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Autore: lone_wolf_08    17/03/2021    1 recensioni
Una New York distopica divisa a metà: una zona ricca e una povera. Due realtà opposte destinate ad incontrarsi come due rette perpendicolari.
Una barriera tra due mondi completamente diversi. Due cuori che battono all'unisono.
Storie d'amore ed amicizia in stile Steampunk.
(Stony)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, James ’Bucky’ Barnes, James ’Rhodey’ Rhodes/War Machine, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo I


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POV: Città Bassa



“Tu quale prenderesti?”

“Quella nera, coi raggi d’argento e il manubrio rosso, senza pensarci due volte”

“Si non male, ti ci vedo sfrecciare tra i vicoli con quella”

“Tu invece?”

“Mi piace un sacco quella blu coi cerchioni bianchi e la sella a righe rosse e bianche”

“Un giorno le avremo Steve, te lo prometto”

Il biondo sorrise all’amico, che sorrise di rimando.

Una voce maschile e rude infranse il momento “Voi due furfanti scendete subito da lì!”

Bucky si alzò di scatto “Gli sbirri! Corri!”

Infilando i cannocchiali amatoriali nei malconci zainetti di stoffa, presero a correre sul tetto dell’edificio su cui stavano appollaiati.
La guardia correva loro parallelamente per la strada trafficata.

“Forza Steve corri!”

“Prima o poi dovrete scendere da lì e allora ve ne pentirete!”

I due correvano scivolando di tanto in tanto su qualche tegola malmessa, che cadeva infrangendosi sul selciato sottostante. Saltavano di tetto in tetto, schivando le ciminiere fumanti che annerivano di fuliggine il loro giovane viso, tirato dall’adrenalina.
Si trovarono poi sul tetto di un edificio abbandonato e in rovina. Il lucernario era rotto, perciò pensarono furbamente di introdursi all’interno e sfuggire così all’agente. Quest’azione dette loro l’opportunità di sfruttare il tempo in cui l’uomo cercava di sfondare la porta d’ingresso, per fuggire da una finestra sul retro e far perdere così le loro tracce. Appena fuori ripresero a correre all’impazzata finché non furono sicuri di essere in salvo. Si accasciarono stremati poco dopo in un vicolo buio, a riprendere fiato e a ridere del pericolo scampato.

“Se…avessi avuto…quella bici…ora non…sarei così…a corto di fiato” scherzò Bucky

Steve rise e riprese a respirare regolarmente “Se avessi quella bici semplicemente non saresti qui a scappare dalle giacche blu”.

Il suono della sirena che segnava la fine dei turni di lavoro degli adulti giunse alle loro orecchie. I due amichetti si alzarono.

“Diamine! Mia madre tornerà dal lavoro stanca e io non sono nemmeno andato a prendere il pane per la cena!”

“Forse il signor Wilson non ha ancora chiuso il negozio, forza corriamo!” lo strattonò il moro.

Arrivarono col fiatone davanti alla bottega del signor Wilson, proprio mentre quest’ultimo stava chiudendo i battenti. “Ragazzi ehi, è successo qualcosa?” si rivolse loro preoccupato.

Steve, rammaricato e col fiato corto, rispose all’uomo “Mi…serviva…del pane”.

“Mi spiace davvero piccolo ma ho chiuso e sai che devo stare negli orari”.

“La prego…non potrebbe aprire per pochissimo? Il tempo di prendere una pagnotta”.

“Faremo veloce glielo promettiamo” lo aiutò Bucky.

Il volto dell’uomo si addolcì, stava per riaprire il negozio quando una voce li fece sussultare. “Signor Wilson”.

Una giacca blu stava impettita a pochi passi dietro di loro.

“Agente Morstran” lo salutò rispettosamente il fornaio.

“Come sono andati gli affari oggi?”.

Wilson si allontanò con naturalezza dalla porta come se ne stesse andando “Direi bene grazie, ora se permette porto i ragazzi a casa loro. Le auguro un buon proseguimento di serata”.

“Altrettanto” rispose secco Morstran squadrando poi severamente Steve e Bucky.

Appena furono lontani abbastanza Wilson si scusò “Mi dispiace, siamo stati sfortunati. La prossima volta ti consiglio di passare prima Steve”.

Il biondo annui intristito “Capisco la situazione signore, non si preoccupi. È stata una negligenza mia ed è stato scortese da parte mia insistere”.

“Tranquillo Steve, ti avrei aiutato volentieri. Fate i bravi mi raccomando” disse salutandoli scompigliando loro i capelli affettuosamente.

Mentre si allontanavano Bucky alzò la voce girandosi verso l’uomo “Porga i nostri saluti a Sam!”. Poi si rivolse a Steve nel tentativo di tirargli su il morale “Vedi? se avessimo avuto quelle bici saremmo arrivati in tempo”.

Steve sorrise “Sai, continuare a ripeterlo non le farà comparire magicamente”

“E continuare a piangerti addosso non ti farà comparire il pane tra le mani, quindi ora fammi un sorriso Steve. Andrà meglio domani”

Steve lo guardò e sorrise per poi abbracciarlo “Ci vediamo domani idiota”

“A domani cretino, porta i miei saluti a Sarah”.

Il biondo salì le scale del palazzone dove abitava ed entrò nell’appartamento in cui lui e sua madre erano in affitto. Entrando la vide armeggiare in cucina. Lei si voltò e sfoggiò al figlio un sorriso stanco eppur colmo d’amore.

“Steve piccolo mio”, posando il mestolo andò ad abbracciarlo. “Com’è andata oggi?”.

