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Autore: Ms_Hellion    26/03/2021    2 recensioni
[“Ne, ne, hai sentito?”
“Sentito cosa?”
“Non hai visto la foto?”
“Quale foto?”
“Chi l’avrebbe mai detto che Orihara Izaya…”
“Orihara Izaya?”
“…che Orihara Izaya fosse gay.”]
Storiella in cui c’è una foto incriminante in giro per la Raijin, gli adorati umani di Izaya si stanno prendendo un po’ troppe libertà, e Shizuo non ha intenzione di ammettere i suoi sentimenti nemmeno sotto tortura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Kyohei Kadota, Shinra Kishitani, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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5.



Shizu-chan…

Le coperte furono rimosse da una presa sicura. Scivolarono lungo il corpo di Shizuo, esponendo la schiena nuda. Dita lievi tracciarono la linea della spina dorsale e sfiorarono il profilo dei muscoli sotto la pelle tesa, che si contrassero in risposta al tocco che li solleticava appena.

Shizuo inspirò a fondo, quindi fece forza su un braccio per girare sulla schiena il proprio corpo appesantito dal sonno. Non aveva bisogno di guardare per sapere chi fosse, ma lo fece ugualmente. Fu salutato da un paio di maliziose iridi rosse e il profilo di capelli scompigliati, che si stagliavano contro le ombre della stanza come un’oscurità ancora più nera.

“Izaya”, biascicò. “Che cosa ci fai qui? È notte fonda.”

Denti perlacei lampeggiarono in una risata silente.

“Non pensavi di poter sfuggire così facilmente, vero?”

Shizuo deglutì e si leccò le labbra secche. Improvvisamente sapeva perché Izaya era lì, lo comprendeva con una chiarezza che gli faceva battere forte il cuore, e allo stesso tempo impediva alle sue membra pesanti di muoversi per tentare la fuga.

A conferma delle sue aspettative, l’ombra del corvino scivolò sopra di lui, ponendo un ginocchio a ogni lato del biondo e sedendosi sulla sua vita. Shizuo esalò come quel peso leggero si posò contro di lui. Le sue mani si mossero di propria volontà per posarsi sulle cosce del corvino.

Izaya si chinò su di lui, fino a che il suo volto non stava aleggiando appena sopra quello di Shizuo, le loro labbra separate dalla distanza di una piuma.

“Shizu-chan…”

Shizuo non si mosse, restio a tirarsi indietro, incapace di chinarsi in avanti.

“Shizu-chan, vuoi un bacio?”

Shizuo aprì la bocca per rispondere, ma nulla ne uscì. Voleva dire a Izaya di spostarsi. Voleva supplicarlo di avvicinarsi ancora un po’. Ma non poteva. Non poteva.

Poi, Izaya colmò lo spazio tra di loro, e i pensieri di Shizuo persero importanza.

I suoi istinti presero il sopravvento, e quando le labbra del corvino si mossero contro le sue, Shizuo rispose con forza al bacio. Avvolse le braccia attorno all’altro, mentre la sua lingua guizzava a leccare quella bocca calda, umida e un po’ ruvida.

In qualche modo Izaya finì sulla schiena, Shizuo sopra di lui mentre portava avanti l’opera di conquista della sua bocca arrendevole. Ogni centimetro del suo corpo si stava scaldando, e presto il biondo si trovò a muovere il bacino verso il basso, beandosi alla deliziosa frizione.

“Shizu-chan”, gemette Izaya. “Shizu-chan!”

Izaya.

Shizuo produsse un gemito di gola.

Oh, Izaya.

“Izaya… Izaya…”

“Shizu-chan…”

“Izaya…”

Nii-san.”

Il nero della stanza in ombra si era ora trasformato in rosso, con uno sprazzo di bianco dove la luce riusciva a infiltrarsi in mezzo alle sue palpebre. Shizuo grugnì, irritato e soprattutto confuso. Che cosa ci faceva Kasuka lì?

Mugolando un po’, strofinò il volto contro il cuscino sotto di lui, sentendone il sapore con la bocca aperta, desiderando di poter finire ciò che aveva cominciato prima che-

Shizuo si paralizzò.

il cuscino?

Con un sussulto spalancò gli occhi, tirandosi su sugli avambracci quel tanto che bastava per gettare uno sguardo al ricevente delle sue intense manifestazioni d’affetto.

Ah.

