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Autore: TheDoctor1002    29/03/2021    1 recensioni
Artemis conosce il mare. Lo ha solcato in lungo e in largo quando era in marina, vi ha disseminato terrore una volta cacciata e ancora oggi, dietro l'ombra del suo capitano, continua a conoscerlo.
Il suo nome è andato perduto molti anni fa: ora è solo la Senza-Faccia. Senza identità e senza peccati, per gli altri pirati è incomprensibile come sia diventata il secondo in comando degli Heart Pirates o cosa la spinga a viaggiare con loro. Solo Law conosce le sue ragioni, lui e quella ciurma che affettuosamente la chiama Mama Rose.
Ma nemmeno la luce del presente più sereno può cancellare le ombre di ciò che è stato.
Il Tempo torna sempre, inesorabile, a presentare il conto.
"Raccoglierete tutto il sangue che avete seminato."
//
Nota: trasponendola avevo dimenticato un capitolo, quindi ho riportato la storia al capitolo 10 per integrarlo. Scusate per il disguido çuç
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Pirati Heart
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 18: Fede

"Buon pomeriggio Mjosgard" salutò Artemis distrattamente, dando le spalle alla porta per dedicarsi a un'ampia mappa sotto le sue dita. "Tamatoa é appena andata a preparare il té, ho pensato di farne fare una tazza anche per voi. E ho fatto quella passeggiata, ma ho ottenuto solo uno slittamento di 30 minuti sulla tabella di marcia. Per fortuna, li ho già ammortati a 20."
Che non fosse un buon pomeriggio, lo capì dal ritardo della risposta: quando il suo cervello realizzò quei decimi di secondo di troppo, era già tardi.
I polsi e il collo le pesavano, come se i tendini si fossero anchilosati. Poi una zaffata di profumo la investì, insieme a un respiro familiare.
Da soli, ricostruirono una torre di ricordi direttamente dalle sue ceneri. La riportarono in isole lontane, le fecero sentire il tocco ruvido del tulle e quello morbido delle piume: le stesse che ora le solleticavano le braccia, diffondendo orrore ovunque si spingessero i suoi nervi.
"Donquixote sbagliato" cantilenò appena la figura alle sue spalle, tracciando la linea del trapezio con i polpastrelli come fosse fatta di creta. "Ma accetto volentieri l'invito: non credere che io abbia meno voglia di vederti, colombina."
"Come puoi essere qui?" soffiò Artemis, attraverso dei polmoni che non collaboravano. Non poteva essere che un'allucinazione, era la sola spiegazione che riusciva a darsi.
Eppure lo sentì così reale, quando si chinò verso il suo orecchio, senza far cedere di un millimetro i fili che le impedivano di reagire.
"Dovresti dirmelo tu, non credi?" Rise sardonico, mentre Artemis notava le dita di lui maneggiare l'Ito-Ito attraverso i suoi nervi.
Dita sottili, raffinate, niente a che vedere con il sangue che le macchiava. Dei Donquixote aveva preso solo il meglio, la stessa benedizione che era toccata a Rocinante. Per il marcio, invece, ci aveva pensato da sé.
"Una maniaca del controllo come te non avrà certo lasciato al caso il progetto per la mia deposizione. Scommetto che conosci il piano di Law a menadito, sempre che sia davvero il suo." Bisbigliò sicuro, certo di avere il copione già in mano, le battute apprese.
Dio, quante volte l'aveva vista provare? Quante volte le aveva visto costruire il suo personaggio, le sue macchiavelliche trame. Quante volte gliele aveva corrette, prima che le presentasse agli altri, ignaro che tra quegli stessi altri ci fosse anche lui?
Con quale faccia tosta pensava di sorprenderlo, dopo tutti quegli anni?
E Artemis lo percepì, attraverso quell'osmosi forzata, inconscia, che l'aveva spinta per anni a leggergli nel pensiero.
"Non lo so" incespicò, pregando invano di essere stata convincente abbastanza.
