Dedicato a:
la mia principessa chi
mi stressa da giorni per avere l'aggiornamento.
la mia patata che ogni
tanto fa qualcosa che mi commuove.
la mia pazzoide
preferita che mi ha betato il capitolo
E infine ad Erika per la
sorpresa di ieri...
2. Scontro
Arrivata a casa accese tutte le luci,
avviò il riscaldamento
e si stravaccò sul divano. Allungò le gambe per
rilassarsi quel tanto che
bastava, poi con noncuranza accese la televisione.
Non l’avrebbe guardata, ma
il sottofondo le avrebbe fatto
compagnia... certo se fosse riuscita a portarsi a casa quel figo da
pau...
No!
Assolutamente no!
Non ci penso, non so chi sia, non l’ho mai incontrato.
- Certo che è proprio scemo. -
Da una mensola pericolosamente alta
prese le bustine per
preparare le cioccolata e, dopo aver messo a bollire il latte,
aspettò.
La casa era ben riscaldata e il
contrasto fra il fuori e il
dentro era considerevole. Berlino in quel periodo era ricoperta di
neve, mentre
casa sua era un tripudio di colori e combinazioni più che
discutibili.
Ma a lei piaceva così, con il camino pieno di riviste, la
legna dentro la cesta di suddette riviste, i poster attaccati vicino
all’unico
quadro che si era concessa (un dipinto astratto i cui colori
l’avevano
folgorata e obbligata a spendere quasi tutto il suo stipendio) e
lampade a
forma di fiore che illuminavano il più sobrio dei divani.
La televisione continuava a
borbottare parole che lei
neanche sentiva mentre versava il contenuto della cioccolata nel
bollitore.
Poi prese due tazze, diede una
grattugiata di cioccolato
fondente sul fondo, aspettò che la bevanda si facesse
più densa e la versò al
loro interno.
Solo quando si accinse a bere il
contenuto della sua tazza
si rese conto di quel che aveva fatto.
E
perché diavolo ho
preparato due tazze di cioccolata?!
***
Non poteva, non esisteva, non era umanamente possibile
lasciare Tom Kaulitz al freddo di Berlino sapendo che non sarebbe
riuscito
neanche a prendere un taxi.
Sbuffando come una caffettiera prese i suoi stivali imbottiti, augurò ogni male al chitarrista e uscì di casa.
Tornò alla stazione della
metrò borbottando ad ogni passo
che faceva e quando si accorse di essere arrivata senza trovar traccia
del
ragazzo sbuffò più sonoramente.
Se ne andava o lo cercava in zona?
Ovviamente seguì le istruzioni, sperando con tutta se stessa che dopo dieci minuti la lasciassero in pace e si arrendessero all’evidenza, e cercò tutt’intorno alla stazione. Scese pure fino alle rotaie e controllò ogni panchina libera, ma niente.
Tom non c’era.
Fermamente decisa a tornare a casa,
uscì dalla metropolitana
e decise di tentare la strada opposta a quella di casa sua.
Per fare questo doveva passare
davanti al negozio di scarpe,
al negozio di biancheria, al venditore ambulante di kebab e al museo
dell’erotismo.
Pensò che, se lei fosse
stata sola e senza un riparo, si
sarebbe messa sotto quella galleria per evitare quantomeno la neve.
Ma neanche lì
c’era.
Decisa a far suicidare la sua coscienza di fan, fece dietrofront e tornò indietro.
Giusto in tempo per notare un barbone
seduto su un giornale
per terra che somigliava stranamente al ragazzo che stava cercando.
Doverosamente incazzata per tutto il
tempo che aveva speso a
cercarlo, gli si avvicinò e gli mollò un calcio
sullo stinco, beandosi del
gemito neanche tanto soffocato che Tom produsse.