Una larga macchia scura sul tessuto rivelava il punto in cui aveva pomiciato con il cuscino. Come se ciò non fosse abbastanza, la sua erezione pulsava ancora tra le sue gambe, prova di quanto avesse apprezzato strofinarsi contro il suo secondo amante, il materasso del suo stesso letto.

Oh cazzo- Kasuka!

Shizuo si drizzò a sedere di scatto, affrettandosi ad ammucchiare la coperta attorno al suo inguine.

“S-sì?”, gracchiò.

Suo fratello gli restituì uno sguardo impassibile dalla soglia della stanza.

“Sono le sette e mezza, Nii-san. Sarai in ritardo per la scuola.”

“A-ah…” Shizuo stava per sospirare di sollievo – per lo meno suo fratello non sembrava aver notato la sua improvvisa passione per i cuscini – almeno finché non si ricordò quale materia avesse durante la prima ora.

I suoi occhi si sbarrarono.

Merda-

Hino-sensei!

Oh, era morto.

“Ehm. Grazie per avermi svegliato. Scendo in un attimo”, disse, mentre già iniziava con lo sguardo a vagare per la stanza in cerca del materiale scolastico.

Kasuka si girò per andarsene; invece, pausò sulla soglia.

“Nii-san…”

“Sì?”

“Nostra madre ha cercato di svegliarti prima che ci provassi io. Mi ha chiesto chi fosse Izaya.”

Shizuo sperimentò per la prima volta nella sua vita l’affascinante sensazione di strozzarsi sulla propria stessa saliva.

“Ah- ehm-” Tentò una risatina nervosa; persino alle sue orecchie suonò come un tentativo piuttosto patetico. “Che ci vuoi fare? Le pulci sono così- ti entrano in testa al punto che persino di notte sogni di ucciderle.”

Giusto, disse una vocina nel retro della sua mente. Perché è questo che hai sognato, vero Shizuo? Di uccidere Izaya.

Sbavandogli sopra.

Shizuo sentì la punta delle sue orecchie scaldarsi. Cacciò il pensiero fuori dalla sua mente con la stessa violenza che riservava alle risse di strada.

Dannata pulce. E dannato sogno.

Perché quello era tutto ciò che era stato, no? Uno stupido sogno, il semplice prodotto di un sonno disturbato, forse per via di qualcosa che aveva mangiato a cena.

Tra sé e sé, tirò un sospiro di sollievo.

Non avrebbe potuto essere più ovvio che non significasse niente.


 

. . .


 

Shizuo fece il suo ingresso a scuola con la camicia spiegazzata, le ciocche ossigenate selvaggiamente scompigliate e briciole di toast sparpagliate tanto sulla metà inferiore del suo volto quanto sui suoi vestiti – e, miracolosamente, in orario.

Sollevato ed ansimante, si abbandonò sulla sua sedia proprio nel momento in cui la campanella suonò. Rivolse un cenno a Kadota accanto a lui, rassicurandolo che no, non stava per collassare, quindi si unì, esausto, al coro di voci che si levò in saluto all’ingresso dell’insegnante.

Nessuno dei suoi compagni di classe osò fare un commento sulla sua apparenza arruffata, né guardare nella sua direzione per più di tre secondi netti – nessuno di loro era particolarmente volenteroso di morire per una cosa simile – e perfino Hino-sensei si limitò a un sopracciglio inarcato nella sua direzione al posto della frecciatina affilata che Shizuo si sarebbe quasi aspettato.

In qualche modo, dava l’impressione di essere una tregua.

La giornata procedette in maniera sorprendentemente tranquilla e priva di incidenti; le ore si susseguirono l’una dopo l’altra senza che Shizuo provasse neanche un’ombra delle emozioni a cui era ormai abituato – tra cui soffocante irritazione, furia omicida e imbarazzo cocente. E tuttavia, era da poco suonata la campanella del pranzo quando finalmente realizzò il perché.

“Oi, Kadota. Non è che hai visto la pulce, oggi?”, fece all’amico.

Kadota assunse un’espressione perplessa e molto, molto guardinga.

“Non mi sembra, no. Perché me lo chiedi?”

Shizuo aggrottò la fronte; non gli piaceva come suonava la risposta di Kadota. In genere la pulce veniva a stuzzicarlo almeno una volta al giorno, e quando pure non accadeva, i due finivano spesso per incrociarsi nei corridoi, scatenando, più spesso che no, un altro dei loro soliti inseguimenti. Il fatto che quel giorno non fosse accaduto era…

nulla di strano, si disse. È insolito, sì, ma non è la prima volta che la pulce salta le lezioni.

