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Autore: Valentyna90    17/03/2021    2 recensioni
Alya Merope Black è la sorella gemella di Sirius. Ha vissuto con lui e con il fratellino Regulus gli anni dell'infanzia a Grimmauld Place, sotto la severa educazione impartita da Orion e Walburga Black, i loro inflessibili e orgogliosi genitori.
Sotto l'influenza dei rigidi dettami della sua famiglia, Alya Merope cresce come degna erede della Casata dei Black, fiera e vanitosa delle sue origini; tutto il contrario di suo fratello gemello Sirius, che le rigetta con disprezzo. Insieme, i due gemelli entreranno a Hogwarts, ma vivranno vite separate. Sirius sarà un Grifondoro, Alya Merope una Serpeverde. Un perenne velo di sdegno e indifferenza li separa.
Ma nella vita della giovane Black c'è dell'altro. Un potere arcano e sconosciuto, che nemmeno lei sa comprendere. La sua mente funziona diversamente rispetto a quella dei suoi coetanei. Soprattutto nei sogni. Qui, in questa parte sospesa dell'esistenza, dove tempo e spazio, realtà e finzione si confondono, la coscienza di Alya Merope viaggia, apprende, conosce. Ma sempre inconsapevole.
Quale sarà il destino della giovane maga?
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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PROLOGO

 

 

 

18 giugno 1998. Grimmauld Place.

 

Una placida quiete aleggiava per tutta la piazza di Grimmauld Place. I bambini del quartiere scorazzavano pimpanti e vivaci lungo la strada.

L'estate era alle porta e portava con sè una luminosa allegria contagiosa. Il sole splendeva alto nel cielo e nell'aria si respirava un ignoto profumo di giubilo.

Gli anziani del quartiere lanciavano sovente occhiate di sospettosa indifferenza verso i manipoli di ragazzini che riempivano le strade con il loro vociare giocoso. Temevano bravate moleste ai loro danni.

In particolare, i vecchi signori che abitavano all'interno degli appartamenti dei due edifici segnati con i numeri civici undici e tredici avevano già addocchiato con rassegnata insofferenza un gruppetto di bambini agitati, i quali si erano radunati nel marciapiede dirimpetto ai due palazzi; con gridolini squillanti indicavano qualcosa in mezzo alle parete che separava un edificio dall'altro. La loro infantile e fanatasiosa curiosità era stata attratta non tanto da ciò che c'era, ma piuttosto da qualcosa che mancava.

In Grimmauld Place, infatti, era noto un particolare anomalo: non esisteva il civico numero dodici. Raggiunta l'abitazione recante il numero undici, si passava direttamente al tredici. Un semplice errore di numerazione, che nessuno si era preoccupato di correggere, così pensavano gli adulti che abitavano in quella parte di Londra. Niente che dovesse suscitare preoccupazioni o, peggio ancora, fantasie particolari. E perchè mai? La vita in Grimmauld Place poteva procedere tranquilla anche senza la presenza del numero dodici.

Tuttavia, la fervida immaginazione dei più giovani aveva dato vita alle più disparate spiegazioni per quella mancanza così strana. Fantasmi, streghe, maledizioni, magie...avvolta da queste misteriose dicerie, il punto in cui avrebbe dovuto ergersi il palazzo numero dodici di Grimmauld Place era diventata la meta preferita dei bambini del quartiere, il punto di incontro dove avvenivano le attività che tanto infastidivano gli anziani dei palazzi circostanti. Prima fra tutte, c'era la famosa prova di coraggio: i ragazzini, per mostrare la propria temerarietà davanti al gruppo di amici, raccoglievano pietre dal marciapiede, prendevano bene la mira, e scagliavano il sasso contro il punto in cui avrebbe dovuto esserci il numero civico dodici.

Tale bravata era diventata ormai una tradizione tra i giovani che abitavano in Grimmauld Place. Si vociferava, infatti, che molti anni prima, un bambino avesse lanciato, per scherzo, un sasso contro la famosa parete e che, nel punto esatto che era stato colpito dalla pietra, era apparsa dal nulla una finestra, dalla quale poi si era affacciata un'oscura figura rassomigliante ad un ragazzino. Da quel momento, tutti i bambini del quartiere avevano gridato ai fantasmi o alle streghe, le uniche spiegazioni plausibili che le loro menti fantasiose accettavano come veritiere per quello strano fenomeno.

