Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Sel_OdF    21/03/2021    0 recensioni
Il regolamento dice di scrivere una trama, non sono brava in queste cose; non so mai cosa dire potrei partire col dirvi che la soria parla di Ace, di Ace e della sua vita, delle sue gioie e delle sue paure e di come una ragazza gli abbia cambiato la vita o di come lui l'abbia cambiata a lei, questo dipende dai punti di vista. Magari non è una novità, lo so ma l'ho scritta col cuore perchè non accetto che con la sua morte il sangue del Re dei Pirati smetta di vivere e di scorrazzare per i mari. Sel
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: Lemon, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
9- Satch
 
Il mattino seguente mi sveglio con un Ace che mi fissa dolcemente e una colazione vicino.
“Buongiorno!” esclama, gli sorrido e lo saluto con voce ancora assonnata.
Durante la mattina non ho incontrato il Babbo... Okay, diciamo che l'ho volutamente evitato; non tanto per la storia del tatuaggio più per quello che è successo con Ace, era stato abbastanza chiaro al riguardo.
Dopo pranzo decido di andare da lui per chiedergli del tatuaggio, penso che possa anche non dirgli subito di Ace, anzi credo che potrei anche evitare di dirglielo in fondo è una cosa personale. Lo trovo sul ponte a guardare il mare, lo chiamo.
“Sapevo che saresti venuta a parlarmi. -mi sto attorcigliando una ciocca di capelli sulle dita- Non sapevo quando ma ero certo che prima sarebbe successo.”
Ma allora già lo sa! No, è impossibile. Aspetta, non andare subito nel panico... Ma sì! Logico, si sta riferendo al fatto che sarei venuta a parlargli.
“Kira?!” torno alla realtà biascicando un 'Eh?' il Babbo ride “Si tratta del tatuaggio, no? -annuisco- Satch me ne ha già parlato. Fai parte di quella ciurma?”
“Certo che no!” rispondo sicura. Io e Law siamo stati molto amici, in qualche anno fa avevo preso anche in considerazione l’idea ma subito l’avevo accantonata, ero troppo legata alla mia famiglia per lasciarla. Ad oggi, libera da ogni vincolo, non mi sono posta problemi: il mio sogno è quello di girare il mondo e farlo con la mia nuova famiglia, anche se sono pirati, mi riempie il cuore di gioia.
“Va bene, allora come ti aveva detto tuo fratello non c'è nessun problema. C'è altro che dovevi dirmi?” mi chiede girandosi.
“N-no!” balbetto poco convinta.
Ecco, mi ha già beccata. Non sono in grado di mentire. Potrei sempre provare ad inventarmi qualche scusa… non mi viene in mente niente che sia abbastanza credibile.
“Sei sicura?!” mi guarda dall’alto, sono troppo presa a cercare una scusa o un nuovo argomento di conversazione per accorgermi che sta sorridendo sotto i baffi.
“S-sì, certo! Cos'altro dovrei dirti?!” non avrei mai dovuto fargli questa domanda.
Brava, Kira. Se volevi cambiare argomento sei proprio sulla buona strada.
“Boh. Non lo so. Per esempio: Ace è bravo a letto?!” chiede con aria così seria da sembrare davvero arrabbiato, sgrano gli occhi non sapendo cosa dire, arrossisco visibilmente. Provo a balbettare una cosa tipo ‘Sì, no... Ma tu... Come... Insomma...’ mentre riprendo a giocherellare con una ciocca dei miei capelli, l'unica cosa che ottengo è farlo ridere.
Oh sì, fantastico... Ora qualcuno mi spieghi come fa a saperlo e perché fino a un secondo fa sembrava arrabbiato e adesso sta ridendo!
“Non ti preoccupare, mi interessa relativamente quello che fate: l'importante è che siate felice e facciate attenzione gurarahahah!”
“Ma come fai a saperlo?!” le parole sono uscite da sole dalle mie labbra, non so nemmeno io come sia riuscita a porgli la domanda con tanta sicurezza e senza mettermi a balbettare come ho fatto fino a qualche secondo fa.
“Io sono il papà, so sempre tutto! -dice contento per aggiungere in seguito- E poi questa mattina ho visto Ace prendere la colazione e camminava ad un metro da terra, tu mi hai evitato fino ad ora quindi era successo qualcosa. Sono solo contento che sia qualcosa di positivi, mi sarebbe dispiaciuto il contrario.” Sorride dolcemente mentre mi sistema una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
“Ah, è per questo...” mormoro nuovamente a disagio, se ci fossimo comportati con normalità non se ne sarebbe accorto.
“Non solo, anche il segno rosso che hai sul collo... Parla da sé!” ride nuovamente e contagia anche me.
 