"Bugiarda, sì che lo sai. Avanti, colombina, cosa c'era a questo punto?" prese a spronarla, come un tutore con un alunno poco ricettivo "Cosa avrebbe potuto spingermi fino a Marijoa?"
Lei aveva quel piano inciso nella memoria, lo ricontrollava ogni notte e ogni giorno. Mai una volta, mai, si era ritrovata a dimenticarne un passaggio.
"La tua rinuncia alla Flotta dei Sette" rispose controvoglia, reggendogli un gioco al quale non voleva più partecipare.
Lui sorrise a quella ammissione.
"Sempre la prima della classe." si congratulò. "Non immagini quanto mi sei mancata."
"Parole audaci, per qualcuno che ha ancora addosso il profumo di un'altra donna." riuscì a comporre lei, tutto d'un fiato, ottenendo solo un'altra, eloquente risata da Doflamingo.
Percepì una fitta acuta all'altezza del petto, il cuore agitarsi in una rete e impigliarsi sempre di più tra i suoi fili. Le coronarie, doppiate da una trama impalpabile, riuscivano a stento a compiere il loro dovere.
"Parole audaci, per qualcuno con un battito così elevato" soffiò lui tra i suoi capelli, mentre la sua mano andava a sovrapporsi a quella di Artemis sulla scrivania.
Se possibile, le sue pulsazioni aumentarono ancora, tagliandole il fiato. "Ti ho cercata in ogni donna che ho incontrato. La tua arguzia, la tua passione, la tua tenacia. Ma erano tutte pallide ombre, confronto a te."
"Non sarà Viola, vero? Era l'unica che usasse il garofano." riuscì ad azzardare, sarcastica "Non impari mai. Continuerai a portarti serpi in seno finché non ti troverai sgozzato. Se non sarò io, ci penserà qualcun'altra a liberarsi di te."
"Qui ti sbagli, colombina: ho ben conservato la lezione che mi hai lasciato. Separare affari e vita privata è essenziale per un buon equilibrio. È per questo che Violet ha un ruolo tanto limitato. Abbastanza vicina da essere controllata, ma non abbastanza da essere una minaccia. Dividi e conquista, non fosti tu a insegnarcelo? Ma la tua gelosia mi commuove." si avvicinò ulteriormente, abbastanza da percepirne la temperatura corporea, abbastanza da sentire il viso farsi strada tra i capelli per giungere alla pelle morbida del collo. "Potremmo riprovarci, quando questa fastidiosa faccenda di Law sarà finita."
"Non dovresti neppure sapere che esisto." ringhiò Artemis, sollevando la spalla per impedirgli di incunearsi, divertendolo con quel gioco all'inseguimento che suo malgrado aveva allestito.
"Posso rivelarti un mio segreto, se può bilanciare questa disparità." propose, avvolto in una facciata di buone intenzioni. "Per esempio, io non ho affatto rinunciato alla carica. Non lo farei per nulla al mondo, tantomeno per le minacce di quel moccioso. Ho solo fatto in modo di far circolare la notizia. A Law potrei perdonare un simile errore di valutazione, ma mi delude che tu non ci abbia pensato. Parlando di conti sbagliati, tu mi devi ancora un matrimonio, giusto?"
"Non ti devo un solo secondo, dopo quello che mi hai tolto." Ribatté, mentre una serie di spasmi prese ad attraversarle le dita nel disperato tentativo di liberarsi. Gli occhi di lei vagarono febbrilmente sulla superficie del grande tavolo. Cercava qualcosa, qualsiasi cosa potesse liberarla dal peso di quell'ingombrante avvoltoio sulle sue spalle.
"Ti avrei dato il mondo." replicò lui, ora con la voce macchiata di una dolorosa durezza "L'avrei cresciuto come un figlio e, se non credi che l'avrei fatto per mio fratello, sappi che l'avrei fatto per te. Avresti solo dovuto darmi una possibilità."