Gli adulti, invece, non riuscivano a vedere altro che una semplice bravata con l'unico scopo di spaventare i più impressionabili.

Fatto sta che da quel giorno imprecisato nel tempo, lanciare sassi contro la parete che separava l'edificio numero undici da quello numero tredici era diventata l'attività preferita di tutti i bambini della zona. Ovviamente, l'unico effetto che tale gesto sortiva erano i coloriti improperi e insulti che sgorgavano feroci dalle finestre reali dei due palazzi accanto, e le uniche persone che si affacciavano erano i vecchi inquilini arrabbiati che brandivano minacciosi secchi pieni d'acqua o di patate da lanciare ai teppistelli che avevano turbato la loro quiete con quella fastidiosa marachella. Nessuna finestra misteriosa e nessun bambino-fantasma era mai apparso in seguito ai sassi scagliati. Il numero dodici di Grimmauld Place, rimaneva ostinatamente celato dietro le oscure porte dell'ignoto.

 

Tuttavia, gli anziani cittadini della piazza non erano i soli a corrucciarsi e a imprecare per le bravate dei quei ragazzini chiassosi. Qualcun altro borbottava insulti in risposta a quelle pietre lanciate impunemente contro la parete della casa in cui abitava, all'interno delle antica mura del grande appartemento di Grimmauld Place numero dodici. Appartamento appartenuto per generazioni e generazioni ad una delle più nobili e potenti famiglie di maghi e stregoni della Gran Bretagna: i Black.

Kreacher zampettava tra le stanze della dimora nascosta borbottando scurrili maledizioni, rivolte a quegli esseri indegni privi di magia, che osavano insultare la gloriosa abitazione magica con dei sassi raccolti da terra. Kreacher era l'elfo domestico della famiglia Black, suo fedele servitore fin dalla nascita. O, per essere precisi, lo era stato. Di quella potente famiglia di maghi non era rimasto più nessuno, gli ultimi discendenti erano morti senza lasciare eredi, gettando nell'oblio il destino della stirpe.

Kreacher non apparteneva più ai Black. Serviva un altro padrone adesso, il quale, assieme all'elfo domestico, aveva ereditato le proprietà di Grimmauld Place numero dodici, sebbene non vi mettesse piede quasi mai. La casa era in uno stato d'abbandono, lasciata all'incuria. Kreacher si impegnava a tenerla in uno stato decente, per quanto gli fosse possibile. Era vecchio, ormai, e non aveva più le forze di un tempo. Tuttavia, ogni giorno si alzava, abbandonava l'angusta tana in cui soleva dormire e si metteva al lavoro per salavaguardare quel che rimaneva della famiglia Black. I suoi sforzi non erano dettati dalla paura di deludere il suo nuovo padrone, né tantomeno erano il frutto di ordini impartiti. No, Kreacher agiva così perché era affezionato a quel luogo, come lo era alla vecchia famiglia che un tempo aveva servito con tanto ardore.

Il padrone che serviva adesso non lo avrebbe punito; era una persona di animo buono e altruista, nonostante fosse considerato il mago più potente di tutto il mondo magico. Ed era solo un ragazzo. Il suo nome era Harry Potter. Un nome famoso, destinato ad echeggiare forte nel tempo, per l'eternità.

Kreacher non si sarebbe mai immaginato che, alla sua veneranda età, sarebbe passato a servire un altro mago che non fosse un Black. Ma la sorte aveva voluto che Harry Potter fosse il figlioccio dell'ultimo discendente dei Black rimasto in vita, Sirius, nonché il più scapestrato e ribelle degli eredi dell'antica e nobile stirpe britannica.

Sirius era morto solo un paio d'anni prima e aveva lasciato, secondo testamento, sia la casa dei suoi genitori che tutto ciò che essa conteneva – compreso Kreacher, il cui valore come essere vivente non superava quello della mobilia che puliva, secondo l'opinione dei grandi maghi che dettavano le leggi - al giovane Harry Potter.

