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Autore: 18Ginny18    26/03/2021    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 24 – Paura e gelosia


Era sempre lo stesso sogno.
Si trovava in quell’enorme stanza fredda e poco illuminata, completamente in trappola. Gli occhi del Mangiamorte che la scrutavano con attenzione mentre si avvicinava con passo spedito, pronto ad attaccare. Poi, nella sala echeggiò quell’orribile risata e lui sparì. Sirius, invece, lottava contro la sua folle cugina.
Lanciava un incantesimo dopo l’altro, spesso molto efficaci. Ma Ginevra aveva paura di ciò che sarebbe accaduto. Era inevitabile. Sirius stava per morire.
“- Mettiti in salvo, ti prego! Ti ucciderà”, urlò la ragazza, ma suo padre non riuscì a sentirla. Un lampo di luce lo colpì in pieno petto e cadde a terra, senza vita.
Le grida della ragazza squarciarono la stanza, mentre una vocetta infantile canticchiava: “- Ho ucciso Sirius Black! Ho ucciso Sirius Black!”.
Quando Ginevra aprì gli occhi, scattò a sedere come una molla. Tremava e le mancava il respiro.
Va tutto bene, bambolina?”, le domandò l’entità Oscura con un pizzico di ironia.
Incapace di trattenere il suo dolore, Ginevra scoppiò in lacrime.
Era a pezzi e non aveva alcuna intenzione di battibeccare con quell’insopportabile Mostro. La ignorò e basta. In quel momento, il suo unico pensiero era trovare un modo per impedire che quella premonizione -che le dava il tormento giorno e notte- si avverasse. L’unico problema era che non sapeva nemmeno da dove cominciare.
Sei una ragazza davvero triste”, commentò l’entità. “Forse dovresti chiamare quel bel fusto dai capelli rossi. Magari lui ti tira un po’ su…”.
- Ma perché non mi lasci stare? - sbottò Ginevra. - Non hai altre persone da importunare? Entra nella testa di qualcun altro!
Ci fu un attimo di silenzio che parve durare secoli, poi l’entità Oscura parlò con voce bassa.
Non è una cosa che posso controllare. Se potessi, andrei da un’altra parte”, disse.Credimi, l’unica cosa che voglio è vivere. Ma non in una trappola. Finire nella testa di qualcuno non era nei miei piani. Tu sei una ragazza davvero insopportabile, ma in fondo mi stai simpatica… quando non tenti di eliminarmi”.
Ginevra si asciugò le lacrime e si sforzò di sorridere appena. - Be’, tu hai tentato di eliminarmi un paio di volte, se non sbaglio.
L’entità Oscura emise un suono strano, qualcosa di simile a uno sbuffo e una risata derisoria. “Scusa se ho provato ad evadere! Essere nella tua testa è un casino. È un frullato di emozioni e ormoni impazziti!”.
Non riuscendo a trattenersi, Ginevra si lasciò sfuggire una risata silenziosa. La situazione era talmente assurda che era impossibile non trovare il lato comico. Per la prima volta erano riuscite a dialogare in maniera civile.
Qualcuno bussò alla porta ed entrò nella camera della ragazza. Anche nella semioscurità, Ginevra riuscì a riconoscerlo: era George.
Il suo cuore iniziò a fare le capriole nel suo petto. Era felice di vederlo, sentiva il bisogno di abbracciarlo.
- Ehi, sei sveglia? - sussurrò.
- Sì.
Con passo felpato, George si avvicinò alla ragazza e l’abbracciò forte, sfiorandole il collo con le labbra. Sotto quel contatto, Ginevra smarrì il senso della realtà. Adorava la morbidezza delle sue labbra.
“Ho capito… vi lascio soli”, sospirò l’entità Oscura, dopodiché si zittì.
Non sapeva dove andasse o se rimanesse zitta zitta in un angolino nella sua testa, in attesa, ma Ginevra apprezzò molto il suo gesto. Forse non era tanto male, bastava partire con il piede giusto.
- Che fai da queste parti? - domandò al ragazzo, facendogli posto sul letto.
- Mi mancavi.
Si sdraiò accanto a lei e le cinse i fianchi con un braccio per poi accarezzarle i capelli.
- Perché non dormivi? Mi stavi aspettando? - sogghignò, ma lei non rise.
- Non ho molto sonno – mentì.
- Sento che mi stai nascondendo qualcosa, Black. Sputa il rospo.