"Non osare parlare di lui!" Scandì Artemis in cinque colpi di pistola, trovando in quello slancio il coraggio di guardarlo in volto, così orribilmente vicino al suo "Come ti permetti? Credi che avrei mai potuto lasciare il sangue del mio sangue entro il tuo raggio d'azione, fottuto psicopatico?"
A quelle parole, lei avvertì i muscoli di Doflamingo contrarsi tutti d'un colpo, poi la tensione sfociò in una silenziosa risata.
Lei non ne capì la ragione finché non sentì la voce preoccupata di Tamatoa e il tintinnare lieve delle tazze sul suo vassoio.
"Perdonate, signorina. Non era mia intenzione interrompere."
"Non preoccuparti, non hai interrotto nulla." rispose Doflamingo con il suo tipico ghigno dipinto in volto.
Si chinò appena verso Artemis, in un gesto che avrebbe potuto somigliare a un casto bacio sulla guancia, ma che fu accompagnato da un sussurro in grado di darle i brividi: "Sei stata tu a condannarlo, scegliendo Law anziché la tua Famiglia. Quando avrò la sua testa, farò del mio meglio per fartelo sapere."
Con il respiro completamente azzerato, Artemis sentì il volume di lui allontanarsi, un vago commiato rivolto alla nuova arrivata e, infine, l'ito-ito che le cedeva il controllo dei suoi tendini uno dopo l'altro.
Nell'esatto istante in cui riuscì a muoversi, Tamatoa la vide scattare con un urlo disumano e una prontezza fisica assolutamente fuori portata, nonostante l'indebolimento dell'agalmatolite.
Si fermò con un braccio a mezz'aria come bloccata nei contorni di un fotogramma.
Chiusa nel pugno tremante c'era una stilografica, a pochi millimetri dalla pelle del collo di Doflamingo ormai giunto sull'uscio della biblioteca.
Non c'era traccia di raziocinio nei suoi occhi, il suo respiro era un sibilo colmo di rabbia.
"Posa quella penna, Artemis." la invitò lui con fare pacato.
"Dammi una sola ragione per cui non dovrei aprirti la gola qui e ora!" Sbraitò la donna, ancora una volta bloccata dai suoi fili.
"Questi funzionari non sono abituati a una simile violenza, colombina mia. Cosa direbbero alla tua cara madre, vedendoti in questo stato?"
Artemis spostò l'attenzione dal suo obiettivo al resto del corridoio. Da dietro i vetri zigrinati delle porte degli uffici riusciva a scorgere decine di occhi terrorizzati, attratti da quell'orribile incontro con la stessa morbosa curiosità con cui si guardano gli esiti di un incidente stradale, senza poter distogliere lo sguardo.
Lei obbedì: Doflamingo aveva ragione.
Se quegli occhi avessero avuto delle bocche, e se quelle bocche avessero detto ad Ana cosa avevano visto, avrebbe potuto dire addio a quel brandello di libertà.
L'ennesimo sorriso con cui lui constatò quella resa le cavò il cuore dal petto.
"Brava, colombina." lo sentì sussurrare, mentre si allontanava.
L'ito-ito la liberò e, appena vide la sagoma sparire oltre il capo opposto del corridoio, Artemis sentì qualcosa, dentro di sé, spezzarsi.
Quando Tamatoa la raggiunse, la trovò di gesso, con gli occhi vitrei e i denti che mordevano la carne attorno alle unghie fino a farle sanguinare.
Era talmente instabile che temeva sarebbe sparita sfiorandola, come una delle illusioni ottiche di cui le aveva parlato.

Dopo l'incontro con Doflamingo, Artemis riuscì a stento a dedicarsi ad altro.
Accese la radio, si ubriacò delle notizie che filavano, tutte così simili, così futili.
E nel frattempo i suoi occhi viaggiavano tra le parole senza riuscire ad afferrarle.
Picchiettava con il dorso della matita sui fogli, senza scrivere nulla. La testa avvolta in un mare di rumore bianco.
