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Autore: _Agrifoglio_    17/03/2021    12 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bufera d’oriente
 
Esibite le lettere prelevate nel Palais Royal e a Venezia, gli inglesi dovettero arrendersi all’evidenza e ammettere di essere stati turlupinati da tre persone (il Duca d’Orléans, il Conte di Compiègne e il Generale Bonaparte) che, da sole, si erano dimostrate più furbe di un’intera corte. Nessun intento bellicoso era albergato nella mente della Regina Maria Antonietta e nessun progetto di invasione delle coste inglesi si era fatto largo nello Stato Maggiore dell’esercito francese.
La guerra si era rivelata troppo dispendiosa sia per la Francia sia per l’Inghilterra ed entrambe le potenze erano intenzionate a porre fine al conflitto. La Francia, in particolare, era in armi contro l’Austria, la Prussia, il Regno di Sardegna e la Spagna e aveva tutto l’interesse a decurtare il numero dei suoi nemici mentre l’Inghilterra, essendo uscita male dalla guerra d’indipendenza americana, voleva tornare in pace e far prosperare i suoi commerci.
Fu, quindi, nella prima metà del mese di marzo, organizzato un incontro a Versailles per la firma del trattato di pace.
Le lettere che il Conte di Compiègne portava sempre con sé, invece, erano di tutt’altro genere e consistevano in un carteggio intervenuto fra lui e la madre, all’epoca in cui la donna si trovava nel padiglione di caccia sito nella tenuta del fratello, sul lago di Saint Mandé, nel bosco di Vincennes, a predisporre la trappola in cui sarebbe caduta la sventurata Geneviève. In esse, il Conte ripeteva con insistenza di detestare più di qualunque altra donna la damigella che la madre voleva costringerlo a sposare e di non essere disposto a sottostare ai sacra del matrimonio. Oscar consegnò quelle lettere alla Contessa consorte di Compiègne che ne fece un ottimo uso davanti alla Sacra Rota.
– Richiameremo la flotta dal Mediterraneo, le nostre navi cesseranno di presidiare i Vostri porti e gli approvvigionamenti alla Francia non saranno più ostacolati dall’Inghilterra – disse l’Ambasciatore, un vecchio Lord inglese dal volto rugoso e dagli occhi di marmo, scrutando la Regina Maria Antonietta che, dal trono, faceva lo stesso con lui – ma anche la Francia deve impegnarsi a ripristinare lo status quo ante.
Fece una pausa per controllare l’effetto delle sue parole sull’uditorio e per dare maggior peso a quanto si apprestava a dire.
– L’isola di Malta tornerà sotto il controllo dei Cavalieri Ospitalieri e le truppe francesi lasceranno l’Egitto entro il mese di maggio, cessando le ostilità e restituendo i territori conquistati ai loro legittimi Sovrani. Tutti i tesori razziati saranno riconsegnati ai loro proprietari.
– Approviamo le condizioni – rispose, lapidaria, la Regina Maria Antonietta – Nessun ostacolo si frappone, pertanto, alla sottoscrizione del trattato.
Mentre l’Ambasciatore si apprestava a firmare, la Regina riprese la parola:
– Naturalmente, Lord Bartlett, ci aspettiamo che porgiate al Conte di Lille le scuse dell’Inghilterra a nome di Re Giorgio III.