Lungi da ciò, infatti – Izaya era un marinatore professionista.

Eppure-

 

Lo vuoi, Shizu-chan?”

Izaya vicino, vicinissimo, al punto che Shizuo poteva sentire il suo fiato sul proprio viso. Il naso del corvino sfiorò il suo come questi si chinò a colmare gli ultimi centimetri tra di loro.

Le mani di Shizuo scattarono a spingerlo via, e spinsero con forza, troppa.

Izaya atterrò dritto contro il muro, ma Shizuo non restò a guardarlo rialzarsi, perché un attimo dopo stava fuggendo dalla stanza…

 

Un vago senso di colpa si agitò nel suo stomaco.

Izaya… era impossibile che si fosse fatto male, giusto? Il pidocchio si era sempre ripreso anche in quelle rare occasioni in cui Shizuo era riuscito ad atterrare un colpo, resistente e testardo come l’insetto da cui prendeva il nome. Sicuramente si era scrollato di dosso anche quella spintarella senza battere ciglio.

Sicuramente.

Se solo avesse potuto accertarsene…

“Vado a cercare la pulce”, disse a Kadota. “Tu e Shinra andate pure avanti senza di me. Ci vediamo dopo al solito posto.”

Senza attendere una replica, si voltò e si allontanò a larghe falcate, lasciando l’altro da solo in mezzo al corridoio, confuso e vagamente preoccupato, a chiedersi cosa accidenti avesse combinato stavolta Izaya per spingere Shizuo a dargli la caccia di punto in bianco.

I suoi dubbi però non ricevettero mai risposta, poiché Shizuo aveva già preso ad attraversare un corridoio dopo l’altro, guardandosi attorno in cerca di una familiare macchia di nero e rosso, con un intento meno violento di quanto chiunque lo conoscesse si sarebbe atteso – questo nonostante il suo nervosismo stesse aumentando con ogni corridoio imboccato, ogni tentativo infruttuoso, ogni minuto che trascorreva vagando a vuoto.

Quando finalmente individuò la pulce, fu nel posto più prevedibile che si potesse immaginare, e per questo l’ultimo luogo che si fosse preso la briga di setacciare. La mensa della scuola.

In mezzo alla calca e al frastuono, seduto a un tavolo in maniera non dissimile dal resto dei suoi adorati umani, Izaya pure riteneva nella sua postura un genere di grazia e di arroganza che mal si accordava con gli umili dintorni, e sarebbe stato forse più appropriato in un palazzo reale, tra vasti saloni e rifiniture d’oro e statue con le sue sembianze, dove se non altro l’ego del bastardo si sarebbe trovato praticamente a casa.

L’ansia di Shizuo si placò un po’ nel constatare che le sue azioni del giorno precedente non parevano aver sortito un effetto prolungato sul corvino. In compenso, il solco sulla sua fronte si approfondì.

Izaya non era solo.

Erano in cinque, e lo circondavano come avvoltoi, in parte in piedi, in parte appoggiati contro il tavolo, tutti fin troppo vicini al corvino perché questi fosse a suo agio. Studenti della Raijin, di cui uno, in uniforme sportiva, con la nuca rasata, risultava vagamente familiare a Shizuo soltanto perché frequentava il suo stesso anno. Era il meno rumoroso, quello che meno invadeva lo spazio di Izaya, e tuttavia il sogghigno compiaciuto sul suo volto avrebbe potuto costituire un’offesa di per sé. Di certo fu sufficiente affinché il cuore del biondo iniziasse a pompare lava ribollente insieme a sangue nelle sue vene.

E Izaya – Izaya appariva perfettamente calmo. Non batté le ciglia neppure quando uno di quei bastardi gli assestò un colpo sulla schiena che voleva fingersi una pacca amichevole e invece non lo era affatto, se il modo in cui il corpo esile del corvino fu sospinto bruscamente in avanti era un valido indizio.

No, Izaya- Izaya scherzava con loro, rideva ad alta voce come se se la stesse spassando… eccetto che Shizuo lo conosceva abbastanza bene da leggere dietro alla facciata. Aveva dato la caccia alla pulce troppe volte per non vedere la tensione nella sua postura, o il modo in cui le sue labbra si stringevano per l’irritazione.

E poi, uno degli idioti tirò fuori un barattolo di colla liquida e iniziò a versarlo dritto nel piatto di Izaya.