Sirius era stato scelto come suo padrino da James Potter, migliore amico di Sirius e padre di Harry. Purtroppo il giovane uomo era morto poco dopo la nascita del figlio, insieme alla moglie, Lily Evans, per mano del più potente mago oscuro di tutti i tempi: Lord Voldemort. Perché quest'ultimo si fosse tanto accanito contro i Potter, e in particolare, contro il loro pargoletto ancora indifeso, rimaneva ancora un mistero. Alcuni avevano nominato una misteriosa profezia, ormai andata in frantumi, e quindi perduta per sempre, che aveva eletto il piccolo Harry come l'unico in grado di sconfiggere Lord Voldemort, il mago che aveva gettato il mondo magico – e non – nelle tenebre della disperazione e della distruzione. A quanto pareva, lo stesso Voldemort si era spaventato, intimorito da una profezia che nemmeno aveva udito direttamente, ma soltanto riferita (o così si diceva) ed era partito alla ricerca di quel bambino ancora in fasce, per ucciderlo personalmente e con lui, distruggere ogni possibile minaccia per la sua ascesa al potere.

Così, in una fredda notte di Halloween di sedici anni prima, Lord Voldemort si era recato a Godric's Hallow, il piccolo villaggio in cui i Potter si erano nascosti per proteggere il loro amato figlio. Il mago oscuro aveva individuato il loro nascondiglio e si era presentato davanti alla loro casa armato di bacchetta e di perfidia. Aveva ucciso i due giovani genitori senza alcuna pietà, a sangue freddo. Poi, si era rivolto al piccolo Harry Potter, ignaro di quanto stesse accadendo intorno a lui. Lord Voldemort aveva riversato sul bambino indifeso, che piangeva ormai orfano nella sua culla, tutta la sua potente magia oscura. Una maledizione che gli era rimbalzata addosso, trasformando Lord Voldemort in un essere più morto che vivo – sebbene non ancora totalmente distrutto – e salvando il piccolo Harry da morte certa.

Harry Potter era diventato, quindi, il "bambino che era sopravvissuto", il "prescelto", l'unica speranza che avrebbe riportato pace in quel mondo magico ormai dilaniato dalla malvagità di Voldemort. E così fu.

Nel corso di quei sedici anni, Harry Potter era cresciuto, diventando un brillante giovane mago. Tuttavia, anche Lord Voldemort era tornato, riacquistando i suoi poteri oscuri. A maggio di quel 1998, aveva avuto luogo a Hogwarts, la Scuola di Magia e Stregoneria per i giovani maghi della Gran Bretagna, una delle più memorabili battaglie che la storia del mondo magico avrebbe ricordato. Anche Kreacher aveva preso parte allo scontro. E aveva visto come il suo nuovo padrone, Harry Potter, aveva sconfitto una volta per tutte il potente Lord Voldemort.

La misteriosa profezia si era avverata. Harry Potter aveva vinto e Lord Voldemort era morto. Definitivamente. Non sarebbe più tornato. Il mondo magico esultò. Nell'ultimo mese, maghi di tutte le età e stirpi si erano ritrovati insieme a festeggiare e a piangere lacrime di gioia per la nuova vita piena di speranza che si scorgeva all'orizzonte, miste a lacrime di tristezza, versate sulle tombe di coloro che erano periti durante la battaglia. Il sacrificio pieno d'onore per un mondo migliore.

Nella sua solitudine, in Grimmauld Place numero dodici, anche Kreacher versava spesso lacrime silenziose per le morti che attanagliavano il suo vecchio cuore di elfo domestico raggrinzito. Ma erano morti diverse. Passate inosservate, non celebrate. Mai capite. E infine dimenticate dalla maggior parte delle persone. Gli ultimi discendenti dei Black non vennero pianti come eroi di quella guerra alla quale, loro malgrado, avevano comunque preso parte.

Kreacher si trovava nel sontuoso soggiorno di casa Black, buio e in ombra dalle grosse tende perennemente tirate, coprendo i vetri delle finestre. Solo un raggio era riuscito a trovare uno stretto pertugio, attraverso il quale filtrare nella stanza. Quel flebile scampolo di luce, illuminò l'ampia parete sulla quale era affisso l'antico arazzo di famiglia, che rappresentava l'intero albero genealogico della stirpe dei Black.

