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Autore: Slytherin_Divergent    19/03/2021    1 recensioni
In un mondo dove la popolazione ha tatuato sul proprio corpo il nome della propria anima gemella, quando si compie una certa età sul corpo di chi può rimanere incinta compare una macchia bianca.
Kenjirou tiene nascosta la sua da anni a causa del terrore dei genitori e quando scopre di aspettare due gemelli allontana Eita e tutti i suoi cari. Per tre anni lui e la sua anima gemella non si vedono e quando riprendono i contatti sembra andare tutto per il meglio, almeno fino a quando Kenjirou non trova il suo migliore amico svenuto in bagno e scopre che qualcuno ha rapito i suoi figli e vuole ucciderlo.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Eita Semi, Kenjiro Shirabu, Nuovo personaggio, Taichi Kawanishi
Note: Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Mpreg, Spoiler!, Violenza
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Kenjirou rimase seduto per terra per quella che gli parve un'eternità. Doveva essere arrivata la notte quando si svegliò – non ricordava nemmeno di aver pianto tanto da essersi persino addormentato – perché le luci erano molto più soffuse di prima. Si mise seduto con la schiena contro al muro e strofinò le guance sporche di lacrime secche.

La sua mente vagò all'indietro, ripensando alle parole di Shibuzawa. Poteva andarsene di lì e incominciare una vita completamente diversa senza mai più sentire Eita, oppure poteva morire lì e subito. Guardò i figli stesi sui letti e strinse le labbra, poi si guardò attentamente intorno. Non c'era nulla nella stanza, nemmeno videocamere di sorveglianza. Di certo quel posto doveva essere una base temporanea e non avevano avuto tempo d'installare nulla. Guardò il vetro al suo fianco e strinse le labbra. Non era molto spesso, ma non si sarebbe rotto prendendolo a calci.

Tirò un profondo respiro e si alzò, poi si fece indietro e fissò il vetro di fronte a sé. Saltellò sul posto, poi scatto in avanti e tirò una forte spallata al vetro con tutta la forza che riuscì a trovare. L'impatto fu doloroso e la superficie non diede segni di cedimento. Shirabu crollò a terra con un gemito di dolore, massaggiandosi la spalla, poi si fece indietro una seconda volta, stringendo i denti, e caricò di nuovo.

Aveva appena tirato la decima spallata quando improvvisamente tutto divenne rosso e scattò un allarme. Per un attimo temette che lo avessero scoperto, poi all'improvviso una voce risuonò nella struttura tramite un sistema di altoparlanti: la polizia era lì. Lo avevano trovato. Il castano abbassò lo sguardo e sfiorò l'interno dell'avambraccio, dove mesi prima gli avevano inserito una piccola sonda che potesse costantemente rilevare la sua posizione, individuabile solamente dal loro sofisticato sistema.

Non si soffermò a domandarsi come mai ci avessero messo tanto, ma si fece indietro e si lanciò con più convenzione di prima contro al vetro con un grido di battaglia. Crollò all'indietro a causa dell'impatto, ma la crepa che andò a percorrere la superficie fu tanto soddisfacente da far quasi sparire il male.

Continuò a lanciarsi contro alla superficie per altri tre minuti e fu proprio quando la porta venne spalancata e Shibuzawa fece il suo ingresso che il vetro si sfondò.

«NO!» lo sentì gridare Kenjirou mentre crollava nell'altra stanza. Cadde sui vetri rotti e boccheggiò nel sentire una scheggia entrargli nel fianco. Si alzò a carponi tossendo e gattonò via dall'apertura mentre Shibuzawa entrava. Si sfilò di dosso la scheggia con il respiro pesante, ma in un attimo il più vecchio gli tirò un calcio che lo fece crollare di lato.

L'uomo lo afferrò per il colletto della maglia e lo sollevò di peso, sbattendolo contro al muro e bloccandolo. Il castano gli afferrò i polsi e boccheggiò, tentando di spingerlo via. «Come hanno fatto a trovarti?! Come?! Mi sono assicurato che non ci fossero dispositivi di tracciamento su di te!»