“Oh cazzo- sono venuto ovunque”, esclamò, facendo sganasciare gli altri. “To’ Orihara, prendilo tu, tanto a te piace no?” Usò la punta del barattolo per mescolare il cibo con la sostanza velenosa che lo aveva appena guastato. “Mmh, ecco, mangiatelo tutto.”

Stavolta il sorriso svanì dalle labbra di Izaya. Disagio e umiliazione lampeggiarono chiari sui bei tratti – e Shizuo vide rosso.

Un attimo dopo, teneva un tavolo sollevato sopra la sua testa e stava urlando a pieni polmoni.

“OI! FUORI DAI PIEDI!”

Cinque paia di occhi – più un paio di un rosso straordinario – si spostarono verso di lui, e subito si sbarrarono per lo shock, prima che le persone a cui appartenevano se la dessero a gambe. Shizuo prese la mira, incurante degli sguardi inorriditi provenienti dal resto della sala tanto quanto della resa implicita nella ritirata delle sue prede. Muscoli d’acciaio si contrassero, preparandosi a scagliare il pesante carico…

“Shizu-chan!”

Il tavolo si sfracassò al suolo come Shizuo mollò la presa.

Si ficcò le mani in tasca, ignorando il silenzio carico di tensione e le espressioni ansiose che gli si presentavano ovunque si voltasse, e percorse lo spazio che lo separava dalla pulce. Gettò un’occhiata verso Izaya prima di abbassare gli occhi al suolo e passarsi una mano sul retro del collo.

“Ehm…”

Tutto okay, pulce?, stava per dire, ma l’imbarazzo gli fu risparmiato da Izaya stesso.

“Cielo, sembra che il nostro Neanderthal locale abbia deciso di fare di nuovo l’eroe e impicciarsi nei miei affari”, commentò il corvino con pungente sarcasmo. “Sta diventando un’abitudine o sbaglio?”

Shizuo grugnì, irritato. “Sta’ zitto”, ribatté automaticamente.

Lanciò uno sguardo nella direzione in cui i deficienti di prima erano scappati, e il suo volto si fece cupo.

“Feccia come quella mi fa venire il voltastomaco.”

Non erano, ovviamente, le persone che odiava di più in assoluto – quel posto nella sua vita era già occupato dalla pulce – ma di certo ci andavano vicino. Bastardi senza palle, tutti loro.

Izaya fece spallucce. “Sono soltanto umani. Sono facili da gestire.”

Facili da-

L’espressione di Shizuo si tinse di incredulo scetticismo. Prima che potesse ribattere, però, il pidocchio cambiò abilmente argomento, accompagnando le sue parole con uno di quei sorrisetti leggeri che tanto lo irritavano.

“Ne, come posso aiutarti, Shizu-chan?”

“Hah?”, fece Shizuo stupidamente.

Izaya roteò gli occhi. “Be’, dubito che tu sia venuto a cercarmi per il piacere della mia compagnia. Ora, se solo tu fossi così gentile da dirmi che cosa ho fatto di male stavolta, così posso farmi un’idea di quanto velocemente devo correre…”

“A-ah. No, ehm…” Shizuo esitò.

Da quanto poteva vedere, la pulce era in perfetta salute. Fin troppo, pensò con una sorta di grugnito interiore. Tanto le sue stesse azioni del giorno precedente quanto il comportamento di quei bastardi di poco prima non sembravano aver sortito il minimo effetto sull’atteggiamento pimpante della pulce.

Perciò non c’era motivo di rimanere, giusto? Izaya stava bene, fin troppo bene.

…Se solo Shizuo fosse stato un po’ meno avvezzo alle bugie della pulce, avrebbe persino potuto crederci.

Il suo sguardo cadde sul pasto rovinato dell’altro. Per qualche ragione, la vista lo fece incazzare – e non era nulla in confronto alla furia assassina che lo attraversò al ricordo delle parole che quel rifiuto umano aveva rivolto a Izaya. Ancora adesso, se ci pensava…

“Vuoi unirti a noi?”

Le parole uscirono dalle sue labbra prima ancora che Shizuo avesse modo di pensarle a livello cosciente. E quando finalmente si rese conto di quanto aveva appena detto, il suo volto avvampò con una ferocia che era equiparabile soltanto a quella dei suoi pugni.

