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Autore: dracosapple    24/03/2021    3 recensioni
La vita nelle campagne del Kansas scorre tranquilla e monotona per tutti, anche per il giovane Dean a cui non dispiace affatto essere un semplice ragazzo di campagna, gli va bene così, non pretende nulla di diverso per sé stesso, anche se vive negandosi la libertà per non deludere la sua famiglia.
Il destino però, anche se in modo crudele, certe volte presenta l'occasione di ricominciare, perché la vita è una sola, anche quando sembra distrutta e non resta altro da fare che rimettere insieme i pezzi.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Capitolo 9: Gimme Shelter1
 
New York, New York, marzo 1989

 
Febbraio si era tramutato in marzo senza che Dean se ne accorgesse, faceva ancora freddo e l’aria era sempre pungente ma timidi spiragli di sole iniziavano a farsi sempre più spazio nella coltre di nubi.
Le cose con Cas erano diventate così facili da quel giorno in cui avevano pranzato insieme nell’auto di Dean con un hamburger comprato a un chiosco, mentre fuori diluviava.
Quei loro incontri si erano fatti sempre più frequenti e sempre più spesso scivolavano l’uno in camera dell’altro quando gli altri non guardavano e stavano ore e ore a parlare, abbracciati, tra le lenzuola.
Dean non aveva ancora detto nulla agli altri e a Cas sembrava andare bene quella loro strana condizione. Non erano più coinquilini, non erano più amici se mai lo erano stati e non sapeva se fossero amanti.
Cas non lo pressava per il sesso, era semplicemente così gentile e paziente e sembrava non importargli di quanto Dean fosse incasinato, delle volte in cui si svegliava nel cuore della notte ansante e sudato per un incubo che aveva avuto e tutte le altre cose che Dean detestava di sé.
Avevano parlato di tutto, Dean aveva voluto sapere di tutti i luoghi che Cas aveva visto prima di arrivare a New York, voleva soprattutto però che Cas gli parlasse di Miami, la sua città natale, delle spiagge bianche e del mare che lui non aveva mai visto, almeno finché non era arrivato a NY, ma lui sognava quello della Florida adesso.
-Beh un giorno ti ci porterò- aveva detto Cas ridendo.
-È lunga arrivare fino in Florida- aveva risposto Dean stiracchiandosi sul letto e allungandosi per prendere la birra lasciata aperta sul comodino.
-No, sono circa quattro ore di volo-
-Io non volo- era rabbrividito Dean. Non era mai salito su un aereo in vita sua e non aveva intenzione di farlo, quegli affari volanti gli mettevano una paura fottuta al solo pensiero. –Non poggerò mai il mio culo su uno di quei cosi, scordatelo-
-Dean Winchester ha paura di volare- lo aveva preso in giro Castiel.
-Hai idea di quanto sia pericoloso? Potremmo schiantarci-
-Sai che è più probabile morire per un incidente d’auto che per un incidente aereo?-
-Non m’interessa, io su quei cosi non ci salgo-
Cas aveva riso e si erano baciati di nuovo rotolandosi nelle coperte. Per una volta le cose sembravano andare così bene che Dean aveva paura che fosse un sogno e ogni tanto si dava un pizzicotto sul braccio per accertarsi che fosse vero.