"Signorina" la interruppe Tamatoa dal nulla, la voce che si intersecava al rintocco delle otto. "Spero non vi sia di troppo disturbo, ma ho il dovere di farvi delle domande."
La donna alzò la testa, in attesa.
"Chi era quell'uomo?"
Artemis scrutò il vuoto per qualche istante, poi scosse il capo e riprese a scrivere e cancellare sulla carta ormai consunta.
"Nessuno" biascicò.
"Dovete darmi una risposta" insistette l'altra "Altrimenti avrò modo di pensare che abbiate contatti con l'esterno e sarò costretta a prendere provvedimenti."
"Mi pare strano che non l'abbiate riconosciuto" replicò Artemis con fare accusatorio, ora improvvisamente più concentrata "ma potete riferire a Sant'Ana che si trattava di Donquixote Doflamingo e che certamente non era qui su mio invito."
Tamatoa indietreggiò appena col busto a quella risposta così inaspettata, salvo poi ripristinare il suo contengo.
"Perché sapeva che eravate qui?"
"Questo dovreste dirmelo voi." l'accusò la sua protetta "Potrebbe benissimo essere l'ennesimo esempio della vostra signora che gioca a fare dio, chi può dirlo?"
"Cosa vi ha detto?"
A quell'ultima domanda, Artemis rispose assottigliando le labbra e raccogliendo i suoi appunti.
"Mi ha minacciata." rivelò infine a bassa voce, umiliata da quell'ammissione come fosse stato un peccato mortale "E ora, se permettete, vado a rammaricarmi di non averlo sgozzato nel sonno quando potevo."
Quelle parole tanto aggressive si facevano strada tra i denti di lei a fatica per quanto la sua mascella fosse digrignata.
Tamatoa capiva bene quella sensazione: per tutto il pomeriggio, non era mai riuscita a smettere di chiedersi come avesse potuto permettere un'imprudenza simile.
"Potrei prepararvi la vasca" avanzò la dama, alzandosi per seguire la sua protetta fuori dalla biblioteca, in una notte ormai nera. "Non potete lasciare Marijoa, ma addolorarvi così non vi aiuterà. Inoltre, farò in modo che quell'uomo non possa più avvicinarsi a voi. Avete la mia parola su questo."
"Lo spero" sibilò Artemis "Altrimenti, Sant'Ana o no, giuro che non risponderò di me."
L'altra deglutì. Quella profezia le asciugò la gola e le diede i brividi: aveva ancora chiara nella mente l'immagine del viso stravolto di Artemis mentre si lanciava con un'incontenibile furia cieca contro il suo avversario.

Sul ponte della chiassosa, caotica Thousand Sunny, Law si rigirava tra le dita il piccolo foglio bianco a cui mancava un angolo.
Aveva atteso a lungo prima di tirarlo fuori, nonostante gli prudessero le mani dal primo secondo in cui Monkey D. Luffy e la sua sconclusionata ciurma erano entrati nel suo campo visivo.
Durante il rocambolesco intervento dei Mugiwara per fermare gli esperimenti di quell'idiota di Caesar, Law si era trovato tante volte a cercarla al suo fianco. A intercettare cenni e suoni che non arrivavano, lasciandolo spiazzato.
"Che fai, Tora-o?" gli gridava il ragazzino di gomma, appena l'assenza di lei lo trascinava fuori sincro. E rideva, come se fossero errori che capitano, come se qualcuno con così tante lacune potesse davvero puntare alla testa di Doflamingo e sperare di uscirne perlomeno vivo.
Eppure, almeno in quel frangente, ce l'avevano fatta.
Contro ogni ragionevole dubbio, il distaccamento di Punk Hazard era stato distrutto, portando con sè la giovane vita di Monet e qualsiasi cosa fosse il disgustoso veleno a cui quel pazzo di un Clown lavorava.
"Frutti artificiali" aveva concluso Artemis una sera, settimane prima, picchiettando su un taccuino "O, in realtà, il loro progetto. Il fatto che diano poca documentazione è preoccupante, ma il suo contenuto lo è ancora di più. Non credo sappiano quello che stanno facendo."
