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Autore: musa07    31/03/2021    5 recensioni
[KageHina] [SkipTime]
"C’era da dire che adoravano condividere quel momento del cucinare insieme, mentre si trovavano davanti al bancone della loro piccola cucina, fianco a fianco, intenti a sminuzzare, tagliare, affettare e assaggiare.
E quella non era una serata qualunque. No, per niente! Era La Cena. Tutta la famiglia di Shoyo si trovava a Tokyo per una visita turistica della città e si sarebbero fermati per quel week-end e quindi i due piccioncini avevano deciso – dopo lunghe elucubrazioni mentali e piani strategici – che li avrebbero invitati con il chiaro intento di dir loro che stavano insieme [...]"
Ok, ho provato a portare a termine il momento di codesta confessione che in un'altra KageHina aveva solamente accennato.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E niente,
in un’altra mia OS KageHina
avevo accennato ad una famosa cena
nella quale i due famigerati
avrebbero confessato alla Hinata Family
di loro due
ed ora

- dopo mesi - ci provo.

Trattasi di uno skiptime
e i cicciolini del kokoro
hanno 22 anni.
Enjoy


 

 

Alea iacta est*

*(il dado è tratto)

 

Ovviamente, tra i due, era Tobio quello bravo a cucinare.
Dalla sua Hinata poteva contare, come sempre, nella sua capacità innata dell’applicarsi con energia ed entusiasmo in ogni cosa. Anche se poi i risultati culinari erano pressoché disastrosi, ma dettagli. Tobio gli perdonava anche questo. E cercava di porvi rimedio in qualche modo, senza dover lanciare dalla finestra il cibo dall’aspetto inquietante.

C’era da dire che adoravano condividere quel momento del cucinare insieme, mentre si trovavano davanti al bancone della loro piccola cucina, fianco a fianco, intenti a sminuzzare, tagliare, affettare e assaggiare. Era un momento di quotidianità che purtroppo, da quando militavano in due squadre in due città differenti, non avevano più modo di avere così spesso.
E quella non era una serata qualunque. No, per niente! Era La Cena. Tutta la famiglia di Shoyo si trovava a Tokyo per una visita turistica della città e si sarebbero fermati per quel week-end e quindi i due piccioncini avevano deciso – dopo lunghe elucubrazioni mentali e piani strategici – che li avrebbero invitati con il chiaro intento di dir loro che stavano insieme.
Shoyo cercava di tranquillizzare Tobio dicendogli che i suoi avevano mangiato la foglia. E da parecchio anche. Tipo da subito. (Come chiunque li conoscesse). Ma ciò che l’alzatore obiettava era il fatto che nell’ipotesi in cui fosse vero, un conto era sospettare un conto era sentirselo dire. E dire dal vivo.
Hinata aveva cercato di alleviarlo da quella cosa. Dai Kags, glielo dirò quando andrò da loro.
No! sosteneva imperterrito l’altro Voglio che glielo diciamo insieme! anche se per lui quel momento sarebbe stato imbarazzante più di ogni altro nella sua vita e che lo agitava fuori dai modi. E non perché erano due ragazzi, era abbastanza certo che la famiglia del suo ragazzo non avrebbe fatto storie, ma perché parlare della sua vita privata, mettere in piazza i suoi sentimenti davanti agli altri, per lui che era abituato a tenersi sempre tutto dentro, era una fonte di imbarazzo infinita. Ma doveva farlo! Era giusto così, fine.
E Shoyo sapeva benissimo che per il suo adorato quella serata era la sua personale nemesi da affrontare; se lo ricordava benissimo quanta fatica avesse fatto quando gli aveva, infine, confessato apertamente i suoi sentimenti anni prima.