– Naturalmente – rispose l’Ambasciatore, assottigliando gli occhi che divennero simili a quelli di un serpente – Conte di Lille, Vi prego di accettare le più sentite scuse da Sua Maestà Re Giorgio III per la Vostra detenzione e per la condanna a morte che Vi fu inflitta.
– Accetto le scuse – disse André, accompagnando alle parole un cenno del capo.
– Benissimo – concluse la Regina – Possiamo spostarci tutti nel Salone d’Ercole per i festeggiamenti.
Così fecero e Oscar, in qualità di Comandante Supremo delle Guardie Reali, scortò Lord Bartlett verso la sala.
Quando tutto fu finito, Maria Antonietta si accostò a Oscar, André e Girodel, domandando loro:
– Cosa pensate del trattato?
– Esso restaura la situazione esistente prima dell’ingresso dell’Inghilterra nelle ostilità, Maestà – rispose prontamente Oscar – Cosa giusta e naturale, dato che non ci sono vinti e vincitori. Tuttavia…
– Tuttavia? – ripeté Maria Antonietta.
– Temo fortemente la reazione del Generale Bonaparte, Maestà – rispose, senza mezzi termini, Oscar – Da uomo ambizioso quale egli è, non accetterà facilmente la vanificazione dei suoi sforzi. Aveva riposto grandi speranze nella Campagna d’Egitto. Vi ha profuso tutte le sue energie, ha studiato ogni dettaglio. Questo sarà un duro colpo alle ambizioni e all’amor proprio di lui.
– Dell’ambizione e dell’amor proprio di quel traditore non mi preoccupo, Madame Oscar e neppure Voi dovreste farlo. Sarà messo agli arresti e deferito alla Corte Marziale al suo ritorno in Francia.
Detto ciò, la Regina sorrise agli interlocutori e si congedò da loro, allontanandosi in compagnia di Madame Royale e del Conte di Fersen.
– Cosa ne pensate? – chiese Oscar al marito e al Generale de Girodel – Non riesco a condividere l’ottimismo e la sicurezza di Sua Maestà. Essendo vissuta molto tempo gomito a gomito col Generale Bonaparte e avendolo visto operare da vicino, dubito che sia così facile sbarazzarsi di lui e ridurlo all’irrilevanza. Prenderà tutto come un fatto personale, ne sono più che convinta.
– Concordo con Voi, Comandante – disse il Generale de Girodel – Il Generale Bonaparte, oltretutto, dispone, adesso, di ingenti ricchezze. Non sono sicuro che restituirà i tesori razziati o che li restituirà tutti.
– Sono d’accordo anch’io – si inserì André – e aggiungo che, a mio avviso, il Generale Bonaparte dispone anche delle immense ricchezze dei Cavalieri di Malta. Non penso che quel tesoro sia andato distrutto nell’esplosione dell’ammiraglia L’Oriént, così come Napoleone ha riferito. Io ero sul cassero dell’HMS Vanguard quando c’è stata l’esplosione e non ho visto parti del tesoro saltare in aria. Ho scorto alberi, pennoni, vele e… uomini sbalzati verso l’alto dalla deflagrazione, ma nulla che assomigliasse a degli oggetti preziosi.
– Ora che mi ci fai pensare, André, ho sentito i discorsi di alcuni soldati che erano presenti sulla riva del mare nei giorni successivi alla battaglia di Abukir e nessuno di loro ha parlato di oggetti preziosi o di parti di un tesoro rinvenuti sulla battigia.
I tre si guardarono gravemente pensierosi.
 