Shirabu gli rivolse un sorriso meschino, tossendo per il sangue in bocca, e sollevò lentamente il braccio, mostrando la cicatrice del rilevatore. «Non sei così intelligente come credi, allora...»

L'uomo lo afferrò per la gola ringhiando di rabbia. «Non uscirai vivo da qui.»

Kenjirou boccheggiò e gli piantò le mani in faccia, tentando disperatamente di allontanarlo da sé. Sentì l'aria mancare ai polmoni e strinse gli occhi pieni di lacrime, incominciando a scalciare. Lentamente, percepì l'energia lasciare il suo corpo e lasciò scivolare le braccia ora troppo pesanti lungo il corpo. L'uomo lo lasciò cadere a terra e lui si accasciò con violenza sopra i vetri, sobbalzando per le nuove ferite.

«Prima che tu muoia voglio vedere il tuo dolore» ringhiò Shibuzawa, allontanandosi e dirigendosi verso i due letti. «nel vedere morire i tuoi amati figli.»

Il castano strinse gli occhi e singhiozzò. Si alzò sugli avambracci e scosse tremando la testa per scacciare l'alone di oscurità che v'incombeva sopra. Afferrò un pezzo di vetro e si avvicinò strisciando all'uomo. Il vecchio si voltò verso di lui e gli tirò un calcio con una smorfia di disgusto. Kenjirou rotolò all'indietro e socchiuse gli occhi, tentando disperatamente di richiamare all'ordine i suoi pensieri. Alzò lentamente la testa e rimase ad osservare la figura del vecchio dall'altra parte della stanza che gli dava le spalle, intento a digitare comandi su un pannello di controllo.

Strinse i denti e si fece forza sulle braccia, alzandosi e tentando disperatamente di non crollare a terra. Mosse un passo in avanti e strinse il pezzo di vetro tra le dita, poi ne mosse un altro e avanzò lentamente verso la figura del più alto. Erano a mezzo metro di distanza quando l'altro si voltò verso di lui e lo vide. Sgranò gli occhi e aprì la bocca per parlare, ma il castano fu più veloce. Si sporse in avanti e gli conficcò con le sue ultime forze il vetro in gola, accasciandosi contro di lui e poi rotolando a terra.

Shibuzawa boccheggiò e si accasciò contro al muro, scivolando al suo fianco e soffocando in silenzio e lentamente nel suo stesso sangue. Kenjirou rimase ad osservare il suo cadavere per parecchie decine di secondi, poi voltò la testa nella direzione dei letti e si costrinse ancora una volta a tirarsi su. Serviva solo un ultimo sforzo.

Si avvicinò a Yukine e si accasciò al fianco del suo letto, staccando ad uno ad uno i fili a cui era collegato, poi si voltò verso Fuyuki e fece lo stesso. Quando fu sicuro che non vi fossero più cavi a loro collegati si permise di crollare a terra con un rantolo soffocato, poi i suoi occhi si chiusero e perse conoscenza.

<°>.°.<°>

Kenjirou rinvenne con attorno a lui le lampeggianti luci rosse che andavano ancora ad intermittenza e il forte odore di sangue nell'aria. Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il viso di una ragazza. Capì trattarsi della figlia dell'uomo a capo di tutta l'operazione solamente dagli occhi, gelidi e freddi come i suoi. Aveva una pistola in mano e gliela teneva puntata contro mentre le lacrime solcavano le sue guance.

Di fianco a loro, l'uomo che lo aveva portato in quel posto stringeva saldamente tra le braccia i suoi figli. Avevano lasciato la stanza con i due letti ed ora erano in un buio corridoio malmesso – sicuramente la cantina della casa. Posò nuovamente lo sguardo sulla ragazza e deglutì, mormorando: «È finita per voi.»

Lei scosse la testa e tirò su con il naso. «Sta' zitto, bastardo. Hai ucciso mio padre.»

«E lui stava per uccidere la mia famiglia.» sibilò il castano. Si aggrappò al muro e si tirò a fatica in piedi. Lei scosse la testa, ma non sparò.