Ginevra abbassò la testa e lui smise di accarezzarla. Era imbarazzata e si sentiva terribilmente in colpa. Non poteva nascondergli niente. Per George era sempre stata un libro aperto.
- Ho avuto un incubo – rispose lei in un sussurro.
- Hai voglia di parlarmene?


La notte sembrò durare solo pochi istanti.
Al suo risveglio, Ginevra aprì gli occhi, sbattendoli più volte per abituarsi alla luce del sole. George era al suo fianco e le sorrideva dolcemente. - Buongiorno, bellissima – la salutò ampliando il sorriso.
- Buongiorno – ripeté lei con voce roca e impastata dal sonno. Si strofinò gli occhi, lasciandosi sfuggire un lungo sbadiglio.
- Dormito bene? - sussurrò.
Sorrise.
Era rimasto con lei tutta la notte a confortarla, senza abbandonarla un solo minuto. - Sì. Grazie per essere rimasto qui con me, stanotte.
La guardò dritto negli occhi. - È stato un piacere, amore mio.
Con un gesto lento, le sfiorò una guancia.
Lei fece un sospiro e chiuse gli occhi, assaporando il suo tocco.
Gli prese la mano e ne baciò il palmo, sorridendo.
George ricambiò il sorriso.
Con un movimento fluido lui le scivolò accanto, la afferrò per i fianchi e la prese fra le braccia.
Tutto taceva.
Quella notte, George era stato molto dolce e comprensivo con lei. Aveva ascoltato con attenzione ogni dettaglio sull’incubo della morte di Sirius e l’aveva consolata quando qualche lacrima sfuggiva al suo controllo. Ma, essendo all’oscuro di tutto, le ripeteva con dolcezza che il suo era solo un sogno. Lei avrebbe voluto credergli. Voleva che le sue stupide premonizioni fossero solo un mucchio di fandonie e che Sirius non sarebbe mai morto in quella stanza fredda e buia… eppure era tutto vero.
Avrebbe voluto confessare a George ogni cosa: sulla natura dei suoi incubi, sull’entità Oscura nella sua testa… Ma non era ancora pronta. Temeva la sua reazione. Era sicura che lui avrebbe dato in escandescenza e non voleva perderlo. Perché iniziare una discussione che avrebbe soltanto peggiorato la situazione? Era meglio aspettare il momento giusto.
George iniziò ad accarezzarle i capelli e a giocare con essi, come faceva sempre. - Se vuoi, possiamo rimanere a letto tutto il giorno – disse calmo.
Ginevra alzò gli occhi e il suo cuore si fece più leggero alla vista del suo bellissimo sorriso. Per un attimo, riuscì a dimenticare ogni pensiero e preoccupazione, solo grazie a lui.
Sorrise. - Idea allettante, Weasley. Ma non credo sia una buona idea.
- Perché?
- Perché mio padre potrebbe ucciderti se sapesse che hai passato di nuovo la notte qui con me.
Lui sogghignò. - Ma questa volta sono innocente. Non ti ho toccata nemmeno con un dito. Be’… non ancora, almeno.
- Non mi tentare…
Gli occhi del rosso s’illuminarono di malizia e Ginevra arricciò le labbra in un mezzo sorriso.
Un attimo dopo, con una mossa rapida ed inaspettata, lui le premette la schiena contro il materasso, schiacciandola con il suo corpo muscoloso. Poi si chinò in avanti e la baciò. Un bacio lungo, appassionato, con cui voleva comunicarle tutto l’amore, il desiderio che nutriva per lei.
Ginevra ricambiò il bacio e rispose con passione a ogni suo movimento, stringendosi sempre più a lui. Le sembrava di toccare il cielo con un dito.
Pian piano i baci di George proseguirono lungo tutto il collo, mentre le sue mani vagavano lentamente sotto la maglietta di lei, alla ricerca dei seni.
In quel momento, qualcuno bussò alla porta della camera, rompendo l’atmosfera. - Spero che voi due siate vestiti, piccioncini.
Era Nymphadora.
Ginevra avrebbe voluto ucciderla. Aveva interrotto un momento speciale…
- Fine dei giochi – sospirò George, affranto.
- Forse è arrivato il momento di alzarsi – disse Ginevra. Sbuffò, scese dal letto e si stiracchiò.
Lui si mise a sedere sul materasso e inclinò la testa di lato per ammirare il fondo schiena della sua ragazza. Per lui era dura tenere a freno l’istinto di riportarla a letto e mordicchiarla dappertutto.