- Ma io dico! Sei famoso? Sei ricco? Sei tedesco? Come
diavolo hai fatto a perderti e ad essere seduto qui per terra come un
patetico
bimbo che ha perso la mamma? Alza le chiappe, muovi le gambe e sbrigati
a
venire con me, che ho freddo, ho fame e ho dovuto interrompere la mia
liaison
col televisore per te. -
Quello che seguì non fu
proprio uno scambio di convenevoli
adatti ad un pubblico di minorenni, il cui sunto più o meno
era riconducibile
a:
Ma chi diavolo sei,
cosa vuoi da me, chi ti ha chiesto niente, e scadeva sempre
più nel
triviale.
- Senti, Tom, non sono una maniaca, ma una fan normale. Tu
sei qui fuori, al freddo, senza sapere come tornare a casa e deduco
anche senza
cellulare e senza soldi. Se vuoi venire da me per trovare una soluzione
al tuo
problema, ok. Se non vuoi, va bene lo stesso, ma io indietro non torno,
quindi
decidi in fretta, che io non ho nessuna intenzione di rimanere al
freddo un
momento di più.
Tom la guardò
dall’alto del suo metro e novanta. Stava
valutando i pro e i contro quando lei si girò, lo
salutò e iniziò ad
incamminarsi fino a casa sua.
A lui non restò altro che
seguirla.
***
- Vedi di togliere le scarpe dal mio
divano! - con
malagrazia Arc prese le gambe di Tom e le spostò dalla sua
parte di divano.
- Ma sono scomodo e mi fanno male le
gambe! - la guardò male
Tom come risposta.
Arc non lo ascoltò nemmeno e porgendogli la tazza di cioccolata si sedette nel piccolo spazio che i vestiti di Tom lasciavano libero.
Si era messa il pigiama e andava in giro con i calzini, quindi si acciambellò e attese che quel debosciato accettasse la tazza che gli offriva.
Tom
guardò con aria
di sufficienza. - Cos’è? -
Arc alzò gli occhi al cielo e con tono acido gli rispose. - Veleno misto a cioccolata. Secondo te cos’è, pane e nutella? - E continuò a disquisire sull’evidente poca materia grigia del ragazzo.
- Va bene, va bene! Stai zitta che la
bevo! -
Tutto, basta
che
smetti di parlare!
Sorseggiò la cioccolata calda che gli era stata offerta e occhieggiò la ragazza. Lei rimaneva seduta impassibile sul divano guardando la televisione.
Sembrava dimentica del fatto che aveva in casa nientemeno che Tom Kaulitz.
Lui era Tom Kaulitz. Il chitarrista
più figo della Germania,
il più conosciuto in Europa, il SexGott!
Non riusciva a capacitarsi di aver trovato una persona di
sesso femminile che sapeva chi fosse e non gli saltasse addosso.
- Oh, finalmente inizia
“L’isola delle donne” - la ragazza
lo distolse dalla sua autocelebrazione, giusto in tempo per vedere
dieci donne,
una più figa dell’altra, in un’isola
deserta.
Quello si che era
interessante.
- L’hai mai visto? - maliziosamente gli pose questa domanda
prendendolo in contropiede.
- No, cazzo, che non l’ho
mai visto. Chi sono queste gnocche
da paura? -
Arc rise come una pazza.
-Dieci donne che comandano a
bacchetta dodici uomini. Loro
parlano, i maschi obbediscono. -
Fu così che il sogno erotico di Tom si spense come una
candela al vento.
- Che vorresti dire? - domandò preoccupato.
- Voglio dire che in questa isola
comandano le donne e gli
uomini, se vogliono vincere il montepremi di duecentocinquantamila
dollari,
devono per forza obbedire. Mica male come idea, eh? -
Arc se la rideva neanche troppo sotto
i baffi, mentre la
faccia di Tom mutava dall’esaltato all’inorridito.
- Donne... che comandano a bacchetta degli uomini? - Come se l’idea fosse l’annuncio dell’apocalisse.