-Non ti mancano mai?- domandò Dean quella mattina. Avevano dormito assieme di nuovo e si erano svegliati presto, Dean sarebbe dovuto andare in officina da Bobby di lì a poco ma restare sdraiato con Cas al caldo delle coperte gli sembrava una prospettiva decisamente migliore.
-Chi?- chiese Castiel girandosi su un fianco per guardare meglio Dean. Il sole che filtrava dalla finestra rendeva i suoi capelli come oro e gli occhi verdi erano ancora più limpidi e chiari.
-La tua famiglia- rispose Dean arrotolandosi ancora di più nelle coperte.
-A volte, ma cerco di non pensarci. È anche per colpa loro se me ne sono andato. Più che altro mi manca la mia vecchia vita- disse Cas passandosi una mano tra i capelli. –E a te?-
Dean si morse un labbro. Certo che gli mancava il Kansas, gli mancava la collina verde quando il sole tramontava e lui era lassù in cima e guardava la sua casa da lontano, gli mancavano i prati verdi, i campi di girasoli e di granturco che d’estate diventava una distesa dorata, gli mancava il cielo pieno di stelle, la sua grande casa bianca con il granaio e la stalla, gli mancava quando d’inverno tutto si ricopriva di neve.
Gli mancavano le notti silenziose senza le macchine che correvano lungo la strada, gli mancava sedersi in veranda le sere d’estate, con Sammy e una birra, mentre aspettavano Benny e Garth.
Quella era la vita che aveva sempre conosciuto e che gli era stata brutalmente strappata via dalle mani. Anzi, lui stesso se l’era fatta strappare via dalle mani, aveva combinato un disastro, come sempre.
-No. Sam è qui e questo mi basta- tagliò corto Dean.
-Neppure i tuoi amici?- continuò Cas.
Sì, sì che sentiva la mancanza dei suoi amici, erano cresciuti insieme diamine, si conoscevano da quando avevano sei anni e adesso chissà cosa pensavano di lui. Era andato via e non li aveva neppure richiamati, perché poi, visto che loro, come tutti gli altri, sapevano che lavorava in Ohio.
Di cosa aveva paura? Che potessero scoprire la verità solo sentendolo parlare? O che lui stesso sarebbe crollato non appena avesse sentito la voce dei suoi amici?
In fondo era stato Benny a dirgli di prendere in mano la sua vita e farne ciò che voleva, alla fine aveva solo seguito il suo consiglio, alla lettera.
-Forse un po’- sospirò infine Dean avvicinandosi fino a sentire il calore del corpo di Cas sul suo.
-Dovresti telefonargli- suggerì Cas passando un braccio attorno alla vita di Dean portandoselo più vicino.
Il ragazzo si irrigidì tra le braccia dell’altro poi strofinò la guancia contro quella di Cas, sentendo l’accenno di barba ruvida che gli grattava la pelle.
-Possiamo lasciare la mia vita precedente fuori di qui e concentrarci su quella di adesso?- replicò Dean con una punta di durezza nella voce ancora arrochita dalla notte appena trascorsa.
Cas non rispose, limitandosi a gemere non appena sentì la voce di Adam provenire dalla cucina. –Gesù, ma non gli si scaricano mai le batterie?-
-A quanto pare no- sbuffò Dean alzandosi, doveva andare al lavoro e Cas a lezione, il loro momento mattutino stava finendo.
 
