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Autore: Inevitabilmente_Dea    01/04/2021    0 recensioni
I Radurai, o quello che ne rimane, hanno finalmente attraversato il Pass Verticale che li ha catapultati in una nuova realtà che tutti ormai avevano dato per scomparsa.
Finalmente Elena, i Radurai e tutti gli altri Immuni hanno la possibilità di ricostruire la loro vita da zero, lontano dalle grinfie della W.I.C.K.E.D. e lontani dagli obbiettivi violenti del Braccio Destro.
Torture, esperimenti e sacrifici sono finalmente terminati.
Ora esiste solo una nuova vita da trascorrere in un luogo sicuro e privo di Eruzione. Un vero e proprio paradiso terrestre.
Ma se qualcosa arrivasse a turbare anche quello stato di quiete, minacciando nuovamente i ragazzi?
Se in realtà la corsa per la sopravvivenza non si fosse mai fermata?
Dopotutto nulla è mai come sembra.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gally, Minho, Newt, Nuovo personaggio, Teresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Dopo l'ennesima giornata di lavoro mi avvicinai a casa, ma quando feci per allungare la mano sulla maniglia, degli schiamazzi dall'interno colsero la mia curiosità. Appoggiai l'orecchio alla porta in legno, sorridendo non appena riconobbi le risatine dispettose e le voci. Elizabeth era di nuovo entrata in casa per giocare con le amiche e, nonostante le avessi ripetuto più volte di non mettere troppo la stanza sottosopra, già potevo immaginarmi il casino che le ragazze avessero lasciato.
Scossi la testa, sospirando e girando finalmente la maniglia, entrando in casa con un sorriso esausto, ma pur sempre comprensivo. Tuttavia, quando le ragazze si accorsero della mia presenza, si bloccarono, irrigidendosi immobili e avvicinandosi tutte come a coprire un qualcosa dietro di loro. 

Sollevai un sopracciglio, notevolmente insospettita dal loro comportamento, ma quando feci per parlare Elizabeth mosse un passo avanti, evitando colpevole i miei occhi e arrossendo un poco. "Scusaci..." borbottò insicura, per poi alzare lo sguardo su di me, l'espressione in volto triste e pentita. "So che non vuoi che frughiamo tra le tue cose, ma volevo scoprire cosa avevi nel baule e..."
Mi bloccai sul posto, sentendo una fitta al petto. La terra sotto i miei piedi sembrò tremare, pronta ad abbandonarmi nel vuoto quando mi sentii deprivare di ogni certezza. Erano anni che non aprivo il baule, che lo evitavo addirittura con lo sguardo.

Mi scossi di dosso le pessime sensazioni e cercai di sorridere alla ragazzina, fingendomi tranquilla. "Oh, fa nulla." accennai, chiudendo la porta dietro di me. Abbandonai la borsa da lavoro sul letto di Newt e mi avvicinai a Elizabeth, osservando sorridente Adelle e Julia. "Beth, perché non andate a vedere quanto manca per la cena?" proposi, accarezzandole i capelli e vedendola mordicchiarsi il labbro, ancora visibilmente preoccupata per me. In quei momenti mi sembrava di avere la versione femminile e più piccola di Newt in casa. Averli entrambi vicino era come avere a che fare con due sosia. A volte mi facevano uscire di testa.

La ragazzina però lasciò perdere la questione, mostrandosi per l'ennesima volta tanto saggia quanto suo fratello, e richiamò le due amichette, che mi salutarono timide per poi uscire insieme dalla porta e richiuderla dietro di sé.
Rimasi per un po' a fissare le assi di legno e la maniglia, prendendo un bel respiro e cercando di trovare la forza in me per girarmi verso quell'angolo della stanza.
Erano passati anni eppure ancora non riuscivo ad accettarlo. 
Mi morsi il labbro, portando una mano sul volto e chiudendo gli occhi. Mi voltai, il cuore in gola e il respiro mozzato. Feci un passo in avanti, due, poi sollevai le palpebre pesanti e lo vidi.
Il baule, completamente spalancato, mostrava gli oggetti che una volta erano posizionati in modo ordinato al suo interno, ora per metà messi alla rinfusa. 