********
 
– Arriva! Arriva! – comunicò ai suoi compari l’uomo appollaiato sul ramo di un albero mentre abbassava il cannocchiale.
– Ne sei sicuro, Pierre?
– Sicurissimo, lo stemma sulla carrozza è quello e, poi, c’è la scorta.
– Bene, procediamo con il piano!
Alcuni uomini, aiutandosi con delle funi, calarono un enorme tronco sulla strada di campagna, ostruendola.
Quando, un paio di minuti dopo, sopraggiunse la carrozza, il cocchiere null’altro poté fare che tirare le redini, imponendo ai cavalli la frenata.
– Fate attenzione! – comandò il Capitano alle Guardie.
Aveva appena fatto in tempo a impartire l’ordine che, dalla boscaglia circostante, fuoriuscì una moltitudine di uomini, vestiti da briganti, che ingaggiò una dura lotta con i militari. Le Guardie Reali combatterono con valore, ma furono subito sopraffatte dalla superiorità numerica degli avversari che, pur sembrando dei banditi, si battevano con mestiere e ardimento.
Mentre il cocchiere e i valletti, dopo essere smontati da cassetta e dalla pedana sul retro, se la davano a gambe, due assalitori spalancarono la portiera e trassero fuori dalla carrozza un giovane uomo che iniziò a protestare.
– Lasciatemi andare, ribaldi o aggraverete la vostra posizione! – disse il ragazzo, sorpreso e rosso in volto, ma per nulla intimorito.
– Fate silenzio, seguiteci e nulla di male vi accadrà – rispose uno dei rapitori, un individuo becero con pochi capelli in testa e tanta protervia nella voce.
I due uomini, aiutati da altri compari, afferrarono il giovane dalle braccia e, strattonandolo, lo fecero salire su un’altra carrozza tutta nera, sopraggiunta al di là del tronco. Appena il prigioniero vi fu rinchiuso dentro, i cavalli partirono al galoppo mentre gli altri assalitori battevano in ritirata, lasciando le Guardie Reali sulla strada, morte o ferite.
 
********
 
– Comandante, il Re è stato rapito circa un’ora fa! – urlò il Maggiore de Valmy a Oscar mentre questa stava imboccando il corridoio, dopo essere uscita dagli appartamenti della Regina.
L’aveva cercata nell’ufficio di lei e, non avendola trovata, era giunto, dopo una serie di tentativi, a ridosso degli appartamenti di Maria Antonietta.
– Cosa dite, Maggiore?! – domandò, basita, Oscar.
– Degli uomini hanno teso un agguato alla carrozza del Re, mentre questi faceva ritorno alla reggia da Parigi, dove aveva assistito a un’esposizione floreale. Dai racconti dei superstiti, sembra che gli aggressori fossero svariate decine mentre i nostri erano soltanto dodici. Le Guardie Reali hanno fatto quello che hanno potuto, ma i numeri giocavano a nostro sfavore… Il Re è stato fatto salire a forza su una carrozza nera e condotto verso una destinazione ignota.
– Dove era diretta la carrozza nera? – domandò la donna, stringendo i pugni.
– A sud est, Comandante.
– Iniziate le ricerche! Mandate delle pattuglie sul luogo del rapimento! Seguite le tracce della carrozza! Cercate ogni minimo indizio! Interrogate i superstiti! – ordinò Oscar, agitata in volto e col fiato corto, ma molto lucida.
– Sì, Comandante! – disse il Maggiore de Valmy, allontanandosi.
Fece qualche passo di corsa e, poi, si voltò di nuovo.
– Comandante, perdonatemi, ma, nella concitazione, stavo dimenticando un dettaglio molto importante: i superstiti hanno raccontato che, malgrado gli assalitori fossero vestiti da briganti, dal modo di combattere e dall’organizzazione, non davano l’idea di dilettanti. Sembravano, anzi, dei militari esperti.
Detto questo, si allontanò.
André, che era vicino a Oscar, mormorò:
– Un bel guaio… E, adesso, chi lo dice alla Regina?
– Cosa dovreste dirmi?! – domandò Maria Antonietta, con voce accorata, dopo avere spalancato da sola le porte dei suoi appartamenti, attirata dal trambusto che proveniva dal corridoio.
– Cosa dovreste dirmi??!! – insistette la Regina, ancora più angosciata, al silenzio dei due.
– Il Re è stato rapito da ignoti circa un’ora fa, sulla strada che conduce a Versailles da Parigi, Maestà – rispose Oscar, reclinando il volto e socchiudendo le palpebre.
– Cosa??!! – gemette Maria Antonietta, intrecciando le mani davanti alla bocca.
Nessuna parola rassicurante udì dagli interlocutori. La vista le si annebbiò ed ebbe un mancamento, afflosciandosi fra le braccia di Oscar e di André.
 