“No one know what is like
To be the bad man
To be the sad man
Behind blue eyes”2
 
Canticchiò Dean guardando Cas dritto negli occhi.
-Dovresti cantare più spesso- disse Castiel accarezzandogli i capelli –hai una bella voce-
Dean arrossì leggermente e poi si alzò per tornare nella sua stanza e cercare qualcosa da mettersi addosso prima di andare a imbrattarsi dalla testa ai piedi di olio per motore. Aprì la porta e sbirciò in corridoio.
-Prima o poi dovrai dirglielo, se non se ne sono già accorti, viviamo nella stessa casa- fece Cas tirandosi su a sedere e appoggiandosi contro la testiera del letto.
-Forse- rispose Dean prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle e scivolare silenziosamente nella sua stanza.
Gli costava ammetterlo ma Cas aveva ragione, non poteva continuare a tacere e sapeva benissimo quanto fosse da stupidi comportarsi a quel modo ma si era costruito il suo personale muro di sicurezza e non aveva intenzione di buttarlo giù.
Si vestì e poi si diresse in officina da Bobby, pensando alle parole di Cas. Forse aveva ragione, avrebbe dovuto telefonare a Benny o a Garth, erano suoi amici in fondo, i suoi migliori amici, avevano il diritto di sapere. O forse no.
-Ragazzo, sveglia!- lo rimproverò Bobby dandogli uno scappellotto sulla testa.
Dean si rese conto che stava fissando il motore dell’auto senza fare assolutamente nulla da almeno cinque minuti.
-A che pensi?- gli chiese l’uomo guardandolo un po’ storto.
-Eh? A niente…-rispose distrattamente Dean riprendendo a lavorare mentre Mick Jagger diceva di voler dipingere tutto di nero3.
-Mmmm ragazzo, non mentirmi- disse Bobby rivolgendogli uno sguardo paterno.
-No davvero, non sto pensando a nessu…a nulla- s’impappinò il ragazzo infilandosi nel cofano dell’auto sperando che Bobby non lo avesse visto arrossire.
-Ah!- esclamò l’uomo con un sorriso divertito. –Allora, chi è la fortunata?- domandò poi strizzandogli un occhio.
-Nessuna- rispose Dean continuando a rimanere con la testa infilata nel cofano dell’auto. Ma perché Bobby gli stava facendo tutte quelle domande? Stava iniziando a sudare freddo e voleva solo essere lasciato in pace.
-Yo Dean-o!- lo chiamò d’un tratto al voce di Cole, l’altro ragazzo che lavorava lì. –Ti stanno cercando-
Dean si pulì le mani con uno straccio logoro e uscì dal retro evitando accuratamente lo sguardo allegro di Bobby. Appena fu fuori nel freddo sole di marzo si trovò davanti la figura di Jo Harvelle che lo squadrò dalla testa ai piedi con aria critica.
-Ciao Jo- la salutò lui.
-Che fai stasera?- domandò invece lei.
-Ehm Jo, io non…-
-Non farti strane idee Winchester, sei sexy ma non sei l’unico uomo di New York e so riconoscere quando uno non è interessato- replicò seccamente la ragazza.
Dean rimase spiazzato qualche istante. –Allora che ci fai qui?-
-Il gruppo che doveva suonare stasera alla Roadhouse ci ha dato buca e mia madre non sa dove sbattere la testa quindi ho pensato che magari tu potevi sostituirli-