- ...bio? Tobio? - lo richiamò perché lo aveva visto perso nelle sue elucubrazioni mentali, quanta tenerezza gli faceva! Lì, con il mestolo a mezz’aria mentre doveva assaggiare se il curry andava bene ma in realtà stava fissando il nulla davanti a sé – Ohy, Kageyama? -
E Tobio si risvegliò, a sentire la soave carezza che gli arrivò alle orecchie da quel meraviglioso tintinnio che era la voce di Shoyo quando lo chiamava.
- A-ah… sì, scusa… - si destò ma ancora in una sorta di trance mentale, abbassandosi verso di lui e posando le labbra sulle sue, convinto che Hinata stesse in qualche modo reclamando coccole e attenzioni. E la risata cristallina che arrivò dall’animo del rosso lo risvegliò completamente e si ritrovò a guardarlo confuso.
- Kags, non volevo un bacino. Cioè, va sempre bene eh… - prendendogli il volto con entrambi le mani per posargli un’altra scarica di baci a schiocco, facendolo sbilanciare in avanti, verso di lui, tanto che Tobio fu costretto ad appoggiargli una mano sul fianco per riprendere l’equilibrio – Volevo farti assaggiare le verdure, se per te erano cotte a sufficienza. -
- A-ah… - si trovò a tartagliare nuovamente, con il rossore che saliva alle guance perché colto miseramente in fallo e questa volta fu la mano di Shoyo a fornirgli una carezza, posandosi soave sulla guancia. Mano che lui strinse con la sua guardando come sul polso portasse ancora, dopo così tanti anni, il braccialetto di cuoio intrecciato che prima era appartenuto a lui.
Se lo ricordavano perfettamente entrambi come se fosse stato ieri…

stavano rientrando da uno dei ritiri che Takeda-sensei riusciva ad organizzare per loro, dandosi da fare enormemente.
Qualche giorno prima della partenza per il ritiro, i due finalmente si erano confessati l’uno all’altro, impacciati solo come due ragazzi alla prima cotta potevano esserlo e avevano approfittato di quei quattro giorni insieme per poter rubare ogni istante che veniva loro concesso per poter stare da soli. Nulla di scabroso, troppo imbarazzanti e incasinati tutti e due per non far altro che fosse tenersi per mano o abbracciarsi quando erano distanti da tutto e da tutti, trasmettendosi in quell’abbraccio quel sentimento che stava crescendo.
Manco a dirlo, quei giorni erano letteralmente volati.
E anche il viaggio di ritorno fu velocissimo, tanto che Tobio fu quasi tentato di porre fine a quella tortura lasciandosi scivolare nel sonno ma voleva godere ancora di ogni istante con Shoyo.
Ecco perché, seduti sull’ultima coppia di sedili in fondo al pulmino, lontano da sguardi indiscreti, le loro mani si erano cercate e le loro dita intrecciate nuovamente e, con la mano libera, Shoyo aveva iniziato a giocherellare con il suo braccialetto, sovrappensiero, come aveva fatto molte altre volte nel corso dei giorni precedenti, un modo di creare un ulteriore contatto. Come lo era il fatto di poggiare la testa sulla spalla di Kageyama, chiudendo gli occhi, un po' per fingere di dormire – nel caso in cui qualcuno si fosse girato – un po' per bearsi ancora di più di un minimo di contatto tra i loro corpi.
E come aveva stretto forte la mano Tobio! Aveva sentito come le loro dita si fossero ricercate. Così come ora sentiva perfettamente le dita di Shoyo, che giocherellavano con il suo braccialetto, sfiorargli la pelle del polso, facendolo rabbrividire. Con un piccolo sospiro, chiudendo gli occhi a sua volta, poggiò la testa su quello dell’altro, non prima di aver inspirato il profumo dei suoi capelli. Come aveva fatto nelle notti precedenti quando - piano piano, quatti quatti – rotolavano nel futon dell’altro. Una sera Tobio, una sera Shoyo. La prima notte erano lì, distesi l’uno di fronte all’altro, con Tobio che aveva allungato una mano sotto le lenzuola per raggiungere la sua, e vederlo prendere fuoco, e quando aveva visto gli occhi nocciola di Hinata rivolgergli una muta preghiera coccolosa, non aveva più resistito.
- Vieni qui! - aveva sussurrato ma con tono deciso. Così come era stata decisa la sua presa sul fianco dell’altro mentre lo attirava a sé, borbottando imbarazzato che non doveva fiatare o muoversi troppo altrimenti l’avrebbe rispedito al suo posto con un doppio maglio perforante. E Shoyo aveva assentito con il capo, dimenticandosi che l’atto respiratorio era qualcosa che i suoi polmoni compivano autonomamente.
Ed entrambi stavano rivivendo proprio quei singoli, quanto preziosi, istanti. Sarebbe stato stranissimo quella notte non prender sonno cullati dal respiro dell’altro, dalle sue dolci carezze sulla schiena.