Quando Ginevra aprì la porta si trovò di fronte il sorriso malizioso della cugina. Indossava il suo giubbotto di pelle nera preferito e un paio di pantaloni strappati del medesimo colore.
- Buongiorno, porcellini – esclamò lei. - Stanotte avete fatto follie, eh?
- Che ci fai qui, Dora? - chiese Ginevra, ignorando deliberatamente la domanda.
- Scherzi? Dobbiamo andare alla stazione e tra meno di mezz’ora dobbiamo essere in strada per prendere il Nottetempo – spiegò la Metamorfomagus.
- Aspetta… alla stazione? - chiese Ginevra, confusa, poi spalancò gli occhi e imprecò: - Porca Morgana! Avevo dimenticato che oggi parte il treno per Hogwarts.
George si batté una mano sulla fronte. - Siamo in due! Dannazione! - Saltò giù dal letto, ma si fermò appena prima di uscire dalla stanza per rubare un bacio alla sua ragazza. - A dopo – disse poco prima di sparire nella camera che condivideva con il gemello.
- Siete proprio carini insieme – disse Nymphadora alla cugina.
Ginevra arrossì appena, mentre un sorriso genuino spuntava sulle sue labbra.


Quando George entrò in camera, trovò Fred sdraiato sul letto a leggere una rivista. Era già vestito e pronto a partire. Il suo baule era ai piedi del letto.
- Da quanto sei sveglio?
Fred sospirò. - Buongiorno, anche a te. Dormito bene? – lo salutò, non riuscendo ad evitare il sarcasmo nella voce, ma George sembrò non notarlo.
- Perché non mi hai svegliato? - ribatté George. Stava facendo avanti e indietro per tutta la stanza raccattando tutte le sue cose per poi buttarle alla rinfusa nel suo baule.
- Credevo che fossi già sveglio dato che non eri nel tuo letto – spiegò Fred, la voce controllata e piatta.
George ignorò quella velata frecciatina, insieme alla strana sensazione che suo fratello fosse arrabbiato con lui. Non era il momento giusto di porre domande e sollevare questioni. - Vado a fare una doccia. - Prese un asciugamano, entrò in bagno e chiuse la porta alle spalle.
Fred, invece, restò sdraiato sul letto a sfogliare le pagine della sua rivista di Quidditch, senza guardarle realmente. Nella sua testa c’erano solo immagini di George e Ginevra avvinghiati l’uno all’altra e, nonostante cercasse di combatterla, la rabbia iniziò ad aumentare.
Non doveva essere arrabbiato con suo fratello se era felice, no? Ma allora perché aveva voglia di prenderlo a pugni ogni volta che lo vedeva sorridere? Scosse la testa e accantonò la rivista.
- Devo darmi una calmata – disse tra sé e sé.
- Hai detto qualcosa? - gridò George dal bagno.
Fred si alzò in piedi. Andò verso la porta del bagno e urlò: - Ho detto che devo fare colazione! Ci vediamo sotto.


Nel frattempo, a qualche camera di distanza, Harry rimuginava su tutto quello che gli era successo negli ultimi mesi arrivando alla conclusione che, per la prima volta nella sua vita, non voleva tornare a Hogwarts. Andare a scuola voleva dire sottostare di nuovo alla tirannia di Dolores Umbridge e rimanere in silenzio a subire in un angolo. Senza dubbio la Umbridge era riuscita a imporre un’altra dozzina di decreti in loro assenza, ma a lui non importava. L’unica cosa voleva era rimanere con Sirius.
Nei giorni che precedevano il suo ritorno a scuola, Harry aveva visto il suo padrino diventare sempre più taciturno e accigliato e ritirarsi per ore nella stanza di Fierobecco. Anche la sorellastra, Ginevra, era strana. Sembrava in simbiosi con il padre ed era quasi impossibile non notarlo. A volte, i suoi sorrisi erano spenti, quasi forzati.
La sera prima, li aveva persino sentiti confabulare; ma non appena Harry provava ad avvicinarsi per capire quale fosse l’argomento, si zittivano di colpo. Forse parlavano dell’Ordine o di qualche missione segreta?
Qualunque cosa fosse, li tormentava giorno e notte. Harry ne era convinto.