- Io vado a farmi la doccia. Non
farti idee strane, non
uscirò da quel bagno nuda come mamma mi ha fatto. Sentiti
pure come se fossi a
casa mia, il che significa che non devi urlare, sporcare, demolire,
curiosare
ecc ecc. Tutto quello che faresti nella casa dei tuoi probabili
suoceri, come
pulire e riassettare, è consentito. -
Pulire e
cosa?!
Tom la vide sparire oltre la porta
che dava sul corridoio e
sfrecciare da una camera (presumeva fosse la stanza da letto della
ragazza)
fino a quello che poteva essere il bagno.
Sentì il rumore dell’acqua che scendeva e avvertì che la ragazza cantava sotto la doccia.
Esattamente dopo cinque minuti era di
ritorno con un pigiama
semi distrutto e un asciugamano in testa.
Neanche io
sono così
veloce!
- Oh, che brava che sono! Ha appena
ripreso. - si
acciambellò di nuovo sul divano e non lo degnò di
uno sguardo.
Continuava a passarsi
l’asciugamano sui capelli e le rare
volte che la sua capigliatura fuoriusciva la ciocca fucsia catturava la
sua
attenzione.
Inoltre non stava un attimo ferma.
Prima dimenava gli alluci da dentro i calzini. Poi muoveva tutto il piede. Poi cambiava posizione. Poi si strofinava di nuovo i capelli. Poi alzava il volume della televisione. Poi...
Troppi poi.
- Non riesci a stare ferma un attimo? - completamente
dimentico di non essere in casa sua Tom sbuffò sonoramente,
aspettandosi come minimo delle
scuse da parte della
ragazza.
- Senti, palla al piede, sono a casa
mia e mi muovo quanto
caspiterina mi pare e piace! - Che non
arrivarono.
Palla al
pi…
- Senti testa bicolore, non so se hai
recepito, ma tu al
momento... -
- Sono in compagnia di un buzzurro,
cafone E maleducato, che
sto ospitando a casa mia e non si è ancora degnato di
ringraziarmi. Se non vuoi
finire per direttissima fuori dalla finestra ti conviene fare silenzio
e non
stress... -
E la pancia di Tom decise che quello
era il momento più
opportuno per farsi sentire.
Arc sbiancò.
- Tu
hai fame? - pose la domanda con lo
stesso
tono con cui si chiede al proprio ragazzo se ti ha tradita.
Tom la guardò male. Stava
per annunciarle che, sì, aveva
fame, e che, no, lei non era una buona padrona di casa, quando lei lo
prese per
il braccio e lo trascinò di peso in cucina.
- Accidenti a te, Tom, dovevi dirmelo che avevi fame. Io non ci ho minimamente pensato. Lavoro in una tavola calda e il cibo è l’ultimo dei miei pensieri, soprattutto a quest’ora, in cui, per inciso, si ingrassa, perché tutto ciò che mangi lo assimili, ma di certo la tua costituzione ti permette di fare questi spuntini fuori pasto a questi orari impossibili. Allora, dimmi subito cosa ti posso dare da mangiare, perché sebbene la mia persona desideri con tutta se stessa andare a letto, il mio IO di fan mi impone di non farti venire i crampi per la fame. -
- Stai cercando di prendere questo? -
le domandò, cercando
forse di fare il gentile.
Le porse un pacco di pasta integrale che guardò con faccia
palesemente schifata ma lei lo prese e senza degnarlo di uno sguardo lo
poggiò
sul ripiano della cucina.
- Niente pasta integrale, messaggio
ricevuto. Se Sua Altezza
si degnasse di dirmi cosa vorrebbe mangiare, risparmio un po’
di fatica. -
Sua
alt…
- Oltre che ti aiuto, mi tratti pure
male? - lo sguardo che
le rivolse era puro odio.
- Oltre che ti preparo da mangiare, hai pure le pretese? -
lo rimbeccò piuttosto facilmente lei.