"Hanno controindicazioni?"
"Non sono riportate, ma hanno una percentuale di successo raccapricciante" aveva sbuffato lei "Se un 10% di questa roba fa il suo lavoro è tanto. È meno di una roulette russa, chi mai si farebbe comprare da una cosa del genere?"
Col senno di poi, pensò, chissà cosa avrebbe detto, conoscendo il ciarlatano con cui lui aveva avuto a che fare negli ultimi mesi. Una delle instabili chiavi di volta di tutta quella delicata operazione.
Alla luce della luna, svolse le pieghe in cui aveva accartocciato la vivre card e la posò sul palmo aperto, aspettandosi chissà che cosa.
La carta non si mosse, dipingendogli una certa delusione oltre le sue inconfondibili occhiaie.
"Non funziona in quel modo" spiegò Nico Robin con fare pacato, uscendo dall'area delle cabine, sotto un placido cielo stellato "Solo il pezzo strappato punta alla fonte."
Il Chirurgo contrasse il viso in un'espressione amara, mentre la donna si sedette accanto a lui, sull'erba rada che Franky aveva portato su quella nave impossibile.
"Non inizierebbe a bruciare, se l'altra metà fosse in pericolo, vero?"
"No, anche in questo caso non funziona così" replicò lei, con un'aria paziente e calma che la rendeva l'unico membro della ciurma a non metterlo a disagio "Te l'ha lasciata il tuo secondo? Quella con la maschera?"
Il giovane soffocò una risposta aspra in un più diplomatico "Sì", che non fu però seguito da spiegazioni.
"È molto in gamba" rise lei per rassicurarlo "ne ho sentito parlare, tra i rivoluzionari. Sono certa che saprà cavarsela, ovunque sia."
Ovunque sia.
Già quel banale tassello era chiedere molto.
Era quasi certo che fosse a Marijoa, non poteva essere altrimenti se la donna che temeva era davvero un drago celeste.
"Attieniti al piano, abbi fede" si ripeteva lui.
Ma, per quanta fiducia avesse, Law aveva ereditato da Mama-Rose un'obiettività cinica e spesso autodistruttiva: le probabilità che stesse bene erano poche.
Quelle che la vedevano serena, nulle.
Era sicuro che i loro pensieri fossero sintonizzati sulle stesse frequenze, era certo che anche lei stesse rivedendo quel piano che, col senno di poi, si era fatto sempre più scellerato.
Avrebbero raggiunto Green Bit in mattinata e con essa Doflamingo: Artemis aveva già pensato che le trattative non si sarebbero svolte sul suolo di Dressrosa.
Spostando l'attenzione su quell'isolotto, non sarebbe stato difficile distruggere anche la sede principale dei suoi traffici: la fabbrica di frutti artificiali nell'entroterra.
Il difficile era trascinarlo allo scoperto e pregare di resistere alle sue provocazioni.
Perché ce ne sarebbero state, non aveva dubbi. "Priorità al piano, sempre. Qualsiasi cosa lui dica, non credergli." era questo il mantra, l'unica regola.
Il grande dubbio di Law, a quel punto, era se avrebbe avuto l'autocontrollo per rispettarla.
"Allora speriamo di cavarcela anche noi" sospirò il Chirurgo, pregando che la variabile impazzita nel grande schema non fosse il capitano da cui dipendeva quel che restava del piano.

Quella mattina, Artemis si svegliò da un sonno senza sogni, preceduto da una serata ancora più oscura.
Non aveva ricordi successivi al suo ingresso nella vasca, come la prima volta in cui l'aveva, suo malgrado, provata. Ma stavolta ne era felice.
Era sollevata dal fatto che non sentisse più niente e che il suo corpo intorpidito non le facesse avvertire né stanchezza né ansia, tuttavia il suo pensiero era sempre orientato verso la stessa direzione.