********

 
Castello-di-Vincennes
 
 
Fissando la massiccia sagoma grigia della fortezza, Oscar si strinse nel mantello e spronò il cavallo.
Il castello di Vincennes sorgeva a est di Parigi, imponendosi alla vista da molto lontano, con la sua cinta muraria rettangolare e l’alta torre del mastio. Terza residenza reale, la cui ristrutturazione era stata interrotta per dare la precedenza ai lavori della reggia di Versailles, già scuola militare e, ora, prigione di Stato, la costruzione appariva lugubre anche a una mente poco avvezza alle facili suggestioni come quella di Oscar.
Attraversato il ponte che sovrastava il fossato, mostrò il lasciapassare della Regina alle Guardie che la introdussero negli appartamenti reali.
In ragione dell’altissimo rango, al prigioniero erano stati risparmiati gli scomodi e bui seminterrati che erano toccati in sorte a Voltaire, a Diderot, al Conte de Mirabeau e al Marchese de Sade. Gli era stata, invece, riservata un’ala del castello di quelle destinate a ospitare i Reali, ma la fortezza era così tetra che Oscar provò ugualmente un senso di disagio, in quanto erano stati loro, con la campagna scandalistica che avevano orchestrato, a indurre il Conte Jules de Polignac a formulare l’accusa d’adulterio.
Non appena vide il Duca d’Orléans incedere verso di lei con la sua solita espressione sardonica, tuttavia, ogni scrupolo di coscienza svanì. Lo guardò con aria dura e gli disse:
– Duca d’Orléans, sono qui su ordine della Regina Maria Antonietta per farVi alcune domande.
– Veramente, non potreste rivolgermi la parola finché non fossi io a farlo, Madame Oscar – ribatté disinvoltamente il Duca, scoppiando in una delle sue risate beffarde – ma Voi siete sempre stata refrattaria a seguire le regole.
– Voi lo siete ancora più di me, Duca d’Orléans e ciò, alla fine, Vi ha condotto in questo posto, ma veniamo al dunque. Immagino che intuiate il motivo della mia visita.
– Le notizie corrono veloci e giungono persino “in questo posto”, come lo avete definito Voi, Madame Oscar – rispose il Duca, esibendosi in un’altra delle sue fastidiose risate – Mi spiace deluderVi, ma non so dove sia finito il Re.
– Non mentite, Duca d’Orléans! – ruggì Oscar, a una spanna dal perdere la pazienza – Non siete mai estraneo a eventi che coinvolgano nel male la Famiglia Reale. Ditemi dov’è il Re!
– Come siete prevedibile, Madame Oscar! E’ così facile farVi infuriare. FateVela una risata ogni tanto, Vi gioverebbe – e sghignazzò un’altra volta.
– Ve lo chiedo per l’ultima volta: dov’è il Re?!
– Mi dispiace, ma non lo so. Capisco che abbiate tanta immaginazione quanta leggerezza di spirito, ma sforzateVi lo stesso… Io sono chiuso qui, un altro sta a Venezia e, da quel che mi hanno riferito, da quando io sono agli arresti e la moglie lo ha piantato, non ha mezzi per mantenere se stesso, figuriamoci per organizzare il rapimento di un Monarca… Chi rimane? Avanti, è facile persino per Voi… – e rise nuovamente.
– Duca d’Orléans, smettetela con i Vostri giochi! Il Generale Bonaparte è di stanza in Egitto, con la sua Armata d’Oriente.
– Ne siete sicura? Pare che ci sia stato un trattato di pace che dovrebbe scontentarlo parecchio… Brr!! La Vostra presenza rende questa fortezza ancora più tetra, lugubre e deprimente del consueto, ove possibile…
– Piantatela di celiare e ditemi quello che sapete!
– Io non so, ma intuisco e faccio i miei complimenti al Generale Bonaparte. E’ stato veloce, preciso, inesorabile, spietato. Sapevo che era brillante, ma non fino a questo punto e temo che ci metterà tutti nel sacco. Quell’uomo è un genio, come lui non ne nasce che uno per secolo.
– Non avete altro da dirmi, Duca d’Orléans?
– No, se non ringraziarVi, perché la Vostra tetraggine mi ha fatto rivalutare questo carcere – si girò per tornare nei suoi appartamenti, quando proruppe in un altro ghigno – E fateVela una risata ogni tanto!
 