“E-ehm…” Si grattò nervosamente il retro del collo, agitandosi di fronte al sopracciglio inarcato di Izaya. “Cioè, se ti va puoi unirti a noi – cioè Shinra e Kadota. E, ehm, io. Solo per oggi! Cioè, non è che non ti odi più o roba simile… sei una maledetta pulce bastarda e lo rimarrai sempre! Però, ehm. Se vuoi unirti, per oggi va bene. Per pranzo, intendo.”

Alla fine del suo discorsetto, o per meglio dire del patetico tentativo di fare uso della grammatica della sua lingua madre, le sopracciglia arcuate del corvino avevano raggiunto un totale di due su due, e a giudicare dalla tensione della linea della sua bocca, Izaya stava o per dargli dell’idiota, oppure per scoppiargli a ridere in faccia.

Shizuo non era certo di quale delle due opzioni fosse peggio.

Invece, Izaya optò per la terza opzione – che, tutto sommato, aveva il potenziale di rivelarsi persino peggiore delle altre due.

Soppresse le piccole contrazioni agli angoli della bocca, assumendo un’espressione che si sarebbe detta quasi seria se non fosse stato per la scintilla di ilarità che continuava a bruciare, imperterrita, dietro alle iridi rosse. Quindi si alzò, spolverandosi i vestiti come se fossero mai stati sporchi, e issò la sua ventiquattrore di tela nera dal pavimento.

“Be’? Fammi strada, Shizu-chan.”

 

Indubbiamente, il fatto stesso di vivere in una metropoli costituiva, già di per sé, un rischio a essere esposti ad eventi alquanto bizzarri. Tokyo, con i suoi dieci milioni e passa abitanti, di certo non faceva eccezione. Frequentare il distretto di Ikebukuro in particolare, poi, aumentava esponenzialmente questo pericolo, e ci aggiungeva la possibilità molto reale di imbattersi in qualcosa di non esattamente normale, o umano.

E tuttavia, gli studenti della Raijin non avevano mai visto – né mai videro in seguito, con l’eccezione di quelli a cui capitò di imbattersi in un certo Centurione Nero – uno spettacolo più strano, assurdo e incomprensibile di Heiwajima Shizuo e Orihara Izaya che, fianco a fianco, passeggiavano per i corridoi della scuola, senza provare a uccidersi, né far volare banchi e coltelli, e neppure rivolgersi una minuscola occhiataccia.

Onestamente, Shizuo si preoccupò quando notò un paio di studenti annaspare come se stessero avendo un arresto cardiaco. D’accordo, era vero che mandava gente all’ospedale un giorno sì e uno no, ed era solito promettere le più atroci sofferenze al pidocchio che al momento camminava tranquillamente accanto a lui, ma non voleva essere responsabile della morte di nessuno, grazie tante.

Né tanto meno voleva essere responsabile del ricovero immediato dei suoi unici due amici, pensò come le mascelle di Kadota e Shinra caddero così in fretta da dare quasi l’impressione di essere lì lì per staccarsi.

“Aaahh, ehm…” Kadota tossicchiò. “Shizuo?”

“Sì?”

“Ehm… non so come dirtelo, amico, ma… Izaya è proprio dietro di te.”

Shizuo sbatté le palpebre.

“Sì, lo so”, disse, accigliandosi un po’. Kadota lo credeva davvero così stupido?

Izaya si fece avanti con un piccolo ghigno. “Yo, Dota-chin, Shinra. Shizu-chan qui mi ha cortesemente invitato a trascorrere la pausa pranzo insieme a voi. Spero che non sia un problema~!”, cinguettò allegramente.

“A-ah… è così, eh…”, fece Kadota, passandosi le dita tra i capelli improvvisamente sudati, e per un istante Shizuo ebbe l’impressione che stesse per svenire.

Forse era il caso di allertare un insegnante…?

Stava ancora tentando di decidere se le condizioni di Kadota fossero abbastanza gravi da richiedere un intervento urgente quando Shinra si riprese dallo shock iniziale, distraendolo con il vasto ghigno che comparve sulle sue labbra – perfettamente abbinato a quello della pulce.

“Vieni a sederti, Orihara-kun!”, esclamò l’occhialuto, assestando una pacca al terreno di fianco a lui.

Izaya non si fece pregare e si unì al gruppo con una sorta di passo saltellante, mentre Kadota indirizzava a Shizuo un’occhiata colma di dubbi, che pareva voler chiedere: Ne sei sicuro? e Morirò qui, quando tu e Izaya darete di matto come al solito?