-Io?- fece Dean sgranando gli occhi e puntandosi l’indice al petto come a voler sottolineare il concetto.
-Sì tu. Ti ho sentito suonare e non sei male. In più non riuscirei mai a trovare un altro gruppo che venga con così poco preavviso- rispose lei incrociando le braccia al petto e fissando Dean con aria di sfida. –Ti paghiamo- aggiunse.
-No- fece lui subito. –Cioè sì lo farò ma non serve che mi paghiate. Io…uhm, credo di dovere un favore a tua madre-
-Credi bene. Allora stasera alle nove, non fare tardi-
La ragazza girò i tacchi e se ne andò lasciando Dean fermo nel piccolo piazzale davanti all’officina. Non aveva mai suonato per così tanta gente, il suo massimo era stato il mese prima a quel festino improvvisato all’appartamento di Brooklyn, certo la Roadhouse non era una sala da concerti ma non ci sarebbero state quindici persone.
-Jo Harvelle?-
La voce di Bobby lo fece sussultare. –No no! È solo venuta a chiedermi un favore, per Ellen- si giustificò il ragazzo.
-Tengo molto a quella ragazza, sta’ attento- lo ammonì Bobby.
-Bobby, ti giuro su Sam che non c’è niente tra me e Jo, né ora né mai. Non è proprio il mio tipo-
L’uomo gli lanciò un’occhiata di fuoco e poi si voltò intimandogli di tornare a lavorare.
-Beh è carina- disse Cole non appena Dean tornò dentro.
-Che cosa?-
-La ragazza fuori. È carina- ripeté Cole cambiando la stazione della radio.
-Mmmm- mugugnò Dean rimettendosi a trafficare dentro il cofano di quella vecchia Ford. Non capiva perché il proprietario fosse così ostinato a volerla tenere, era la quarta volta che gliela portava a riparare e ogni volta era sempre peggio.
Anche Baby aveva i suoi anni ma Dean si impegnava al massimo per tenerla sempre sulla cresta dell’onda, quella maledetta Ford invece era un rudere ambulante, si chiese se avesse ancora il permesso di circolare.
-Ehi Dean-o, non ci voglio provare con la tua ragazza, sta’ tranquillo- continuò Cole.
-Jo non è la mia ragazza! Non c’è niente tra noi okay?- esclamò Dean esasperato-
Cole alzò le mani in segno di resa e riprese a lavorare canticchiando un motivetto a caso.
-E togli questa merda dalla radio- sbottò Dean cambiando nuovamente stazione per risintonizzarla su quella di prima, dove adesso stavano trasmettendo un pezzo dei Creedence Clearwater Revival.
 
“Some folks are born made to wave the flag
They're red, white and blue
And when the band plays "Hail to the Chief"
They point the cannon at you, Lord”4
 
Dean cominciò a cantare la canzone muovendo la testa a ritmo mentre chiudeva il cofano dell’auto e si puliva le mani con lo stesso straccio logoro e sporco di prima.
 
“It ain't me, it ain't me
I ain't no senator's son, son
It ain't me, it ain't me
I ain't no fortunate one”
 
Concordava con John Fogerty5, non si sentiva affatto fortunato, o almeno fino ad adesso. Forse ultimamente c’era uno spiraglio di sole nella sua vita ma Dean aveva imparato a non adagiarsi troppo sugli allori, anche se Cas era decisamente uno spiraglio di sole.
 