"Tamatoa" chiamò delicatamente da sotto le lenzuola, ricevendo subito l'attenzione della dama "Potresti portare la trasmittente nella mia stanza, per favore? Non ho voglia di andare in biblioteca oggi."
Quella strana richiesta la colpì, così come l'aveva colpita l'atteggiamento della sera precedente.
Accertatasi che Artemis si fosse addormentata, infatti, aveva trasmesso a Sant'Ana le sue preoccupazioni e lei le aveva semplicemente accettate, senza nemmeno un vago timore.
Il futuro che aveva visto dinanzi a sè non intersecava crocevia sinistri: qualsiasi cosa turbasse sua figlia, non era destinato a realizzarsi.
A seguito di quegli eventi, tuttavia, Tamatoa considerò che fosse meglio delegare quel semplice compito e non perderla di vista nemmeno un istante.
Poco dopo, due cameriere oltrepassavano le porte della stanza con l'attrezzatura.
In brevi minuti, Artemis collegò il sistema e lo attivò, accoccolandosi sul letto e prendendo ad ascoltare i notiziari.
La donna rimase raggomitolata per l'intera mattinata, fissando il dispositivo che diffondeva con regolarità le notizie, molte delle quali non erano neppure pertinenti.
I bollettini provenienti da ogni parte della Grand Line coprivano argomenti triviali, rimbombavano tra le pareti e nel vuoto del cranio di Artemis.
Intorno a mezzogiorno, arrivarono le prime voci riguardo dei disordini nei pressi di Dressrosa.
Si menzionava un grande torneo a cui partecipanti da ogni parte del mondo avevano aderito per vincere un premio incredibile: il frutto Mera-Mera, nientemeno che l'eredità del defunto Portgas D. Ace.
Appena quella notizia arrivò, la pirata parve svegliarsi dalla sua stasi, prendendo ad annotare dettagli dei frammenti che guadagnava dalla radio, aggiungendoci informazioni che poteva conoscere solo lei, rubate alla concitazione di Marineford.
Il loro piano vacillava ancora.
Quel premio arrivava come un'ennesima cannonata ed era certa che Doflamingo ne fosse ben consapevole.
Dividi e conquista, ancora una volta: Luffy non avrebbe mai permesso che quella reliquia finisse in mani che non fossero le proprie.
Ogni mezz'ora giungeva un nuovo notiziario e portava con sé altre informazioni, come le ritmiche onde di un sonar.
Gli eventi erano confusi, sovrapposti, contrastanti.
Prima il pericolo arrivava da Green Bit, dove non solo si parlava di uno scontro tra Law e Doflamingo, ma anche della presenza dell'ammiraglio Fujitora.
Poco dopo, l'attenzione si spostò al Colosseo di Dressrosa, dove i combattenti sembravano essere pronti alla sommossa.
Poi ancora, voci parlavano di un'intrusione in una delle fabbriche della città da parte di una forza straniera.
Gli scenari si sovrapponevano nella mente di Artemis come in un caleidoscopio, intersecati e lontani anni luce allo stesso tempo.
Tamatoa percepì la frustrazione della donna quando, ormai a pomeriggio inoltrato, scaraventò i suoi appunti giù dal letto in un impeto di rabbia.
"Sta succedendo qualcosa di assolutamente inaudito!" boccheggiò il reporter "L'intera isola è stata ricoperta da una struttura che sembra un'enorme gabbia. Non abbiamo idea di dove cominci, ma pare estendersi fino al cielo."
Inarrivabile. Infinita. Indistruttibile.
"Dalle coste dell'isola dicono che abbia iniziato a muoversi verso l'interno. La popolazione è terrorizzata: questa struttura sta tagliando perfino gli edifici. I danni sono già molto ingenti. È una calamità per l'isola di Dressrosa."
Quindi era quella, la sua strategia: perdere tutto pur di non perdere.
Artemis sbiancò, riconoscendo la descrizione. Aveva portato lo stesso panico ogni volta che Doflamingo l'avesse messa in gioco, tutti la descrivevano con lo stesso confuso terrore.