Si guardarono in cagnesco per qualche
minuto, poi Arc si
calmò e con voce più pacata gli chiese se
preferisse dolce o salato.
- Allora, pertica, mi dici cosa vuoi
mangiare, si o no?
Dolce o salato? Complicato o semplice? Caldo o freddo? MUOVITI e dammi
qualche
dritta, che voglio andarmene a letto! -
Pert…
- Senti un po’,
dannatissima ragazzina, ho un nome! Vedi di
usare quello e non nomignoli improbabili. Se non vuoi che ti chiami... -
E, finalmente, si rese conto che lui non sapeva il nome
della nanerottola.
- Guarda, sei impallidito. Ti sei, per caso, reso conto che non sai ancora
come mi chiamo e che in
tutto questo tempo non ti sei degnato minimamente di interessarti a me?
-
Brutto
stronzo che non
sei altro!
Ma questo non glielo disse.
Il suo ego le imponeva di mantenere un certo stile. Il suo
IO di fan urlava indignato.
- Quanto la fai lunga... avanti, dimmi come ti chiami, se ci tieni tanto! -
Incrociò le braccia al
petto con un’aria da tedio assoluto.
Arc si guardò intorno alla
palese ricerca di qualcosa di
pesante da tirargli addosso e stava per agguantare una pentola, quando
Tom
gliela prese da sotto il naso.
- Tregua, tregua! Mi dispiace essere
stato così scorbutico e
hai ragione. Non ti ho neanche chiesto come ti chiami. Rifacciamo tutto
daccapo
- lasciò la pentola sul ripiano e le porse la mano - piacere
Tom Kaulitz,
chitarrista famoso, rocker a tempo pieno, Sexgott per vocazione. -
Arc gli scoppiò a ridere
in faccia. Poi lasciò da parte i
suoi intenti omicidi e strinse la mano al ragazzo.
- Piacere Tom Kaulitz, io sono Archana Schmitt, cameriera
sconosciuta, linguista a tempo pieno, rompiballe per vocazione. -
Me
n’ero reso conto...
- Che sono una cameriera? -
domandò con genuina curiosità la
ragazza. Effettivamente non si era curata molto delle
necessità del ragazzo.
- No, che sei una rompiballe per
vocazione. - aggiunse lui
serio.
Il sorriso di Arc si
accentuò.
- Oh, non sai quanto. Sono contenta
che tu te ne sia reso
conto. Almeno... - prese la pentola e la riempì
d’acqua - non potrai dire di
non essere stato avvisato. -
Buttò la testa all’indietro e gli disse
guardandolo dal
basso:
- Posso farti un po’ di pasta al sugo, con sugo italiano,
oppure preferisci altro? Devi dirmelo adesso, perché io sono
veramente morta
dal sonno e voglio andarmene a letto.
Tom finse di pensarci su.
- Va bene la pasta, ma se ti fidi e mi dici dove sono le
cose, posso fare io. - Tom si congratulò con se stesso. Un
perfetto gentiluomo.
Neanche Bill avrebbe potuto dirgli niente.
- Ti ringrazio per l’offerta, ma quando vorrò vedere la mia cucina in fiamme ti avviserò. Prima di allora mi arrangio io. - lo demolì la ragazza come se nulla fosse.
- Guarda che Io
cucino una pasta fantastica! -
- Disse colui che nella pasta mette
il ketchup. Guarda,
apprezzo lo sforzo, ma lascia stare. Se vuoi puoi grattugiare il
formaggio
mentre io faccio la pasta. -
Tregua finita.
***
Chi non muore si rivede vero?
Susu, niente lacrime di giUoia lo so
che vi sono mancata (?)
Ringrazio brevemente:
layla
the punkprincess per avermi lasciato la prima recensione
_Princess_
per la seconda recensione (dai che ora ti sta piacendo di
più eh!)
egoioegoio
che mi ha fatto la sorpresona...
A presto.