Nel pomeriggio finalmente Satch mi ha tatuata, non tutti sanno che sono la figlia naturale di Sengoku ma non importa qui siamo tutti figli di BarbaBianca, un'unica e grande famiglia.
Questo senso di unione è così forte che lo si può respirare nell’aria che ci circonda, è un sentimento così forte che mi riempie il cuore di gioia, finalmente sento di aver trovato il mio posto nel mondo. Mi sento a casa, non mi sono mai sentita così accettata come ora. In ogni sguardo, in ogni gesto che questi uomini compiono c’è amore; un amore così fraterno e puro che mai avrei pensato potesse esistere davvero. Sono felice con loro.
Ho cominciato ad allenarmi sia per imparare a controllare i poteri del Frutto del Diavolo, che fino ad ora sono stati inutilizzati, sia perché in futuro avrei dovuto difendermi ma anche attaccare.
Ci sono stati giorni belli, altri un po' meno ma nonostante tutto ho passato dei mesi fantastici; sono già passati quasi dodici mesi, mesi in cui abbiamo viaggiato, visitato nuove isole, conosciuto gente nuova, fatto l'amore e incontrato il Grand'Ammiraglio Sengoku. Sì, per la prima volta ho visto mio padre.
Stavo camminando per la strada di un'isola sulla quale ci siamo fermati per far rifornimento quando lui mi passa di fianco insieme ad un uomo coi capelli grigi e una cicatrice vicino all'occhio sinistro.
Sengoku è alto e massiccio, i capelli afro sono neri proprio come nella fotografia, la barba lunga è intrecciata; indossa un buffo copricapo con un gabbiano impagliato sopra e porta gli occhiali, nella foto non c'erano, riesco comunque a vedere gli occhi: freddi come il ghiaccio, sembra non trasmettano alcuna emozione. È un uomo che mette inquietudine ma allo stesso tempo trasmette sicurezza, forse sono solo io che mi sto facendo influenzare dalle mie emozioni. Lo fisso per alcuni istanti senza rendermene pienamente conto.
 
Cosa faccio?! Lo fermo e gli dico che sono sua figlia! No. Non posso.
 
Mi sono fermata, ora anche lui mi sta guardando.
 
Lui è un marine, io un pirata.
 
“Sengoku, perché ti sei fermato?” volge il suo sguardo all'uomo che lo accompagna e io colgo l'occasione per andarmene camminando più velocemente senza voltarmi; sgattaiolo via come una ladra e decido di nascondermi dietro ad una casa lì vicino, li sento parlare.
“Garp guarda questa ragazza… La sua collana…”
Com’è possibile che sia riuscito a vederla? Non eravamo così vicini, non credevo nemmeno che mi avesse notata. Cosa faccio adesso?
“Quale ragazza? Qui non c’è nessuno.” chiede il viceammiraglio, guardandosi intorno con aria confusa e si porta il mignolo di una mano nel naso, gesto che gli conferisce un’aria buffa e terribilmente tenera: ogni tanto sorprendo Ace fare la stessa cosa quando è confuso o annoiato.
“Non c’è più! Eppure, potrei giurare fosse qui fino a un attimo fa…” Vedo che anche il grand’ammiraglio adesso si guarda intorno con aria attenta, si toglie quel suo strano cappello e si passa una mano tra i ricci.
“Sì, certo e ora si è volatilizzata. Andiamo. L’ho sempre detto che lavori troppo…” sospira scuotendo appena il capo e continua a brontolare fin quando Sengoku non gli intima di tacere.
 