Steve si sentì morire dentro “Ho dimenticato di andare a prendere il pane. Scusa mamma”.

Sarah non era una madre dura, severa all’occorrenza certo, ma era anche fin troppo buona e amava suo figlio più di qualunque altra cosa. Gli accarezzò la testa e gli diede un bacio sulla fronte fuligginosa “Non importa, vorrà dire che stasera mangeremo la zuppa di fagioli senza pane. Non mi sembra un dramma. Sai invece cosa mi sembra un dramma?” chiese seria.

Steve alzò lo sguardo verso di lei preoccupato.

“Questa faccina triste e sporchissima” rise lei.

Il bambino tornò a sorridere “Corro a lavarmi”.

Cenarono raccontandosi a vicenda della giornata di lavoro. Sarah lavorava in una fabbrica di tessuto, mentre Steve lavorava il cuoio con Bucky e tantissimi altri bambini in una fabbrica di scarpe. Aveva dovuto cominciare per legge all’età di 6 anni ma a causa della salute cagionevole il medico gli aveva concesso un anno in più. Conobbe Bucky pochi giorni dopo il suo primo giorno di lavoro. Stava uscendo dal turno e due ragazzini di 8 anni cercarono di rubargli la paga giornaliera. Bucky, che aveva un anno in più, lo difese. Da allora diventarono amici inseparabili. Da che era solo, Steve conobbe Sam Wilson, suo coetaneo e Clint Barton, coetaneo di Bucky, il quale lavorava come acrobata presso dei fenomeni da baraccone. Steve, all’età di 8 anni, conobbe anche una fanciulla della quale si prese una cotta. Si chiamava Peggy Carter ed era un vero terremoto. L’avevano inserita nel gruppetto perché era l’unica bambina con cui si potesse giocare alla guerra. Non era come tutte le altre bambine; non era noiosa, pettegola e tanto meno lamentosa. Cadeva e si rialzava senza fiatare, scherzava e rideva delle battute da maschi ma allo stesso tempo manteneva la sua femminilità, tenendoli in riga come farebbe una madre responsabile. A Steve si spezzò il cuore quando seppe che i suoi genitori si erano guadagnati tre passaggi per la Città Alta. Questo voleva dire che Peggy avrebbe oltrepassato il confine sociale, le avrebbero tolto il marchio e sarebbe finalmente stata libera. Era contento per lei ma allo stesso tempo era tremendamente triste, così come tutti gli altri. Steve promise a sé stesso che sarebbe riuscito a guadagnare abbastanza da passare il confine con sua madre, riuscendo finalmente a garantire ad entrambi una vita migliore, senza obblighi di lavoro e regole, senza miseria e sofferenza, senza violenza e restrizioni. Perché proprio questo era la Città Bassa, persone relegate in condizioni misere senza quasi possibilità di salvezza. Erano veramente pochi quelli che riuscivano a vincere la scalata sociale e passare dall’altra parte. Solo un passaggio costava 1000 ducati e la paga di Sarah, 72 scellini giornalieri insieme a quella di Steve di 20, servivano a mangiare e a pagare l’affitto. Il poco che restava della paga di entrambi veniva messo in una cassetta, per emergenze varie. Steve aveva anche un’altra cassetta, dove teneva parte dei suoi guadagni da quando aveva cominciato a lavorare. Lì custodiva il suo sogno più grande: andarsene da quel posto con sua madre e il suo migliore amico.

Tra poco avrebbe compiuto 11 anni e per legge gli avrebbero aumentato le ore di lavoro da 10 a 12. La paga sarebbe salita da 2 scellini all’ora a 6, avrebbe guadagnato come sua madre e sarebbe riuscito a mettere da parte di più. Ma il tutto sembrava procedere troppo a rilento. Gli sarebbero voluti comunque anni e anni per raggiungere la quota del passaggio. Steve si spremeva come poteva per guadagnare di più. Prendeva qualche extra vendendo disegni e ritratti per strada. All’occorrenza aiutava Sam e suo padre a vendere e a portare in giro il pane, ma lo stesso i guadagni erano troppo bassi.

Sarah non voleva si affaticasse troppo per via della sua salute: era sempre stato molto gracile per la sua età, inoltre soffriva d’asma. L’unico aspetto positivo che trovava in quest’ultima era che l’aveva salvato dal lavoro in miniera, decisamente il peggiore tra quelli assegnati ai ragazzi. Eppure, nonostante gli sforzi di Sarah nel proteggerlo, Steve faceva di tutto per portare un po' più di soldi a casa ed aiutare sua madre con le spese.

Era sempre stato un bambino buono, generoso e gentile anche a dispetto di ciò che aveva subito in tenera età. Il padre, alcolizzato e violento, li aveva abbandonati quando Steve aveva 5 anni. Da allora il bimbo viveva molto più sereno e Sarah era sollevata del fatto che la figura paterna non avesse influito troppo negativamente nella sua crescita. Robert era sparito dalle loro vite, dai loro pensieri, dai loro discorsi. Semplicemente non esisteva più per loro, rimaneva un semplice fantasma del passato.



Nota dell'autrice:


Hello there! 🥰
Ecco che ci addentriamo nelle vite dei nostri protagonisti. In questo capitolo come avrete visto mi sono soffermata sulla situazione di Steve, indovinate un po' a chi toccherà il prossimo eheheh😏. Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate! Le vostre opinioni sono importantissime! ❤️🌟💬🙏🏼

Alla prossima!

Kia

   
 
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