La Birdcage non avrebbe lasciato scampo a nessuno, finché lui non avesse deciso che ne aveva abbastanza.
"Dov'è?" mormorò Artemis tra le sue dita, completamente catturata dai racconti che provenivano dalla trasmittente "Ti prego, dimmi dov'è."
Ma non riuscì ad avere risposta: il caos aveva inghiottito ogni cosa.

"Law, quali sono le condizioni in cui non si riesce a vedere?"
Non capiva perché quella conversazione gli tornasse in mente proprio in quel momento, nel mezzo di ciò che era quanto di più simile a una riunione strategica potesse chiedere. Il ricordo era vivido, le voci limpide che si alternavano nella sua testa contusa, sovrastando Mugiwara impegnato a fare l'appello.
"Non solo quando la luce é scarsa, ma anche quando é troppa." Aveva risposto Artemis, dopo un estenuante tira e molla di indizi con le sue meningi "Con le informazioni funziona allo stesso modo: non lasciarne alcuna o usale per bombardare. Sfrutta la confusione per nasconderti in piena vista."
E nient'altro che confusione vedeva intorno a lui.
Oltre la schiera di soldati del Colosseo, dei Tontatta e di alleati vari che Luffy aveva  collezionato lungo la via, Dressorsa giaceva in pezzi.
O almeno così riusciva a elaborare, mentre gli effetti delle manette di agalmatolite gli battevano impietosamente sulle tempie.
Col senno di poi, era certo che Artemis gli avesse parlato di quella strategia perché non rimanesse spiazzato dinanzi al comportamento di colui che chiamava l'Uomo dei Miracoli.
Pareva agire in un modo inconfutabilmente casuale, eppure era la più semplice delle persone.
Scattava alle ingiustizie, senza remore o secondi fini, con un senso della giustizia degno di un bambino di cinque anni.
Figurarsi cosa avrebbe significato mettersi a parlare con lui di conseguenze, di scopi più alti o compromessi.
Viveva di assoluti, questo Law l'aveva capito.
Aveva imparato come ragionava e non aveva dubitato per un solo secondo che Luffy non avrebbe mai creduto alla fine dell'alleanza che aveva sbandierato a Doflamingo.
No, quel cocciuto ragazzino era andato di persona fin nel cuore del palazzo reale e gli aveva detto fuori dai denti che se ne infischiava se l'alleanza era finita, che per lui era ancora valida.
L'aveva sollevato di peso per liberarlo dal trono che era stato prima di Artemis e poi di Corazòn.
Il posto che gli sarebbe spettato di diritto, si era sentito dire con tono melodrammatico.
Perché il seggio di cuori era da sempre quello più fragile e quello più forte.
Tutti gli altri semi avevano un ruolo definito, ma il Corazòn era tutto: coordinazione, conoscenza, fiducia, il solo fatto che fosse rimasto vuoto per tutti quegli anni lo provava.
I riflessi dell'ito-ito sezionavano il cielo in un presagio terrificante, quasi la volta celeste dovesse iniziare a crollare sulle loro teste.
I loro volti, nel frattempo, venivano proiettati dalle macerie della fortezza: nomi e taglie elargiti da Doflamingo in persona, gli ingredienti perfetti di una caccia all'uomo tanto malata che solo lui avrebbe potuto metterla in pratica.
"Cosa hai intenzione di fare, Mugiwara-ya?" chiese Law, ormai certo che del piano fossero rimaste a stento alcune linee guida.
"Ritroviamo Doflamingo e gli facciamo il culo!" fu la risposta di Luffy, senza neppure un istante di esitazione, nemmeno il tempo di spostare il pensiero dal cervello alle labbra.
Avrebbe voluto dirgli che era insensato, che muoversi come una scheggia impazzita in un terreno limitato lo avrebbe solo fatto beccare, che necessitavano di cure e un'organizzazione seria, ma Cappello di Paglia non gliene lasciò il tempo.