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Napoleone
 
 
La tensione, alla reggia di Versailles, era palpabile, scolpita nei volti e trasudante dai gesti dei presenti e sembrava che persino le foglie degli alberi fossero mosse da un’arcana forza nervosa anziché dal vento. Una cappa di piombo aleggiava nei saloni e nei corridoi, i cortigiani erano stranamente ammutoliti e persino gli uccelli, nei giardini, parevano più silenziosi. Tutto era sospeso in un’atmosfera di attesa mista ad ansia.
I servitori tentavano di rendersi invisibili, timorosi di attirare le reazioni delle Guardie, le quali si muovevano da un ufficio all’altro per dare e ricevere istruzioni.
La più nervosa di tutti era Oscar che considerava il rapimento del Re una sua tragica e imperdonabile mancanza sebbene chiunque avesse agito era stato abilissimo nel muoversi di sorpresa e nel non lasciare trapelare le proprie intenzioni. Quasi tutti erano restii ad avvicinarla e chi poteva la schivava.
– Generale de Girodel, ci sono novità? – domandò la donna al militare, vedendolo entrare nell’ufficio di lei, prima ancora che questi facesse in tempo a salutarla.
– Nessuna nuova sul Re, purtroppo, Comandante – rispose, scuro in volto, Girodel – ma giungono strane notizie dal sud della Francia: la flotta del Generale Bonaparte è sbarcata a Tolone una settimana fa, senza metterne al corrente il Comando.  
– E cos’è? Un’invasione?! – chiese Oscar allibita – Credete che queste manovre siano collegate al rapimento del Re?
– Trovo tutto molto strano anch’io, sebbene sia superfluo dirlo – disse André, facendo il suo ingresso nella stanza – e, comunque, neanche le Guardie Metropolitane sono al corrente delle sorti de Re.
– Se Alain è rientrato in Francia al seguito di Bonaparte, forse, saprà dirci qualcosa di più sulle intenzioni del suo superiore – chiosò Oscar – Da quell’uomo, c’è da aspettarsi di tutto…
– Comandante, marciano verso la reggia!! Una moltitudine numerosa! – disse, concitato, il Maggiore de Valmy, entrando di corsa nell’ufficio di Oscar.
– Chi?! – tuonò la donna – Rivoltosi? Giacobini redivivi? Affamati? Giansenisti?
– L’esercito francese, Comandante – rispose il Maggiore – L’Armata d’Oriente!
– Schierate le Guardie Reali sul piazzale della Reggia e portate la Regina, Madame Royale e i fratelli di Luigi XVI nel castello di Vincennes! – ordinò Oscar – Jean, vai tu a informare il maggiordomo della Regina.
– Ritenevo Bonaparte ambizioso, spregiudicato e perennemente in bilico fra razionalità e delirio di onnipotenza, ma ho clamorosamente sottovalutato la situazione: quell’uomo è completamente pazzo… – aggiunse, poi, appoggiando le mani sul ripiano della scrivania mentre Jean si allontanava per eseguire gli ordini.
– Ha giocato d’anticipo, Comandante – intervenne Girodel, con aria torva – Deve essere stato informato del ritrovamento delle lettere. Da lì a capire che le porte della Corte Marziale si sarebbero presto spalancate per lui, c’è voluto poco. Ha deciso di colpire per primo…
– Senza contare che è sicuramente venuto a conoscenza anche del trattato di pace – fece notare André – e dover riconsegnare tutti i territori conquistati lo avrà fatto infuriare, eufemisticamente parlando…
– L’Armata d’Oriente, sebbene decimata, conta ancora più di ventimila uomini e non sappiamo quanti Napoleone ne stia facendo marciare contro di noi – disse, assorta, Oscar, senza dar mostra di avere ascoltato gli altri – Le sole Guardie Reali non sono sufficienti a fermarlo. Maggiore de Valmy, chiedete dei rinforzi al Generale de Bouillé! Generale de Girodel, mandate a chiamare mio padre! André, torna alla caserma delle Guardie Metropolitane e chiedi aiuto al Generale d’Agout!
