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Autore: Napee    01/04/2021    1 recensioni
[BkDk] [sort of caffe shop!AU]
***
Un rigido inverno sembra aver preso in ostaggio l’intera città. Fa freddo. Fuori si gela e la neve copre tutto con il suo bianco candore, ma gli basta guardare verso il terzo tavolo dalla porta, proprio al centro della vetrina, per avvertire un tenue tepore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 15 - 450 parole 

Sabato

 
Quel pomeriggio il turno a lavoro sembrava non terminare mai così come l’inverno. La neve ammassata per le strade pareva congelata lì, ferma in quell’attimo come cristallizzata dal freddo che era tornato più rigido e agguerrito. Il gelo aveva donato alla città soltanto pochi giorni di sole, poi le nubi scure avevano inglobato ogni raggio di luce facendo regnare sovrana di nuovo l’oscurità.
Katsuki aveva scelto di indossare la divisa autoriscaldante quel giorno. Non era mai riuscito a sopportare il freddo e crescendo la cosa non era affatto migliorata. Anzi, la stagione invernale era divenuta oggetto di maledizioni e malumori vari. Odiava ammetterlo, soprattutto perché stava a significare che sua madre aveva ragione su di lui, ma d’inverno era estremamente più scontroso e irritabile del solito.
La ronda era quasi giunta al termine e Katsuki si incamminò verso la piazza principale della città diretto alla sede dell’agenzia di eroi. Le sue labbra si tesero automaticamente in un tiepido sorriso al sol ricordo della sera precedente passata in sua compagnia. Era stato bello parlarci, scherzarci e constatare che fosse realmente una pippa ai videogiochi come già aveva annunciato. Per tutto il tempo si era sentito felice, sereno, la sua classica irritazione sublimata via in un baleno, come se tutte quelle settimane passate ad osservarlo di nascosto fossero infine servite a qualcosa. Ma per ogni singolo momento passato in sua compagnia, quel senso di familiarità non lo aveva abbandonato mai.
Anzi si era fatto acuto e pressante come se cercasse di ricordare un qualcosa di ormai dimenticato da tempo.
Ogni suo gesto, ogni suo sorriso, era stato come se li avesse già visti e dimenticati. Già vissuti e poi persi.
Attraversò la piazza volgendo lo sguardo verso il piccolo caffè in quella che ormai era divenuta una vera e propria consuetudine.
E lì lo vide. Seduto al terzo tavolo dalla porta, con il libro fra le mani e la mente assorta dalla storia che quelle parole narravano.
Una parte di lui avrebbe voluto andare lì, entrare, sedersi al suo tavolo e parlargli, scoprire ancora cose su di lui, cosa gli piaceva, i suoi interessi, cosa lo teneva sveglio la notte e cosa lo spingeva ad alzarsi al mattino.
Avrebbe divorato ogni granello di quello che gli avrebbe detto, avrebbe scoperto molto di più di quel misero frammento che gli aveva mostrato. Si sarebbe dissetato, come un vagabondo nel deserto, e avrebbe conosciuto la storia di quelle brutte cicatrici finalmente.
E per un attimo cedette. Compì un passo, un solo misero e singolo passo verso di lui. Se ne pentì l’istante dopo, quando una ragazza dai capelli color cioccolato lo salutò con un abbraccio caloroso e si sedette al tavolo con lui.
  
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