Cercò di rassicurare l’altro ragazzo con lo sguardo, comunicandogli in silenzio che non c’era motivo di preoccuparsi, poiché lui, Shizuo, sapeva cosa stava facendo… il che, ovviamente, era una completa menzogna, e siccome il biondo era un pessimo bugiardo, alla fine si accontentò di scrollare le spalle e lasciare le cose così.

Dopo aver preso posto tra Kadota e la pulce, tirò fuori il proprio pranzo, notando con la coda dell’occhio come la figura di Izaya si fosse inclinata verso di lui. Ne comprese la ragione nel secondo in cui sollevò il coperchio della scatola del bento, e una mano pallida e sottile guizzò ad afferrare un onigiri, per poi farlo svanire.

“Oi! Quello è il mio pranzo”, sbottò, scoccando un’occhiata carica di minaccia a Izaya.

Non effe-e egoifta, Shi-u-shan”, ribatté quello con la bocca piena di riso. Deglutì, per poi passarsi la lingua rosea sulle labbra per raccogliere i chicchi che vi si erano attaccati. “Non mangio nulla da ieri mattina, sai? Ma naturalmente la bestia famelica si rifiuterebbe di condividere il suo pasto persino con qualcuno che sta per morire d’inedia…” Sbuffò con finta indignazione. “Tsk, dovresti proprio vergognarti!”

Alle parole dell’altro, la rabbia di Shizuo si quietò un po’. Riemerse nella sua mente l’immagine di un pasto ancora intatto, rovinato per il divertimento di qualche bastardo mentre Izaya fingeva di stare al gioco, e d’una casa vasta e buia, priva di calore familiare, sprovvista di qualcuno che accogliesse il ritorno da scuola di Izaya e delle sue sorelle con un pasto pronto.

Shinra e Kadota osservarono a bocca aperta come il biondo prese un altro onigiri dal suo bento e lo porse al corvino. L’espressione di Izaya mutò immediatamente, passando da scherzosa a scioccata.

“Prendilo”, grugnì Shizuo. “È tonno. Lo so che il tonno ti piace.”

Izaya si limitò a fissare la mano protesa, guardingo.

“Perché-”

“Lo vuoi o no?”, lo interruppe Shizuo, spazientito. Quando l’altro non mosse un muscolo, sbuffò. “Senti, lascia perdere”, borbottò, ritraendo il braccio. Era stata un’idea stupida, in ogni caso. “Se non lo vuoi tu, posso sempre-”

La pulce si mosse con la rapidità suggerita dal suo soprannome, e un secondo dopo in mano a Shizuo non restava altro che un paio di chicchi, mentre Izaya stringeva sé l’onigiri come se si fosse trattato d’oro.

Itadakimasu”, bisbigliò prima di dare un morso.

Shizuo non sapeva se fosse per via dell’espressione beata sul volto della pulce, oppure dei chicchi sparpagliati sulle sue guance che lo rendevano stranamente adorabile – non che trovasse quel bastardo adorabile, ovviamente! – ma sentì qualcosa di caldo prendere vita nel suo petto.

Da quel momento in poi, la pausa pranzo proseguì in modo sorprendentemente tranquillo e senza mietere vittime. Il disagio di Shizuo e Kadota alla presenza di Izaya – nessuno dei quali sapeva bene come interagire con lui, nonostante fosse stato proprio il primo a invitarlo – fu facilmente oscurato dalla parlantina incessante di Shinra, a cui Izaya stava dietro con facilità, sebbene Shizuo fosse pronto a giurare che la metà delle volte Shinra blaterasse cose del tutto insensate.

Be’, tra svitati ci si intende. O qualcosa del genere.

Quando ne ebbe avuto abbastanza della lingua fin troppo sciolta del futuro dottore, Izaya passò alla fonte di intrattenimento successiva. Scannerizzato il piccolo cerchio da loro formato con lo sguardo, selezionò immediatamente la sua vittima.

Procedette quindi a gettarglisi addosso.

“Dota-chiiiiin~.”

Kadota sospirò come il corvino gli gettò le braccia attorno al collo, praticamente sedendosi sul suo grembo.

“Ehi, Izaya.”

Izaya piegò le labbra in un piccolo broncio. “Dota-chin, non fare quella faccia! Se fai così mi verrebbe quasi da pensare che non sei felice di vedermi…”

Kadota posò una mano sul braccio di Izaya, e gli diede qualche pacca leggera.

“Che ne dici di mollare la presa, mmh?”

“No.”

La risposta giunse prontamente, e la presa del corvino attorno al collo di Kadota si serrò ancora di più. Questi sospirò di nuovo con aria di rassegnazione.