– Sì, Comandante! – dissero, all’unisono, Girodel e Valmy, uscendo dalla stanza.
Quando si furono allontanati, André scrutò la moglie e le sussurrò:
– Stai attenta…
I due si guardarono con intensità e, poi, lui se ne andò.
Rimasta sola, Oscar iniziò a fare dei rapidi calcoli mentali sulle forze di cui avrebbe potuto disporre e su quelle di cui era presumibilmente dotato Napoleone ed elaborò degli abbozzi di strategie difensive.
Mentre pensava, l’attendente Jean si catapultò di nuovo nella stanza di lei.
– Generale! Generale! Soltanto il Conte di Provenza, il Conte d’Artois e le rispettive famiglie accettano di rifugiarsi nel Castello di Vincennes! La Regina dice che aspetterà l’arrivo del Generale Bonaparte nella sala del trono e Madame Royale e Madame Élisabeth rimarranno con lei!
– Dannazione!! – tuonò Oscar, battendo un pugno sul tavolo – Non è questo il momento degli eroismi!! Jean, seguimi!!
Corse nella sala del trono e vi trovò Maria Antonietta seduta su di esso mentre Madame Royale e Madame Élisabeth la affiancavano sui due lati. Alcune dame, fra cui Madame de Jarjayes, Madame de Girodel, la Principessa de Lamballe e la Marchesa de Tourzel erano in sala insieme alla loro Sovrana.
– Maestà, seguite il mio consiglio e rifugiateVi nel castello di Vincennes!
– Non è possibile, Madame Oscar! Non abbandonerò la reggia proprio ora che mio figlio è stato rapito e non si trova al suo posto!
– Vi prego di ripensarci, Maestà!
Per tutta risposta, Maria Antonietta la guardò con aria dura e determinata.
– Jean, dai ordini affinché cinquanta Guardie Reali raggiungano immediatamente la sala del trono!
– Sì, Comandante!
Trascorse un interminabile lasso di tempo, durante il quale Oscar diede disposizioni da un punto all’altro della reggia.
Dopo circa mezz’ora di manovre e di tensione, i militari di Napoleone giunsero davanti ai cancelli della reggia, li forzarono ed entrarono nel grande piazzale. Si trovarono di fronte centinaia di Guardie Reali con i moschetti puntati contro di loro mentre Oscar, dal balcone principale, intimava la resa immediata. Il Generale Bonaparte diede ordine di caricare e i soldati partirono di corsa.
Secondo le istruzioni di Oscar, le Guardie Reali si erano disposte su più file e alcune di esse erano posizionate lateralmente. I soldati napoleonici si trovarono, pertanto, bersagliati frontalmente, diagonalmente e lateralmente. La superiorità numerica era, però, dalla parte dei bonapartisti che erano veloci, determinati e molto ben addestrati.
Oscar impartiva gli ordini dal balcone principale, gettando sempre un occhio all’interno, nel caso le giungessero novità dalla sala del trono. Urlava le sue disposizioni senza posa, finché un proiettile la mancò per pochi millimetri. Guardò in basso e distinse nitidamente Napoleone Bonaparte che, da sotto il suo bicorno di feltro nero, la fissava con occhi di ghiaccio.
Ingenti furono le perdite da una parte e dall’altra, ma le truppe napoleoniche, malgrado il valore delle Guardie Reali, riuscirono ad aprirsi un varco e a penetrare nella reggia. Corsero per scalinate e corridoi, sparando alla rinfusa su statue, lampadari, mobili e dipinti e ingaggiando scaramucce con le Guardie che incontravano lungo la via.
Oscar si precipitò nella sala del trono, chiamando a raccolta le Guardie Reali che erano con lei e quelle che aveva incontrato strada facendo. All’interno della sala, trovò il Conte di Fersen che coordinava i suoi militari.
– Conte di Fersen, Voi e i Vostri uomini proteggete la Regina, le Principesse e le dame! Guardie Reali, preparateVi alla battaglia!