E l’arrivo nel cortile di ingresso di scuola arrivò troppo velocemente…
Loro due erano stati gli ultimi ad incamminarsi. Shoyo ci aveva messo qualcosa come un’era geologica per togliere la catena dalla bicicletta e, sempre al ritmo di un’era geologica, avevano varcato la soglia del cancello del loro liceo, in silenzio. Così come aveva superato in silenzio il punto in cui le loro strade solitamente si dividevano. Shoyo aveva sollevato gli occhi verso il volto di Tobio, che proseguiva a camminare, mani cacciate nella tasca della tuta.
- Kags, ti stai allontanando troppo. Qui va bene dai… -
- Hah?! Cosa vorresti insinuare, boke, che poi mi perdo? -
- Nono! - stoppando una risata prima di beccarsi un pugno giù per la testa ma per farsi melanconico l’attimo immeditamente successivo.
- Ehi, guarda che non scappo mica, domani ci vediamo. – lo aveva rassicurato in qualche modo l’alzatore, perché quegli occhi che, ancora, lo fissavano coccolosi dal basso, erano in grado di ucciderlo lentamente E anche lui, comunque, aveva il cuore attanagliato nella stessa identica morsa, non avrebbe mai voluto lasciarlo andare.
- Mi mancherai tantissimo. – aveva mormorato Shoyo, che tra i due era quello che aveva meno problemi a manifestare le sue sensazioni anche a parole – Non puoi neanche immaginare quanto... – aveva proseguito e Tobio gli aveva puntato addosso i suoi magnetici occhi blu.
Sì invece, perché è esattamente quello che provo io. – aveva confessato candidamente l’alzatore e lo sguardo di Shoyo si era addolcito ulteriormente mentre avevano sentito in lontananza il fischio di un treno e ormai le ombre della sera avevano inghiottito e avvolto tutto ciò che li circondava. Avevano sospirato entrambi: Shoyo doveva proprio andare.
- Aspetta! – lo aveva richiamato indietro Kageyama e l’altro si era girato a guardarlo interrogativamente, mentre stava per montare in sella.
Tieni. – gli aveva detto dopo che si era tolto dal polso proprio quel braccialetto con il quale Shoyo aveva giocherellato fino ad un attimo prima.
- Kags, non posso … - aveva bisbigliato, ricordando fosse un regalo del nonno.
- Ti prego: prendilo. Voglio sapere che c’è sempre qualcosa di me con te. Anche quando io non ci sono. - e il tono e i modi che aveva usato - così da Kageyama quando si imbarazzava all’inverosimile ed era chiaro che stava pregando in cuor suo che in quel preciso istante passasse una mandria di buoi inferociti e lo investissero in pieno al loro passaggio - strinsero ancora di più il cuore di Shoyo che aveva sentito salire un nodo in gola e non era riuscito a dire nulla se non di tuffarsi tra le sue braccia, pensando che avrebbe voluto non avere più un cuore in quel momento da quanto gli faceva male nel doversi separare da lui.
Come, tra i due, fosse stato Tobio ad uscirsene con una cosa così romantica era e restava un mistero della fede. Molto probabilmente perché era quello che faceva più fatica ad esprimere a parole ciò che gli si agitava dentro, a differenza di Shoyo, e quindi lo manifestava in quel modo.

Ovviamente Shoyo, per timore di rompere quel dono a lui così sacro e caro, durante gli allenamenti o le partite lo toglieva sempre ma toglierselo e metterselo era l’ultima e la prima cosa che faceva non appena recuperava la sua sacca in spogliatoio. E quella volta non aveva fatto eccezione. Con quanta gioia e cura se lo stava infilando al polso, recuperandolo dalla tasca posteriore della borsa.
- Vedo che il tuo braccialetto è finito sul polso di qualcun altro… -
E quasi aveva fatto un colpo, Tobio, quando la leggera voce di Kyoko si era levata al suo fianco, pietrificandosi e arrossendo nella punta delle orecchie, suscitando in lei un piccola gioiosa risata.
- Scusa, non volevo metterti in imbarazzo - aveva continuato la ragazza, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio - ma semplicemente dirti che sono felice per te... Per voi. -

 