“Di nuovo quella faccia, Dota-chin!”

“Il mio nome è Kadota…”

“Sorridi, Dota-chin! Voglio vedere il tuo bel sorriso!”

Il ragazzo moro assunse un’espressione sommamente scettica – che venne distorta un attimo dopo come le mani di Izaya gli afferrarono le guance di colpo, tirandole in tutte le direzioni.

“Sorridi. Sorriii~diii~.” Il corvino emise un risolino acuto. “Forse un bel bacio aiuterebbe, mmh?”

Un’esplosione rimbombò sul tetto della scuola. Il suono si disperse in fretta all’aria aperta, ma non prima di aver fatto voltare quattro teste – tre verso Shizuo e una verso il basso, come il biondo fissò stupito la lattina stritolata tra le sue dita.

“Ah.”

Izaya rise nuovamente, ed era lo stesso risolino cinguettante di prima, con una familiare nota di scherno in più e tuttavia colmo di sincero divertimento. Il corvino si staccò da Kadota, muovendosi rapido a quattro zampe fino a trovarsi a un palmo dal volto di Shizuo.

“Tsk tsk, Shizu-chan. Guarda cos’hai combinato, hai schizzato soda dappertutto!”

Prima che Shizuo potesse anche solo pensare a una replica, Izaya aveva già tirato fuori un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e si stava accingendo ad asciugare le gocce di liquido appiccicoso dalla sua faccia.

“C-che c-c- Izaya”, pronunciò il biondo, sostituendo all’improvviso il balbettio nervoso con il familiare ringhio del nome della pulce.

“Sì, sì, grrr, gaaah, ti ammazzo, pulce, eccetera eccetera”, ribatté il corvino, continuando a tamponare delicatamente la pelle dell’altro. Ancora una volta, non si curò minimamente degli sguardi a bocca aperta di Shinra e Kadota, a differenza del biondo che invece si agitò come un verme sulla lenza.

Non era che le azioni di Izaya gli dessero necessariamente fastidio – non che fossero benvenute, eh! – ma c’era proprio bisogno che la pulce si comportasse così di fronte ad altri?

Prima che potesse protestare, però, Izaya si era già ritratto e aveva lanciato il fazzoletto appallottolato in faccia a Shinra, dal quale provennero una serie di suoni offesi non meglio identificati. Senza concedere la grazia di un’occhiata all’amico, il corvino si alzò in piedi, stiracchiandosi.

“Be’, è stato divertente. Alla prossima, miei piccoli umani e… non altrettanto umani.”

“Dove stai andando?”, chiese il non altrettanto umano in questione, confuso. “La campanella non è ancora suonata.”

“Ah, per quanto sarei disposto a concedervi più a lungo il piacere della mia compagnia, si dà il caso che debba passare a prendere dei libri dalla biblioteca”, replicò Izaya, appoggiando la propria borsa scolastica sulla schiena, la mano che la reggeva piegata all’indietro contro la sua spalla. “Cercate di non annoiarvi troppo senza di me! Ciao-ciao~”, trillò, agitando la mano libera in direzione di Shinra e Kadota.

L’attenzione di Izaya cadde poi sul biondo, al quale lanciò un bacio, seguito da un occhiolino. “Ci vediamo, Shizu-chan”, disse con voce sensuale – e con questo, il corvino si allontanò ondeggiando un po’ i fianchi.

Il frastuono della porta del tetto che sbatteva fece sussultare Shizuo, che si rese finalmente conto di essere rimasto paralizzato sul posto, i suoi pensieri trasformati in melassa per alcuni secondi.

E quello che diamine significava, dannata pulce?!

“Finalmente un po’ di pace”, sospirò Kadota, e Shinra ridacchiò.

“Che cattivo, Kadota-kun! Oi- dove stai andando, Shizuo-kun?”

Ignorandoli entrambi, Shizuo aveva messo via il suo bento e si stava affrettando verso le scale. La sua presa era già stretta attorno alla maniglia della porta quando si girò a rispondere, soltanto per rassicurare gli altri due che sarebbe ritornato in un attimo – quindi si precipitò dentro l’edificio e poi giù per le scale.

Occhi color caffè individuarono presto la familiare chioma corvina. Izaya aveva già percorso una rampa di scale, e stava per imboccare la seconda.

“Aspetta! Pulce!”