Aveva appena finito di parlare quando Napoleone Bonaparte fece ingresso nella sala del trono con passo marziale, abbigliato con la divisa, il bicorno, il pastrano e gli stivali di foggia militare. Era seguito da circa duecento uomini, i superstiti di quella folle missione.
Il Generale, coi suoi taglienti occhi d’aquila, guardò imperiosamente la Regina e, con voce stentorea, disse:
– Madame, rappresentate un Re assente. Vi destituisco dal Vostro ruolo con efficacia immediata. Oggi stesso, sposerò Madame Royale e mi incoronerò Imperatore!
– Vaneggiate, Generale! – rispose la Regina, con tono non meno imperioso e sottolineando con particolare enfasi la parola “Generale” mentre Madame Royale allibiva – Siete agli arresti per alto tradimento, sommossa, ribellione e istigazione alla guerra civile. Oggi stesso, comparirete davanti alla Corte Marziale! Deponete immediatamente le armi e sparite dalla nostra vista!
Il Conte di Fersen e i soldati di lui si strinsero intorno alla Regina, alle Principesse e alle dame mentre le Guardie Reali puntarono i moschetti contro i bonapartisti che fecero altrettanto.
Oscar si mise davanti al trono, fra la Regina e Napoleone e, sguainando la spada e puntandola contro il Generale corso, tuonò:
– Sono Oscar François de Jarjayes, Comandante Supremo delle Guardie Reali e Vi ordino di consegnare le armi!
Napoleone la guardò senza scomporsi e, con voce dura, rispose:
– So benissimo chi siete. Non prendo ordini da Voi né da nessuno. Oggi stesso, marcerete davanti al plotone d’esecuzione.
– Siete stato messo a capo di un’intera armata, Vi è stata affidata una missione delicatissima, a Voi, un oscuro Generale di provincia! E’ questo il Vostro ringraziamento alla Corona?! – ribatté Oscar, con aria di estremo biasimo.
– Credevate davvero che mi sarei fatto da parte?! Tutti quei territori conquistati con i miei sforzi e con le mie strategie, il bottino di guerra, le ricchezze, pensavate davvero che li avrei riconsegnati?
– Le Vostre conquiste sono il frutto degli sforzi dei Vostri uomini, da Voi trattati come pedine su una scacchiera, spinti sempre allo stremo delle forze, fiaccati con marce estenuanti in scatole di sabbia infuocate! Le Vostre vittorie sono macchiate del sangue dei prigionieri orrendamente trucidati per far quadrare i Vostri conti!
– Questa è la guerra, Madame!
Jean, intanto, gemeva:
– Francese contro francese, fratello contro fratello…
– Smettila di blaterare, Jean – lo redarguì Oscar – e vai a vedere se giungono i rinforzi!
Mentre Jean obbediva all’ordine, facendosi strada fra la folla per guadagnare l’uscita, un forte clamore giunse da oltre la porta. Il Generale de Jarjayes fece ingresso nella sala del trono alla testa del suo reggimento e, con occhi fiammeggianti e voce possente, si rivolse a Napoleone, urlando:
– Che cessi questa follia!
I numeri tornarono a essere favorevoli agli assediati senza contare che gli uomini del Generale de Jarjayes erano illesi e riposati, ma Napoleone, che pensava ancora di poterla spuntare, ordinò ai suoi di attaccare. Iniziò, così, un duro corpo a corpo sotto gli occhi della Regina, delle Principesse e delle altre dame che rimasero fieramente al loro posto, protette dal Conte di Fersen e dagli uomini di lui. Oscar, il padre e Girodel tiravano di scherma senza posa, con ardimento e maestria, finché l’attendente Jean tornò, annunciando:
– Stanno arrivando il Generale de Bouillé e il Generale d’Agout con le Guardie Metropolitane!
Bonaparte capì che la partita era persa e ordinò rapidamente la ritirata, andandosene via senza badare ai suoi uomini.
Alcuni militari bonapartisti furono catturati, ma Napoleone riuscì a dileguarsi come uno spettro.
 