Sapeva che gli stavano nascondendo qualcosa e il solo pensiero lo mandava fuori di testa. Odiava essere trattato come un bambino e, soprattutto, essere all’oscuro di qualcosa. Voleva rendersi utile, possibile che nessuno riuscisse a capirlo?
Se non fosse stato per l’ES, Harry avrebbe chiesto volentieri a Sirius il permesso di lasciare Hogwarts e rimanere in Grimmauld Place con lui.
Dopo una colazione abbondante, Harry tornò in camera sua a prendere i bagagli; era pronto a partire.
Poi, un pensiero gli fece attorcigliare le budella: una volta arrivato a Hogwarts, avrebbe dovuto prendere lezioni di Occlumanzia da Piton per difendere la sua mente da intrusioni esterne.
Lui non era stato posseduto, su quello erano tutti d’accordo… Ma allora che bisogno c’era di difendere la sua mente da “intrusioni esterne”?
Be', Silente riteneva che fosse una buona idea.
Harry iniziava a pensare che sua sorella non avesse tutti torti sul vecchio preside. Si fidava ancora di lui, ovviamente, ma non capiva perché ci fosse tanto mistero. Forse Albus Silente trovava divertente ignorare la gente e farli impazzire? Si divertiva davvero a manovrare la vita degli altri e nascondere segreti? Ne parlò subito con Ron, Draco e Hermione.
- Silente vuole che tu la smetta di fare quei sogni su Voldemort – commentò subito Hermione. - Be’, non ti dispiacerà, vero?
- Altre lezioni con Piton? - disse Ron atterrito. - Io mi terrei gli incubi! *
- Non dire sciocchezze, Ron – sbottò Hermione. - Harry ha bisogno di quelle lezioni.
- Hermione ha ragione – intervenne Draco. - E poi Piton è un ottimo Occlumante. Ha dato delle lezioni a me e Blaise, tempo fa.
- E com’è stato? - domandò Harry, interessato. - Fa… male?
- Molto – ammise il Serpeverde, - ma ti aiuta. Com’è che si dice? Il dolore fortifica.
Harry gli rivolse un sorriso mesto e annuì.
Sperava che Draco avesse ragione e che Piton potesse aiutarlo con il suo problema. Non osava nemmeno immaginare di avere qualcuno nella propria testa, figurarsi un parassita come Voldemort.


Era arrivato il momento di tornare a Hogwarts.
Il gelido mattino di gennaio era pronto ad accogliere i ragazzi fuori da Grimmauld Place. Harry provava una spiacevole stretta al petto; non voleva salutare Sirius. Aveva un brutto presentimento su questa separazione; non sapeva quando si sarebbero rivisti, e si sentiva in obbligo di dire qualcosa per impedirgli di fare sciocchezze… Harry temeva che l’accusa di codardia di Piton avesse colpito Sirius al punto di fargli progettare qualche viaggio sconsiderato fuori da Grimmauld Place. Ma non era il solo. *
Ginevra sapeva quanto suo padre si sentisse inerme e inutile. Tutto ciò di cui lui aveva bisogno era sfogarsi, uscire e prendere parte all’azione, ma, al solo pensiero, Ginevra si sentì rabbrividire.
All’ennesima discussione sull’argomento, Sirius le aveva fatto una confessione: - C’è una guerra in arrivo e io… Sono qui. Bloccato in questa maledetta casa, a farmi dire cosa devo o non devo fare mentre Mocciosus è in prima linea a farsi beffe di un reietto come me.
Lei sentì il cuore stringersi nel suo petto, ma ribatté prontamente. - Non dire sciocchezze, papà. Non devi ascoltare nemmeno una parola di Piton. Tu non sei un codardo. Presto sarai libero. Prenderemo Minus e Voldemort verrà sconfitto. Saremo liberi, te lo prometto.
Si erano abbracciati e poi Sirius le aveva promesso che non avrebbe fatto niente di stupido o insensato, nonostante fosse difficile resistere alle tentazioni.
Ripensando a quelle parole, Ginevra provò una spiacevole stretta al petto. Non voleva lasciarlo solo. Aveva paura.
Non temere, troverai una soluzione”, sibilò l’entità Oscura, riportandola alla realtà.
“Grazie… mi sei molto d’aiuto! Hai altre perle di saggezza?”, replicò Ginevra, sarcastica.
È inutile che cerchi di fare la spiritosa. Lo so che mi adori”.
“Sì, sei il mio parassita preferito”.