In cima, troneggiava la scritta solenne:

 

La Nobile e Antichissima Casata dei Black

'Toujours Pur'

 

Sotto di essa, un imponente albero dorato si apriva in serpeggianti rami intricati, ognuno dei quali terminava nel nome di un componente della famiglia, seguito da data di nascita e di morte. Kreacher abbandonò i suoi tentativi di rassettare la stanza e si avvicinò all’arazzo. Alzò il volto arcigno e scrutò con sguardo triste, ma allo stesso tempo colmo di reverenza, i nomi di coloro che un tempo aveva servito.

Kreacher era fedele a Harry Potter e ne apprezzava l’animo generoso e comprensivo, nonostante fosse passato al suo servizio come una mera eredità da testamento. Inoltre, condividevano un sentimento comune, ovvero il dolore per una perdita che agli occhi del resto del mondo era sembrata priva d’importanza. Sirius Black. Kreacher non lo aveva mai rispettato, fra tutti i suoi padroni era stato quello meno simpatico a Kreacher, per via della sua vena sovversiva e ribelle che lo aveva fatto allontanare dalla famiglia e dai valori su cui la Casata si fondava: la purezza del sangue magico. Tuttavia, Sirius era stato l’ultimo figlio rimasto in vita di Walburga Black, la donna che Kreacher aveva venerato come nessun altro al mondo, e pertanto ne rappresentava l’ultimo e unico legame al quale Kreacher si era aggrappato per onorare il suo scopo della vita: servire i Black.

Perché, per quanto potesse stimare Harry Potter e godere della sua gentilezza, il cuore servile di Kreacher sarebbe stato fedele soltanto ad uno Stemma. Lo stesso che ora osservava con nostalgica devozione, appesa alla parete del soggiorno di Grimmauld Place numero dodici.

Era il 18 giugno e, per quanto fuori dalle mura della casa si facesse un gran baccano allegro e festante, l’animo di Kreacher non poteva essere più cupo. L’elfo si avvicinò ancora di un passo all’imperioso albero dell’arazzo, le sue dita grinzose scorsero lungo i rami dorati che ora gli apparivano come lapidi. Accarezzò con orgoglio i nomi dei suoi precedenti padroni, Orion e Walburga Black, i nobili genitori di Sirius, che lui aveva tanto disprezzato. Il dito sottile del vecchio servo procedette incerto, seguendo le lineee della discendenza nata dai defunti coniugi Black: giunse al ramo di Sirius, del quale non era rimasta altro che una piccola bruciatura sbiadita. Era stata la madre, Walburga Black, a provocarla, cancellando lei stessa quel suo primogenito ribelle dall’albero di famiglia. Lui era scappato di casa, giurando che non avrebbe fatto mai più ritorno e l’inflessibile e crudele signora Black lo aveva preso in parola, bandendolo definitivamente dalla famiglia. Kreacher aveva assistito, insieme al marito di Walburga e agli altri due figli, al rituale che accompagnava quel gesto di esilio: Walburga Black aveva estratto, con movimento solenne, la sua bacchetta e aveva dato fuoco al nome di Sirius, recidendolo come un ramo malato, marcio, in modo che l’infezione della sua sovversività non si estendesse nel resto dell’albero. Un rito simbolico, ma irreversibile. La fedeltà nei confronti della propria stirpe era uno dei valori portanti della Casata dei Black: chi veniva meno a tale principio, non meritava di farne parte. Ovviamente, Sirius non era stato l’unico membro della famiglia a subire tale destino. Di tanto in tanto, lungo il dorato intrico serpeggiante dell’albero genealogico si incontravano altre bruciature che coprivano nomi e date, cancellando del tutto i componenti non più meritevoli di essere considerati dei Black.

Secondo Kreacher la scelta della sua venerabile padrona era stata oculata: Sirius era troppo arrogante, troppo irrispettoso, troppo ingestibile. Quando era venuto a conoscenza della sua prematura dipartita, il 18 giugno di due anni prima (anche se la data non era segnata sull’arazzo, per colpa della bruciatura inflitta alla sua intera esistenza) l’elfo non si era sentito particolarmente addolorato per la morte del padrone. Era stata più l’idea della completa fine della stirpe dei Black ad averlo fatto cadere nella disperazione.