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Giuseppina
 
 
– Ti prego, Bonaparte, ti supplico, fammi entrare! – gemeva Joséphine de Beauharnais, stringendo nella mano sinistra un costoso fazzoletto di seta bianca e picchiando quella destra, senza posa, sulla porta che rimaneva ostinatamente chiusa davanti a lei.
– Vattene via, sciagurata! Non voglio vederti! Fra noi, tutto è finito! – ruggì Napoleone, con un tono durissimo che mascherava lo strazio di un cuore ferito e di un orgoglio umiliato.
– Ti scongiuro, Bonaparte, lascia che ti spieghi… – insistette la donna, con voce supplichevole e tremula, ma, al tempo stesso, molto seducente.
– Niente c’è da spiegare! Sono stato informato dei tuoi trascorsi! Sei soltanto una sgualdrina! Sei peggio delle puttane che passeggiano intorno al Palais Royal, con la differenza che quelle, almeno, lo fanno per mangiare! – rispose Napoleone, con accento severo che, però, a sprazzi, gli si strozzava in gola.
– Il mio comportamento è stato abominevole e tu hai ragione a detestarmi! Ti prego, tuttavia, di perdonarmi! Lo so che adesso mi disprezzi e ti capisco, ma ti supplico, ti scongiuro, di darmi un’altra possibilità! Parliamone…
La voce di lei era, a tratti, accorata e, a tratti, appena udibile, ma sempre ben modulata e ammaliante come quella di una sirena.
– Non ho nulla da dirti! – ribatté lui con un urlo doloroso – Tornatene da quel tuo Charles Hippolyte! Tornatene dal Conte di Lille e da tutti i tuoi cicisbei!
Interruppe subito la frase, perché sentiva che, diversamente, essa sarebbe terminata in un pianto dirotto.
– Per me ci sei soltanto tu, Bonaparte! Ci sei soltanto tu… Tu sei il sole e gli altri non sono che dei fuochi fatui… – e proruppe in vari singhiozzi che, anziché imbruttirle la voce, gliela resero mille volte più bella.
– Lo capisci che questo è un addio?! Sparisci!! – tuonò Napoleone, con tutta la forza della sua disperazione e del suo cuore in pezzi.
– Va bene – acconsentì lei, con tono nuovamente calmo e rassicurante – Farò come vuoi tu, ti dirò addio, ma non posso certo farlo da dietro a una porta…
La serratura girò con uno scatto e la porta si aprì.
 

Napoleone-e-Giuseppina
 







Il tesoro dei Cavalieri di Malta, nella realtà storica, andò distrutto nell’esplosione del vascello L’Oriént, nel corso della battaglia del Nilo, combattuta fra l’1 e il 2 agosto del 1798.
Ho scelto di fare rapire Re Luigi XVII mentre tornava da un’esposizione floreale perché egli era davvero appassionato di fiori.
La frase “Che cessi questa follia!”, che ho messo in bocca al Generale de Jarjayes, è pronunciata da Gandalf, ne “Il Signore degli Anelli”, “Il ritorno del Re” in occasione del rogo di Denethor.
Come al solito, grazie a chi vorrà leggere e recensire!
   
 
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