Stai prendendo sempre più confidenza... mi piace. Adoro il tuo umorismo”.
Ginevra la ignorò, sforzandosi di non sorridere. Doveva ammettere che iniziava a sopportare quel mostriciattolo nella sua testa.
- Allora, siete tutti pronti? - domandò Remus.
- Sì, signor capitano! - urlò Tonks, mentre spingeva Harry e Sirius giù per le scale. Sorrideva come una bambina in un negozio di caramelle.
Regulus scese giù per le scale sotto forma di gatto e saltò tra le braccia del fratello, facendo le fusa.
La signora Weasley fece mille raccomandazioni ad ognuno dei suoi figli e li abbracciò uno ad uno. Nemmeno Draco riuscì a sfuggirle. Lo strinse talmente forte da far diventare le sue guance diafane rosse come pomodori.
In quei pochi giorni, il giovane Malfoy aveva conquistato la famiglia Weasley con successo e ne era felice. La signora Weasley gli aveva persino regalato un maglione fatto a mano con una grande ‘D’ al centro; era sempre stato molto invidioso di Harry e Ginevra e adesso che anche lui ne aveva uno, si sentiva parte di qualcosa. Si sentiva come a casa.
Anche il signor Weasley sembrava felice di averlo intorno; non gli importava di chi fosse figlio. Anche se tra lui e Lucius Malfoy non correva buon sangue, sapeva che Draco era un bravo ragazzo.
- Ricorda che sarai sempre il benvenuto a casa nostra – disse la signora Weasley abbracciandolo una seconda volta.
Draco sorrise sincero e ricambiò l’abbraccio, con affetto. - La ringrazio. Spero di rivedervi molto presto – disse. Salutò Sirius con un cenno del capo, poi prese Hermione per mano e uscì da Grimmauld Place.
Ginevra, invece, si avvicinò a Sirius, avvolta da una strana sensazione. Gli diede un bacio sulla guancia e lo abbracciò forte, lui ricambiò con un sorriso cupo e le posò Ice tra le braccia. - Tienila d’occhio – disse in tono burbero. Poi guardò la figlia e sorrise. - Ci vediamo presto, principessa.
Un momento dopo, Ginevra si ritrovò fuori nel bel mezzo della gelida aria invernale, insieme al resto del gruppo. La porta del numero dodici di Grimmauld Place si chiuse alle loro spalle. *
Ginevra sospirò pesantemente. Quella strana sensazione non l’aveva ancora abbandonata e temeva ciò che sarebbe accaduto.
Non doveva lasciarlo solo.
Si scambiò una breve occhiata con Harry. Sembrava preoccupato quasi quanto lei.
- Non preoccuparti, andrà tutto bene – gli disse. - Lo sai com’è fatto.
Anziché trarre conforto dalle sue parole, Harry abbassò la testa e seguì la piccola Ginny Weasley e gli altri, senza aggiungere una sola parola.
Ginevra restò immobile davanti al numero dodici di Grimmauld Place, ormai scomparso, e seguì Harry con lo sguardo. Dal modo in cui l’aveva guardata, si rese conto che Harry si sentiva ferito.
La voce dell’entità Oscura le echeggiò nella testa: “Non è mica stupido. Ha capito che gli state nascondendo qualcosa”.
“Ora sei diventata una psicologa?”, ribatté Ginevra.
Dico solo quello che penso e so che anche tu pensi alla stessa cosa”.
Ginevra sospirò, affranta. L’entità Oscura aveva ragione, ma non poteva dire a Harry tutta la verità. Lo conosceva così bene da sapere che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di impedire che Sirius si facesse ammazzare.
Era talmente preoccupata da non accorgersi che George era al suo fianco.
Le strinse dolcemente la mano nella sua e lei alzò lo sguardo verso i suoi occhi, che non smettevano di guardarla.
Le sorrideva. Ed era uno di quei sorrisi mozzafiato che lei amava tanto.
- Uno zellino per i tuoi pensieri – le sussurrò all’orecchio. Poi le diede un bacio sulla fronte. - Va tutto bene?
Lei annuì e ricambiò il sorriso. Ma nonostante George fosse al suo fianco, non riusciva a scrollarsi di dosso la spiacevole sensazione che pesava sulle sue spalle. Temeva per l’incolumità di suo padre.
Istintivamente, strinse la mano di George, ancora intrecciata alla sua, cercando di darsi conforto. Lui la strinse dolcemente e iniziò ad accarezzarle il dorso con il pollice. A quel punto lei riuscì a rilassarsi.