Arrivo di corsa sulla Moby Dick, Ace è sul ponte che sta parlando con Teach e Satch
“Ace!” ho il fiatone, i polmoni mi bruciano e sento le gambe molli.
Mi guardano perplessi.
“Tutto okay? Avevi il diavolo alle calcagna?” chiede Teach con quel suo tono che sembra nascondere sempre del sarcasmo, lo ignoro.
Io e Teach non riusciamo proprio ad andare d’accordo, è come se tra di noi ci fosse un’antipatia reciproca che non riusciamo a superare. Credo di non essergli mai piaciuta e lui ha cominciato a non piacermi per via delle battutine sessiste e al limite della decenza che mi rifila ogni volta che ne ha l’occasione.
“Ace… -Mi prende per le spalle- Ace. Ho visto mio padre!” deglutisco mentre a poco a poco riprendo fiato.
“E beh cosa c’è di male? L’ho visto anch’io papà, è seduto al solit-…”
Ace interrompe Teach e si scusa posando una mano sulla spalla dell’uomo “Ragazzi, ce ne andiamo! Spiegate le vele!” urla mentre si allontana da noi per dare ordini agli ragazzi della ciurma.
“Satch, cosa sta succedendo?” chiede il ragazzo dalla testa ad ananas un po’ confuso.
“Marco!” esclama il ragazzo con l’acconciatura a banana e rivolge un sorrisone al comandante della prima flotta mentre gli va incontro.
“No, tuo nonno. Allora?! Cos’ha da sbraitare il fiammifero?”
“Sengoku è sull’isola… -Satch fa spallucce, portandosi le mani in tasca- meglio evitare problemi per il momento.”
“Kira lo sa?” l’espressione di Marco si fa preoccupata, forse teme la mia reazione.
“Si, l’ho visto io. Comunque, se tu non te ne fossi accorto, io sono qui…” rispondo al posto di Satch con voce apparentemente pacata e accenno un sorriso al biondo per rassicuralo.
 Sorride a sua volta nel vedermi tranquilla “Giusto, lui ti ha visto?”
“Sì, ma non credo mi abbia riconosciuto. Insieme a lui c’erano una capra e Garp.”
“Il nonno di Ace” annuisce sorridendo appena.
 
Prendiamo il largo, è sera ormai, vedere il mio vero padre mi ha lasciata un po’ scossa, mi ero scordata della sua esistenza. Mi ero messa l’anima in pace e avevo rinunciato a cercare un contatto con lui ma ora…
“Kira devo chiederti una cosa.” La voce di Ace interrompe i miei pensieri, mi volto a guardarlo
“Dimmi.” Accenno un sorriso, guardandolo mentre mi scosto dalla ringhiera del parapetto.
“Ne ho parlato con papà ed è d’accordo. Se vuoi stanotte puoi dormire con me, cioè trasferirti nella mia cabina. Vuoi? Ti lascio del tempo per pensarci. Vado, quando hai deciso sai dove sono…” parla velocemente e le sue guance assumono una leggera sfumatura rossa per l’imbarazzo.
È bello vedere come nonostante il tempo che stiamo insieme ogni volta che dobbiamo confidarci qualcosa di tenero entrambi arrossiamo come ragazzini, come se ogni volta fosse la prima. Non ho mai amato qualcuno come amo lui, è una sensazione meravigliosa.
Gira i tacchi e fa per andarsene, gli metto una mano sulla spalla e lo rigiro verso di me.
“Vieni qui, scemo -Lo bacio- certo che voglio, devi anche chiedermelo?!”
Sorride felice “Hai ragione. Sai che ti bacerei fino a consumarmi le labbra?!” il suo viso è così vicino al mio, sento il suo respiro accarezzarmi dolcemente la pelle.
“E tu sai che ti preferisco tutto intero?” sfrego la punta del mio naso sulla sua in un gesto affettuoso e porto una mano ad accarezzargli una guancia.
Ci scambiamo un altro bacio.
“Ti aiuto a portare le tue cose nella mia cabina.”
 