- Kags, mi fa ansia vederti così agitato. – cercò di smuoverlo mentre l’altro alla fine si era abbassato di poco con il busto per assaggiare le verdure. (E ustionarsi la lingua ma dettagli) - Mi ricordi me quando dovevamo affrontare le prime partite. -
- Seh, che trovavi la tua comfort-zone nel bagno. - si divertì a punzecchiarlo e Hinata accettò sportivamente l’imbeccata e scoppiò a ridere per poi ritornare serio, incrociare le braccia piegando di poco la testa di lato e fissarlo seriamente.
- Hmmm, vediamo… cosa potrei fare per tentare di tranquillizzarti? Ah! Ci sono! - battendo teatralmente un pugno sul palmo dell’altra mano per poi sollevarsi sulle punte dei piedi prendendogli il volto tra le mani e riprendendo nuovamente con una scarica di bacini a schiocco sulle labbra dell’altro. Ma da teneri e coccolosi che erano molto presto quei baci si tramutarono in un solo e molto più profondo.
- Sho i tuoi saranno qui tra una ventina di minuti... non abbiamo tempo… - cercò di farlo ragionare, stoicamente, ma quasi parlando più a se stesso che altro.
- Hum-hum… allora perché mi stai spingendo verso la camera da letto? - lo punzecchiò infatti divertito, lasciandosi tranquillamente pilotare, camminando all’indietro, mentre le mani – veloci – avevano afferrato da sotto la felpa dell’altro e, facendogli sollevare le braccia, sollevarla verso l’alto e allora Tobio si staccò dal bacio giusto quell’istante che gli permise di sfilarsela dalla testa e gettarla di lato. E rituffarsi su quelle labbra piene e morbide mentre le dita fecero scivolare giù la zip della felpa dell’altro, facendola scendere lungo le spalle per farla ricadere a terra lungo il loro breve tragitto. Non c’era fretta, non c’era urgenza, quelle c'erano state spasmodicamente due sere prima quando avevano varcato insieme la soglia del loro appartamento a Tokyo dopo esser stati separati per settimane.
Finirono di spogliarsi vicendevolmente sempre uniti in bacio che si spezzò solamente nel momento in cui Shoyo si distese sul letto trascinandoselo sopra e scoppiarono a ridere entrambi, posando la fronte l’una su quella dell’altro e fissandosi negli occhi con Tobio che lo stava interrogando con lo sguardo e il piccoletto non poté che acconsentire socchiudendo appena gli occhi, in quel codice di comunicazione che era tutto loro.
- Ti va? - gli chiese Tobio dolce, riposando le labbra sulle sue.
- Kags, è un po' tardi per chiedermelo ora visto che mi hai strappato i vestiti di dosso. - si divertì a prenderlo bonariamente in giro Shoyo ma con lo sguardo che emanava amore allo stato puro, facendo scivolare le zampette curiose a palpare a pieni mani il sedere sodo dell’altro.
- Chi ha strappato i vestiti di dosso a chi, scusa? - replicò l’altro ironico – E chi è che sta molestando il mio sedere? -
E di nuovo scoppiarono in una piccola risata, strofinando tra di loro la punta dei nasi. La punta delle dita di Shoyo aveva iniziato a seguire la linea flessuosa della schiena dell’altro, pronto ad ancorarvisi come sempre faceva...

Si erano accoccolati l’uno addosso l’altro, con Tobio che – ancora con il fiato ansante – se l’era tirato al petto ed ora, cercando di calmare i loro respiri, ascoltavano il rumore della pioggia che aveva iniziato a picchiettare i vetri delle finestre. Shoyo, con la testa appoggiata sul petto di Tobio, ascoltava la rassicurante pulsazione del cuore del suo ragazzo facendosene cullare mentre sfiorava delicatamente la pelle bollente del suo torace, facendosi ninnare altrettanto dolcemente dai leggeri tocchi delle dita dell’altro che avevano preso a giocherellare con le ciocche dei suoi capelli.
Immaginarsi, quindi, in questo limbo post-orgasmico che infarto fecero quando il citofono iniziò a martellare furiosamente.
- Oh, cacchio! - balzarono immediatamente giù dal letto, cercando nel marasma dei vestiti confusamente gettati a terra nel loro passaggio i propri, infilandosi cose a caso e alla rovescia.
Tobio gli lanciò la felpa nel momento in cui lui, saltellando verso la porta mentre cercava di infilarsi i pantaloni nel verso giusto, sollevò il microfono.