Mentre seguivano Lupin in strada, Fred lanciò loro delle occhiate oblique, sperando di non farsi notare. Vederli insieme, felici e, soprattutto, mano nella mano, lo mandava fuori di testa. Era straziante. Ma, infondo, Fred aveva sempre saputo di non essere mai stato la prima scelta. Quello che Ginevra guardava ogni volta che incrociava il suo sguardo era solo la copia di George. Quello che lei aveva baciato quella sera, nei corridoi del castello, era George. Era sempre stato George.
Strinse i pugni, costretto a combattere contro la rabbia.
L’amore non corrisposto era un vero schifo. Dover vedere la ragazza che si ama tra le braccia di un altro e convivere con la consapevolezza di non poterla avere era una tortura.
Una parte di lui odiava George con tutte le sue forze. L’altra, invece, non poteva fare a meno di essere felice per lui.
Forse stava semplicemente diventando pazzo o forse una parte di lui cercava un modo per non rovinare tutto.
Sospirò.
La verità era semplice: era geloso e non poteva farci niente.
Li guardò con un sorriso obliquo; erano una bella coppia, doveva ammetterlo, ma questo non risolveva di certo la questione. Doveva lasciarsi tutto alle spalle, soprattutto quel maledetto bacio. Il fatto che fosse ancora impresso nella sua mente non lo aiutava affatto. Ripensò alla passione e al modo in cui l’aveva stretta a sé… Anche se quello era stato il bacio più bello della sua vita, doveva dimenticare.
Distolse lo sguardo come scottato.
“Smettila, Fred. Pensa ad Angie. Pensa ad Angie. Tu ami Angie. Lei ti fa stare bene”, si ripeteva. Poi i suoi occhi si fermarono sulla giovane Black e iniziò a imprecare: “Dannazione! Ma perché dovevo innamorarmi proprio di lei?”.
Dopo aver lanciato un’ultima occhiata alla nuova coppietta, Fred seguì Remus e Tonks e, senza volere, prestò orecchio alla loro conversazione a bassa voce. Camminavano davanti a lui, stavano parlando di libri, scherzi e dei “bei vecchi tempi”. Fred non riuscì a trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. Evidentemente, per loro non era noioso parlare sempre delle stesse cose da giorni.
- Come sta Charlie? - domandò Remus, un po’ esitante. - È da un po’ di tempo che non lo vedo.
- Oh, be’… - lei iniziò a balbettare e i suoi capelli iniziarono a cambiare colore; da rosa a un blu acceso. - Lui è rimasto in Romania. Aveva molto da fare con i suoi draghi… sai, il suo lavoro richiede molta dedizione.
Mentre parlava, Fred notò nel suo tono una nota di incertezza.
Remus le sfiorò un braccio, premuroso. - Va tutto bene tra voi?
La Metamorfomagus si irrigidì subito. - Cos...? Oh, certo! Va alla grande! Stiamo bene… benissimo, tranquillo – esclamò Tonks, allegra. Poi si zittì e accelerò il passo.
Remus non indagò oltre, ma Fred iniziò a farsi delle domande. E se tra suo fratello Charlie e la sua storica ragazza, fosse successo qualcosa? E se avessero litigato?
- Forza, prima prendiamo l’autobus, meglio è - disse Tonks, guardandosi intorno nervosa. Una volta raggiunta una strada sgombra dove non vi era anima viva, Remus tese il braccio destro.
BANG.
Un bus a tre piani di un viola intenso apparve dal nulla davanti a loro, evitando per un pelo un lampione. *
Il Nottetempo.




ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti! Vi chiedo umilmente scusa per il ritardo, ma ho avuto problemi con il computer e con internet. Per un attimo, ho avuto paura di perdere tutto quello che avevo nel computer: foto, canzoni, video e questa storia. Spero solo di aver risolto.
Come sempre vi invito a lasciare una piccola recensione, oppure, potete inviarmi un messaggio privato dove potrete dirmi quello che volete riguardo la storia.
Ringrazio chi continua a sopportarmi e chi mette la storia tra le seguite/preferite/ricordate ahahah
Vi mando un abbraccio grande grande grande!
A presto,
18Ginny18


* Da “Harry Potter e l’Ordine della Fenice – Capitolo 24 – Occlumanzia” (un po’ modificato).
  
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