Mi inginocchiai davanti a esso, raccogliendo con calma la sua borsa con gli attrezzi, ripiegando con cura le sue magliette sparse sul pavimento, e soffermandomi sulla piccola bussola che di tanto in tanto lo vedevo cavare durante le nostre battute di caccia. Mi ero sempre chiesta da dove l'avesse trafugata e avevo sempre desiderato averne una anche io, ma ora che lui era morto non riuscivo a dare a quegli oggetti una seconda vita. Non che avessi nemmeno più avuto il coraggio di andare a caccia senza di lui, certo. Mi ero limitata a fare la Medicale a tempo pieno, abbandonando il mio arco sui chiodi al muro come fosse un trofeo. 

Dopo aver eliminato anche l'ultima sede della W.I.C.K.E.D. e aver lanciato la mia ultima freccia contro una delle tante guardie che aveva opposto resistenza, mi ero giurata di non prendere mai più in mano un'arma, se non per difendere le persone che amavo e che mi erano rimaste.
E fino a quel momento la cosa mi era servita per tenere a bada i ricordi, sia quelli brutti che quelli belli.
Ma ora, con quel baule aperto, mi sembrava quasi di aver riaperto anche una vecchia ferita. 
Afferrai una delle sue felpe e forse per automatismo, forse per farmi del male, me la portai sotto il naso, inspirando a fondo tanto curiosa quanto speranzosa. Sotto il primo strato d'odore di chiuso, le mie narici riuscirono anche a captare qualche briciola ancora rimasta del suo odore. Non sapevo se la cosa fosse possibile dopo quasi sei anni dalla sua morte, ma me lo feci bastare.

Immaginazione o realtà, ai miei sentimenti importava poco. Sentii una lacrima bagnarmi la guancia mentre, con una calma rivestita d'ansia, ripiegai anche quel capo e lo riposi insieme agli altri, rimettendo a dormire i miei ricordi con essi. Il groppo alla gola aumentò quando notai le sue scarpe ancora sporche di terra, abbandonate sopra i suoi attrezzi da lavoro.
Lottai contro il groppo alla gola, ma non riuscii a richiudere il baule, aggrappandomi al suo bordo e sentendo scendere un'altra lacrima silenziosa.
A volte mi sembrava ancora di vederlo girare per il Posto Sicuro, altre volte lo riconoscevo nel volto di altri, almeno finché non strizzavo gli occhi sbigottita e tutto tornava normale. Lo sognavo, di tanto in tanto, e quando Elizabeth mi chiedeva di lui, troppo affezionata per riuscire a dimenticarsene, mi sentivo derubare di un pezzo di cuore.

Inspirai a fondo, sentendo il nero pesante e viscido farsi strada nel mio cuore, trascinandolo a terra come un palloncino sgonfio. 
Sentii la porta aprirsi dietro di me, ma non mi servì girarmi per capire che fosse Newt. I suoi passi erano talmente familiari per me, da annunciare ogni volta la sua presenza. Sentii il ragazzo bloccarsi sulla porta, poi muoversi all'interno e richiudere la stanza. "Hey, abbracciatrice..." mormorò preoccupato, muovendosi vicino a me. Quando mi vide bloccata contro il baule ancora aperto, incapace anche solo di respirare, si inginocchiò accanto a me, circondandomi con un braccio e attirandomi a sé.
"Malinconia?" domandò cauto, lasciandomi un bacio sulla fronte.

Annuii, lasciando cadere un'altra lacrima. Non riuscivo a permettere alle emozioni di tornare a galla, non potevo permettermelo. "Vieni, vieni qua, su." borbottò, sollevandomi delicatamente e portandomi a sedere tra le sue gambe, stringendomi a lui come si fa con un neonato. Mi baciò nuovamente la fronte, asciugando con le mani le mie lacrime e accarezzandomi la guancia.
Il ragazzo rimase per un po' fermo con la schiena contro il baule, cullandomi a destra e a sinistra per calmarmi e dandomi il mio tempo per trovare l'uscita da tutto quel nero che mi stava inghiottendo di nuovo.
"Quando pensavi che Tommy mi avesse ucciso," iniziò il biondino, improvvisamente sicuro delle sue parole. "come hai fatto ad andare avanti?" domandò.