Sono passati parecchi giorni da quando ho visto mio padre ed è tornato tutto alla normalità, abbiamo passato un felice Natale tutti insieme, in seguito festeggiato l’anno nuovo e il compleanno di Ace in un’unica grande festa; è vero che in quanto a feste nessuno batte BarbaBianca!
Da quando dormo con Ace la notte non sento più freddo, nemmeno ai piedi, oltre che da comodo cuscino funge anche da stufetta umana.
È una bella mattina, o così sembra, di circa metà gennaio, ci siamo svegliati presto ma siamo rimasti nel letto al calduccio a farci le coccole. Mi piace quando rimaniamo così; solo io e lui, se siamo insieme agli altri solitamente non ci scambiamo troppe pomiciate, magari qualche bacio veloce ma nulla di più.
“Hai dormito bene, piccola?” mi chiede dolcemente.
“Si, tu sei un ottimo cuscino!”
“Ah, un ottimo cuscino?! – annuisco, ridacchiando sotto i baffi - te lo faccio vedere io il cuscino!”.
Comincia a farmi il solletico, io lo soffro tantissimo. Mi rannicchio contro di lui e cercando di proteggermi mi circondo il corpo con le braccia. Poco dopo mi ritrovo stesa sotto di lui, i miei occhi azzurri fissi nei suoi neri; ci scambiamo un bacio, si sposta leggermente con le testa a baciarmi il collo.
Ad un tratto la porta si spalanca “Comandante Ace! – ci tiriamo su di scatto, Ace lo sta fulminando con gli occhi - Satch! Teach! È un disastro!” ha il volto scosso.
Ci scambiamo uno sguardo preoccupato senza capire cosa sta succedendo.
“Venite sul ponte …” sussurra ansimante e corre a chiamare gli altri, per quanto riguarda noi corriamo fuori in pigiama, o meglio io in pigiama e recupero al volo la mia vestaglia Ace in boxer, lui non ha l’abitudine di usare un pigiama.
Arrivati sul ponte ci sono alcuni dei comandanti e dei componenti delle varie flotte, hanno tutti il viso sconvolto, a qualcuno gocciolano anche gli occhi; quando ci vedono si spostano permettendoci di vedere il corpo di Satch steso a terra con il pugnale di Teach conficcato nella schiena, il sangue è ovunque: sul pavimento della nave, sui suoi vestiti, sul suo volto, a lato della sua bocca e anche sui suoi capelli, lui adorava i suoi capelli.
Siamo senza parole, mi porto le mani a coprire le labbra e scuotendo il capo.
“No, non è possibile” sussurra Ace.
“Sa-Satch…” lo chiamo con voce strozzata.
“Non può risponderti. È… è… morto” Haruta scoppia a piangere.
 “È stato ucciso” la corregge Ace, abbraccio forte Haruta trattenendo le lacrime.
So come ci si sente quando si perde qualcuno a cui si vuole bene, forse lo so anche fin troppo bene e la perdita di Satch la sentiamo tutti fin dentro le ossa. Fa davvero male.
“Lo ha ucciso Teach. Teach l’ha ucciso. Suo fratello, nostro fratello. Come si è permesso!? Perché ha fatto commesso un gesto così vile?!” ha cominciato ad urlare.
“Ace, Calmati adesso! Anche noi siamo pieni di rabbia per quello che è successo. – Lo rimprovera BarbaBianca – Non sappiamo ancora perché lo ha fatto.”
Ace non sembra volergli dare ascolto “Dov’è?! Dov’è ora quel traditore!? Lo uccido con le mie stesse mani!” tira un pungo ad uno degli alberi della nave.
“Ace!” anche papà ha alzato la voce ma il suo tono non permette repliche ed Ace tace.
“Io credo di sapere perché lo ha fatto… - sussurro lasciandoli stupiti – Ieri, durante il raid ero con Satch e pare che Teach ci abbia seguiti quando abbiamo fatto irruzione nella stanza del terzo piano, ma non ce ne siamo accorti… Non subito.”
“E con questo?” Marco ha pazienza solo quando fa comodo a lui, mi guarda come a volermi spingere a continuare. Non è il momento di lasciarli sulle spine.
“Se magari la lasciassi di finire di parlare – Poi il babbo si rivolge a me con voce gentile – Continua pure, cara…”
“Quando siamo entrati non c’era nessuno, solo un vecchio baule. Mentre Satch controllava se c’era qualcuno io ho controllato cosa contenesse e abbiamo trovato così un frutto del diavolo, dal momento che ne ho già uno l’ho lasciato a lui; non era sicuro di volerlo mangiare e mi ha chiesto di non dire a nessuno, lo avrebbe fatto lui quando… quando avrebbe deciso. – deglutisco, sentendomi lo sguardo di tutti addosso - Eravamo sicuri che nessuno ci avesse visto. Stavamo mettendo il frutto nella sacca e Teach è apparso sulla soglia, ci ha chiesto se avessimo trovato qualcosa ma noi abbiamo negato. Forse abbiamo sbagliato a non dirvi nulla…” senza accorgermene ho cominciato a piangere, ho il viso rigato dalle lacrime, Haruta mi stringe la mano e io ricambio la sua stretta. Il suo gesto mi dà un poco di conforto.
 
