO di fan urlava indignato. 

- Quanto la fai lunga... avanti, dimmi come ti chiami, se ci tieni tanto! -

Incrociò le braccia al petto con un’aria da tedio assoluto. 

Arc si guardò intorno alla palese ricerca di qualcosa di pesante da tirargli addosso e stava per agguantare una pentola, quando Tom gliela prese da sotto il naso.

- Tregua, tregua! Mi dispiace essere stato così scorbutico e hai ragione. Non ti ho neanche chiesto come ti chiami. Rifacciamo tutto daccapo - lasciò la pentola sul ripiano e le porse la mano - piacere Tom Kaulitz, chitarrista famoso, rocker a tempo pieno, Sexgott per vocazione. - 

Arc gli scoppiò a ridere in faccia. Poi lasciò da parte i suoi intenti omicidi e strinse la mano al ragazzo.
- Piacere Tom Kaulitz, io sono Archana Schmitt, cameriera sconosciuta, linguista a tempo pieno, rompiballe per vocazione. - 

Me n’ero reso conto...

 - Dai, non l’avrei mai detto! - Tom continuò a tenerle la mano. 

- Che sono una cameriera? - domandò con genuina curiosità la ragazza. Effettivamente non si era curata molto delle necessità del ragazzo.

- No, che sei una rompiballe per vocazione. - aggiunse lui serio.

Il sorriso di Arc si accentuò. 

- Oh, non sai quanto. Sono contenta che tu te ne sia reso conto. Almeno... - prese la pentola e la riempì d’acqua - non potrai dire di non essere stato avvisato. -
Buttò la testa all’indietro e gli disse guardandolo dal basso:
- Posso farti un po’ di pasta al sugo, con sugo italiano, oppure preferisci altro? Devi dirmelo adesso, perché io sono veramente morta dal sonno e voglio andarmene a letto. 

Tom finse di pensarci su.
- Va bene la pasta, ma se ti fidi e mi dici dove sono le cose, posso fare io. - Tom si congratulò con se stesso. Un perfetto gentiluomo. Neanche Bill avrebbe potuto dirgli niente. 

- Ti ringrazio per l’offerta, ma quando vorrò vedere la mia cucina in fiamme ti avviserò. Prima di allora mi arrangio io. - lo demolì la ragazza come se nulla fosse.

 Tom si offese tantissimo.
- Guarda che Io cucino una pasta fantastica! -

 Arc si girò e lo guardò dal basso verso l’alto mettendolo in soggezione.

- Disse colui che nella pasta mette il ketchup. Guarda, apprezzo lo sforzo, ma lascia stare. Se vuoi puoi grattugiare il formaggio mentre io faccio la pasta. - 

Tregua finita.

***

Chi non muore si rivede vero?

Susu, niente lacrime di giUoia lo so che vi sono mancata (?)
Ringrazio brevemente:
layla the punkprincess per avermi lasciato la prima recensione
_Princess_ per la seconda recensione (dai che ora ti sta piacendo di più eh!)
egoioegoio che mi ha fatto la sorpresona...

A presto.

  
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