Dopo un secondo in cui Shizuo credette che Izaya non lo avesse sentito e si preparò a gridare di nuovo, il corvino si arrestò sui suoi passi per appoggiarsi distrattamente alla ringhiera, dove attese che l’altro lo raggiungesse.

“Izaya.”

Il nome fu pronunciato con un lieve ansimare come Shizuo inalò a fondo un paio di volte, riprendendo il fiato dopo la breve corsa.

Izaya spostò maggiormente il proprio peso contro il sostegno della ringhiera, appoggiando i gomiti contro il freddo metallo, e incrociò le gambe davanti a sé. Con la testa inclinata di lato e un’espressione curiosa e allo stesso tempo annoiata in viso, era l’immagine stessa della compostezza.

“Sì?”

Shizuo aprì la bocca. E poi la richiuse. E poi la aprì di nuovo.

, Shizu-chan?”

“E-ehm… ah… pul- cioè, ehm… I-Izaya…”

“Prima di domani”, suggerì il corvino, controllando un orologio da polso immaginario.

Shizuo digrignò i denti, frustrato, e si scombinò i capelli con un gesto della mano.

Maledetta pulce! Tu e tutti i guai che mi causi! Perché non muori e basta, mmh? Perché non-

“Vieniacenaacasamiastasera.”

Seguì un istante di silenzio.

Gli occhi del corvino si sgranarono per lo shock. Il suo intero corpo si irrigidì. Le sue labbra si dischiusero leggermente, e…

“…Hah?” Izaya sbuffò una risata. “Shizu-chan dovrebbe davvero imparare a comunicare come un essere umano, invece di produrre i suoi soliti versi animaleschi. Qualcuno potrebbe non capire cosa-”

“Hai capito benissimo cos’ho detto!”, sbottò Shizuo, serrando i pugni, pronto a prendere a cazzotti la pulce se era quello che serviva per ottenere una risposta. “Vuoi venire a cena a casa mia oppure no?”

Izaya non replicò immediatamente. Lo scherno gli morì in gola e sul volto, e per un minuto il pidocchio rimase a fissarlo in silenzio, ogni traccia di ilarità svanita dalle iridi vermiglie, la bocca stretta in una linea indecifrabile.

Era spiazzato, quello era evidente. Ma non era tutto. Shizuo provò frustrazione al non essere in grado di leggere, proprio quando gli serviva di più, oltre alla maschera di neutralità del corvino. I suoi pugni si aprirono e si chiusero in uno spasmo automatico, anelando a scaricare attraverso l’unico mezzo che conosceva il nervosismo dovuto all’incapacità di predire la decisione di Izaya.

Come presto scoprì, però, la risposta della pulce era oltre le capacità di previsione di qualsiasi essere umano – o mostro protozoico che fosse.

“Non lo so”, disse il corvino semplicemente, con una scrollata di spalle.

“Non devi rispondere subito”, si affrettò a informarlo Shizuo. “Puoi anche prenderti del tempo per pensarci… ehm… ma probabilmente sarebbe meglio scambiarsi i numeri di telefono. Sai, così mi puoi far sapere cosa decidi e… già”, concluse pateticamente.

Le labbra di Izaya si incurvarono in un familiare sorrisetto divertito.

“Con chi credi di star parlando?” Il pidocchio sbuffò e gli diede le spalle, ricominciando a scendere le scale a piccoli saltelli. “Ti farò sapere”, gridò a mo’ di saluto, indirizzandogli un piccolo cenno con la mano; quindi giunse alla fine della rampa di scale, imboccò un corridoio e scomparve dalla vista di Shizuo.

Il biondo rimase lì impalato a fissare il punto in cui Izaya era sparito finché la campanella non suonò, riportandolo alla realtà.

Non capì che cosa Izaya intendesse con le sue parole fino a molte ore dopo, quando, mentre era sulla via di casa, il suo cellulare emise un ‘ding’ dal fondo dello zaino.

Era probabilmente il primo messaggio che riceveva sin da quando i suoi genitori gli avevano regalato l’oggetto a Natale dell’anno precedente – un Nokia piccolo ma robusto che miracolosamente era sopravvissuto finora alla forza del biondo – e non ricordava di avere mai dato il suo numero a più di un paio di persone.

Ragion di più per cui i suoi occhi si sgranarono quando lesse il contenuto del messaggio.

 

[Da: Numero Sconosciuto, 16:06

Dove e quando?

- Il tuo arcinemico preferito. Spero che tu muoia prima dell’ora di cena! <3]


 

 

   
 
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