Mi sento terribilmente in colpa, magari se lo avessi detto anche agli altri Satch sarebbe ancora vivo perché avremmo fatto tutti più attenzione e… e non lo so nemmeno io…
 
BarbaBianca sembra intuire i miei pensieri e cerca di rassicurarmi “Non devi sentirti in colpa, figlia mia. Hai fatto solo quello che ti ha chiesto di fare tuo fratello, ti ha di aiutarlo a tenere nascosto un frutto del diavolo e tu l’hai aiutato, è così che si fa tra fratelli: ci si aiuta. – fa un piccolo sospiro - piccola, sai che frutto era?”
“Satch ha detto che era un frutto di categoria Rogia, il frutto Dark Dark.”
Ognuno è chiuso in sé stesso, chiuso nel suo dolore. Mi avvicino al corpo ormai senza vita di Satch, mi abbasso vicino a lui, con una mano gli sposto una ciocca di capelli dal viso e gli accarezzo una guancia, non riesco a trattenere le lacrime. “Ti voglio bene… mi mancherai moltissimo, Satch – sussurro piano poi mi giro verso i miei fratelli che sono rimasti lì - è congelato… portiamolo via da qui…” tiro appena su col naso, asciugandomi una guancia con la mano.
 
Vado in camera e vedo che Ace sta preparando il suo zaino a strisce, lo guardo perplessa mentre mi siedo sul letto a peso morto e mi stringo le ginocchia al petto.
“Cosa stai facendo?” azzardo, piegando appena la testa di lato.
“Sto preparando lo zaino, non si vede?” mi risponde con un tono abbastanza freddo, senza guardarmi.
“Si, lo vedo. Ma perché?” mi alzo, provando ad avvicinarmi a lui.
“Perché? Secondo te? –mi lancia un’occhiataccia- perché vado a prendere quel traditore e lo faccio fuori!”
“Lo sai che papà non vuole che tu vada a cercarlo… e poi è pericoloso, non puoi andare da solo…” sussurro, guardandolo. Non voglio che vada, che si allontani da me, ho paura di perderlo e mai come in questo momento ho bisogno di lui. Tutta la sua famiglia ha bisogno di lui e lui di loro. È così pieno di rabbia che temo possa fare qualche sciocchezza.
“E sai a me cosa importa?! Non merita vendetta Satch?!” alza la voce, venendo verso di me.
Resto ferma e tengo gli occhi fissi nei suoi “Sì ma merita anche un funerale!  Rimani almeno fino a quando non avrà ricevuto un degno saluto!” alzo la voce a mia volta, mi dà fastidio quando fa così.
“E va bene, d’accordo. Hai vinto, si contenta?! –mi guarda negli occhi visibilmente irritato, gettando a terra lo zaino - Ora voglio rimanere solo…”
Questo è un chiaro invito ad andarmene, recupero i miei vestiti e anche se non vorrei lasciarlo solo proprio ora devo pur sempre rispettare la sua volontà “Come vuoi… - sussurro - ma se ti va di parlare o altro io ci sono…” lo guardo, restando sulla porta e sperando che mi dica di restare ma non lo fa, si limita a rispondermi con un secco “Lo so!” e io esco dalla stanza, lasciandolo solo, senza dire niente. Respiro a fondo per evitare di tornare indietro e urlargli addosso. Non ho il diritto di sfogare su di lui le mie emozioni negative, se solo riuscissimo a parlare come due adulti.
 
Crede di essere l'unico a soffrire?! Anche noi siamo arrabbiati, anche noi ci sentiamo come svuotati. Non è il solo a stare male, tutti quelli che sono rimasti stanno male e soffrono. L'idiota però non lo capisce, è un egocentrico quando soffre o è arrabbiato; esiste solo lui e quello che prova. Vorrei davvero poter vomitargli addosso tutto quello che mi viene in mente ma tengo troppo a lui per farlo e so per certo che poi me ne pentirei. Mi fa venire il nervoso quando si comporta così, è vero che se ne rende conto e chiede scusa ma intanto litighiamo... È vero anche che io ci metto del mio e insieme è un vero macello.
 
Si respira aria tesa durante la cena, nessuno ride o scherza come al solito, c'è silenzio e due posti vuoti: quello di Satch e quello di Ace.
“Ha deciso di rimanere a dieta?” chiede Marco indicando con un cenno del mento il posto del Fiammifero mentre si porta alle labbra una polpetta di polipo.
“Non so neanche dov'è... Voleva rimanere da solo, lui. Perché lui soffre, lui è arrabbiato, gli altri no. Solo lui.” rispondo con un tono più duro di quanto avrei voluto.
Fa un mezzo sorriso “Ormai lo conosci, è Ace... Comunque, se ti interessa, è seduto sul ponte.” La sua affermazione nasconde un invito a raggiungerlo, conoscendo starà morendo di fame, adesso che ci penso anche a pranzo non ha mangiato con noi.
“No, non mi interessa. Si arrangia, la mensa la trova da solo se vuole e poi sa dov'è.”
Poco dopo mi alzo e vado fuori, non riesco a far finta di nulla.
“No, non le interessa” prova a scherzare papà ma con scarso risultato e il suo tentativo di tirar su il morale alla ciurma va a vuoto.
 