°° Uffi, nii-chan, ne hai messo di tempo per rispondere! °° ecco arrivargli la voce di Natsu e, dietro di lei, la voce di sua madre che le diceva di non essere scortese che lo fece scoppiare a ridere anche perché si girò giusto nel momento che gli permise di vedere Tobio infilato per metà sotto al letto, mentre imprecava contro i suoi pantaloni che chissà come si erano infilati là sotto.
- Ahah, scusatemi ma stavo facendo l’amore con il mio ragazzo. -
E sentì solo silenzio dall’altro lato del citofono. Quello che sentì perfettamente, invece, fu il tonfo della craniata della testa di Kageyama sulla sponda del letto, che si era sollevato di botto a quelle parole.
- Shoyo, tu mi vuoi morto! Ma morto-morto! - proferì impallidito, basito. Cioè dai, non ci poteva credere. Ma con che coraggio avrebbe affrontato i volti dei famigliari di Shoyo esattamente tra meno di cinquanta secondi? Sessantacinque se l’ascensore che li avrebbe condotti al quinto piano non fosse subito stato disponibile. O l’eternità, se fosse stato fortunato se la Hinata family avesse deciso di fare dietrofront per qualche oscuro motivo o si fosse scatentata l’Apocalisse giusto in quell’istante.
Ancora perplito, avanzò piano verso di lui, i pantaloni stretti in una mano mentre con l’altra si massaggiava la testa nel punto in cui aveva preso quella secca micidiale quando aveva sentito le parole dell’altro.
- Eddai amore: è come togliersi un cerotto, uno strappo netto e via. Via il dente via il dolore. - se ne stava ancora ridendo l’altro. Ovvio che anche lui si sentiva imbarazzato a mille ma aveva voluto in qualche modo essere d’aiuto al suo ragazzo. Così quest’ultimo non sarebbe andato avanti a soffrire una lenta agonia a valutare e pianificare il momento migliore per dar l’annuncio, aka – conoscendo Kageyama – mai!
- Sì, ma se qualcuno non ti fa venire un colpo apoplettico prima, boke! Hinata boke!- sarebbe morto, ne era certo!
- Eddai, gliel’ho detto in modo carino, dolce. Mica gli ho detto “Kageyama mi stava stantuffando” -
- Oh, Signore! Voglio morire in questo istante. - portandosi entrambe le mani sul volto, andato ormai irrimediabilmente a fuoco. - E dove li hai imparati questi termini così gretti e volgari? Ah, sì: lo so io da chi puoi averlo sentito un linguaggio così poco raffinato, da qualcuno che farebbe impallidire anche uno scaricatore di porto… -
- Non è vero che 'Tsumu-san farebbe impallidire uno scaricatore di porto. -
- Però hai capito subito che mi stavo riferendo a lui. - proferì Kageyama incrociando le braccia al petto, tutto tronfio, mentre Shoyo sollevava fintamente gli occhi al cielo sbuffando divertito; lo sapeva che l’argomento Atsumu, anzi il solo fatto che respirasse (a causa degli atteggiamenti del biondo, ben si intende), fosse ancora tabù per Tobio. Ma non ci fu il tempo per poter replicare altro perché in quel preciso istante suonò il campanello alla porta e Tobio era ancora in boxer – infilati rovesci, per inciso.
- Sono ancora in tempo a scappare lanciandomi giù dal quinto piano… - proferì l’alzatore, mortalmente serio, infilandosi i pantaloni.
- No! - scoppiò a ridere di gusto Shoyo, tirandolo per una manica, per impedirgli qualsiasi via di fuga, mentre posò la mano sulla maniglia della porta – Non fare il tuo sorriso inquietante, ok? -
- Hah?! -

E si ritrovarono davanti a tre volti che stavano tentando di sorridere e mascherare in qualche modo il loro imbarazzo, comprensibilmente, ma senza mettere a disagio gli altri due e che non trovarono niente di meglio che proferire un candido “quindi vi abbiamo disturbati?”
- No! -
- Un po' sì, effettivamente… - (che fece guadagnare a Hinata uno sguardo "fulmina et uccide" da parte di Kageyama)
Risposero i due famigerati all’unisono, mentre Shoyo divertito assestava una piccola gomitata al fianco di Tobio.
“Non arriverò mentalmente integro a fine serata…” constatò mentalmente Kageyama dentro di sé. Ora ne era (matematicamente) certo.

 

FINE


 

E niente, con codesti due ragazzuoli oltre ad un giallo brillante non riesco mai ad andare, mi ispirano fluff incondizionato. Per fortuna riesco a sfogare il mio lato pervy con altri *fissa KuroOi non a caso*

Ah, già! Nemmeno questa volta, alla fine, son riuscita a raccontare il momento della cena. Colpa di Shoyo ^///^ che ha ben deciso di spiattellare il tutto così, a tradimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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