 
Quando rientrò in casa fu accolto da una Charlie parecchio scocciata e un Adam disperato, stravaccato sul divano con un’aria da cane bastonato e gli occhi lucidi.
-Non ne posso più- bisbigliò Charlie quando Dean entrò in casa. -È da due ore che mi tormenta! Fa’ qualcosa!-
-Che succede?-
-Tessa mi ha scaricato- intervenne Adam tirando su col naso.
-Beh non mi sorprende visto che sei una piaga!- esclamò Charlie. Adam incrociò le braccia al petto e guardò Dean con occhi tristi e il suo istinto da fratello maggiore prevalse.
-Ehi ragazzino, non preoccuparti, raccontami tutto-
Charlie sbuffò borbottando qualcosa di incomprensibile, poi afferrò i suoi libri e se ne andò in camera sua.
-Sono cose che succedono- continuò Dean sedendosi accanto ad Adam sul divano. –Non sempre si può stare con chi vogliamo-
I suoi pensieri corsero immediatamente a Cas. New York di certo era meglio del Kansas e qualche volta gli era capitato di vedere coppie dello stesso sesso girare assieme per le strade della città, ma aveva visto anche la parte peggiore, perché gli insulti e le notizie al telegiornale erano sempre uguali, anche a New York.
-Sì ma io credevo di piacerle- replicò Adam.
-Dovrai fartene una ragione, succede a tutti di non venire ricambiati. È successo anche a me-
-E tu come lo superi?- chiese il più giovane.
-Whiskey! E un po’ di canzoni tristi- rispose Dean alzandosi e andando in cucina dove versò una generosa quantità di whiskey per sé e per Adam. –Stasera datti malato e vieni alla Roadhouse, suonerò un sacco di canzoni tristi e ci sarà anche un sacco di whiskey- continuò porgendo il bicchiere all’altro ragazzo. –Butta giù, tutto d’un fiato- gli consigliò poi Dean.
La porta dell’appartamento si spalancò e Dean vide Castiel entrare. Il ragazzo gli rivolse un sorriso mentre si toglieva l’impermeabile e si avvicinava.
-A che si brinda?- domandò con voce stanca.
-Adam è di nuovo un uomo libero- rispose Dean facendo l’occhiolino. –E stasera suono alla Roadhouse. Se ti va- concluse con un leggero imbarazzo nella voce.
Cas annuì sorridendo poi si avvicinò ad Adam. –Te ne farai una ragione- gli disse con semplicità.
Adam sbuffò. –Sì ma adesso fa schifo-
I due si guardarono, probabilmente vista da fuori quella scena era molto divertente, come se fossero due genitori alle prese con la prima delusione amorosa del figlio. Dean rabbrividì inconsciamente, stava dando dei consigli ad Adam, lui, che non sapeva nemmeno come consigliare sé stesso.
-Beh è normale, sei stato appena lasciato, ma hai solo diciannove anni, ne troverai un’altra- aggiunse Cas con tono filosofico. –Non preoccuparti troppo- disse infine, poi alzò le spalle e se ne andò.
Dean e Adam rimasero ancora qualche minuto a parlare e a bere whiskey, finché il più giovane non sembrò più sereno e rilassato, allora si alzò e, accertandosi che Adam non lo stesse guardando, entrò in camera di Cas.
-Ehi- disse piano osservando Castiel seduto sul letto e circondato da una miriade di fogli.
-Ah, sei qui. Come sta Adam?-
-Meglio, abbiamo bevuto un po’, l’alcool fa miracoli-
-Sì ma non esagerare-
-Okay mamma-
Cas sollevò gli occhi su di lui accennando un sorriso e Dean si sedette sul letto appoggiandogli la testa sulla spalla, chiuse gli occhi per qualche istante e strofinò la guancia contro la stoffa della camicia che ricopriva la spalla dell’altro.
-Devo farmi una doccia- mugugnò.
Cas non rispose, continuando a leggere i suoi appunti mentre Dean da sopra la sua spalla li sbirciava. –Bright Star di John Keats- lesse.
-È un sonetto d’amore- spiegò Cas. –Scritto dal poeta per la sua amata, Fanny Brawne- continuò.
-Sembra bella- commentò Dean continuando a leggere. –Comporresti un sonetto per me?- chiese poi ridendo.
-Vorrebbe dire dichiarare a tutti la verità, saresti pronto?-
Dean si irrigidì. Non era pronto né per dire la verità né per quella conversazione e non capiva perché Cas avesse lanciato quella frecciatina, Gesù era solo una cosa buttata lì tanto per dire.
-Cas io non sono come te- disse pentendosene immediatamente.
-E cioè? Come sarei io?- chiese l’altro voltandosi a guardarlo, il foglio con la poesia di Keats ancora stretto tra le mani.
-Tu sei…diverso. Non t’importa di quello che la gente pensa di te, vivi la tua vita così tranquillamente. Io…non ci riesco, dopo quello che mi è successo non…non ce la faccio- buttò fuori tutto d’un fiato.
-Dean io capisco quello che vuoi dire, quello che hai visto e che ti è stato fatto è orribile, ma non puoi continuare a nasconderti per sempre, da chi poi? I tuoi genitori non sono qui e le persone da cui sei circondato adesso non ti farebbero niente di male, fidati, lo so. È il coraggio che ti manca-
Dean non rispose, si limitò ad alzarsi e ad andarsene, chiudendosi in bagno mentre le parole di Cas iniziavano a girargli in testa. Non poteva dirgli così, lui non sapeva come si sentiva ogni giorno, era come essere costantemente sotto esame, però aveva ragione, adesso era al sicuro, quella casa, quelle persone…dovevano essere un rifugio, non qualcosa da cui scappare.
E poi dopo quella conversazione iniziò ad avere paura di perdere Cas, forse gli aveva detto così perché si era stancato del continuo sgattaiolare di Dean, le occhiate furtive, l’attenzione a non farsi scoprire.
Uscì dalla doccia con un sospiro e si avvolse l’asciugamano bianco attorno alla vita rabbrividendo leggermente mentre le gocce d’acqua iniziavano ad asciugarsi sul suo corpo.
Aveva ancora un paio d’ore prima di dover andare alla Roadhouse e decise che le avrebbe impiegate per decidere quali pezzi suonare, così si sedette alla scrivania malconcia che aveva in camera, prese un foglio e una penna mentre la sua mente iniziava a vagare tra i meandri del rock classico.
 