“Noi stiamo mangiando, tu non vieni?” gli chiedo una volta che l’ho raggiunto.
Rimane fermo a fissare il vuoto con la schiena contro la ringhiera, tiene in mano una bottiglia di non so quale bevanda alcolica ormai piena solo per metà “No -risponde secco abbassando lo sguardo- Non ho fame” gli brontola piano lo stomaco.
“Sei sicuro? – mi chino di fronte a lui e allungo una mano verso il suo mento per alzargli il viso– dovresti provare a mangiare qualcosa, non ti fa bene st-…” mi interrompe spostando bruscamente la mia mano dal suo viso.
“Sì, lo so! E tu puoi mangiare benissimo senza di me. Adesso vai, non mi va di parlare né con te né con nessun altro. - mi guarda serio - Ciao!” replica con un tono freddo e seccato che non è da lui. Resto ferma a guardarlo, incapace di dire qualcosa di sensato, non vedendo una mia reazione sbotta “Lasciami in pace! Cosa vuoi ancora?” perdo l’equilibrio e il mio sedere finisce a terra.
“Perché fai così, Ace? Non mi sembri neanche tu...” arretro di poco senza alzarmi da terra.
“Forse non ti sembro più io perché in realtà non mi hai mai conosciuto! In fondo tu sei partita con me senza farti troppe domande, cosa sapevi di me?! – fissa gli occhi nei miei, non riesco a leggere nient’altro che rabbia - Ah già, me ne ero dimenticato: il Buster call...” sospira amaramente e si porta la bottiglia alle labbra.
“Sarei venuta con te anche se non ci fosse stato il Buster call perché io credevo e credo nei sentimenti che provo per te! Cos’hai?! Credi essere il solo a stare male?! - alla fine alzo la voce con le lacrime agli occhi – e non tirare in ballo cose che adesso non c’entrano!” mi alzo stringendo i denti.
“No… certo, certo. Hai ragione tu… - mi guarda con gli occhi socchiusi e uno strano ghigno sul viso – Adesso cosa farai, eh, Kira? Il tuo amichetto non viaggia più con noi e non puoi correre da lui a piangere… - fa una risatina tanto ironica quanto amara - Ci sei andata a letto? Peccato che non sia qui a consolarti…” beve un altro lungo sorso svuotando la bottiglia.
“Non dire idiozie, sai benissimo che non ci sono andata a letto!” si riferisce ad un ragazzo che ha viaggiato con noi fino a poco tempo e a detta sua aveva un debole per me, a causa sua avevamo anche discusso ma pensavo fosse un argomento chiuso ormai. Avevamo parlato e avevamo chiarito anche il malinteso che si era creato. Lo guardo, ha in faccia un sorrisetto da schiaffi e gli occhi offuscati dall’alcool, scuoto appena e stringo i pugni. “Sei ubriaco marcio e io come una povera idiota sono qui a darti retta!” mi passo le mani sul viso.