Mi inumidii le labbra e tirai su col naso, realizzando che la malinconia se ne fosse un po' andata. Il nero sembrava stesse iniziando a ridimensionarsi, lasciandomi con addosso una sensazione di stanchezza indescrivibile, come se avessi pianto per ore. "Ho pianto. Poi ho scritto una lettera." ammisi, ripercorrendo quei giorni così distanti.
Gli accarezzai i capelli lunghi che il ragazzo stava cercando ormai di far crescere da un anno. Infilai le mie dita attraverso le sue ciocche, pettinandoglieli anche se non ce n'era davvero bisogno, ma mi aiutava a focalizzarmi sui miei pensieri.
"Davvero? Una lettera?" chiese improvvisamente curioso. "Non me ne hai mai parlato. La posso leggere?"

Scossi la testa, sorridendo appena. "No, Newt. L'ho bruciata. Era il mio modo di porre la parola fine e cercare di andare avanti." spiegai. "E dopo aver fatto quello ho escluso tutti per un po'. Mi sono rintanata in me stessa, poi mi sono tagliata i capelli e ho cercato di iniziare da capo. Di nuovo. E poi..."
"Frena." borbottò confuso il ragazzo. "Non cercare di sviare la domanda. Cosa c'era scritto nella lettera? Ora sono curioso." 
Mi morsi il labbro, indecisa se ripercorrere ad alta voce le parole che anni prima avevo buttato su foglio, ma che rimanevano impresse nella mia mente come fossero tatuaggi. 
"Suvvia, dopotutto era intestata a me, no?" brontolò il ragazzo, facendomi ridacchiare e alzare gli occhi al cielo.

"Okay, okay. Basta che non ti metti a piagnucolare." lo sbeffeggiai, sentendo la felicità farsi piano piano strada nel mio cuore. "Non mi ricordo le parole esatte, ma" mentii, abbozzando un sorriso. "avevo parlato di come fosse difficile svegliarsi la mattina."
"E poi?" incalzò lui.
"Poi ti avevo confidato di vederti spesso in sogno, di pensare a te quando il mio sguardo si posava su qualsiasi cosa. Ti avevo parlato di come fosse difficile andare avanti, di come sentivo distanti anche quelli che prima erano miei amici. Ti avevo scritto di essermi persa e di non riuscire più a ritrovare me stessa, ora che la parte più importante di me era morta insieme a te. Ti avevo pregato di aspettarmi, perché un giorno ti avrei potuto finalmente rincontrare e ti avevo chiesto di continuare a guardarmi dall'alto e proteggermi."

Il ragazzo mi strinse ancora di più a sé, gli occhi innamorati completamente persi nei miei. Gli sorrisi, accarezzandogli una guancia per poi tornare a giocare con le sue ciocche biondo cenere. "E mi ero arrabbiata. Tanto. Credo di non averti mai odiato così tanto come ho fatto quella volta." spiegai, destabilizzandolo. "Credo proprio che fosse perché ti amavo così tanto che non riuscivo a comprendere come te ne fossi potuto andare in quel modo, senza lasciarmi una caspio di lettera o un messaggio. E il mio unico modo per accettare la cosa, incoerentemente era proprio attraverso l'odio. Se ti odiavo potevo allontanarti e sentirmi meno peggio, ma poi così non è stato. Nella lettera mi incolpavo, ti chiedevo cosa ti avesse spinto così lontano da me, tanto da rifiutare il mio aiuto, la mia presenza accanto a te. Non capivo perché avessi avanzato quella richiesta a Thomas, perché non me ne avessi parlato prima ed ero convinta che fosse perché sapevi che ero debole e che sarei crollata."