 
Il locale era pieno, o almeno così sembrava a Dean che in quel momento stava avendo il suo personalissimo momento di crisi nel retro del locale mentre malediceva mentalmente Jo per avergli fatto quella proposta e il proprio perenne sentirsi in debito per aver accettato.
-Dean, che ti succede?-
La voce di Ellen lo riportò sulla terra. –Ah…non ho mai suonato davanti a così tante persone…non sono abituato- borbottò vergognandosi un po’.
-Nessuno è qui per giudicarti Dean, tra un’ora saranno tutti ubriachi e non si accorgeranno neppure che sei lì sopra-
-Mmmmm grazie?- fece lui rivolgendo alla donna una specie di sorriso. In cuor suo sapeva che non era solo la sala piena di persone a turbarlo, ma non voleva darlo troppo a vedere.
-C’è qualcos’altro che ti tormenta ragazzo?- gli domandò Ellen squadrandolo da capo a piedi con le mani sui fianchi e un’aria materna.
-No- mentì Dean. Quello era uno dei motivi perché non aveva più messo piede da Jo ed Ellen, quella donna avrebbe capito subito e gli avrebbe fatto troppe domande a cui lui non sarebbe riuscito a rispondere.
-Dean, ascoltami ragazzo, c’è qualcosa che non vuoi dirmi, lo so. Io non so il motivo preciso per cui sei arrivato fin qui e non so neanche se lo voglio sapere, ho visto parecchi ragazzi soffrire di nascosto come fai tu e l’unica cosa che posso dirti è che non porta a niente di buono. Se c’è qualcosa che ti turba, che ti fa stare male, non puoi continuare a tenerlo dentro per sempre, trova qualcuno di cui ti fidi e parlaci. La conversazione è importante Dean-
Ma perché tutti si erano messi in testa di dargli dei consigli ultimamente? Perché volevano gestire la sua vita?
-Ellen, non è quello che pensi tu- disse infine. E questa era la cosa più vicina ad una confessione che si sentiva in grado di fare in quel momento. Poi afferrò la sua chitarra e uscì sul piccolo palchetto, il fatto che le persone in sala stessero chiacchierando tra di loro contribuì a farlo rilassare un po’, assieme ai tre gin tonic che aveva buttato giù prima di salire.
Sì avvicinò alla sedia e ci si lasciò cadere pesantemente, nessuno sembrava prestargli attenzione, tranne Jo che gli fece l’occhiolino da dietro il bancone e Sam, in mezzo alla folla, impegnato a servire ai tavoli, che alzò il pollice con un sorriso.
Se avessero continuato a ignorarlo e l’avessero semplicemente considerato come un sottofondo gli sarebbe andato benissimo, ma non appena iniziò a suonare qualche sguardo si alzò verso di lui e Dean pensò che aveva bisogno di un altro paio di drink. O venti magari.
Sentiva la chitarra scivolargli tra le dita mentre suonava e cantava cercando di non guardare il locale che si stava riempiendo sempre di più, intravide la testa rossa di Charlie assieme a quella bionda di Adam.
Non appena passò da Mr Tambourine Man6 a Refugee7 i suoi occhi intercettarono un trench beige e due occhi blu. Immediatamente sentì la gola seccarsi e la salivazione in bocca gli si azzerò completamente.
Cas si sedette vicino a Charlie ed Adam sempre con lo sguardo fisso verso di lui. Dean pensò che non era ancora abbastanza ubriaco per quello, così si avvicinò al microfono per scusarsi della piccola pausa che si stava per prendere e scese con le gambe che gli tremavano un po’.
-Jo, un Jack e Cola, con molto Jack e poca Cola-
-Dean- lo interruppe una voce dietro di lui. Cas si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla. –Devo parlarti-
Dean lo seguì con un sospiro rassegnato sotto lo sguardo interrogativo di Jo.
-Pensavo che non venissi- disse Dean non appena furono fuori, sul retro del locale. Faceva freddo e Dean vide il suo respiro condensarsi in una nuvoletta davanti al suo naso.
-Ero tentato, però dovevo parlare con te-
Una sensazione spiacevole si aggrappò alle viscere di Dean. –Okay, spara-
-Dean, quello che c’è tra di noi…che cos’è?- domandò Castiel guardandolo. Aveva parlato in tono neutro ma Dean vide la preoccupazione farsi strada dietro i suoi occhi blu, che nel buio della notte sembravano quasi neri.
-Non lo so- rispose sinceramente lui. –Merda, Cas…tu mi piaci, però…-
Ma perché era così difficile?
-Anche tu mi piaci Dean, molto, ed è questo che mi preoccupa. Quello che sto vivendo con te in così poco tempo non l’ho mai vissuto con nessuno e mi preoccupa, perché io voglio vivere con tranquillità-
Dean sentì il respiro mozzarsi. Avrebbe voluto dirgli che anche lui si sentiva trascinato allo stesso modo, è vero era così poco che era iniziata quella loro strana relazione ma quello che sentiva era così forte.
-Dean, se non te la senti possiamo smettere anche adesso-
-No, non voglio questo. Io…-
Le parole continuavano a non uscire. –Cas io…io vorrei essere come te ma non ci riesco. Dirlo a Sam è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto in vita mia, e poi il pensiero di mio padre mi perseguita, ogni volta che siamo vicini io vedo la sua faccia, non riesco a dormire perché…ti prego non…- sentì la propria voce spezzarsi e in un attimo era tra le braccia di Cas in quel vicolo buio e freddo.
Dean si aggrappò all’altro come se ne valesse della sua vita, chiudendo gli occhi e sentendo il calore del corpo di Cas contro il suo. Perché non poteva rimanere così per sempre? Sarebbe stato tutto più semplice.
-Mi dispiace Cas- sussurrò. –Mi dispiace-.


1Brano dei Rolling Stones del 1969
2Brano dei The Who del 1971
3Fa riferimento al brano dei Rolling Stones, Paint It Black
4Brano dei Creedence Clearwater Revival del 1969
5Cantante dei Creedence Clearwater Revival
6Brano di Bob Dylan del 1964
7Brano di Tom Petty del 1979

Spazio autrice: ehilà, salve a tutt*! Come state? Scusate l'attesa ma l'università mi sta uccidendo. Questo capitolo non mi soddisfa appieno ma prometto che i prossimi saranno migliori, giurin giurello.
Come al solito, grazie a tutt* quell* che mi recensiscono e mi seguono, baci e a presto (si spera)

 
  
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