“Penso che sia meglio finirla qui e ora, non credi anche tu?! E poi non ti scaldare tanto...” alza le spalle, accompagnando il gesto con un’altra risatina odiosa.
“VAI AL DIAVOLO!” gli urlo addosso, mi ero promessa di restare calma ma non ci sono riuscita, me ne vado offesa e arrabbiata.
“D'ACCORDO MA PRIMA FAMMI IL FAVORE DI ANDARCI TU COSI MI FAI VEDERE LA STRADA!” ride, appoggiando anche la testa al parapetto.
Mi blocco “LA STRADA TE LA TROVI DA SOLO, DOVRESTI RIUSCIRCI, IN FONDO SEI DESTINATO A PERCORRERLA!” torno sui miei passi, mi guarda andare via poi sposta lo sguardo sulla bottiglia e sorride amaramente passandosi una mano tra i capelli, si sente un infrangersi di vetri: la bottiglia è andata in frantumi ed insieme a lei forse anche il nostro rapporto.
 
Rientro e mi fermo sulla porta della sala da pranzo, Marco mi vede e mi raggiunge quasi subito. Ho gli occhi rossi e gonfi, passo il resto della serata in stanza con mio fratello a piangere e sfogarmi, tiro fuori tutto: la rabbia per la lite con Ace, le mie insicurezze e il dolore che proviamo per la morte di Satch.
Torno nella mia stanza che ormai è tardi, una parte di me sperava di trovare Ace qui ma non c’è. Forse è ancora fuori o magari ha deciso di mangiare qualcosa.
Ho deciso comunque di dormire nel nostro letto, se a lui non va di dormire con me andrà da un'altra parte: io non ho intenzione di cambiare letto, ci sono voluti sì e no due mesi per far sì che mi svegliassi la mattina senza torcicollo.
Durante la notte mi sveglio, non che sia riuscita a riposare, e lui non è ancora venuto a dormire, vado al bagno.
Sto per aprire la porta per tornare in stanza quando questa si apre e mi trovo davanti Ace: lui, i suoi occhi arrossati e il viso stravolto.
Rimango a guardarlo per un tempo che non so definire.
“Ace...” mormoro sfiorandogli una guancia, si morde il labbro inferiore e appoggia la sua mano sulla mia per poi spostarla e baciarla. Sono sollevata nel vedere che non ce l’ha con me e non sembra più essere arrabbiato come prima.
“Pensavo dormissi già...” ha la voce rotta, mi alzo in punta di piedi e lo abbraccio, comincia a piangere. Finalmente si sta lasciando andare.
È la prima volta che lo vedo piangere, piange sulla mia spalla; ad un certo punto si blocca e si stacca da me.
“Scusa, scusami Kira!” mi sposta e si chiude in bagno.
“Ace, aspetta! -appoggio una mano sulla porta- Aspetta…” mi siedo sul letto con le gambe a penzoloni ormai rassegnata: mezzo passo avanti e due indietro.
 