Mi grattai il naso, reprimendo l'ansia. "Poi dopo qualche giorno da quella lettera ho scoperto che non era così e che in realtà non me lo avevi detto perché mi credevi talmente forte e testarda, che sapevi che in qualche modo ti avrei convinto a non farlo. Ma lì per lì, mentre scrivevo e piangevo su quella benedetta carta, ti puntavo il dito contro, lo puntavo contro me stessa per averti lasciato andare, per non averlo predetto." ridacchiai nervosa, scuotendo la testa. "Ripensandoci, era una cacchio di lettera del caspio da scrivere, ma mi ha aiutata ad avere maggiore controllo sulle mie emozioni. Averle lì, scritte su carta, sembrava quasi darmi la sensazione di averle in pugno, di essere io a manovrarle e a vederci chiaro."

Scossi la testa, ripercorrendo l'ultimo paragrafo della lettera, ancora impresso nella mia memoria. "Poi come una scema mi ero sentita in colpa e mi ero scusata delle cattiverie che ti avevo detto e avevo pianto. Ho cancellato un paio di righe, ci ho riscritto sopra e ho pianto di nuovo. Ti ho ricordato di una vecchia promessa che mi avevi fatto, te la ricordi? Quando al Palazzo degli Spaccati mi avevi chiesto di continuare a vivere e a lottare per entrambi come se fossimo ancora insieme."
Quando Newt con mia sorpresa annuì convinto, un sorriso solcò spontaneo le mie labbra. C'erano poche cose così dettagliate che Newt riusciva a ricordare sul nostro passato, ma scoprirle di tanto in tanto insieme a lui mi donava una felicità fuori dal comune.

"Ti ho promesso, anzi, ti ho scritto che l'avrei fatto o che ci avrei provato, per lo meno. Poi mi ero chiesta se alla fine lassù avessi ritrovato gli altri, sai? Chuck, Alby, Jeff, Winston, Ben... Ti ho chiesto se fossi felice per aver ritrovato insieme a loro quei giorni ormai persi e ti ho chiesto di salutarli da parte mia, di dire loro che mancavano a tutti." continuai, inghiottendo un groppo di saliva. "Ho concluso dicendo che ti avrei sempre portato con me, ovunque. Saresti per sempre rimasto nel mio cuore, anche se il tempo ne avesse cancellato le emozioni, e nella mia mente, anche se col passare degli anni mi sarei scordata del tuo volto e del tuo naso a patata. Ti ho assicurato che ti avrei portato con me anche fisicamente, dato che da poco avevo avuto la notizia di essere diventata zoppa, proprio come te. A ripensarci è una buffa coincidenza. Non credi? Allora avevo creduto che fosse il tuo modo strano per rimanere con me, per assicurarmi della tua presenza nella mia vita. Ma ora, forse, è stata davvero solo una stranezza."

"Ma ti ha aiutata, no?" chiese lui, scuotendo la testa. "Questa convinzione ti ha spinta a continuare a vivere ogni giorno anche per me."
Annuii convinta, sorridendogli innamorata. "E ora sei di nuovo qua tra le mie braccia."
Lo vidi sorridere imbarazzato e arrossire leggermente, come se fossero ancora i primi mesi da innamorati. 
Il ragazzo parve pensarci su a lungo, poi mi guardò e disse: "Forse dovresti smetterla di reprimere il passato, i ricordi e tutto il resto, sai?"
Lo guardai confusa e quello bastò per farlo continuare nella sua spiegazione. "Accettare il passato non significa archiviarlo per poi non portarlo più in superficie. Significa riuscire a portarlo sempre con sé e imparare ogni giorno da esso." borbottò lui, grattandosi la fronte come a stimolare le idee in testa. "Credo che... Lui vorrebbe che lo portassi tutti i giorni insieme a te e non che lo nascondessi in un baule come uno scheletro nell'armadio."