Al contrario, il vecchio Kreacher aveva consumato tutte le sue lacrime per la morte del fratello minore di Sirius, Regulus Black, avvenuta molti anni prima rispetto al primogenito. Regulus aveva solo diciotto anni quando era venuto a mancare. Così giovane e coraggioso. Pieno di onore, come la madre. Kreacher lo aveva venerato quasi quanto la sua vecchia padrona. Il cuore dell’elfo era ancora dolorosamente straziato da quella perdita. Una morte atroce e avvolta nel mistero più profondo, quanto gli oscuri abissi in cui giaceva il cadavere di Regulus. Nessuno sapeva per cosa era morto il più giovane dei Black. Solo Kreacher ne era a conoscenza; Regulus si era confidato con lui, come ad un fedele amico. Tuttavia, una promessa fatta al suo giovane padrone poco prima di lasciarlo andare, un Voto Infrangibile che lo legava a Regulus anche dopo la sua disperata morte, obbligava Kreacher al silenzio, impedendogli di menzionare le vicende che avevano condotto il giovane e nobile ragazzo a quell’inesorabile destino. Le dita di Kreacher si soffermarono a lungo sull’effige di Regulus Black; gli occhi tristi della creatura ne scrutarono la data di morte: 18 giugno 1979. Lo stesso giorno di Sirius. Una coincidenza inquietante, che legava i due fratelli nella morte.

Ma qualcosa di ancora più misterioso teneva uniti i due giovani Black. Un altro ramo si interponeva fra quello di Sirius e quello di Regulus. Un’altra morte. Anch’essa passata sotto silenzio. Ignorata. Mai rivelata.

Sirius e Regulus non erano i soli figli di Orion e Walburga. Qualcun altro era nato insieme a Sirius. Una sorella, gemella. Tuttavia, oramai tutti coloro che avevano avuto a che fare con lei o che sapevano della sua esistenza erano morti. E con loro anche il ricordo della ragazza. Nemmeno l’albero genealogico dei Black la menzionava: il ramo nascosto che, in modo appena percettibile, si diramava alla stessa altezza di quello di Sirius, era stato anch’esso bruciato, divelto da quell’infausta dinastia. Un’altra bruciatura, ma che nessuno seppe spiegarsi l’origine. Era semplicemente apparsa, così, all’improvviso. Kreacher ricordò quando l’arazzo, nel silenzio della notte, aveva dato annuncio della scomparsa della giovane e, adesso, ignota Black. Le fiamme erano magicamente apparse, da sole, sulla pregiata stoffa e ne avevano cancellato il nome e giorno di nascita. Kreacher rammentò la data di quell’evento: 18 giugno 1977.

Un’altra inspiegabile coincidenza. Ma di cui nessuno, eccetto Kreacher, si era mai accorto. Come, d’altrone, nessuno sapeva più dell’esistenza della giovane Black sconosciuta. La sorella tanto amata da Regulus e disprezzata da Sirius. Nessuno sapeva chi era stata, come aveva vissuto o come era morta. O dove. Il suo corpo non fu mai trovato. Come non fu mai trovato quello di Regulus, e quello di Sirius. Al Mausoleo dei Black, assieme a quelle di Orion e Walburga, vi erano tre tombe vuote.

Tutto ciò che a Kreacher era rimasto, quindi, era l’arazzo della stirpe, benché nemmeno quest’ultimo era in grado di tramandare i nomi di coloro che ne avevano fatto parte. Quelli sarebbero sopravvissuti solo nel cuore grinzoso di Kreacher e, molto probabilmente, sarebbero caduti nell’oblio dopo la sua morte.

Perciò, le generazioni future della comunità magica non avrebbero mai scoperto quale fosse il nome della sorella gemella di Sirius e sorella maggiore di Regulus, il quale oramai giaceva soltanto nei remoti ricordi del vecchio elfo.

Quel nome era Alya Merope Black.

   
 
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