"Insomma, guarda in che stato é questo paese: non posso mica fare finta di niente!"
Law era rimasto sconvolto, la prima volta che Artemis aveva fatto il suo nome. 
"Perché lui?!" aveva sbottato, insofferente e infastidito dal fatto di aver quasi perso il suo aplomb.
"Perché é la nostra unica opzione. Solo lui può darci la forza che ci serve." aveva risposto lei candida, come se fosse un concetto lampante.
Gli aveva parlato di quella ciurma fino allo sfinimento, analizzava con precisione chirurgica le loro tattiche, anche quando era palese che un piano non ci fosse.
Era solo un idiota fortunato, il Chirurgo non aveva mai avuto dubbi.
Ma la fortuna finisce, mentre lui resisteva a tutto ciò che il destino preparava.
Non cedeva di un passo, non lasciava indietro nessuno.
Nemmeno uno stronzo cinico che aveva perso la bussola del suo stesso piano.
Non capì neppure con quale pretesto, ma Mugiwara se lo rimise in spalla e riprese a correre. "Prima o poi ti leviamo le manette, promesso!" aveva ansimato.
E Law non seppe più cosa rispondere, ma decise che se perfino Mama-Rose era stata comprata da quel ragazzino, forse anche lui poteva concedersi di credere ai suoi miracoli.

Tamatoa allungò l'occhio sugli appunti della sua protetta, approfittando del fatto che aveva scelto di alzarsi per sgranchirsi le gambe.
C'erano dei nomi scritti, alcuni accompagnati da delle cifre, altri cancellati. Venivano ripetuti in schemi, accorpati e sparpagliati.
"Una cazzo di battle royale" sbottò Artemis rientrando, ridendo per il panico come aveva fatto a intervalli regolari per tutto il pomeriggio "una battle royale."
Si trascinava la trasmittente in grembo come se in quel modo le notizie potessero giungerle più in fretta, i fili le facevano da strascico e spazzavano il pavimento e i tappeti che intercettavano.
"Tamatoa, ti prego, portami da bere." Elaborò intorno alle sei. "Scegli tu cosa. No, gin. Portami del gin, per favore. O qualsiasi cosa dal gin a salire, non scendere sotto il gin."
Percepì a stento la dama invocare delle domestiche e queste accostare la porta dopo aver lasciato la bottiglia sulla specchiera. Ma appena il liquido trasparente entrò nel suo raggio d'azione, Artemis versò due bicchieri quasi senza guardare, fissando il vuoto.
"Perché due, signorina?" chiese Tamatoa, incuriosita.
"Non bevo da sola e ho bisogno di bere." decretò, riprendendo la sua marcia e deglutendo il suo in un unico sorso.
La dama provò a far scaturire una debole protesta, ma fu subito zittita con un gesto da Artemis, che sollevò un indice in aria appena la parola "Dressrosa" solleticò il suo orecchio.
"Non é una notizia confermata, ma lo Shichibukai Donquixote Doflamingo sostiene di aver ucciso un suo pari:  l'ultimo ingaggio della Flotta dei Sette, Trafalgar Law. Se così fosse, sarebbe un avvenimento senza precede-"
La voce del giornalista finì inghiottita nello schianto della trasmittente al suolo.
Il suono che provenne dalla carcassa metallica non lasciava presagire niente di buono, ma ciò che più preoccupò Tamatoa fu la quantità di secondi per cui la sua protetta non rispose ad alcuno stimolo.
"Pinzette" mormorò catatonica dopo un tempo che parve infinito "Mi... Mi servono delle pinzette."
Senza comprendere del tutto quella richiesta, la dama le passò l'attrezzo da un minuscolo kit e la osservò armeggiare con la suola dei suoi vecchi stivali, con fare talmente febbrile che impiegò un minuto abbondante solo a trovare l'incisione che aveva fatto a Punk Hazard.
Ma dove aveva collocato con cura la vivre card del suo figlioccio, non era rimasto più nulla.

 

   
 
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