Inspirai a fondo. "Forse dovrei anche smetterla di guardarvi in modo truce quando lo nominate." ridacchiai, cercando di ricacciare indietro le lacrime prima che minacciassero nuovamente di sfuggire al mio controllo. "Gally. Capitan Gally." sussurrai, accarezzando il bordo del baule.
"Dopo sei anni fa ancora male." decretai.
Sentii Newt sospirare e depositarmi un bacio sulla fronte. "Da quel giorno sono cambiate molte cose. Tu più di ogni altra." asserì il biondino. "E credimi, non necessariamente è una brutta cosa, ma a volte mi chiedo se ti obblighi a non far tornare la vecchia Eli o se semplicemente l'hai seppellita anni fa e hai voltato pagina."
Mi morsi il labbro, incapace di rispondere. Mi mancavano certe cose del mio passato, dovevo ammetterlo. Andare a caccia era una di quelle, ma la sola idea di riprendere in mano quell'arco e vedere i volti delle persone che avevo ucciso fissarmi pallidi mi tormentava.

"La caccia." borbottai. "Mi manca andare a caccia con Gally." 
Newt annuì, lanciando un'occhiata alla mia arma appesa al muro. "Ed è strano, ma mi manca anche un qualcosa che non posso ricordare." ammisi, vedendo Newt aggrottare le sopracciglia. "Kurt mi ha raccontato qualcosa del mio passato con Ace." scossi la testa, come a riprendermi. "Gally, intendevo dire Gally."
"E?" insistette il biondino, togliendomi una ciocca dal volto.
"Mi ha detto che spesso quando eravamo piccoli avevamo inventato questa specie di nascondino dove uno dei due si nascondeva nel bosco e l'altro doveva cercarlo. La cosa bella e particolare era che come indizi usavamo i diversi cinguettii degli uccelli. Da piccoli eravamo soliti ascoltare le voci degli animali e col tempo ne avevamo memorizzati diversi." spiegai con calma. "Kurt diceva che usavamo questo gioco anche quando non volevamo essere trovati da nessuno, se non dall'altro. Ci rintanavamo nel bosco e usavamo il richiamo solo quando volevamo che l'altro ci trovasse."

Newt esitò qualche istante. "Be', è un bel gioco, ma purtroppo non conosco i canti degli uccelli, quindi non credo lo potremmo riprodurre." mormorò imbarazzato, grattandosi la nuca. "Però, potresti riprendere a cacciare, quando te la senti."
Lo sentii inarcarsi all'indietro e sporgersi verso l'interno del baule per poi afferrare un qualcosa e lasciarmelo cadere in grembo.
Osservai l'oggetto curiosa e quando notai che fosse la bussola, un sorriso solcò le mie labbra. "Ecco qui." mugugnò il ragazzo. "Così porterai anche lui a caccia con te."
"Sono cose che mi mancano, ma non so se..." mi bloccai. "Ho paura di quello che potrebbe portarmi il ripercorrere i vecchi passi. Non so se mi piacerà più, se lo sentirò più mio o se..."
Newt scosse la testa, sorridendomi gentile e stringendomi ancora di più a sé. "Lo scoprirai provandoci, Eli." mi rassicurò. "E se qualcosa dovesse andare storto, puoi pur sempre abbandonare la caccia e trovare altro da fare. Ma ne sarà valsa la pena."

Annuii indecisa, pensandoci su a fondo. Ben sei anni prima avevo dato l'ultimo addio a Gally, ma non ero mai riuscita ad accettare completamente la sua morte. Ora invece stavo addirittura prendendo in considerazione l'idea di rivivere il mio passato, cosa che per anni avevo cercato di cancellare dalla mia mente. 
Ma forse Newt non aveva tutti i torti. Gally meritava di più di un vecchio e maleodorante baule. Avrei davvero voluto portarlo con me nella mia vita di tutti i giorni. Vivere i miei momenti con lui, anche per lui.
Forse ne valeva davvero la pena.
Forse quello di sei anni prima non era stato davvero l'ultimo addio.

*Angolo scrittrice*
Ragazze questo è definitivamente l'ultimo capitolo di questa storia! Qua sotto trovate anche il video finale che ho postato su YouTube. Fatemi sapere cosa ne pensate! :3

https://www.youtube.com/watch?v=-5BqzpJXKHE

   
 
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