 
È troppo orgoglioso per piangere tra le mie braccia.
Non so neanche come ha fatto a farsi vedere così... oh, Tesoro, se solo capissi che con me puoi mostrare tutte le tue debolezze senza dovertene vergognare…
 
 
POV ACE (prima e spero ultima volta che cambio punto di vista)
 
Mi sono chiuso in bagno, lei mi chiama un paio di volte ma poi, non sentendo risposta, smette. L’ho delusa. Ho deluso anche lei.
 
Non ci posso credere, mi ha visto piangere e io ho pianto sulla sua spalla. No, non è possibile... Dov'è finito il mio orgoglio, che fine ha fatto la mia dignità di uomo?!
Sarei io a doverla consolare e invece poco fa è successo esattamente il contrario. Non solo non le sono stato vicino, le ho urlato contro cose senza senso solo per ferirla.
Capirei se mi odiasse. Se non volesse più stare con me.
 
Mi guardo allo specchio: che spettacolo orribile. Come ho fatto a cadere così in basso? Mi lavo il viso riacquistando più lucidità e bevo un sorso d’acqua per cercare di cancellare il sapore del rum. Una notte ricordo di aver sentito Kira piangere e l'ho abbracciata fingendo di muovermi nel sonno, poco dopo si è calmata ed è riuscita ad addormentarsi probabilmente perché si sentiva al sicuro.
 
Quando mi ha abbracciato anch'io stavo bene. Sì, mi sentivo bene tra le sue braccia, non c'è nulla di male se condivido con lei emozioni anche negative. Non devo aver paura di mostrarmi debole, non hai suoi occhi.
 
Ho il viso bagnato dalle lacrime che continuano a scendere, prendo coraggio ed esco. Non appena mi sente arrivare alza gli occhi che incrociano i miei, rimane ferma e aspetta seduta che io faccia qualcosa. Ma cosa?! Mi inginocchio a terra e appoggio la testa sulle sue gambe, lei asciuga le mie lacrime ma non serve a molto perché questa volta comincio a piangere come un bambino.
Le circondo la vita con le braccia nascondendo il viso, mi accarezza i capelli e la schiena.
“Va bene così, Ace. Piangi pure, sfogati… Non avere paura tesoro, ci sono io qui con te.” Sussurra con infinita dolcezza senza smettere di coccolarmi; mi sembra davvero di essere tornato bambino, quando è morto Sabo mi sentivo nello stesso modo ma non potevo mostrarmi debole, Rufy aveva bisogno di me e non avevo nessuno che mi confortava e stava vicino, invece ora c'è lei.
Per una notte ci invertiamo i ruoli: sono io a dormire sul suo petto ed è lei ad accarezzarmi il capo fino a quando non mi addormento.




ANGOLO AUTRICE:
Ehi! Si, ci ho messo anni a pubblicarlo e dire che era pronto da tanto ma vabbè.
Non sarò molto costante (come si è potuto notare) ma spero che qualcuno legga ancora e magari mi lasci detto ciò che ne pensa.

Un baciux, Sel

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Sel_OdF