«Stai... Stai indietro!» gridò, facendo un passo indietro. «Non ti avvicinare, o sparo.»

Kenjirou deglutì e fece cautamente un passo avanti. Lei non doveva aver mai preso in mano una pistola, perché la teneva puntata troppo in basso e la sicura era ancora inserita – Eita aveva insistito perché imparasse qualcosa dalle due guardie del corpo che gli erano state assegnate dal dipartimento di polizia. Con un profondo respiro, tese una mano.

«Dammi la pistola.» lei scosse la testa e indietreggiò ancora.

«Ho detto fermo.» Kenjirou stava per parlare quando un proiettile gli schizzò di fianco alla testa. Crollò contro al muro per lo spavento – evidentemente la sicura non c'era - e dovette aggrapparvisi per non cadere. La ragazza gridò e si coprì le orecchie con le mani, poi si avvicinò all'uomo e gli strappò di braccio i bambini, correndo via. «Uccidilo!»

«NO!» il castano si voltò nella sua direzione, ma fu scaraventato indietro dall'uomo. Colpì con forza il terreno e la sua mente si fece buia per qualche istante. Quando riaprì gli occhi l'uomo troneggiava su di lui e lo stringeva per il collo. Il castano boccheggiò per qualche secondo, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa per difendersi, poi all'improvviso il suo viso si ricoprì di sangue e lui rimase tremante a terra.

Il suo assalitore si drizzò e rivolse tutta la sua attenzione sulla pattuglia di polizia appena entrata nella stanza. Kenjirou gli strisciò sotto le gambe e corse mosse dall'adrenalina nella direzione in cui la ragazza era fuggita. Dietro di lui risuonarono parecchi colpi di pistola e grida.

Alla fine del corridoio c'era una porta di legno. La spalancò ed entrò al suo interno, guardandosi intorno. La ragazza aveva la pistola sollevata e la stava puntando contro i due bambini, stesi a terra. Si voltò verso Kenjirou e singhiozzò di paura. «VATTENE!» strillò.

Il castano deglutì e aprì ancora una volta la bocca per parlare, ma lei fu più svelta. «Tu hai ucciso mio padre! Hai ucciso mio padre!»

«Perché avrebbe ucciso me!» lei scosse la testa.

«Spero che tu soffra all'inferno, bastardo.» sibilò, poi due spari risuonarono nella stanza.

Fu come se tutta l'aria fosse stata risucchiata dai polmoni del castano. Attorno a lui il mondò sembrò come rallentare: vide i proiettili lasciare la canna della pistola e il sangue schizzare per terra quando i due pezzi di piombo impattarono le teste dei suoi figli. Sentì le ginocchia cedere e crollò a terra senza riuscire a respirare, il petto che si muoveva in modo spasmodico alla ricerca d'ossigeno, semplicemente senza forze per far altro che osservare impotente la scena attorno a sé. Si accorse di star gridando di dolore solo quando la gola prese a bruciargli e i suoi occhi furono talmente pieni di lacrime da impedirgli di vedere il monto circostante. Piantò le mani a terra per sorreggersi dal crollare disteso sul pavimento e non sobbalzò nemmeno quando un terzo proiettile gli perforò la pancia.

Alzò lentamente lo sguardo dalla pozza di sangue che lentamente si espandeva da sotto le teste di Yukine e Fuyuki fino al viso della ragazza. La osservò, ma tutto nella sua mente gridava e non vi badò veramente mentre il suo cervello tentava disperatamente di realizzare l'accaduto. Non udì i poliziotti entrare nella stanza, ma vide l'espressione della ragazza mutare lentamente in una di dolore e terrore mentre una macchia rossa si espandeva sul suo addome e la vide crollare a terra. Udì vagamente qualcuno chiamarlo e lasciò che chiunque fosse lo sostenesse mentre il sangue gli ostruiva le vie respiratorie e gli invadeva con prepotenza la bocca, stordendolo ancora di più. Crollò di lato e l'ultima cosa che vide fu il panico nel viso di Eita.
 

 

   
 
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